Sto lavorando da matti.
Le ultime settimane di luglio sono terrificanti, il caldo snervante, il mio umore pessimo, le cose da fare ancora troppe, i colpi da parare sempre in agguato.
In tutto questo marasma esistenziale e lavorativo ho portato a termine un progetto importante che coltivavo con enormi sacrifici da parecchio tempo.
Più che altro per tenermi impegnata e scaricare mentalmente e fisicamente il surplus di adrenalina, rabbia e dolore.
Ho sollevato e trascinato cose pesantissime, con un'energia che se ci penso mi spaventa.
"Datemi una montagna e ve la sposto", disse qualcuno.
Il risultato è soddisfacente, ma mi riservo di affinarlo nel tempo.
Salvo qualche dettaglio, il grosso è davvero fatto ormai.
Goccia a goccia ho scavato la pietra.
Sempre in questo periodo, mi sono incazzata come una belva per rivendicare ciò che mi spetta.
La verità è che non mi frega e non mi è mai fregato di indossare la veste di una femminilità che non mi appartiene.
Non sono mai stata una tipa remissiva, docile, accondiscendente.
Se vivo, mi difendo, contrattacco e indosso i pantaloni meglio di un uomo e questo costituisce un problema per qualcuno... che si fottesse.
Non debbo scusarmi per la mia caparbietà o per la mia forza.
Vado avanti, e ci vado a modo mio.
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