martedì 6 settembre 2016

A VOLTE CI PENSO A TORNARE IN CITTA'



Tipo oggi, che ho scorso, per caso, degli annunci di lavoro, mentre cercavo altro.

E sono affiorati alla memoria gli anni in cui non avevo ancora idea di cosa significasse fare questo lavoro, gli anni in cui la gavetta è stata alienante, frustrante, disturbante.

Gli anni in cui alle difficoltà effettive si sommavano incertezze e preoccupazioni di ogni sorta.
Preoccupazioni che oggi non si sono dissolte (al contrario delle incertezze su me stessa, su quanto potessi essere in grado di sostenere l'ambiente), ma che affronto in modo diverso.

Sarei pronta a mollare questa dimensione umana e rilassata che mi sono ritagliata e guadagnata qui al paesello, per rituffarmi di nuovo nella vita cittadina?
Nel marasma di eventi e di gente, nel degrado, nello smog, nelle distanze atroci, nei ritardi congeniti?

Ricominciare da zero avrebbe un senso?
Per il lavoro, per la socialità cui non sopporto più di sottopormi, per me stessa?

Mi sembra di non trovare mai pace, e questo prescinde dai luoghi, che sono tutti splendidi.
Il problema è che i luoghi li fanno soprattutto le persone, ed io continuo ad andare strettissima in questi luoghi fatti di persone che non mi somigliano.
Cui non appartengo.

Ho letto tre annunci sul portale di riferimento.
Ognuno di questi annunci richiede una competenza diversa, in settori diversi, nessuno nel quale non mi sia già ampiamente cimentata, nessuno del quale non abbia una discreta padronanza.
La tentazione di inviare il mio CV e di farmi un colloquio è allettante.
Una sorta di piccola sfida con me stessa.

Nel contempo, l'idea mi fa anche tristezza.
Tra i nomi degli annunci, ce n'è uno particolarmente altisonante che ricordo bene.
Se ricerca personale, vuol dire che nessuno, nonostante il prestigio, regge o ha retto sinora.
Ricordo pure che uno che lavorava per lui era etichettato "cane da padrone".

Ed io ho voglia di finire a fare il cane da padrone rinunciando alla mia autonomia professionale?
Per cosa poi, per un futuro incerto quanto quello che ho davanti?
Per arrivare la sera alienata a casa, dopo dodici ore di lavoro sottopagato?
Lavorare dodici ore al giorno, tutti i giorni, per consentirsi di comprare cose costose nei ritagli di tempo, bruciando l'esistenza a correre qua e là, o impacchettandola tra quattro mura?

La via di fuga dalla dimensione che mi va stretta non può essere questa.
L'ho già sperimentato.
L'autonomia è tutto.
Inebriante e adrenalinica, è qualcosa che ti fa sentire viva e padrona di te stessa.
E' la libertà.

Ci sono altre ipotesi che dovrei sviluppare e percorrere, a livello lavorativo.
Ci penso spesso, a come mettere a frutto certe capacità, delegando ad altri le operazioni materiali.
Comincio a comprendere a pieno quello che qualcuno ha provato a trasmettermi.
E questo è il passo che debbo fare.
Il volo che debbo spiccare, senza il rischio di cadere.
Anche se non so bene come fare.

E' da studiare.

Quanto al tornare in città, è un'ipotesi che per certi versi scarterei a priori, per altri non vorrei.
Una via di mezzo è inviare questo benedetto CV e dare impulso ad altre cose.
Che non si sa mai, poi, dove ti portano.













2 commenti:

sara-sky ha detto...

..e metterti in proprio in città? Avrai sicuramente qualche ex collega di studi in un piccolo studio :)

.come.fossi.acqua. ha detto...



Ci ho pensato, ma nessuno che tenga il passo.
E significherebbe spese stratosferiche.