mercoledì 30 settembre 2015

TORTELLI E FANTASCIENZA




L'acqua sta per bollire.
La musica suona alta nella stanza.
Riempio questa casa della mia presenza assente, da un po'.
Non lo so nemmeno io come mi sento.
Ho fame, ma è una fame senza curiosità e senza pretese.

Stasera non esco.
Non riesco a stare in piedi, sono stanca, di una stanchezza che non riesco a gestire e che vorrei passasse in un attimo.
Essere costretta all'attesa ingiusta per riprendere integralmente le forze mi debilita mentalmente.

Dopo cena mi tufferò nel letto a guardare quel che resta di una insulsa serie fantascientifica americana, in lingua francese.
In italiano e in lingua madre non l'ho trovata.
Questo significa che capirò circa la metà dei dialoghi, ma va bene lo stesso.
Se ci fossero almeno i sottotitoli sarebbe meglio, ma mi faccio andar bene quel che c'è.

E dunque mi aspetta questo esperimento sociale di omologazione: stare a casa a guardare uno schermo, invece di uscire e vivere come di solito preferisco.
Potrebbe essere interessante.
Magari scopro che di vivere per davvero non mi interessa, che è molto meglio bruciare il tempo ad alienarsi, vedendo scorrere le vite di personaggi di fantasia su uno schermo.
Che bello.
Magari mi ci appassiono e comincio a non muovere più il culo da casa.
Magari.
O magari mi rassegno a questa cosa che ci vuole ancora un pochettino di tempo - giusto un altro po' - per riprendermi del tutto e spaccare il mondo.


E IPOTESI REMOTE NON AVVERATESI



Ci sono miliardi di possibilità, nella vita.
Quelle che si avverano in un futuro prossimo, quelle che è assolutamente certo che si avverino, quelle che ci confidi che si avverino, e poi loro: le ipotesi remote.
E per quelle positive no problem, uno ci spera, ma se ne fa una ragione del fatto che poi non arrivino a divenire reali.
Per quelle pessime, invece, non è così.
Le ipotesi remote costituiscono una casistica che nella fantasia di ciascuno appartiene solo al mondo degli altri.
Una casistica dove si ha la presunzione di non precipitare mai.
Un'ipotesi remota che, oltre a costituire casistica, si traduce in una percentuale precisa, prossima allo zero virgola qualcosa, ma pur sempre reale.

E dunque sono stata schiacciata sino ad oggi dal peso del dubbio, dall'angoscia del "se capito nella percentuale sfigata?" e "se sono malata che ne sarà di me" etc. etc.

Insomma, stamattina ho avuto la notizia definitiva del fatto che no, la casistica, le percentuali, le ipotesi remote e maligne non mi riguardano.

Sto bene.

Stanotte posso finalmente dormire.

DAVANTI A UNA BIRRA


C'è che sono in attesa, gli ho detto.
Mi sto trastullando beatamente con questa spada di Damocle che pende sulla mia testolina.
E ho questa stanchezza fisica che è snervante.
Dice che è normale, dopo l'intervento, che sono ancora in fase post operatoria, e di non preoccuparmi.
E che c'è qualcosa che mi turba che non è solo la stanchezza fisica.
E' vero.
E gli ho spiegato quali sono le due questioni esistenziali sulle quali mi sto arrovellando da un po'.
Non sono cose di cui posso parlare con chiunque e di cui non mi sento nemmeno di scriverne qui, se non velatamente.

Con lui mi sento al riparo da giudizi e consigli non richiesti, e il suo modo di parlare mi calma, mi tranquillizza, mi riporta alla ragione e mi prospetta altre ragioni da utilizzare come termini di paragone.

Mi ha chiesto della totale.
Suo padre ha fatto una spinale da poco.
Mi ha chiesto se ho sognato, se ho sentito qualcosa, ma io non ho sentito nulla.
Mi sono addormentata immediatamente, mentre il liquido cominciava ad irradiarsi nel braccio, e mi sono risvegliata già perfettamente cosciente e lucida.
In mezzo, il nulla.
Una voragine silenziosa ed incosciente di niente.
Anche questo mi ha portato a riflettere su quella che è la personalità che ho sviluppato nel tempo, e le convinzioni che la corredano e la supportano.
Gli ho detto che se non ho visto la luce e non ho visto persone care che sono morte, è perchè probabilmente non sono destinata al paradiso.
Nel contempo, non faceva caldo e non ho visto fiamme, quindi nemmeno l'inferno mi avrà.
Ho chiuso gli occhi ed ero a temperatura ambiente, perchè non avevo nè freddo nè caldo, non ho sentito nulla, nessun rumore, non mi sono mossa, non ho parlato, era tutto nero.
Che sia il limbo, il non luogo in cui dovrò sostare in caso di morte?
Io non credo ci sia qualcosa, dopo la morte.
E ho riflettuto sul fatto che chi invece crede ci sia qualcosa, potrebbe in questi casi, come in altri, suggestionarsi, e vedere cose che non esistono, sognare.
Quanto è radicata l'assenza di fede, in me, da non condurmi neanche nella dimensione onirica a sognare l'eventualità di un post mortem?
E non potrebbe questa convinzione essere, invece, talmente radicata da indurmi ad una suggestione tale che mi impedisca di immaginare che ci sia qualcosa oltre la morte, tale da consentirmi di immaginare solo l'assenza di qualsiasi dimensione, il buio ed il silenzio?

Certo, non sono discorsi allegri da prendere davanti ad una birra, ma mi ha chiesto lui di parlargliene, e le parole sono uscite a ruota libera.

Come sempre.

Mi turba il modo in cui la gente mi guarda, talvolta, mentre parlo.

Mi turba perchè non ho il pieno controllo su quel che dico, perchè mi espongo senza scegliere di farlo, perchè non conosco altre vie.

Ed anche la scrittura è un esempio lampante di ciò che vuol dire esporsi senza badare troppo alle formalità del caso, senza il rigore che impone la volontà di rendere l'esatta immagine di sè che si ha in testa di mostrare agli altri.
Quella ripulita dai difetti dei quali si prende coscienza, o di cui si ha intimamente vergogna di esibire al mondo.
Quella artefatta che non corrisponde a realtà e nella quale ciascuno cerca di ingabbiarsi, credendo ingenuamente che la sovrastruttura sia più attraente della struttura di base sottostante.

Per chi poi?

Sono uscita fuori tema.

Stasera me lo concedo.

Del resto sono io che stabilisco la traccia di base, sulla quale ho piena libertà di apportare modifiche in ogni momento.



martedì 29 settembre 2015

TUTTI MI HANNO CHIESTO DI TE



E tu dovresti smettere di rispondere loro.
E loro dovrebbero smettere di chiedere.
Perchè io non esisto.
Non esisto, non esisto, non esisto, la ricordi la canzone che mi dedicasti?
Abito mondi paralleli.

E preferisco ticchettare tasti per scrivere su questo anonimo blog, invece di risponderti.
Invece di darti adito, di farti pensare che ci siano spiragli di vita possibile di fronte all'ovvietà di certi sentimenti.

Io non esisto più.

Da ora mai più.


lunedì 28 settembre 2015

SHELTER



Se avessi avuto le sigarette, oggi...
In compenso avevo le ciambelline al cioccolato.
Ebbene si, me ne sono portata un pacco al lavoro.
Le avevo perchè ne sono rimaste circa un paio...


Non voglio piú rifugiarmi in alcun ricordo.
E non voglio essere il rifugio di nessuno.
L'unico luogo che ammetto quale rifugio, allo stato, è la scatola delle ciambelline.
Sono dolci senza andarmi di traverso.


E non mi scrivono cose inutili per avverare le coincidenze.


Non vedo l'ora di uscire da lavoro per andare a comprare le sigarette.
Che poi penso che passeró per casa a mettere la tuta, e scenderò in spiaggia ad abbandonare i pensieri inutili al rumore delle onde.


La soluzione è sparire.
Certe scelte non lasciano margini a spiragli.







TRA POCO SALGO


Salgo e vengo a picchiare quell'indemoniato di tuo figlio e te, vicina maleducata e fuori di senno.
Non tollero più i pianti disperati nella tromba delle scale e te che fai finta di niente.
O urli più forte di lui, con lui che urla più forte di te, in aderenza perfetta al copione già scritto dei rapporti madre-figlio disturbati, che porteranno lui a diventare l'ennesimo uomo da poco che popolerà questa terra sovraffollata.
Non tollero più di svegliarmi il sabato e la domenica mattina con gli urli e i pianti e i salti in mezzo le scale e davanti la mia porta.
Che più gli dite smettila e più lui attacca ad urlare forte.
Che du' sberle serie, 'sto ragazzino, veramente se le merita.
Che l'ultima volta che per gioco tuo figlio è venuto a suonare come un forsennato al campanello di casa mia, ed ero a letto che stavo male, e mi sono dovuta alzare per venire alla porta, sono uscita per le scale e ti ho chiamato.
E ti ho chiesto se mi cercavi, se avevi bisogno di qualcosa, e tu dapprima hai fatto finta di nulla, e dopo un po' mi hai risposto che no, non avevi bisogno di nulla, che tuo figlio ha suonato "per sbaglio".
Che sono stanca di trovare foglie e fiori davanti la mia porta, ogni cristo di giorno, perchè tuo figlio rappresenta l'infiorata davanti al mio uscio, spennando innocenti piante.
E sono stanca di dover fare il giro, quando parcheggio la macchina, perchè tuo figlio per divertimento mi chiude a chiave - da dentro - la porta che collega direttamente alle scale.
Non sopporto più che rimbalzi tutto il tempo contro il muro, e il pavimento, mentre urla come un folle.
Sono stanca di raccogliere quotidianamente tappeti, coperte, maglie, lenzuola, asciugamani e giocattoli di ogni sorta, dal balcone e di lasciarteli per le scale, senza ricevere nemmeno uno scusa e un grazie.
Del resto, la raccolta ultimamente si è ridotta, perchè da questa estate la roba che cascava la lasciavo per giorni sul balcone, e tu hai capito, forse, solo in questo modo, che la devi smettere di fare affidamento sul fatto che te la raccolga e tempestivamente.
Per me Batman e la sua macchinina possono morì de fame e de sete sul balcone, e restare sotto le intemperie, non me ne frega niente.
E così il tuo bucato.
Du' mollette in più no?
Cazzo ti costa?
E la pedana vibrante che mi hai lasciato in mezzo alle scale, hai intenzione di toglierla?
E gli altri giocattoli di tuo figlio, che gli spazi comuni non sono il suo parco giochi personale?
Devo per forza dirtele a muso duro tutte queste cose, o devo mettermi con elettrica e ampli a palla fino a notte fonda?
Io ci posso pure dormire, con la musica ad alto volume.
Non mi disturba affatto.

Io non riesco a solidarizzare con questo tipo di donna.
Mi fa saltare i nervi.
Non riesco ad avere comprensione della loro condizione.
Se non siete in grado di crescere ed educare dei figli, sarebbe meglio non li faceste.
Gli altri non si possono fare carico delle vostre mancanze.


POSSIAMO FARE A CASA TUA?


Pensavo di essermela scampata, stavolta.
Ero una semplice invitata a casa d'altri, e invece, al solito, mi hanno chiesto di organizzare da me per via di un imprevisto.
Io non ho più molta voglia di fare la padrona di casa per far fare agli altri i propri comodi.
Non ho voglia di avere ospiti, di ammazzarmi a pulire, con l'indomani lavorativo che incombe.
Non mi interessa interagire con gente di cui non mi interessa un accidenti.
Essere di compagnia, piacevole, intrattenere conversazioni, non far sentire a disagio nessuno...
A che pro?
Mi sembra di regalare perle ai porci.
Non mi sento più tenuta a un certo tipo di disponibilità.
E quindi non avrò modo, in settimana, di organizzare questa cosa da me.
Ci ho riflettuto e non ce la faccio, nemmeno fisicamente, del resto.
Non mi posso forzare.
Non ho motivi ragionevoli per convincermi del contrario.
A meno di non crearne.
E non ho voglia nemmeno di far questo.

Mi sono chiesta se questo atteggiamento sia frutto di tutte le esperienze negative collezionate da che sono rientrata al paesello.
E si, credo proprio di si.
Da questo dipende tanta insofferenza.
Da qui l'irrequietezza.
E da qui, ora, anche il rifiuto.
E' arrivato anche questo, alla fine.




domenica 27 settembre 2015

UNA BEVUTA


E' il tempo che intendo uscire stasera, il tempo di una bevuta con delle amiche.
Non ho voglia, in realtà.
Ho un cerchio alla testa, sono stata a casa tutto il giorno.
E sono in modalità antisociale, ma tanto nessuno se ne accorge, in genere.
Tocca solo sistemare l'apparenza, un velo di fondotinta, la matita nera, una spruzzata del profumo che sto usando da un paio di mesi e tanto piace ai miei amici maschi.

E quindi, per curiosità, ho cercato su internet la composizione, perchè non mi era ben chiara ed ero curiosa di sapere.
Ebbene, sono andata sul sito figherrimo della Burberry e la descrizione che elenca le essenze che lo compongono comincia così (giuro!):
"Note di testa di pisello odoroso..."

Mmmvabbè...

Ed io che chissà che mi pensavo ci fosse, dentro...
E in effetti...


IL MIO LOB



La prova del nove, quella del giorno dopo, quando ti alzi dal letto e ti intravvedi nello specchio con il nuovo taglio e non ti ritorna il solito riflesso arruffato da gatto di strada, ma un'aria più composta e sofisticata, è abbondantemente superata.

Eccolo il taglio che volevo, è davvero lui, e lo so che è mera esteriorità, ma un'esteriorità nella quale sono riuscita a riportare un pezzetto di interiorità maturata da un po'.

Un ordine che sto facendo e che ho fatto, e che ho bisogno di rendere visibile.

E un cambiamento che s'impone, per quanto sia scontato che tagliarsi i capelli coincida con una forte volontà di dare un corso diverso alle cose.

E ho già in mente l'evoluzione che subirà questo taglio nel futuro prossimo.

Da che li ho lasciati crescere ad oltranza, è la prima voglia che li scorcio di così tanto.
E, nemmeno li ho tagliati, ho voglia di tagliarli di nuovo.
Sarà indice della necessità di un cambio tale, radicale, come non l'ho avuta sinora?




sabato 26 settembre 2015

DI SCHERZI TELEFONICI


Ero sul divano a messaggiare con un'amica, per decidere a che ora uscire stasera, quando arriva una telefonata con un prefisso che non conosco.
Risponde una tipa con un accento del nord, che dice che ieri le ho lasciato un biglietto con il mio numero sulla macchina che le ho ammaccato.
Io non ho ammaccato la macchina a nessuno, ieri.
Nemmeno sono uscita.
Non mi fa parlare, continua a blaterare cose senza senso.
Non sono stata io, mi spiace, e non ho lasciato biglietti a nessuno.
Insiste.
Lei chi è? E dove sarebbe successo il fatto?
Ah, non vuole ripararmi la macchina? Adesso faccio la denuncia all'assicurazione e me la faccio pagare per nuova.
Perfetto, io la denuncia la faccio ai carabinieri con il numero dal quale mi sta chiamando.

Si interrompe la linea e sento un messaggio registrato che mi propone di fare anche io - anche io! - scherzi telefonici android qualcosa.

Certo.

Non ho di meglio da fare, io.

Non ho nemmeno voglia di indagare su chi possa essere stato l'autore di questo scherzo che non fa ridere.

Perchè, mi domando, la gente sta combinata così?

Ho una stanchezza strana addosso e sono indecisa se uscire, anche stasera, ma credo mi trascinerò fuori casa.
Male che va, se non riesco a stare, rientro prima.

E poi ho un nuovo taglio da sottoporre al vaglio delle amiche e degli amici.




NELL'ANTRO DEL PARRUCCHIERE



Dopo mesi di assenza e uno studio su carta dei tagli potenziali per le mie chiome, sono andata all'incontro con le forbici.


Ho portato qualche foto, e abbiamo studiato assieme come scorciare, e dove, per realizzare questa sorta di lob che avevo in mente di fare.


E nonostante i timori giustificati, ha realizzato alla perfezione - per la prima volta! - il taglio che avevo in mente.


Insomma, che dire, per la prima volta torno dal parrucchiere davvero soddisfatta!







MI DISPIACE CHE LE COSE SIANO ANDATE COSI' QUESTA ESTATE



Ho risposto solo stamattina.
Dispiace anche a me, non fa nulla.
Ci sono rimasta male, ma non porto rancore a nessuno.

Ci vediamo stasera per un ape sul mare.

venerdì 25 settembre 2015

USCIRE O NON USCIRE, QUESTO IL DILEMMA


Perchè è venerdì e ho lavorato in modo estenuante ed ininterrotto sino a poco fa.
E potrei raggiungere degli amici, e poi altri ancora più tardi, e passare a salutare un amico che suona in un locale.

E mettere un bel vestito, e incontrare gente, fare chiacchiere...

Non ho voglia di vestirmi, di incontrare gente, di parlare.

Vorrei accendermi il camino e spegnermi lentamente in un caldo abbraccio.
Ecco tutto.

Una cosa banale, ma irrealizzabile.

E non tanto per il camino, che è vero che mi manca la legna e potrei giusto dare fuoco a un paio di sedie per accenderlo, ma se voglio mi procaccio quel che mi serve in un baleno.

Lo so che sembro contraddittoria, quelli che scarto da un lato e la solitudine che punge dall'altro, ma sono posizioni inconciliabili.

L'abbraccio che vorrei non è un abbraccio a caso.

L'intimità che desidero non la desidero con chiunque.

Stasera sono anche stanca.

Sarà tutta la stanchezza di questo periodo assurdo e travagliato, che ho attraversato in buona parte da sola.

E sarà solo stanchezza fisica.

Sono la donna che volevo diventare, mi dico.

E qualcosa di più, qualcosa di diverso ed imprevisto, un ibrido, un prodotto della mia coscienza.

Qualcosa che nello specchio, da bambina, non potevo immaginare di realizzare con tanta lucidità.

Ci sono cose delle quali tento di convincermi, ma che alla fine mi convincono che non è come me la voglio raccontare.

Tipo il fatto che non ho mai avuto bisogno di un uomo accanto per sentirmi al sicuro.

Fino a che non ho incontrato un uomo che mi ha fatto sentire protetta.

O ancora il fatto che da sola ci sto bene e nei rapporti con gli altri me la cavo abbastanza.

Fino a che... beh... il giorno che mi dovrò convincere del contrario ancora non è arrivato.

Però, mi domando, per quanto riesca ad intrattenere rapporti proficui con le persone, questa cosa cambia la mia vita in meglio?

La risposta è ovvia, ed è positiva.

Questa cosa mi riempie la vita?

La risposta non è altrettanto ovvia.

No, l'amore e la stima di quelli che conosco mi rende orgogliosa di quel che faccio, di come lo faccio, di quella che sono.
Ne vado fiera.
Però non mi riempie come quando mi riempiva l'amore di un'unica persona, quella che amavo.

Ed ecco dove sta il nocciolo della questione.

Nel fatto che un'unica persona, di per sè, ha la forza di incidere sulla mia vita più di quanto un gruppo nutrito - che può arrivare a coincidere con l'intera collettività - possa fare.

Un'unica persona, e che forza che deve avere...

Quale forza ha avuto che altri non riescono nemmeno lontanamente ad eguagliare.

Mi domando se non resti ancorata al miraggio di un'idea che dovrei seppellire insieme ai ricordi.

E' un miraggio?

E l'oblio l'unica soluzione?











UN INCONTRO VALIDO


Hai presente quando dici a te stessa che non incontri mai un uomo in gamba?
Poi l'incontri.
E palesa anche un mezzo interesse a conoscerti, a conoscere te, non te insieme a milioni di altre, ma proprio e solo esclusivamente te in mezzo alle altre.
E passi una serata intera a chiacchierarci e non vi accorgete del tempo che vola.
E no, a lui non interessa "divertirsi a tempo indeterminato", con le persone, lo trova triste.
E no, non gli interessano le sciacquette, vuole una donna che culturalmente sia alla sua altezza, altrimenti si annoia.
Delle bambole gonfiabili non sa che farsene.
E' pure molto carino, gli occhi espressivi e le ciglia lunghe e nere, un sorriso dirompente, candido, ammaliante.

Epperò...
Ora, non voglio disdegnare l'incontro che mi è capitato.
Va bene.
Poi mica è detto che la validità non possa essere rapportata semplicemente ad un'amicizia.
Ma...
Un uomo in gamba e che sia pure il mio tipo è chiedere troppo?




QUELLI CHE DAVVERO NON CAPISCI CHE VOGLIONO E POTREBBE ESSERE SOLO CORTESIA



Vado a lavoro, stamattina, e incontro un tipo che ho beccato la volta scorsa.
Un tipo poco sveglio.

Capisce una cosa per un altra e mi resta accanto in silenzio, mentre faccio le mie cose.
Chiariamo l'equivoco e invece di andarsene si trattiene mentre continuo a fare i cavoli miei.
Nel trattenersi mi fissa.

"Guarda, quello che cerchi è nell'altra stanza, non qui", gli dico.

Mi fissa, sorride, dice "ok".

E poi, inaspettatamente: "Posso aiutarti a fare quello che stai facendo?".

"Ok..."

Mi ha aiutato.

Nulla di che, ma si è reso utile a modo suo.

Forse perchè la volta scorsa ho fatto per lui una cosa che non era in grado di fare senza nemmeno dargli il tempo di dirlo.
Leggendogli i punti interrogativi nelle pupille, l'ho tolto d'impaccio facendo quello che dovevo fare per entrambi.

Forse voleva sdebitarsi, non lo so.

Mi domando quando smetterò di meravigliarmi della cortesia altrui, quella che apparentemente sembra non avere doppi fini.



giovedì 24 settembre 2015

FUORI TRA VENTI MINUTI (ma mentre scrivevo sono diventati dieci...)


Ho appena finito di cenare e... mi sono fatta un the verde che con queste ciambelline al cioccolato della signora Matilde (che tu sia maledetta!) ci azzecca da morire e... ho ripreso un vecchio pezzo di Joss Stone alla chitarra, ma non ricordo che approssimativamente il testo.
Gli accordi sono tre, sempre quelli, neanche un deficiente potrebbe sbagliarsi.
Tra venti minuti mi devo mettere in macchina e raggiungere della gente.
Non sto molto in forma stasera, ma non posso rimanere a casa.
Mi spiace appenderli, vengono da fuori.

Dovrei sistemare almeno i capelli, ma temo che uscirò modalità "nido".
A meno che non li lego, ma non ce la faccio nemmeno ad alzare le braccia.
Nessuno ci deve infilare le dita in mezzo, quindi no problem.

L'ho già scritto che sono stanca e sto galoppando da matti al lavoro?

Entro domani devo chiudere un pacco di altra roba...

E tra quindici minuti devo mettermi in macchina.

Il trucco del lavoro si è del tutto sfatto, ma non ho voglia di struccarmi per truccarmi di nuovo.
Mi bistro gli occhi e via.

Fa freddo, stasera.

Temperature quasi autunnali.

Devo mettere il cardigan sul vestito a maniche corte.
Ci butto sopra una delle mie sciarpone multiuso di cotone.

E niente, vado, che in dieci minuti devo trovare anche il tempo di stamparmi un sorriso sulla bocca.



L'ULTIMA MEZZORA DI PACE



Poi devo precipitarmi al lavoro.
Sono decisamente stanca, ma la ripresa fisica e mentale è consistente.
Riesco a percepire tutta la forza di cui madre natura mi ha dotato.

Non ho trovato un volo per il week end - volevo farmi due giorni fuori, da sola - e forse è stato meglio così.
Sarà l'ultimo fine settimana di riposo pieno.



Nothing Compares 2 U


La verità, qual è, poi, lo so.

E ciononostante le sopravvivo.


mercoledì 23 settembre 2015

1,90



Prima di sbattere a terra, complici gli sconti della parafarmacia dell'iper, ho deciso di fermarmi, dopo il lavoro, a prendere degli integratori.


"Cercavo il s., ho visto che è in offerta", dico alla tipa in camice bianco.
Mi risponde con sufficienza che quel prodotto non è in offerta.
Le dico che l'ho visto sul volantino che mi hanno dato qualche giorno fa.
Insiste che mi sono sbagliata.
Considerato che il volantino l'ho letto con attenzione - mentre ero sul trono di porcellana, per intenderci - e che di rado mi capita di parlare a vanvera, insisto anche io, ma con gentilezza.
"Magari ho letto male il volantino, se ne prendi uno possiamo verificare insieme", le dico.
Scocciata, alla fine si convince a prendere il volantino, continuando a ripetere che quel prodotto non è in offerta, ma un altro lo è e che mi sbaglio.
Perfetto.
Preso il volantino, abbiamo verificato l'esattezza della mia richiesta.
Peccato che il prodotto mancasse dallo scaffale.
Tutti tranne quello.
Ho ringraziato dicendo che no, non volevo l'altro in offerta, ma proprio quello che mancava, e sono andata via.


Avendo dieci minuti a disposizione, ho fatto un giro altrove.


Ed eccolo lí, in mezzo all'allegra famigliola di rosa, rossi, blu e verdi di ogni sfumatura, sotto il riflesso ingannevole della luce artificiale, lo smalto - proprio quello! - che ancora non ho.


È del colore che prende il vino rosso quando viene cotto.
Quindi un rosso sbiadito, ma molto accattivante.
La commessa del negozio, sorridente e disponibile come le altre che ci lavorano, mi ha lasciato libera di provare per fatti miei tutte le boccette colorate senza intervenire con consigli non richiesti.
Mi sono anche pasticciata gli occhi con blu, verde e rosa fluo, giá che c'ero, giusto per vedere l'effetto che fanno tutti insieme.
A un passo dal ricreare l'arcobaleno sulle palpebre, ho agguantato il dischetto con lo struccante, mettendo fine ai giochi.
Ho portato a casa lo smalto per € 1.90.
Rischio sempre di sbattere a terra, visto che non ho preso gli integratori, ma almeno ci sbatto con le unghie laccate con il nuovo rosso.
Fará pendant con il sangue che uscirá a fiotti, considerato l'anticoagulante che ho ancora in corpo.
Ça va sans dire.












martedì 22 settembre 2015

DI CERTI GIORNI DA DIO



E di tanto lavoro e fatto secondo la mia etica.
E di certe gratificazioni inaspettate.
Che con una tenacia fuori dal comune mi contraddistinguo e ne sono cosciente.
Che questo essere battagliera in modo pacifico mi procaccia pochi nemici, e tutti poco temibili.
Che le dichiarazioni di guerra si sono ridotte nel tempo, sul lavoro.
Che la gente mi si allea ed io nemmeno lo so.
Che ho un sorriso per tutti anche quando nessuno lo ha per me.
Che glielo cavo fuori dalla bocca, alla peggio, a chi proprio non ce la fa.

Di certi giorni da dio che l'adrenalina è incontenibile, ma la stanchezza pure, e mi costringe a mettermi già a letto a quest'ora.

Il mio corpo - che è una macchina affidabile - implora pietà.

Devo riprendermi.

Respirare.

Camminare tanto.

Ancora tanto.

Ed io lo voglio fare, di camminare ancora.

E vivere.

E innamorarmi di nuovo.








lunedì 21 settembre 2015

C'È QUALCOSA CHE CONTINUA A MANCARMI


E lo so cos'è, e non posso farci nulla.
E mi fa rabbia.
Come mi fa rabbia la cattiveria e la tristezza e le invidie stupide con cui mi scontro quotidianamente.

Mi manca quel livello di comprensione che ho raggiunto con qualcuno e da un bel pezzo non raggiungo neanche lontanamente con nessuno.

E continuo a domandarmi se debba rassegnarmi a questa raggiante solitudine o capovolgere le mie prioritá in ragione delle ultime nuove.

Io non sono in grado di lasciarmi condizionare, non sono quel tipo di persona lì.

Se acconsento o scendo a compromessi, se sono accomodante, se sono sempre cortese, lo faccio per preservare la pace e la tranquillità, per tolleranza, anche quando intimamente non aderisco.

Con questa cosa qui non posso scendere a compromessi.

Eppure devo tenerne conto, e si, ci sto male, e mi farei un pianto se mi uscissero le lacrime.


L'altra sera che sono uscita ho fumato abbastanza.

Qualcuno ha pensato bene di richiamarmi all'ordine, altri di farneticare sul fatto che non abbia smesso.

Non ho risposto male a nessuno di loro, ma li avrei mandati volentieri a quel paese.

Ho mille pensieri per la testa, mi sono operata da poco, ho una mobilità ancora ridotta, e non posso fare sport.

Non posso neanche farmi un bagno a mare.

E altre cose mi restano precluse.

Se mi privo pure di cioccolata e sigarette ammazzo qualcuno.

Mi domando per quale ragione certe cose si debbano spiegare.

Perchè è così difficile avere un po' di comprensione, perchè sono tutti così concentrati ad evidenziare i difetti degli altri, anche nei momenti meno opportuni.
Perchè accanirsi con me, in questo momento in cui vorrei sentire meno voci e meno parole possibili.
Perchè a me piace chiacchierare, mi ha detto ieri sera qualcuno.
"Questa è una presunzione che potrebbe non corrispondere a realtà. Ci sono volte che non ho affatto voglia di parlare..." e mi ha guardato come se non fossi io, ma posseduta da uno spirito ignoto.

Le giornate non lavorative, da che ho ripreso, sono scandite da numerosi "perchè non me l'hai detto che ti operavi?", come se in questi tempi di dovuta condivisione non residuasse più spazio per la privacy.
Come se fossi tenuta a dare conto delle mie ansie agli altri, quando devo già rendere conto a me stessa.
E' andata come è andata.

Adesso lasciatemi fumare le mie cazzo di sigarette, smetterò più in là.
Che al prossimo che dice qualcosa ce la spengo in fronte.




  

QUANTO INUTILE CLAMORE



Tutti a ripetere le stesse battute, tutti ad indignarsi per le cavolate.
Come dedicare il tempo alla scia che lasciano gli animali che strisciano in terra.
Quanto inutile clamore per questioni che non hanno alcun rilievo e che non importano a nessuno.
La memoria storica viene quotidianamente calpestata, e i fatti di questi giorni ce lo sbattono in faccia in modo disarmante.
Tutti pretendono giustizia per se stessi perpetrando ingiustizie abominevoli nei confronti del prossimo.
Dalla mancanza di sensibilità ed educazione si passa in un attimo a fare lo sgambetto ad un bambino per ostacolarne la fuga dalla guerra.
Ci sono popoli che hanno trovato appena una manciata di anni fa ingresso nell'UE, e che hanno già dimenticato l'esodo precedente che li ha visti coinvolti in prima persona, con migranti che lasciavano i territori natii e arrivavano affamati nel resto dell'Europa in cerca di lavoro, che ora alzano orribili barricate.
Si masticano frasi prive di senso e si inveiscono con una rabbia ingiustificata contro gente che non ha nulla, e nulla cui tornare.
Eccola la guerra.
Eccola la vergogna più atroce.
Non le polemiche sterili su quello che viene detto in un concorso di bellezza che evidente ancora molti seguono, se seguitano a parlarne con così tanto accanimento.



QUANDO INFASTIDITA TORNO A CASA



Non è successo nulla di che.
Nulla di diverso dal solito.
Probabilmente è la soglia di insofferenza che continua ad abbassarsi.


Il gretto che si autocompiace delle proprie inattaccabili - a parer suo - considerazioni, il narciso che si autocompiace del suo aspetto, le prime donne che irrompono nella scena cercando attenzioni maschili, e chi per farsi notare parla a vanvera senza rendersi conto di quanto sia fuori luogo, sono solo alcuni dei personaggi che popolano di frequente la strada che percorro anche io.


È inevitabile, mi dico.


L'inevitabilitá, peró, non incide sul tempo che decido di trattenermi.


Provo fastidio.


E non ho voglia di mettermi a discutere con chi crede di sapere tutto, e di avere la missione di inculcarmelo.


Come se io andassi in giro a pretendere di fare scuola di quel che so agli altri.


E quindi ad un certo punto ho salutato e me ne sono andata.


Mi annoia restare, scusate la franchezza.


La salsa in sottofondo non ha, di suo, che rafforzato l'intento di andare.



40



È invece il prezzo del volo a/r che ho comprato oggi per una meta europea.


Vado a trovare una persona che si è appena trasferita.


E colgo l'occasione per fare un giro in una città che non conosco.


Tocca rinfrescare lo spagnolo...



sabato 19 settembre 2015

DI VEDERTI



Questo il programma della serata.
Cosí mi ha risposto.


Peccato che, per quanto ci sia un certo tipo di tensione, lui sia spudoratamente fidanzato.


Al solito, gli unici uomini disponibili sono quelli già impegnati.
Gli unici che non tergiversano in amletici dubbi esistenziali, che non hanno timore di dirti che hanno voglia di vederti, anche solo per un caffè.


Quindi dovremmo vederci tra un'oretta.


Ho acconsentito, per amicizia e... anche qualcosa di diverso.


Certe cose sono così, le senti che sono così.


Dovrei tornare a casa a sistemarmi, truccarmi, tipo.


Stasera sono stata a cena dai miei e ho mangiato mezza teglia di gâteau di patate.


Mezza, lo giuro.


Sono sul divano e se mi stendo dritta, la pancia mi impedisce quasi di vedermi i piedi.


Il grave problema di questo momento è che ho ancora fame.


E il gâteau è finito.


Non c'è piú... :'-(


E si, dovrei fare mente locale e pensare cosa mettermi stasera.


La fame mi annebbia ancora il cervello.


Spero mi passi nel giro di mezzora, sennó arriveró all'appuntamento rotolando...



L'INTELLIGENZA FUORI LUOGO



Il termine intelligenza non è da intendersi, in questo caso, quale parametro cui commisurare la stupidità altrui.

Parlo di essere "diversamente" intelligenti.

Di essere detentori di un'intelligenza che si distingue clamorosamente da quelle altrui con le quali quotidianamente si confronta.

Non ho la presunzione che gli altri siano tutti stupidi.
Non a priori.

Però che palle tutti la stessa cattiveria, lo stesso modo di essere inutilmente provocatori o di polemizzare.

Che noia!

Detto ciò, dal basso della mia intelligenza fuori luogo ed incompresa, non ho intenzione di farmi trascinare ancora più giù dagli idioti.

E l'unica presunzione che mi concedo, allo stato, dove aver tanto riflettuto sul fatto di poter essere io quella anomala, è di essere io quella normale, alla fine.



LA LEZIONE INTRODUTTIVA DI SALSA



Me lo propongono più volte l'anno, di provare, almeno.
Che se provo poi mi piace.

Non so più come spiegare che non mi piace il genere di musica - non distinguo un pezzo dall'altro - che non mi piace ballare quel tipo di pezzi.
Ferme le mie doti e abilità di ballerina, davvero ridicole.

Insistono.

Di quella insistenza che non si spiega.

Come se io insistessi per far mangiare pasta e pomodoro a chi non tollera nè la pasta nè il pomodoro.

"Se provi magari scopri che ti piace" non è un argomento vincente.

Non con la musica, che è una cosa immediata, e se non ti piace non puoi fartela piacere per forza solo perchè per altri è un capolavoro.

C'è da spiegarle queste cose?

GAGLIARDA



"E' tanto che non ci vediamo, ma ti trovo sempre gagliarda. Come stai?"

E l'amico che nel salutarmi mi stringe e debbo dirgli di far piano. 

E l'oste che schiaccia il cinque agli altri con vigore e con la rincorsa ed io "no, io settimana prossima, non sto abbastanza in forma per quel cinque lì!"

E mio padre che mi chiama per dirmi se mi va di uscire in mare, stamattina, ed io che devo ricordargli che non posso.

E altri amici che pure mi ricordano che sabato è giornata di mare, ma sole, sabbia e troppa acqua mi sono nemici.

E ieri sera che non riuscivo più a stare seduta sullo sgabello e avevo bisogno di stendermi e sono dovuta andare via prima del tempo.



Insomma, è veramente gradevole uscire e stare in mezzo agli altri come una disadattata.
In tutto ciò, l'altro giorno mi hanno pure tamponata mentre andavo a lavoro.

Botta.
Cos'è?
Scendo.
Scende.
"Scusa..."
Graffio sul parafango.
Con la pasta abrasiva dovrebbe andar via.
Ho gesticolato con la mano e gli ho detto che non faceva nulla.
Ero in ritardo.
Sono risalita in macchina e sono andata via.


venerdì 18 settembre 2015

851


E' il costo del biglietto per Sydney nel periodo prescelto.
Lo sto monitorando da qualche giorno.
E no, non l'ho preso.
Ancora.
E non so ancora se potrò prenderlo.
Devono incastrarsi così tante cose che non mi sembra impossibile si incastrino al momento giusto, in modo da consentirmi di partire.

E' il costo sostenuto, approssimativamente, per il mio viaggio in America.

Tanto costano i biglietti dei miei giri in solitaria attorno al mondo.

E no, non sono ricca.

Semplicemente risparmio su cose che ritengo inutili.
Preferisco spendere in viaggi l'equivalente di quanto qualcuno spende per una giacca invernale firmata, uguale a quella di mille altri, per una borsa figa o un paio di scarpe da mozzare il fiato.

A me mozza il fiato viaggiare e immergermi in altre culture, aprire gli occhi su nuovi paesaggi, incontrare nuove persone, lasciarmi entusiasmare da altre mentalità e modi di vivere.

Posso stare anche scalza quando non vado al lavoro, e riesco a vestirmi con estremo decoro spendendo du' spicci.

Che poi in Australia, nel periodo che ho deciso di andare, sarà estate.

Quanto mi dovrò vestire, in estate?


No, davvero, non lo so se riesco, quest'anno.
Sarebbe magnifico.
E allo stato quasi fattibile.
Mi sto già muovendo in questo senso.
E ho già preso contatti con qualcuno che sarà lì e con qualcun altro che deve mettermi in connessione con dei parenti alla lontana, e ho visto il costo approssimativo delle sistemazioni in airbnb, perchè se vado non voglio pernottare in alberghi, ma a casa di gente del posto.

La pianificazione di un viaggio che non si sa se farò è già in itinere.

E' più forte di me.

Una pianificazione che appartiene al mondo dei sogni ad occhi aperti, al momento, e che aspetta di potersi tradurre in realtà, se non oggi, più in là.

Poco più in là.








LE NUOVE FRONTIERE DEL CORTEGGIAMENTO



Il tipo l'ho conosciuto in un contesto carino, ha preso a messaggiarmi, poi improvvisamente è scomparso.


Oggi mi scrive per dirmi che è da un po' che non mi sente, che per lui è un periodo particolare, non bello.


Dillo a me, che mi sono operata...


Piena di comprensione, gli ho chiesto come mai non fosse un buon periodo.


Lui, poverino, è angosciato perchè a quarant'anni ha deciso di lasciare casa di mamma e papá e andare a vivere da solo.


Poi mi scrive che non sa cosa vuole e questa cosa occupa i suoi pensieri.


E, ancora, che gli ha fatto piacere conoscermi e gli piacerebbe scambiare una chiacchiera con me dal vivo.


E quindi...


"... Se passi da queste parti fatti sentire, per un caffè o anche una cosa da bere".


Io.
Devo farmi sentire io.
Per invitarlo a prendere un caffè al quale si puó riservare di dire di no.
Mentre occupa tempo utile a spicciare il cervello dalle pippe mentali del "io non so cosa voglio".


Io non ho intenzione di proporre piú nulla a nessuno.


AAA cercasi uomo con le palle di invitarmi a prendere un caffè.


E in grado di offrire una cena.


Senza la pretesa di ottenere per forza una scopata in cambio.


Astenersi perditempo e poracci.



giovedì 17 settembre 2015

BALCONE BOTANICO



Prima di partire, ho innaffiato le piante per l'ultima volta e le ho salutate malinconica, convinta che al mio rientro, con il caldo torrido, abbandonate a se stesse, non avrebbero resistito.

E invece...

Il prezzemolo ormai appassito, che aveva messo i semi, che ho avuto premura di sbriciolare nello stesso vaso, è rifiorito a nuova vita.

Stessa sorte il basilico, ma è ancora in una fase embrionale.

Le due piante di avocado, nate dai semi che avevo messo nel vaso, hanno messo altre foglie splendidamente verdi e ormai devo travasarli: meritano ciascuno il proprio spazio!

Il rosmarino strisciante colto in montagna è deceduto inesorabilmente.

Tra i rami secchi è spuntata una profumosa pianta di menta.

Le piante di cuore di bue e ciliegini, che ho lasciato agonizzanti, hanno messo nuovi rami verdi e confido in una nuova piccola raccolta.

La rucola - ahimè - non appassisce e non progredisce, resistendo suo malgrado alle avversità.

C'è una pianta dalle foglie viola nata spontaneamente, che sta fiorendo.

Sembra una pianta di peperoncini.

A breve saprò.


AMICHEVOLE CLIENTELA DELL'ULTIMA ORA



Nei locali che frequento mi conoscono per nome ed io conosco per nome chi ci lavora.


Sono tutti sempre carini, hanno un occhio di riguardo, mi ci intrattengo volentieri a chiacchierare.


Ci siamo spostati da un locale all'altro, stasera.


È la prima sera che esco in giro.


Raggiunto il mare, abbiamo preso una birretta.


Nel frattempo sono partite le solite chiacchiere con chi lavora nel locale.


Non c'era piú nessuno in giro.


Ci siamo attardati fuori, finché l'ultimo che è uscito ha tirato giú la saracinesca.


"Ma noi dobbiamo pagare le birre..."


"E vabbè, oramai abbiamo chiuso, le pagate domani!"


Altre chiacchiere.


Il solito contatto fisico buttato lí per gioco da un tipo che conosco da un po' ed è un testa di cazzo.


Che se non fosse un testa di cazzo e se non fossi temporaneamente inabilitata dai postumi dell'operazione, stasera me lo sarei portato a casa.


Lucidi e sobri come eravamo.


Occhi negli occhi, senza ritrarsi.


Ho pigiato il pulsante sulla chiave dell'auto per aprirla a distanza e sono sgattaiolata vita.


Domattina, cioè tra poche ore, devo andare a lavorare.


E non so esattamente cosa mi aspetta.


E le forze che tornano mi prosciugano dell'energia che non ho, e che devo recuperare con il riposo.


Ho in testa almeno 4 viaggi da fare entro la fine dell'anno.


Di nuovo un segno che porta all'Australia.


Chissá se ce la faccio...



mercoledì 16 settembre 2015

PRENDERE ALLA LARGA LE COSE



Sul lavoro, mi viene formulata una domanda da una persona.
Domanda che a naso mi è sembrata strana.

"Per quale motivo cui mi chiedi questa cosa?"
"Curiosità"

Mi è bastato poco per scoprire poi la vera ragione della richiesta.

"Tizio dice che Caio gli ha detto che tu questa cosa te la sei persa..."

Certo.
E gli asini volano, tra le nuvole, di fianco agli unicorni e ai little pony.

Ho rassicurato questa persona sulla mia professionalità, chiedendole di non prestarsi più a queste forme bieche di manipolazione.

La vera domanda spontanea, senza prenderla alla larga, è: da quale parte la devo mettere a quel servizio a Tizio e Caio?

Perchè il quoziente intellettivo degli interlocutori con cui mi confronto è sempre così ridicolmente basso?



martedì 15 settembre 2015

I Forget Where We Were


Voglio dimenticarmi dove sono, andando da altre parti.

Voglio ricordarmi chi sono, viaggiando in luoghi che ancora non ho visto, fosse anche l'angolo più remoto di una città che conosco come le mie tasche dove ancora non ho schiacciato un passo.

Voglio dimenticarmi dove eravamo, perchè è dove siamo rimasti, io e te.

Il punto nel quale tu hai deciso di morire per il resto dei tuoi giorni ed io di continuare a vivere.

Il punto che vorrei cancellare, ma continua a far parte di me.

Un ricordo affilato come una lama.


lunedì 14 settembre 2015

LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA



Questo post spero abbia il gusto di un piccolo documentario per iscritto, per chi lo legge.
Un documentario pieno di relatività e che non fa fede di nulla se non della scena specifica che ritrae.
Un documentario di quelli che fotografano uno spaccato - o una smagliatura - della vita moderna e rendono l'idea di come si siano evoluti i rapporti uomo-donna, in certi ambienti, tipo quello in cui vivo mio malgrado.
E di come si siano evoluti alcuni appartenenti al genere maschile.

Ho un'amica che è single da poco.
Questa amica ha un amico, di quelli che tutti, qui in zona, conosciamo per un motivo o per un altro.
E diciamo pure che molte (a livello statistico davvero molte) ragazze lo conoscono perchè ha avuto modo di approfondire la conoscenza con parecchie di loro.
Un bel ragazzo, di compagnia, ha anche dei bei modi, lavora, ma... ha questa pecca di essere notoriamente uno che se la fa un po' con tutte.

Come un tarlo, sta cercando di convincere la mia amica ad intraprendere un rapporto privo di implicazioni, visto che lei non ha testa, proprio ora, e lui nemmeno (se l'ha mai avuta con qualcuna).

La mia amica ha delle remore al riguardo, che da donna (non rientrante nelle statistiche predette) ben comprendo.

Per rendere più convincente ed allettante la proposta, le ha sottoposto della documentazione fotografica.
L'apice del romanticismo nel corteggiamento moderno, che si avvale in modo così proficuo della tecnologia!
No, un secondo, l'apice vero è la scelta del luogo eletto quale cornice nella quale inserire la documentazione fotografica esibita a mezzo telefonino.
Di sera, al tavolino di un locale trafficato, in mezzo alla gente e ad altre amiche.
Devo dire che però quanto a discrezione è ad alti livelli, il tipo: nelle foto non compaiono i volti delle donnine coinvolte nelle sue prestazioni.

Che poi il punto focale della questione non è la prestazione in sè, ma il fattore che dovrebbe rendere la prestazione eccezionale.

Quello che a lei, alle altre amiche presenti e a me - che non c'ero, me l'hanno raccontato - appare notevole, però, è quanto sia sfigato.

Ergo, esistono certamente delle donnine che non si preoccupano di finire nella documentazione fotografica altrui con pezzi del proprio corpo, quasi fossero al pari della carne d'allevamenti intensivi, tagliata e confezionata ad arte in vaschette sterili da vendere al supermercato al prossimo acquirente, fosse pure - e tranquillamente - suo fratello.

Esistono donnine che cedono a questo tipo di lusinghe, e che probabilmente si divertono quanto si diverte lui.

E buon per loro.

A noialtre, quelle che non riescono ad adeguarsi a questo cambiamento evolutivo, fa tristezza.

E un po' schifo.

Non ricordo di avere frequentato qualcuno che abbia prima dovuto esaltare le proprie qualità a mezzo di documentazione fotografica.
E mi piace escludere l'idea che questa cosa possa capitarmi in futuro.

Mi estinguerò, lo so.




VAI CON LE CIABATTE AL LAVORO?



Oggi sono rientrata ufficialmente a lavoro.
Una giornata parecchio lunga.
Stamattina sono uscita di casa all'alba, vestita di tutto punto, le infradito con il cordoncino turchese ai piedi per guidare e le scarpe per il cambio in auto.

Si, lo so che con le infradito non si guida, facciamo conto che questa cosa è frutto della mia fantasia e che dichiaro sin da ora che non voglio assolutissimamente fornire il cattivo esempio alla brava gente che guida con le scarpe chiuse.

Incrocio mio padre, mi guarda, guarda i miei piedi e mi chiede se ho intenzione di andare a lavoro con le ciabatte.
"No, ho il cambio in macchina...", rispondo.

Subito dopo incrocio mia madre, che mi guarda ed esclama: "Ma vai in ciabatte al lavoro?"
"No, ho il cambio in macchina...", rispondo di nuovo.

Incrocio anche mio nonno, che mi guarda perplesso e con disapprovazione.
E' il suo modo di relazionarsi all'unica nipote femmina, delle ciabatte non gli frega niente.


A lavoro ho incontrato una tipa che aveva una borsa bianca a forma di lavatrice, con la tasca frontale a forma di oblò con il cestello.
Un'altra in una sorta di vestito baby doll cortissimo e trasparente color carne.
Le mie infradito, stamattina, non avrebbero affatto sfigurato.

Nel pomeriggio mi è arrivata una telefonata sul numero di lavoro da un numero sconosciuto.
Una voce maschile che non conosco ha detto esitante "Pronto?", e ho chiesto chi fosse.
"Sei c.f.a.?", dicendo il mio nome.
"Si...", ho risposto.
"Ah, sei tu..."
"Si..."
"Forse ho sbagliato numero... sono il collega X"
"Chi, scusa?"
"Il collega X...", che non conosco.
Credo.
Magari me lo sono dimenticato con l'anestesia...
"Ho sbagliato a pigiare il numero nella rubrica..."
"Ah ok, non importa!", ma io non ho il suo numero in rubrica.
"Allora ciao..."

Ieri sera mi è arrivato uno squillo sul cellulare da un numero di Roma che non conosco e non ho richiamato.

Perchè la gente è così strana?





domenica 13 settembre 2015

E L'ALBA STANOTTE NO



Perchè ho quasi finito, nonostante tutto, e tra una mezzora mi fumo una sigaretta e me ne torno a casetta.

Mi fa male la schiena.

Da morire...

Ma posso resistere senza morire.


Ho voglia di suonare la chitarra e cantare a squarciagola, ma non ho tutto quel fiato.

Ancora.

L'avrò.

E sarà tanto.

E sarà un fiume.

E sono già nuove parole, in fondo allo stomaco dove le conservo.

E sarà nuova musica da suonare con gente nuova.

E chiavi blues.


Ho quasi finito, ed è trascorso il sabato e la domenica, e l'ultimo week end di prigionia a casa.

E la notte è qui fuori la finestra, che se ne fotte delle lampadine che accecano i muri della mia stanza.

E se ne fotte di me, perennemente in ritardo sul lavoro e sulle consapevolezze.



USCIRE NEL SENSO DI RIMANERE FUORI CASA


Dovevo solo farmi la puntura quotidiana, stasera.

Ho preso le chiavi della macchina e ho sentito lo stomaco in sussulto quando ho aperto la portiera per mettermi al volante.
Finalmente.

La persona che mi ha fatto la puntura mi ha invitata a rimanere a cena.
Ce la metto tutta per non socializzare e defilarmi, almeno quando sto male.
Non ci riesco.

A cena naturalmente c'erano altre persone che conoscevo.
E quindi sono rimasta a far chiacchiere fino a poco fa.
Volevo rientrare prima, ma poi una parola tira l'altra, e...
Niente.
Faccio sempre questo.
Esco per un motivo e mi trattengo fuori casa per un altro, perdo la cognizione del tempo, incontro gente, accadono cose.
Vivo.

"Fai sempre questo"...
Me lo diceva spesso un mio ex.
Il mio ex.
Per lui era una qualità adorabile.

Per me solo un difetto di fabbrica.


sabato 12 settembre 2015

LAMPADINE CHE SI ACCENDONO INASPETTATAMENTE


Nella solitudine della stanza e del pigiama che indosso, mentre lavoro con la musica che sottolinea il movimento lento del pulviscolo atmosferico, scopro una nuova chiave di volta.

A volte nel lavoro è così.

Ti ci devi immergere talmente a fondo e diventare tutt'uno con lui, un po' come farci l'amore.

Il lavoro, di suo, non è ingrato, ripaga della passione che ci dedichi e la restituisce con pari intensità.

Avverto l'adrenalina che sale e il sangue che pulsa nelle vene.

E non è la febbre, che si è assestata sul 37 circa ed è quasi debellata.

Tanto che stasera vorrei uscire, non ne posso più di questa prigionia.

Solo che se esco e mi abbracciano o mi urtano per sbaglio... Posso stare a spiegare a tutti di far piano che sono stata operata da poco?

Sennò devo correre il rischio e sopportare a denti stretti.

Voglio un calice di vino sul mare, fumarmi una sigaretta, scambiare due chiacchiere e qualche sguardo con qualcuno.




venerdì 11 settembre 2015

L'APPROCCIO ZEN



"Conosci te stesso" e "conosci il tuo nemico" sono gli attuali punti cardinali della bussola orientata alla razionalizzazione che soppeso nelle mani.

Il fatto di orientarmi mentre mi perdo e mi ritrovo - sempre diversa - è un controsenso che non intendo risolvere, un dettaglio insignificante nell'enorme cornice che lo racchiude insieme ad altri, o stimolante, se lo si osservi sotto un diverso punto di vista.

Che il nemico a volte sia io stessa, o certi turbamenti che ho assimilato traducendoli in comportamenti che mal tollero, idem.

I miei limiti sono una sfida costante.

Una sfida da vincere.




TUTTO CIO' E' MMMERAVIGLIOSO


Da una settimana a questa parte il blog è diventato il mio sfogatoio lamentoso.
Non ce l'ho le palline antistress e non ho forza per prendere a pugni nulla.
In compenso, il giorno ultimo della settimana lavorativa ipotetica, ovvero il primo della settimana lavorativa effettiva, che doveva essere il giorno in cui stare tranquillamente al pc per un certo tot di ore a testa calata a lavorare, è cominciato alle 6,00 circa di stamattina, con un risveglio di tutto rispetto.

Mal di testa atroce.
Però niente brividi.
Vabbè, ci sta che con tutto questo stress mi viene un mal di testa del cazzo, no?
No.

A ora di pranzo, ancora distesa a letto con la mobilità di un vegetale, ho pensato di misurarmi la febbre.
Figuriamoci, solo per scrupolo.
Porca la miseria, mi è venuta la febbre!

Sono le 16.43, ho brindato con la tachipirina e ho buttato giù pure un fottutissimo caffè.
Tra poco ho appuntamento con la puntura.
E poi confidando nell'effetto della medicina e nella sconfitta del mal di testa, mi porto il pc a letto per lavorare finchè le forze mi assistono.

Stasera col cazzo che esco (ebbene si, mi ero messa in testa che volevo uscire, non ne posso più...).
Domani me lo scordo che esco.
Lunedì mi tocca una trasferta, pure.

Tutto ciò non è assolutissimamente meraviglioso?

Fanculo...

giovedì 10 settembre 2015

QUATTRO RICHIESTE IN SOSPESO




Mi rendo conto che certe persone si mettono al pc e mandano richieste di amicizia a raffica senza una ragione precisa a tutti quelli che capitano, ma con le restrizioni in termini di privacy che ho applicato al mio profilo e per il tenore delle foto e di ciò che pubblico in generale, mi domando ancora cosa li spinga a ritenere che quello virtuale sia l'approccio giusto con una donna.

Sino ad oggi, conto solo tre uomini - tre ragazzi che hanno suscitato un minimo di interesse a livello ipotetico - con cui ho scambiato l'amicizia su fb senza previa conoscenza dal vivo.

Tre uomini che mi faceva piacere pensare fossero interessanti, in qualche modo.

Due di loro li ho conosciuti dal vivo.

Con uno c'è stata un'intensa, artistica e brevissima liason.

Con l'altro assolutamente nulla di nulla.

Il terzo è un blogger che presumo non avesse affatto voglia di incontrarmi.

Puntualmente cancello le richieste che mi arrivano, ma questi giorni ho un po' di tempo da perdere, mentre ciondolo dolorante dentro casa, e quindi le ho lasciate in sospeso nel limbo virtuale.

Stavo pensando di condurre un piccolo studio sociologico sulle reazioni al messaggio fotocopia che vorrei inoltrare a tutti quelli che mi hanno chiesto l'amicizia o mi hanno scritto (finendo nella casella "altro): "non ti conosco...".

Magari qualcuno mi stupisce e mi risponde che ci siamo conosciuti in un'altra vita.

Sarò una vecchia romantica, ma continuo, ad oggi, a preferire gli incontri dal vivo.

Ergo, li cancello senza pietà, lasciando gli esperimenti sociologici a chi ha voglia di perderci tempo.

















ED IMPARARE QUALCOSA DA TUTTO QUESTO


Una puntura su sette/dieci l'ho fatta ieri.
Oggi devo fare la seconda, e fino a mezzora fa, non trovando nessuno che me la facesse, stavo valutando di farmela da sola.
Ci sono i tutorial su youtube, all'occorrenza, anche per questo, e descrizioni dettagliate su google.
Ebbene si, l'idea mi ha seriamente sfiorato, e mi sono messa, volenterosa, alla ricerca.
Da agofobica a infilarmi un ago sottopelle da sola ce ne vuole, ma ho pensato che potesse essere l'occasione per affrontare di petto la faccenda.
Non riesco ad accettare che questa fobia mi annebbi in questo modo.

All'ultimo momento ho trovato qualcuno disponibile a prendersi questo incombente al mio posto.
Ed ora sto valutando di farmi insegnare, con l'occasione.
Non oggi, non ho ancora forza, non sono ancora completamente padrona del mio corpo, ma tra qualche giorno potrei farcela.
Così non dovrei dipendere da altri.

Tra un'oretta devo avviarmi a farmi punzecchiare.
Tra chi ha forse la febbre e chi i crampi allo stomaco, immagino mi toccherà prendere la macchina con il cambio automatico e andare da sola.

Il count down per uscire da questo pigiama è partito.
In compenso, il fatto di stare a letto mi consente di rinfrescare inglese e francese con film in lingua.
Domani devo riprendere del lavoro da chiudere entro domenica.
E se lunedì non trovo nessuno per andare al mio posto a fare questa cosa, devo andare personalmente.

La cosa veramente drammatica è stare chiusa in casa con gli ultimi scampoli d'estate fuori la finestra.
Pensare che potrei stare in spiaggia con birretta e patatine ad aspettare il tramonto.

La sabbia, ora, mi è nemica.




mercoledì 9 settembre 2015

TENERA E' LA NOTTE



E l'inutilità di molti pensieri manifesta.

A volte serve quel po' di tempo e quel paio di operazioni da ambo le parti per definire un dubbio e tramutarlo in certezza.

Oggi ho l'ennesima conferma di quella che era una sciocca illusione.

Da parte mia?
Alimentata da altri?
Che altri nutrivano poco celatamente in cuore verso di me?

L'appuntamento preordinato con la vita accadrà forse nella prossima.

O mai.

Questa è la soluzione.

Fine dei giochi.

PIANTONATA E POCO MORIBONDA



Il gatto a casa dei miei non mi molla da che sono qui.
Miagola costantemente al mio indirizzo, cerca carezze e ne offre, viene a stendersi vicino la mia sedia, sul pavimento, o mi scruta dalla poltrona, quando non sono distesa nel letto.
Mi viene in mente la storia di quel gatto che andava a coricarsi vicino i moribondi, in una casa di cura, tempo fa...
Non è il mio caso, non lo è.
Però, diamine gatto!
Mollami un po', miglioro di giorno in giorno!
Non sto a morì!

Però ho saputo che gli schiaffoni li ho ricevuti perchè non volevo svegliarmi.
"Si sono presi tutti un bello spavento", mi hanno detto oggi.

La permanenza a casa dei miei genitori prosegue tra mille casini.
I loro.
Avevo chiesto un po' di tranquillità, ma non sono in grado di regolarsi.
L'altro giorno mia madre, nel letto d'ospedale, ha inteso strofinarmi così forte la garza doppia imbevuta d'acqua sulle labbra, che stavo per sanguinare.
Ho urlato "mi fai male" con il poco fiato che avevo in gola per farla smettere.
Apprezzo i suoi sforzi nei miei confronti, ma apprezzo di più se non li fa.
Oggi mi ha accompagnato a fare la prima della serie di punture del cazzo che debbo fare in conseguenza dell'operazione e di cui nessuno mi aveva parlato prima.
Le ho chiesto di evitare le buche e i dossi e di fare le curve dolci.
Naturalmente ha imboccato la strada piena di traffico, frenate e sterzate come quasi a un rally, dossi e buche li ha presi tutti con una precisione matematica.

Sono le 20.44 minuti ora, e ho fame.
Loro probabilmente no, perchè cazzeggiano in cucina davanti la tv, sciorinando i propri malesseri fisici ed esistenziali.
La loro inadeguatezza di fronte al malessere altrui è pari solo a quella dei bambini viziati rispetto ai genitori che li viziano.
Eppure non posso che voler loro del bene.
Sono tarata anche io.
E' la prima volta che si trovano investiti della responsabilità di provvedere a me dai tempi del morbillo e della rosolia.
Tra ieri e oggi mi hanno offerto vino rosso a tavola, perchè il vino fa sangue.
Una volta al giorno si ricordano di chiedermi come sto.
Oggi ho invano chiesto che mi provassero la pressione.
Da che mi sono operata è abbastanza bassa.
Hanno fatto prima orecchie da mercante, poi se ne sono dimenticati, poi mio padre è andato al lavoro e mia madre stava per prendere la stessa strada quando le ho chiesto di misurarmi al volo la pressione.
Con estremo disturbo e sacrificio mi ha infilato al braccio destro la fascia con su scritto "left arm", e mi ha misurato la pressione.
"Credo di avertela messa al contrario...", sfilandola e rimettendola al contrario allo stesso braccio.
"Ma qui indica braccio sinistro, me l'hai infilata al destro, la fascia!", ho detto perplessa.
Dice che è la stessa cosa.
E che comunque, a occhio, sto meglio.

Domani potrei quasi tornare a casa mia...










martedì 8 settembre 2015

LE DIMISSIONI



All'ennesimo e ultimo prelievo di sangue ho temporeggiato all'inverosimile, stamattina, e poi, analizzata la situazione sotto tutti i punti di vista, ho espresso un rifiuto, ho chiesto che mi venisse rimosso quello che mi avevano applicato e sono andata a firmare per farmi dimettere.

Ero stanca degli aghi e dell'ospedale, ho retto quasi tre giorni, non ho cacciato una lacrima fino all'ultimo.

Ora sono a casa, costretta all'assistenza altrui, solo nel caso in cui dovessi avere problemi o imprevisti.

Non ho la forza di aprirmi una bottiglia d'acqua e la pressione è bassa.

Non sto bene in piedi, ma mi sforzo di camminare un po', parlo a fatica.

Stasera va meglio di ieri, però, e domani starò meglio di oggi.

L'operazione è stata un po' più importante rispetto a quanto preventivato, ma è andata bene.

Stamattina ho incontrato nel corridoio il tipo che ieri mi ha preso a schiaffoni per svegliarmi dall'anestesia.

"Sei stato tu, ieri, a prendermi a schiaffi, no?"

Devo averlo guardato un po' male, perchè mi ha risposto sgranando gli occhi che no, non era stato lui, che mi stavo sbagliando.

"Non credo di sbagliarmi, ricordo perfettamente il tuo viso e i tuoi occhi mentre mi colpivi. Certo che mi hai colpita forte... sei stato fortunato che ero senza forze, il primo istinto è stato quello di colpirti a mia volta!"

Non ho fatto viaggi durante l'anestesia.
Non ho sognato.
Sono caduta in un sonno profondo e nero, privo di rumori, e mi sono svegliata già lucida, in preda al dolore.

E' abbastanza seccante stare in queste condizioni, ma è una situazione contingente.

Appena mi rimetterò, comincerà, di nuovo, una diversa fase della mia vita.


Da oggi ho una consapevolezza in più cui non posso sfuggire e sulla quale sono obbligata a riflettere.



domenica 6 settembre 2015

L'OSPEDALIZZAZIONE



Ho infranto il divieto assoluto di mangiare, bere e fumare dopo la mezzanotte.


Ho sorseggiato un cocktail a base di rum, ma non l'ho nemmeno finito, e in sostanza ho sgarrato di tre quarti d'ora sull'orario limite.


Quando ho messo la sveglia, il cellulare mi ha comunicato che sarebbe suonata dopo circa quattro ore.


E vabbè, mettiamo che resto sotto i ferri, l'ultima sera utile di vita la potevo passare a casa a dormire?


Tanto domani m'addormentano, recupero le ore di sonno perso.
Dormo meglio!


Stamattina sono arrivata in ritardo di una mezzora, ma non ha inciso in alcun modo sull'ospedalizzazione.


Sono rimbalzata tra le accettazioni di vari reparti e piani, prima di trovare quella giusta.


Alle 10,30, ancora digiuna, mi sono trascinata a fare gli esami, ovvero elettrocardiogramma, analisi del sangue, radiografia.


"Buongiorno, puó sdraiarsi sul lettino", mi ha detto l'infermierina dolce dal sorriso gentile con quattro fiale e un ago della madonna in mano.


Il demonio in camice verde.


In buona sostanza, a causa dei problemi che ho con l'ago, abbiamo anteposto gli altri esami a quelli del sangue.


La prima radiografia se la sono persa e l' ho dovuta rifare.


"Mi fa rifare gratuitamente la radiografia?", mi è uscito di bocca.


E solo perchè ha dimenticato di salvare le immagini sul pc, a che diamine stava pensando?


Dopo essere passata almeno dieci volte digiuna davanti al bar, con un profumo di cornetti che sfido chiunque a resistere, alle 12,00 mi hanno fatto il prelievo.


Non ho pianto.


É giá un progresso considerati i precedenti.


Ho portato papá a fare colazione, visto che ha voluto trattenersi fino alla fine, ma adesso è andato via, abbandonandomi al crudele soggiorno obbligato in ospedale.


Mi hanno messo in stanza con una ragazzina che è caduta e ha battuto la testa, e non si sa se debba operarsi.


Ergo, in camera la tv è sintonizzata su un canale dove passano cartoni animati, ma non ho cuore di cambiare programma.


Ho infilato le cuffiette, ho Terzani, Fitzgerald e un romanzetto da poco, il cellulare, degli amici che forse nel pomeriggio passano a trovarmi.


Ho pranzato con una pasta vagamente scotta, la carne era inguardabile, la mela l'ho ceduta alla mia compagna di stanza.


Mi affaccio dal balconcino e c'è gente che passa e attende.


Qualcuno poco fa piangeva e aveva le mani sul viso, fuori una porta d'ingresso, e fumava una sigaretta.


Quanto è atroce passare negli ospedali?


Quanto è ancora piú atroce attendere per qualcuno a cui si vuol bene e che sta male?

















sabato 5 settembre 2015

PRE-OSPEDALIZZAZIONE TERMALE



"Piove. Andiamo alle terme, visto che a mare non è il caso?", mi dice.


"Eh... Ok!", al volo, dal letto, gli occhi ancora chiusi.


"Passo a prenderti tra mezzora!"


In quella mezzora ho mangiato e infilato il costume.




"Ho pensato che domani vai in ospedale e che era carino passare la giornata insieme alle terme a rilassarci un po'..."


Ecco, lui è tra le mie persone preferire in assoluto.


"È grazie a te che stare qui mi pesa meno di quanto mi peserebbe starci da sola", gli ho detto.


E l'ho ringraziato, perchè il bene dell'anima che gli voglio è ben riposto.



venerdì 4 settembre 2015

I TIPI CHE PASSANO AL LAVORO



Stavo tanto bene per i fatti miei, ad ascoltare gli Alabama Shakes nelle cuffiette mentre lavoravo, quando é arrivato un tipo che conosco.


Prima di rivolgermi la parola, passava di corsa salutando senza quasi guardarmi.


Da che, all'improvviso, ha preso a parlarmi, non la smette piú.


Stavolta mi ha rivolto qualche complimento garbato.


E mi ha invitata a fargli visita presso uno stand che ha allestito in occasione di un evento locale.


Mmmvabè.


È un tipo in gamba, ma non mi tira granché.


Vorrei capire che diamine di problemi ha questo apparato "chimico" che si prepara alle peggiori reazioni con la gente sbagliata e resta insensibile e muto con l'altra gente, quella giusta.


Esisterá davvero la gente giusta, poi?


Qua siamo un mondo di gente sbagliata che non smette di sbagliare nemmeno dopo aver fatto esperienza sugli errori propri.



L'INCOGNITA DEL RICOVERO



"Si è liberato un posto per lunedí per operarti", dice.
"No", cazzo, troppo presto, non sono psicologicamente pronta.
"Poi se ne parla a ottobre/novembre", accigliato.
E quel periodo ho lo stramaledettissimo lavoro che non posso mollare.
"Ok", incastrata mio malgrado, "vada per lunedì".


Domani mi fa sapere se domenica debbo ricoverarmi.


"Posso andarmene sulle mie zampe se vengo in macchina, dopo un paio di giorni?", chiedo.


"Ovvio che no, fatti accompagnare!".


Devo trovare il sistema di dirlo a mio padre senza traumatizzarlo.


Se tutto va bene - eufemisticamente parlando - per un paio di giorni mi faró pere indesiderate di schifosissimi medicinali e subirò un intervento banale.


Non vedo l'ora di fare la parte della moribonda e chiedere morfina a un dottorino carino.


Immagino che ci saranno solo vecchi bacucchi e dispotici e mi dovrò incazzare pure per ricevere un bicchiere d'acqua.


Spero non mi mettano una compagnia insopportabile in camera.


Qualcuno che russi, tipo.


E se capito da sola?


Posso farmi un giro negli altri reparti a socializzare?


Posso cimentarmi nell'intrattenimento ospedaliero, tanto mi ci trovo.


Quarantotto ore da sola senza parlare, stesa in un letto, minimo.


L'apoteosi della noia.


Potró alzarmi almeno per fare pipí?


Mi devo portare il pigiama lungo o fará caldo?


Mi faró qualche viaggio strano con l'anestesia?


Come diamine fanno quelli che decidono volontariamente di sottoporsi ad interventi, ad esempio di chirurgia estetica?


Posso portarmi il pc per lavorare o è un'utopia?


Se è improbabile lavorare lo é pure leggere un libro.


Immagino che pure la doccia me la scordo.


Per fortuna hanno inventato le salviettine umidificate.


Potró mangiarmela un po' di cioccolata mentre mi riprendo e per riprendermi?


Mi aspettano brodini e petti di pollo e verdure bollite?


Quanto cazzo torneró dimagrita?
Se ci penso mi viene giá fame...


***


Beh, l'incognita, stamattina, é stata appena sciolta.
Mi aspetta un ricovero a breve e vorrei non pensarci perchè ho una paura fottuta.
Non è niente.
C'è gente che si sottopone a cose atroci, e questa cosa qui è una sciocchezza.


Non vedo l'ora di fare i soliti teatrini ridicoli davanti a gente nuova, in un posto che non conosco.
Agofobia portami via...













giovedì 3 settembre 2015

ANCHE SE È DIFFICILE



Quante cose sono scivolate via, nonostante sembrassero insormontabili?


Ho perso il conto.


Eppure me lo dimentico ogni volta.


Vorrei fumare e non posso.
Aprirmi un rosso.
Niente da fare.
La chitarra l'ho lasciata a casa dei miei, maledizione.
Posso tamburellare la testa sul muro, stasera, mentre intono una melodia martoriandomi l'esistenza con i soliti crucci.


"A che ora vuoi scendere stasera?", leggo in questo istante, mentre sto scrivendo.


Santissimi gli amici.





GLI INTERROGATIVI DI SEMPRE



É davvero una scelta questa, di voler stare e rimanere da sola?


É davvero sempre solo un intermezzo da niente, con certi uomini, o sono io a relegarli, da un po', in una dimensione di secondaria importanza?


È mai possibile che una delle cose che mi manchi di piú della relazione sia il sesso mattutino?


Riprenderó mai un gatto in casa?


Quando riusciró a guadagnare abbastanza per viaggiare in tutti i posti del mondo che non ho ancora visto?


Come è possibile sentirsi, allo stesso tempo, così uguali a se stessi, ma costantemente diversi?


Il mio spirito di adattamento mi garantirá la sopravvivenza?


Quando la smetteró di raccontarmela, su questa cosa dell'adattamento, e accetteró di essere una di quelle persone che pretende di cambiare la propria piccola realtá invece che piegarsi alle sue orribili brutture?


La sopravvivenza me la scordo.


Peró l'esistenza, nel frattempo, non è male.



mercoledì 2 settembre 2015

CACIO&PEPE E AGENZIE MATRIMONIALI IMPROVVISATE



Mi sono alzata all'alba per andare a Roma per lavoro, e come al solito ne ho approfittato per sentire qualche amico romano e trattenermi a pranzo.


"C'ho voglia di cacio e pepe!", dico al mio amico che è venuto con un'amica a prendermi alla fermata della metro.


Siamo andati a mangiare in un posticino minuscolo non molto distante da San Giovanni.


"Sai, c'è X che si è lasciato da poco con la ragazza. Una storia che non funzionava. Ha un paio d'anni piú di te...", mi dice il mio amico, che da che ha trovato la donna dei suoi sogni, vede il mondo tutto rosa e fiori.


"Aha... Beh?", dico.


"No vabbè, pensavo di fartelo con..."


"Hai aperto un'agenzia matrimoniale? Me lo trovo da sola un uomo, dai"


"Ma lui sarebbe perfetto per te!", mi incalza.


"Vero!", controbatte l'amica.


"Dovresti venire piú spesso a Roma e fermarti! Perchè non vieni questo week end?", mi propone.


"Devo faticare..." rispondo.


Peró piú in lá gli ho detto che vado.
Non so perchè vogliono vedermi a tutti i costi accasata.
Io non ci tengo granchè, men che meno ultimamente.





CERTE SCALATE DI SUCCESSO



Ho fatto un corso, tempo fa, di quelli che dovrebbero consentire a qualche meritevole di farsi notare ed emergere nell'ambiente nel quale bazzico, sia a livello professionale che accademico.


Mi sono impegnata sin da principio, mettendo in campo ogni capacitá personale e professionale acquisita nel corso del tempo.


Credo di aver fatto un buon lavoro.


Il tempo passato a studiare alla scrivania, peró, non mi ha ripagata come avrebbe dovuto, in questo senso.


Chi il giro l'ha fatto sotto la scrivania di qualcuno, è passato avanti agli altri nella corsa a posti di lavoro prestigiosi.


Perfetto.


Di gente che si prostituisce per guadagnare un posto è pieno il mondo.
Ciononostante io lavoro e per questo non devo ringraziare, ad oggi, nessuno.
Nemmeno mi sono mai nascosta dietro la scusa che "tanto vanno avanti solo i raccomandati o chi si prostituisce" per evitare di fare il mio dovere.


Quello che eviterei, peró, è di manifestare al mondo la gioia di avere fatto, nel giro di un attimo, una scalata di successo e di essere arrivati ad ottenere un posto di un certo tipo.


Talvolta, di fronte a certe esternazioni su fb mi verrebbe voglia di scrivercelo "guarda ciccia che lo sappiamo a chi hai dato il culo per entrare lí".


Poi mi ricordo chi sono, e come mi sono guadagnata quel che ho e penso che si, farei bene a scrivercelo.


Poi ci rifletto, e mi dico di lasciar perdere che passerei per la stronza di turno.


Non potrei nemmeno mascherare la cosa con l'ironia, perchè è vero.


E quindi lo scrivo qui, che non è lo stesso.


Per niente.





LA SCRITTURA NON MENTE



E cosí, sono stata "pubblicata".
Nessun romanzo, ancora non ne ho scritti.
Trattasi di una roba di studio/lavoro.
Hanno selezionato un numero ridotto di saggi, tra cui il mio.


Non ho vinto né guadagnato niente.


Mi sono tolta lo sfizio di leggere gli altri saggi, scopiazzati malamente da articoli giá pubblicati sull'argomento, qualcuno completamente privo di filo logico, altri contenenti dichiarazioni di guerra a punteggiatura e spazi.
Questioni da relegare in nota inserite nel testo e viceversa.
Totale assenza di note, in diversi casi.
Io scrivo enciclopediche note, oltre enciclopedici testi.
Credo che si evinca vagamente da quanto scrivo qui...


La scrittura non mente.


Se sei una capra, sei destinato a brucare le piante selvatiche anche se in salotto hai appeso il quadretto con la laurea.


Che poi la vita delle capre non è mica male.
Vivono all'aria aperta senza la pretesa di cimentarsi in compiti che non siano loro naturalmente congeniali.
Le capre, quelle con le cornette e il vello.





martedì 1 settembre 2015

L'ULTIMO ARRIVATO IN CASA



Sepolto dalla polvere e da vecchi giornali, in un angolo remoto e dismesso, l'ho preso e l'ho portato a casa.


C'è voluto parecchio olio di gomito per pulirlo.


Non ho dovuto scartavetrarlo, considerato che lo strato di trattamento superficiale si è letteralmente polverizzato nel tempo.


La data di nascita di questo mobile si colloca presumibilmente negli anni '70.


La solita roba vintage che piace a me.


Alla prima pennellata di impregnante, ho visto dissiparsi la scure del tempo e riemergere la bellezza del mobile.


Lo specchio sovrastante non ha crepe nè macchie, come se il tempo e la rovina non l'avessero intaccato.


La mia immagine si riflette limpida e cosí mi ritorna agli occhi.


Ho montato dei pomelli di ceramica dipinti a mano, indiani, ma acquistati dall'altra parte del mondo.


Tre sono uguali, ma uno è diverso.


Quattro uguali non ce li avevo!


Quello che apparentemente è un difetto che denota insufficienza per numero, a me pare una mirabile caratteristica di unicità.


L'opera di ripristino l'ho condotta nella stanza degli ospiti, dove avevo intenzione di collocarlo.


Eppure mi conquista a tal punto che credo lo porteró nella mia camera da letto.


Chiacchierando l'altro giorno con un amico che sta andando a vivere da solo, mi diceva che ha intenzione di andare a comprare cucina, camera da letto e soggiorno in un noto negozio della zona.


Truciolato venduto a caro prezzo, e modellato secondo gusti massificati, batte pezzi originali in legno.


Gli ho chiesto perchè, in considerazione delle somme che ha intenzione di spendere, non valutasse di prendere qualche pezzo in legno anche datato, di seconda mano.


Per comoditá, pare, e perchè certe forme moderne sono piú accattivanti, ha detto che preferisce spendere soldoni in mobili di legno pressato.


Sono gusti.


E disponibilità economiche delle quali non dispongo.


Nel senso che se guadagno qualcosa, preferisco investire in viaggi che in cose.


In ogni caso, non mi dispiace affatto avere vecchi mobili, a casa.


Non antichi, non di pregio, forse nemmeno belli.


Sará la loro storia, il fatto che siano appartenuti ad altri, a nonna anche, e che abbiano un briciolo di personalità che a certi oggetti fabbricati con lo stampino in serie manca.


Sará che anche questo è uno dei modi che uso per contrastare il consumismo sfrenato del mondo.


Sará che il riutilizzo ed il riciclo sono, secondo me, una forma di soluzione allo spreco di materie che vengono tolte alla vita - vegetale, ma anche umana, considerata la manodopera impiegata - e sotto questo profilo meritano un briciolo di attenzione.













IL PRIMO DI SETTEMBRE E SI TORNA A LAVORARE



C'è la spiaggia, poco più in là, le temperature altissime, gli amici con il lettino già piazzato sul bagnasciuga, l'aperitivo serale sul mare... ed io rientro a lavoro.
Ho una cosa allo stomaco che... com'è che si chiama?
Disgusto da rientro a lavoro, già.

Du' palle il rientro a lavoro.

Telefonate a oltranza, ansie e stress - altrui, ma anche mie - hanno varcato di prepotenza la soglia della mia quotidianità.
Ed io, ancora parzialmente rilassata, rispondo con il sorriso e con la calma.
Non so per quanto.
Sento già vacillare i nervi.

Però è ancora estate, qui.
E lo sarà per un pezzo, ancora, almeno fino a Natale se tutto va bene.