sabato 7 febbraio 2015

E LIBERACI DAGLI ALCOLTEST, AMEN



Vorrei che qualcuno mi passasse a prendere, stasera, e mi facesse bere alla scellerata, preoccupandosi di riportarmi sana e salva - e al riparo da alcoltest - a casa.
Che si prendesse cura di me sino alla colazione a letto.
E poi ciao.
Si, ciao.

E invece no.
Stasera non mi tocca.
Sono tutti malauguratamente già impegnati, e debbo raggiungerli autonomamente.

Sto ancora lavorando, ecco il motivo del mio ritardo sul tempo degli altri.
Devo ancora cenare, fare una doccia come si deve, vestirmi.
Martello le dita sulla tastiera del pc e ci martellerei pure la testa.
Mi potessi strappare il cuore dal petto, pure quello.

Ho della musica di sottofondo, ma preferirei imbracciare la chitarra.

Tutto questo spremere meningi mi uccide.
Mi perseguita in ogni momento.
E la cosa paradossale è che mi torna anche utile, perchè continuando a pensare al lavoro anche quando smetto ufficialmente di dedicarmici, escogito nuove soluzioni, o rivisito quelle già elaborate, o ci rifletto sino a capovolgerle.
La logica scorre come l'acqua verso il mare, approfittando di ogni dislivello per accelerare.
Finchè non lo raggiunge.
E' un lavorio continuo e massacrante.
E vorrei annebbiarlo con l'alcol.
Attività fisica, stasera, non se ne parla, a parte lo sport che prevede l'uso del gomito, l'abbassarsi e l'alzarsi, nella fattispecie, portando il calice alla bocca.

Vorrei fare un sacco di cose che non posso fare stasera.
Incluso urlare a squarciagola per più dei 20 minuti di doccia e dei 10 minuti di guida che mi occorrono per arrivare al locale.
Incluse altre cose che non posso scrivere per decenza.

Non è possibile che il mio tempo bruci in modo folle.
Ho bisogno di giorni supplementari, e mi ritrovo a centellinare i minuti, talvolta, in attività varie ed eventuali.

Tra mezzora metto punto.
E comincio una frase nuova.
Che spero non termini, a fine serata, con un sonoro vaffanculo.



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