mercoledì 29 giugno 2016

SONO IO QUELLA CHE GUIDA LA MACCHINA VELOCE



Sono io la sfrenata.
Quella che rispetta fermamente le regole e che le evade come nessuno, quando vuole.

Mi sono data la mia regola, pure, nel tempo.
E talvolta non la rispetto.
E corro forte, e me ne frego.

Mi disubbidisco goliardicamente, mettiamola così.

E quindi gli ho detto che capitavo per lavoro dalle sue parti.
Il giorno prima per il giorno dopo.
Mi rompe preordinare le cose con largo anticipo.
Forse per non rimanerci troppo a pensare, ma tanto poi accade uguale.

Gli ho chiesto se gli andava di prendere un caffè insieme.

L'ho raggiunto sotto il palazzo dove lavora, nella trafficatissima strada del centro, all'ombra di un albero, al riparo dal sole cocente, nel vestito serio, con un contegno professionale, come non mi ha mai vista.

Conosce la parte hippie, ma non sa davvero nulla della parte più seria, che pure mi connota.

Sembrava contento di vedermi, mi ha salutato baciandomi sulle guance, abbracciandomi, accarezzandomi le braccia, e mi ha portato in un baretto a prendere un caffè.

Gli ho parlato per qualche minuto del lavoro, come non ho fatto mai, e mi ha ascoltato assorto, in silenzio.

Poi ha cominciato a parlarmi lui del suo lavoro, di cui non so quasi nulla, e di cui gli ho chiesto.

E ho sorriso, ad un certo punto.

E mi ha detto che talvolta, quando ascolto qualcuno parlare, faccio un sorriso arrogante.

Che faccio così con lui.

Che dovrei smetterla.

Gli ho detto che non mi conosce abbastanza, e che l'arroganza che mi attribuisce non mi appartiene, e che se sorrido è perchè sono curiosa di sentire quello che ha da dire.

Quando avrei solo voluto abbracciarlo e dirgli: "non è così, smettila di stare così sulla difensiva, come puoi pensare che sia un sorriso arrogante, quello che ti rivolgo, quando mi piace ascoltarti e sono curiosa di farlo, e lo farei con il mio viso ad un soffio dal tuo?".


Gli ho detto che era da una settimana che sapevo che sarei andata.
"E perchè me l'hai detto solo ieri, e non nel week end che ci siamo visti?"
Ho opposto un "così...".
E mi ha chiesto se sarei passata più spesso per lavoro da quelle parti.
E se sarei passata più spesso per lui.
E non ho capito se fosse una battuta o manifesta arroganza, la sua.
Altro che la mia, apparente.
E gli ho risposto "credo di no...".


Eccola la mia comunicazione verbale.
Uno schifo atroce.
Il fatto di essermi fatta schiacciare sui mezzi pubblici per mezzora, e avere scarpinato con dei tacchi vertiginosi, sotto il sole, vanificato da una comunicazione verbale carente e contraddittoria.


E comunque non voglio crocifiggermi con le contraddizioni, non sono l'unica.
E' lui quello impegnato, in una relazione che forse non lo soddisfa, se rivolge gli occhi e le sue attenzioni altrove.
E non verso un altrove generico ed indistinto, ma verso di me.

E voglio capire se è disposto, per frequentarmi, a mettere termine a questa relazione.

Se gli occorrono altri argomenti, altri tasselli, che di me gli mancano (e sto cercando di fornirgli) e stia prendendo tempo (e gliene sto dando, e se ne è preso), e per questo si è sbilanciato in modo non equivoco, o se sia soltanto un gioco, per lui.

Perchè se fosse solo un gioco, e preferisse tenersi la relazione immatura e costrittiva nella quale si è incastrato, deve sapere che i rapporti con me terminano qui.

Che non c'è altro da dirsi.

Perchè non siamo amici, non lo siamo mai stati.

E se possiamo essere altro, questo non possiamo saperlo.

Possiamo solo provarci, ma da posizioni identiche, che presuppongono la libertà reciproca.



2 commenti:

sara-sky ha detto...

sai scriverne così bene, che è sorprendente quanto possa essere difficile a voce. Anche la mia comunicazione verbale è carente, soprattutto se la persona che ho di fronte mi coinvolge emotivamente.
Divento muta, e sciocca.

.come.fossi.acqua. ha detto...




a voce è tutto più difficile.
A meno che non canto.

E' proprio la parola parlata che mi crea difficoltà, in questo ambito.

Sono un caso clinico...