mercoledì 30 gennaio 2013

CaOS MuLTIPLO


Mi precipito a lavoro, stravolta dagli ultimi giorni,  i capelli maltrattati e spettinati che cascano a casaccio, gli occhi un po' gonfi, un filo di matita nera per farli emergere sul viso bianco.
Per non andare completamente acqua e sapone.
Con addosso uno dei vestiti migliori, metto su la maschera della professionalità, mi concentro su ciò che ho da fare, sulle questioni che devo affrontare, rivedendole mentalmente.

Il groviglio di pensieri che devo mettere da parte dinanzi agli altri è diventato un serpente che stritola ferocemente i miei organi interni.
Proprio lì, all'altezza dello stomaco.
Al limite della sopportazione fisica, mi infilo in una stanza vuota, sperando non entri nessuno all'improvviso, e in tre secondi sfilo via la cintura "per bellezza" del vestito che mi sta soffocando.
In un attimo la infilo in borsa e ritorno nel corridoio, pronta a tuffarmi nuovamente nel caos.

C'è un collega che conosco di vista.
Un noto coglione, di quelli da manuale.
Uno dei miei interlocutori di stamattina.
Ho notato che ogni tanto mi guarda, ma si è sempre ben tenuto lontano dall'approcciarmi.
La sua reputazione è pessima.
Ha questo atteggiamento che non passa inosservato, molto sicuro di sè. 
Una brutta storia di dominio pubblico alle spalle.
E' sempre al centro dell'attenzione, come se cercasse consensi quando parla, complicità.
E sempre li trova, ci sa fare.
D'istinto, mi attrae.
Di fronte agli abissi ed alle altezze vertiginose mi viene voglia di spiccare il volo dell'angelo.
Sono un caso perso.

Mi sono avvicinata a lui, era seduto.
Non mi sono presentata, tanto sa già chi sono, ed io so chi è lui.
Non mi sembrava utile perdermi in chiacchiere ed in inutili formalità.
Mi sono chinata e ad un soffio dal suo viso, guardandolo dritto negli occhi (belli... glielo riconosco. Ha questa fama che lo segue e lo tradisce, ma è un tipo che ha decisamente il suo perchè), gli ho detto una cosa.
Di lavoro, s'intende.
Ho letto un certo imbarazzo, l'ho preso contropiede.
Un gatto col topo.
Ha provveduto immediatamente a fare ciò che gli ho chiesto.

Se non voglio fare la fine della stronza integrale è bene che me ne tenga alla larga.

Per stemperare un po' la tensione della giornata, con una collega sono andata a prendere un caffè al bar.
"Ragazze, il caffè è pagato..."
Dal tipo accanto a noi.
Che non ha spiccicato parola in quei tre minuti tre di chiacchiere e sorrisi che nessuno ha rivolto a lui.
"Grazie, allora"
Accenna un sorriso.
Non ho idea di che voce abbia nè perchè si sia messo in testa che vuole conoscermi.
L'unica cosa che ho notato è che le sue sopracciglia sono più corte e sottili delle mie.
Un dettaglio che da solo mette in ombra tutto il resto.
Sono una superficiale del cazzo, lo so.
Ma è una di quelle cose che mi smontano completamente.
Non vado oltre.
Gli occhi si soffermano lì, la restante parte della persona rimane in secondo piano.
Ancora adesso non riesco a ricordare i suoi connotati, di che colore ha gli occhi, la sua bocca.
Nulla.
Solo quelle sopracciglia ridefinite dall'abile mano di un'estetista.
La mia collega, rimasta senza parole, mi chiede se lo conosco.
"Fuggi..."
In realtà credo di avere capito chi è e perchè...
E no, non mi va.
Non ho voglia di approfondire.
A pelle, la dannatissima pelle che mi ricopre da capo a piedi, la risposta è no a caratteri cubitali.

Chiusa la parentesi, sono rientrata a lavoro.
Qualcuno, più d'uno stamattina (si saranno messi d'accordo?), ha cercato di carpire informazioni sulla mia situazione sentimentale.
Una situazione pessimissima.
Che poi mi fanno queste domande indirette con tanta innocenza: "ma tuo marito...", "ma il tuo fidanzato...", come se non sapessi dove vogliono andare a parare.
Sono single.
Integerrimamente (questa parola esiste?) single da un po'.
E non conto di uscire da questo stato per il primo che capita, per uno qualsiasi, giusto per non soffrire le pene della solitudine.

Per chiudere la giornata in bellezza, mi arriva un messaggio.
Altro cazzotto nello stomaco.
Cosa diamine... cosa...
Cosa diamine salta in testa alle persone certe volte?

E poi, dulcis in fundo, l'insistenza.
La mia.
La testardaggine.
Sempre la mia.
Che di dolce non hanno proprio nulla.
Hanno piuttosto un retrogusto amaro.
Di quelli che fanno venire i crampi allo stomaco.
E i conati di vomito.

E stasera fa freddo...
Circoleranno solo i lupi, fuori.
E non avrei neanche voglia di uscire se non fossi convinta che se rimanessi qui mi dedicherei ad uno sport cui non dovrei.
Le craniate al muro.
E gareggio come fossero olimpiadi, mica da principiante!
Meglio evitare.
Ho ancora addosso l'adrenalina di una splendida giornata di merda.
Delle parole, dei fatti, delle persone, di tutto.
Tutto mi pesa.
Ho bisogno di uscire.
E una sbronza ci starebbe da dio, visto che domattina non debbo nemmeno alzarmi presto.
Solo che devo guidare...
E quindi mentre sto scrivendo ho appena inviato un tipo di sms che non ho mai inviato in vita mia.
"Ti spiace passare tu, vorrei evitare di guidare, stasera?"
Non ce la faccio.
Ho bisogno di stordirmi, di bruciare ogni cosa sul sacro altare dell'alcool stasera.
"Tranquilla...", mi ha appena risposto.
E quindi grazie.
Vado a infilarmi un paio di stivali.
Recupero il cappello e i guanti.
Stanno venendo a prendermi.



4 commenti:

AdrianaMeis ha detto...

Quello che scrivi mi affascina, come sempre.
Sarà che mi riconosco un po', sarà che proprio non riesco ad essere non curiosa di quello che fai, di quello che sei, di quello che vivi.
Un abbraccio!

.come.fossi.acqua. ha detto...

michi, è un barcamenarsi continuo tra dubbi e incertezze di ogni sorta.
è una vita grama, tanto bella, ma anche tanto piena di casini...

e grazie per quel che scrivi, è un conforto.

ha detto...

hai reso onore a bacco, alla fine? :)
abbracci!

.come.fossi.acqua. ha detto...

pì, certo che si! ;-)