venerdì 29 dicembre 2017

L'ULTIMO PIANO B



Nel paese in cui il piano A è condannato a restare una chimera, continuiamo nostro malgrado a coltivare il piano B, insieme, ancora oggi, che è arrivata la notizia che attendevamo.

Una notizia che doveva essere scontata, e che a suo modo lo è stata.

Splendida e terribile allo stesso tempo.

Siamo sconcertati, interdetti, contrariati come mai, delusi, avviliti.

La sfacciataggine di certe dinamiche è tale da togliere il fiato per lo sdegno e talmente incredibile che si stenta a crederci.

Giuro, si stenta.


In questo posto qui - questa la realtà innegabile - non è rimasto più nessuno.

Salvo chi ha contribuito e contribuisce quotidianamente alla sua marcescenza.

E se, tra gli ultimi che stanno facendo fagotto, ce ne andremo anche noi, sarà non perchè non abbiamo impiegato tutte le nostre forze e le nostre capacità per restare, ma perchè non si può contrastare a vita i mulini a vento.

A un certo punto bisogna cambiare direzione, senza voltarsi indietro.

Anche se significa prendere le distanze dalla propria cultura, dalle proprie abitudini, dall'ambiente familiare, dai luoghi dell'infanzia, dalla lingua stessa che si parla e che si scrive.

E dunque, da oggi comincia il conto alla rovescia, perchè c'è una data, fissata, entro la quale decideremo se continuare a legare il nostro destino al paese in cui siamo nati.

E ho paura, e sono preoccupata, e vorrei accompagnare con gioia una opportunità del genere, invece di viverla come una scelta obbligata, ma tant'è.

Per rimanere qui, in questo posto, che non è possibile chiamare per nome perchè nemmeno il nome lo nobilita, che dovrebbe essere casa, che dovrebbe accoglierci invece di scacciarci, al cui progresso materiale e spirituale è consentito ai soli mediocri partecipare per decontribuire, abbiamo avuto l'ennesima prova tangibile e dolorosa del fatto che siamo noi quelli di troppo.




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