mercoledì 22 gennaio 2020

IL RUMORE DELLA SVEGLIA


Ho un paio di suonerie diverse per le mie sveglie mattutine sul telefono (che regolarmente posticipo).

E non è tanto il suono delle sveglie a svegliarmi, quanto il fastidio procurato dal gesto - spontaneo e sempre uguale a se stesso - del braccio destro che si distende per raggiungere il telefono sulla piccola mensola di legno accanto al letto.

Mi sembra una routine agghiacciante quella di alzarsi al mattino sempre alla stessa ora, compiendo sempre gli stessi gesti, sapendo già come volgerà la giornata lavorativa.

Indosso la giacca, le chiavi dell'auto riposte nella tasca la sera prima, metto gli occhiali da sole e il burro cacao mentre aspetto che il semaforo diventi verde.

Schivo la gente che, a piedi, si butta all'improvviso sulla strada per attraversare, senza guardare; sorpasso quelli che guidano con il cuscino ancora attaccato al viso, a venti orari sul tratto extraurbano.

Ogni tanto, se mi avanzano cinque minuti, mi fermo a prendere una colazione al bar da portar via.

Fuori dalla città, enormi distese verdi corrono veloci ai lati del campo visivo, ruderi cadenti svettano lungo la linea piatta dell'orizzonte, insieme ad alberi aguzzi che sembrano perforare il cielo.

E nulla muta mai, in questo paesaggio, cristallizzato nella sua ostilità e nel suo degrado, e mai attraente.

Mi domando quanto a lungo devo ancora resistere in questo posto.

Mai le abitudini quotidiane mi sono pesate così tanto fino a rendersi odiose.









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