lunedì 22 maggio 2017

LA LITE


Lo porto in una piscina termale non lontano da qui, che frequento abitualmente e considero una delle mie personali fonti di giovinezza, insieme al mare, alla montagna e al buon cibo.

Immerso fino alle spalle, sorride come un bambino, nell'effervescenza dei getti d'acqua strategicamente posizionati ai bordi della vasca.

Ci rilassiamo, come ci sembra sacrosanto diritto fare, dopo tanto studio e tanto lavoro.

Intravvedo un noto collega in acqua e faccio finta di nulla.

Bavoso come tanti, e decisamente non rientrante nella sparuta minoranza di gente onesta di cui ho stima, nel settore, è in piscina con moglie e figli.

Ed io non sapevo nemmeno fosse sposato.

Ad un certo punto, lei esce dall'acqua, con il costume very sexy, e molto costoso, quanto poco appropriato al contesto pomeridiamo familiare e rilassante nel quale, protagonista di prepotenza, buca la tela della cornice del quadro in cui si inserisce.

Noto una particolare furia cieca nel rientrare in acqua, lo sguardo fisso e rabbioso rivolto all'indirizzo dell'ignaro e impunito marito.

"Chi cazzo è (segue nome e cognome di donna)? Da quanto tempo la frequenti?", urla la donna ad alta voce dinanzi ai bambini che continuano a schizzarsi, in acqua, come nulla fosse, presumibilmente abituati ad assistere a scene del genere.

Faccio cenno a lui, poco più in là, di allontanarci.

Le urla hanno coperto il fruscio degli alberi e il rumore rilassante dell'acqua.

La piscina si è rapidamente svuotata.

"Questa gente è completamente fuori di testa! Senti come urlano! Ma non hanno alcun pudore?", mi dice esterrefatto e scocciato.

Forse lei tenta di mantenere una parvenza di dignità facendo finta di incazzarsi quando scopre il nome di qualcuna delle trombamiche di lui.

La replica di lui?

"La devi smettere di guardare il mio cellulare!", con sentimento e trasporto.

"Lo conosci a quello?", mi chiede.

"Si. È un collega. Una persona di cui non ho stima", rispondo secca.