mercoledì 21 dicembre 2011

COME SI CAMBIANO LE COSE


Sala d'attesa di un Pronto Soccorso.
Un uomo, un ragazzo, una donna con il figlio minorenne, la sottoscritta.
Nessuno ha nulla di insopportabile o di urgente, siamo codici verdi.
Rimaniamo pazientemente in attesa di essere recuperati dai medici, chi per le lastre, chi per la pressione, chi per essere dimesso.
Nessuno di noi si è qualificato in base alla professione svolta, nessuno di noi ha attivato amicizie con medici o infermieri per passare avanti agli altri, per accelerare le visite.

Finchè l'uomo non ha esclamato: "Basta, non ne posso più di aspettare! Sono passate due ore e mezzo! Ora chiamo mia figlia e le dico di chiamare qualche suo collega per farmi mandare via. E poi devo tornare al Comando!".

"Non devono prestarti le cure per questo, devono prestartele e basta. Non si può ricorrere ogni volta all'amicizia, non si deve chiedere. Tutto funzionerebbe meglio, in questo paese,  se nessuno cercasse di scavalcare sempre il prossimo", gli risponde il ragazzo, suo accompagnatore e collega.

Sono fermamente convinta che se siamo il bel paese che siamo lo dobbiamo solo a noi stessi.
Pretendiamo cambiamenti dal prossimo, dai politici, da chi ci ha preceduto, ma spesso ci incanaliamo come pecore nello stesso profondo solco già tracciato, laddove si fa meno fatica a camminare.
Eppure il cambiamento (sarò folle...) lo vedo possibile.
E lo scorgo nelle parole dette di sfuggita e per caso, una sera, in un Pronto Soccorso, da chi come me ha il compito morale di cambiare la realtà in cui vive, e in meglio.
Non nelle manifestazioni di piazza, nei dibattiti televisivi, negli articoli di giornale, nei libri di quelli che si proclamano portatori della verità e della giusta prospettiva.
Non nelle parole di chi per pronunciarle prende fior di quattrini.
Non si può avere la pretesa che gli italiani (gli altri, mica chi per primo punta il dito, deride i politici o li insulta, e pure italiano è!) si sveglino, che vadano con i forconi sotto i palazzi istituzionali, che scendano in piazza in milioni a protestare.
Non basta fare copia incolla di belle parole su fb per fare una protesta seria e convincente.
La migliore protesta è il cambiamento reale, nel quotidiano, e quello è rimesso a noi tutti, non agli altri.
Ognuno è libero di protestare come crede, ma le proteste e le chiacchiere rimangono fini a se stesse se poi per trovare lavoro ci si rivolge al politico per la raccomandazione, e per passare un concorso si ricorre all'amicizia di taluno, e per prendere 8 invece che 6 a scuola ci si rivolge all'insegnante che ci è amica per metterci una buona parola.
Voglio solo dire che il vero cambiamento avviene attraverso un processo che parte dal basso e arriva sino in alto, e non viceversa.
E finora mi è capitato rarissimamente di conoscere persone che non abbiano approfittato delle proprie conoscenze, della propria professione, del proprio cognome, o di quanto altro, per conseguire risultati importanti sottraendoli a chi spettavano di diritto, per merito e capacità, o semplicemente perchè più bisognoso.

Questo naturalmente non ha nulla a che vedere con il piano politico e le riforme di questi giorni che trovo in larga parte illegittime, non eque nè proporzionate, e a vantaggio non degli italiani, ma di chi sugli italiani ci si fa i soldi e viene legittimato ad approfittare della nuova situazione creatasi.

Resta il fatto che se lo stivale su cui si regge in piedi questo paese non è ben saldo a terra, il corpo instabile potrà solo continuare ad oscillare, finchè non cadrà definitivamente al suolo.

Ed è una questione di civiltà, prima che politica.

2 commenti:

ha detto...

sono d'accordo. e aggiungo anche che tutta la gente pagata per parlare e teorizzare ecc, non aiuta sicuramente la crescita del paese. lavorare, bisogna, altro che storie. baci!

.come.fossi.acqua. ha detto...

pi', mentalità poco italiana la tua :)