sabato 15 marzo 2014

MAUDIT



Con l'audio-guida nelle orecchie, avendo un po' di tempo a disposizione, mi sono regalata una mostra.
I colli lunghi e protesi e gli occhi vacui eppure puntati diretti nei tuoi, il rossore delle guance e le mani composte da un lato, le mani accartocciate sulle ginocchia, gli occhi sgranati e liquidi, la furia selvatica delle pennellate dall'altro.
La reductio ad unum è questa.
Non ho una memoria formidabile, ma quel che ricordo è abbastanza incisivo e ricco di emozioni.

La maledizione che incombeva su questi artisti appare simile alla mia, senza troppa presunzione.
Gli abissi continuano ad affascinarmi in un modo che non so spiegare.
Arrivo fino in fondo, o troppo in alto.
Talvolta mi sono bruciata le ali e sono precipitata.
E non so bene dire se sono ancora schiantata in fondo all'abisso, se lo stia risalendo, o se mi stia volutamente crogiolando in qualche capitombolo dei miei.
Forse sono aggrappata ad una radice che so presto si staccherà dalla roccia perchè non riesce a reggere il mio peso.
O forse è solo, come dice un'amica, che ci siamo aggregati, noialtri, nell'anticamera della depressione, prima di varcare la soglia di una dimensione che ci avrebbe integralmente strappato a noi stessi.

2 commenti:

red ha detto...

le mostre fanno questo: ci avvicinano all'autore da un lato e ci elevano per un poco alla sua sensibilità.

attenta alle soglie, le soglie non ci mettono proprio niente a lasciarti dall'altra parte..

.come.fossi.acqua. ha detto...

Ne sono cosciente.
Ne giro alla larga.
Anche quando, talvolta, mi capita di girarci intorno...