giovedì 11 ottobre 2012

NELLA PENOMBRA DOVE SBOCCIANO I FIORI


Oggi sono stata nel bosco.
Era un po' che non andavo.
La fioritura costante dei ciclamini, che spruzza rosa in ogni dove, nel sottobosco, ha un che di incredibile, riesce sempre a stupirmi.
Vivo in un posto dove, ad eccezione di un breve periodo di profondo inverno, quando arriva, è primavera/estate per buona parte dell'anno.
Non riesco a percepire l'autunno, neanche nelle foglie che si sono già posate al suolo, sotto gli alberi ancora verdi ed infestati di edera.
Il mare risplende caldo sotto i raggi di un sole ancora estivo ed io ho voglia di tuffarmici e sparire.

"Andiamo", le ho detto.
Sembrava entusiasta, e mi ha trascinata in spiaggia, sul sentiero sterrato e conosciuto.
Ha fatto il bagno, si è rotolata nella sabbia asciutta con gioia.
E poi siamo risalite, arrivando al bivio.
Ha puntato la testa a terra, voleva tornare indietro prendendo la strada senza dislivelli.
Io ho puntato il percorso su roccia, quello più complicato e lungo.
"Andiamo!"
L'ho canzonata facendole fare il giro su se stessa e inducendola ad imboccare il sentiero più duro.
Mi ha seguita controvoglia, cercando riparo all'ombra di ogni cespuglio, e facendomi pesare con lo sguardo lo sperpero di energie a cui l'ho sottoposta.
Ad un certo punto ho perso il conto del tempo cercando di fotografare un insetto bluastro prima che si dileguasse nella boscaglia, intrattenendolo con un bastoncino di legno.
Poi mi sono soffermata oltremodo su un gruppo di margherite scomposte dalla brezza marina e smangiucchiate dagli insetti.
Il solito salto spazio temporale nel quale incorro, quando son lì.
La mia pausa pranzo si è consumata, senza che neanche me ne accorgessi, tra fiori e insetti.
A chi mi avesse osservata da lontano avrei offerto uno spettacolo eccezionale.
Da pubblicarmi sui giornali.
O da ricoverarmi in mezzo ai matti.

Sono rientrata a casa troppo tardi per pensare di cucinare qualcosa, sfamandomi con un panino con la mortadella e un bicchiere di vino al volo, e precipitandomi poco dopo, così com'ero, con le scarpe nuove da trekking e i pantaloni coi tasconi, a lavoro.

"Ti trovo dimagrita", mi dice.
"Son sempre uguale, e poi non mi peso, non saprei".
"Ti trovo più... selvatica".
Ho sorriso.
Con quel sorriso sgembo che mi appartiene geneticamente.
Dannatamente.
L'ho guardato, e l'ho trafitto e attraversato senza volerlo.
Ho ceduto alla sua compagnia per un caffè.

E poi, rientrando a casa, la sorpresa.

L'assenza inevitabile che diventa presenza tangibile, ma sospesa nell'etere di una vita che non esiste.
Vorrei dileguarmi silenziosamente, come sarebbe giusto che fosse.
Solo che non riesco.
Non mi va.
Brucerò all'inferno, per questo, più di quanto non stia bruciando già.

3 commenti:

Serena S. Madhouse ha detto...

io credo che tu abbia impiegato in un modo bellissimo la tua pausa pranzo..
e poi che poesia i ciclamini...
stanno nascendo anche nel mio giardino...chissà, portati dal vento o dalle tortore..

.come.fossi.acqua. ha detto...

mad, è così pieno di ciclamini...
fioriscono a prescindere dalla stagione di pertinenza.
sono i fiori dell'insubordinazione, insomma :)

le fughe nel bosco sono tra le poche cose che riescono a scaricarmi...

.come.fossi.acqua. ha detto...

mad, è così pieno di ciclamini...
fioriscono a prescindere dalla stagione di pertinenza.
sono i fiori dell'insubordinazione, insomma :)

le fughe nel bosco sono tra le poche cose che riescono a scaricarmi...