martedì 20 novembre 2018

COME RESISTERE A TUTTO QUESTO


Continuo ad uscire da lavoro, dopo tante, troppe ore, in stato confusionale.
Arrivo tra gli scaffali giganteschi che corrono lungo i corridoi artificiali di uno dei tanti supermercati locali, e continuo a perdermi.
Compro caramelle colorate da offrire al lavoro, nella mezza scatola arrangiata che ho collocato graziosamente sulla mia scrivania.
E compro roba ricoperta al cioccolato che finisce nel giro di un attimo.
Compro le birrette, che evaporano e davvero non capisco come.
E l'acqua da portare a lavoro.
E pane, ogni tanto, quando ricordo di mangiarlo.

"Quale formato di pasta locale ti prendo per cucinarmi pasta e patate, questo week end?", chiedo spedendo foto illustrativa dei pacchi disponibili negli scaffali.
"Quella a destra" risponde.

Il programma del week end è rientrare quanto prima da lavoro, procurare legna per il camino e mangiare pasta e patate innaffiata da un buon vino rosso, riguadagnare terreno sul campo della quotidianità perduta dei giorni infrasettimanali.

Ho preso la pasta, del buon formaggio per cena e sono arrivata in cassa.

Prendo sempre più roba di quanta le mie braccine possano trasportare.

Ma la cosa peggiore, dell'andare dopo il lavoro in stato confusionale e affamata al supermercato, è poi uscire con una domanda terribile che si affaccia alla mente, che è: dove diamine ho messo la macchina?

Ho girato per un po' nel parcheggio e guardandomi intorno, ho notato che non ero l'unica alla ricerca dell'auto perduta.

È pieno di gente in stato confusionale, nei parcheggi dei supermercati, alla sera, dal rientro da lavoro.

E non tutti hanno un piatto di pasta e patate che li aspetta davanti a un caminetto acceso nel week end.

Sono fortunata, per questo debbo resistere a tutto questo.

Sono fortunata, anche se terribilmente stanca.


giovedì 15 novembre 2018

LA FORTUNA E LO SCRUPOLO


Talvolta la fortuna di taluno si presenta innegabilmente legata allo scrupolo di altri, alla capacità di questi di operare un distinguo tra circostanze diverse e talvolta opposte, all'equilibrismo infame sulla corda sospesa tra la legalità e l'illegalità, la giustizia e l'ingiustizia, la moralità e l'immoralità, tra il bene e il male nella loro più ampia accezione.

Non parlo di concetti antichi o stantii, ma di dimensioni estremamente vive ed articolate, suscettibili di interpretazioni anche discutibili (e non sempre discusse), problematiche sino al midollo.

Un midollo che duole, all'occorrenza, anche nel cuore della notte, e che sta sveglio abbracciato allo scrupolo, con cui si interroga se abbia correttamente e con elevato giudizio esercitato quel briciolo di potere di cui dispone sulla vita degli altri.

Un potere che ha un impatto notevole.

Mi chiedo, ogni volta, se il mio scrupolo sia sufficiente.
Non mi pare mai abbastanza ciò che faccio, per quanto vi sia una tangibile differenza con lo scrupolo d'altri con cui confronto, cui altre vite sono legate.

E mi vengono i brividi quando leggo negli spazi bui ciò che lo scrupolo d'altri non ha saputo illuminare.

I brividi.

Ci si addormenta negli angoli ciechi e ottusi della propria coscienza, senza considerare quanto ogni minimo gesto fuori posto possa avere un impatto considerevole sulla vita d'altri.

Come non ci riguardasse.

Come non ne fossimo responsabili.

Lo siamo, invece.







martedì 6 novembre 2018

LA FOTO ICONICA ED IL PICCOLO RICONOSCIMENTO


Ho litigato tanto e forte, ho fatto parecchio rumore.
Non un borbottio sommesso, ma un'opposizione viscerale.

Ero convinta di avere ragione.

L'avevo.

E non mi è importato nulla di essere l'unica fottuta voce fuori dal coro.

E nemmeno nulla di inimicarmi chi tiene le fila del gioco.

Sapevo quanto valeva ciò che avevo tra le mani, la sua rilevanza per la vita di un perfetto sconosciuto, sulla faccia della terra come me, aggrappato ad una flebile speranza e al mio scrupolo.

Così ho insistito.

Ho fatto leva sugli scrupoli sopiti d'altri, affinché si aprissero ad altre ed alte possibilità.

E alla fine è arrivato il piccolo inaspettato riconoscimento, davanti agli altri, per la posizione che ho assunto da principio e per la quale ho perseverato.


Gira una foto iconica, questi giorni, sul web.

Una foto molto bella, che rassomiglia a un dipinto glorioso d'altri tempi.

Ed io non ho la pretesa di far mia una causa che mi è estranea, e cui non mi sento nemmeno particolarmente vicina, ma umanamente mi commuove guardarla girare, nella sua forza simbolica.

C'è chi dispone di armi, per far valere i propri pensieri.
Chi delle sole pietre che raccoglie a mani nude dalla terra che ha intorno.
Chi, invece, dispone di un'arma più sottile: la parola.

E se con la mia sola parola posso continuare a dare un apporto al mondo che mi ruota intorno, perché mai dovrei tacermi?