giovedì 20 novembre 2014

INDICAZIONI STRADALI ALLA VECCHIA MANIERA



Stamattina internet e maps e app dedicate alle cartine geografiche non hanno voluto sapere nulla.
In trasferta fuori zona, in macchina e urgentemente, dovevo raggiungere un ufficio pubblico prima che chiudesse.


Abbasso il finestrino e chiedo:


"Scusi, dov'é viale X?"
"L'ho visto. Sta qua vicino. Se giri lo trovi"






Avevo idea che fosse lí vicino, ma non avevo tempo di girare...
Ci riprovo.
Almeno una quindicina di persone, tra gente a piedi, con il passeggino, con il cane, in bici, in macchina, mi hanno risposto "non lo so".


Con il tempo in rapida scalata verso l'orario di chiusura, ho continuato a girare in macchina e a chiedere.


"Scusi, dov'é l'ufficio Y?"
"Dellá, sempre dritto!", indicando a sinistra.


Neanche a dirlo, mi sono ritrovata al punto di partenza, dopo aver girato in tondo.


Dopo avere chiesto almeno ad altre dieci persone, torno a chiedere allo stesso tipo che mi aveva indicato la strada in modo dettagliato, ma senza riscontri ("supera i due semafori e poi c'é una curva obbligata a sinistra, continua a seguire la strada e sei quasi arrivata").


Vagamente indispettita gli dico "scusa tu, l'ho fatta la strada che dicevi, ma mi hanno detto che era sbagliata! E non ho trovato la curva obbligata a sinistra!".


Per curva obbligata, ho scoperto poi, intendeva "svolta a sinistra al semaforo".


Dal punto di partenza a quello di arrivo, se avessi conosciuto la strada, ci avrei messo 10 minuti.
Ho impiegato mezzora, smadonnato non so quante volte, commesso qualche piccola e insignificante infrazione.


Trovo incredibile che quasi nessuno sapesse dove si trovi un ufficio pubblico dove a tutti capita di passare e che tutti dovrebbero sapere dov'é.
Soprattutto quando é a due passi.


Arrivata con la lingua di fuori, un minuto prima che l'ufficio chiudesse, non sapendo da dove si entrasse, ho chiesto al bar del palazzo attaccato a quello dove c'era l'insegna.


Due tizi mi dicono: "dovrebbe essere da quelle parti, l'entrata...", indicando con la mano un luogo lontano e approssimativo, tanto approssimativo che non era nemmeno il palazzo, ma il parcheggio.


Disperata, non vedendo porte, mi sono rivolta ad una ragazza che lavorava al bar.
Mi guarda e, alla domanda se l'ufficio fosse lí accanto e da dove si entrasse, mi risponde "narra la leggenda che l'ufficio che tu cerchi...".
No, scherzo.
Mi ha risposto una cosa ancora piú angosciante, ovvero "non lo so".


Mi infilo sotto il palazzo cercando una porta.
Imbocco l'unica aperta, non sapendo dove mi porterá.
Primo piano, porta chiusa.
Secondo piano, la sede di una società di assicurazioni.
Terzo piano, sento puzza di robe di lavoro, intercetto almeno quattro persone.
Dopo i primi tre "non lo so", il quarto mi risponde "(figlia mia, dopo aver tanto cercato, dopo avere buttato il sangue a molestare la gente per strada ponendo loro dilemmi esistenziali aventi ad oggetto indicazioni stradali, sei giunta al termine del tuo faticoso viaggio. Quel che cerchi é...) ... Al quarto piano".


Con tanto di fiatone, mi sono presentata all'ufficio che cercavo, dove mi ha accolto una signora educata e cortese.
Invece di cacciarmi a calci in culo perché ormai era chiuso da almeno un paio di minuti, si é messa a disposizione e mi ha fatto fare quel che dovevo.


Vado via contenta di essere riuscita a fare la milionesima cosa della giornata, incastrata nelle corse a destra e manca, e mi dirigo verso l'ufficio postale.
Il tempo di uscire dallo stabile per raggiungere la macchina nel parcheggio, passa un tipo su una sedia a rotelle, urlando "ahó, c'é 'n matto che sta a lavá le maghine senza pigliarse gnente, te devi fa lavá la maghina signó?", rivolgendosi a me.
Ho pensato, a parte che avesse le allucinazioni, che la mia macchina doveva essere davvero sporca per avere solleticato cosí la sua fantasia.
Entro in macchina, metto in moto, faccio 10 metri e trovo un bel tipo con la tuta arancione, che, con quell'affare professionale che getta acqua con forza, stava lavando una macchina a caso nel parcheggio.
Mi accosto, gli sorrido, e con il dito gli indico il parabrezza della mia auto.
Mi guarda, scuote la testa in un no, ma mi fa il gesto di abbassare il finestrino.
Abbassato il finestrino, gli chiedo se mi fa questa gentilezza, che ho finito il liquido del tergicristallo.
Con un'accuratezza estrema mi ha pulito il parabrezza.
É uscito limpido, davvero un lavoro ben fatto.
E un gran bel vedere, nel frattempo che interagiva con l'acqua sulla mia auto, nella sua tuta da lavoro.
L'ho ringraziato e sono andata via.


Io non lo so perché mi capitano queste cose, ma sfido chiunque, al mio posto, a non comportarsi da deficiente come me, ecco.


Siamo esseri umani, in fondo, fatti di carne e ossa...