giovedì 19 settembre 2019

QUANDO ESCO, CHIUDO LA PORTA


L'onnipresenza tracciata e tracciabile da un po' mi logora.
L'essere sempre raggiungibile.
Monitora ile.
Da tutti e da chiunque.
Perché?

La modalità aereo è diventata un sollievo, la superficie vitale alla quale mi affaccio per riprendere fiato dall'apnea.

Esco e chiudo la porta, qui e altrove, e ciao. Non esisto più, se non nel mio mondo reale.


Prendo le curve sul mare, e vecchie strade conosciute, ed altre meno, spingendo forte l'acceleratore per non far tardi.

Ogni tanto inserisco il percorso sul navigatore per concedermi di viaggiare sovrappensiero, senza rischiare di mancare la strada giusta.

Finisco in auto le colazioni in autostrada, fatte di gigantesche aragoste con crema chantilly, e infilo gustosi bocconcini di mozzarella di bufala in bocca, nel tragitto dal caseificio all'auto nel parcheggio, chè non so aspettare.

I miei momenti di massima goduria settimanale, nel tempo dovuto al lavoro, tra mille pause pranzo saltate, e diecimila bicchieri di caffè di plastica.

Sono qui.
Antica, continuo a scrivere la minima parte di ciò che vorrei.
Il resto lo dimentico.
Eppure so che si stratifica dentro e non va perso.

Nulla è mai veramente perso, una volta che lo si è pensato.



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