martedì 24 settembre 2019

INOSPITALITA'



Il tratto dominante degli autoctoni sembra essere quello indicato nel titolo.

Ti sentono parlare un accento diverso, e fanno finta di non sentirti o di non capirti.

E non parlo delle indicazioni che chiedi per strada agli sconosciuti,  ma degli esercizi commerciali, con queste commesse sostenute che fanno finta di non sentire, facendoti ripetere le cose più e più volte, o infilandoti cose completamente diverse da quelle che chiedi, scoprendolo ormai a lavoro, quando le scarti per mangiarle.

Non dimenticherò mai le disavventure al forno e in gelateria, di tutta questa scortesia gratuita.

Una donna che conosco, anche lei finita qui per puro caso, mi ha spiegato quello che per lei è un fenomeno culturale (la sua casistica spazia dagli esercizi commerciali ai mezzi pubblici): i ruoli e le cariche più importanti in ospedali, scuole, prefetture, o quanto altro, sono sempre stati sempre ricoperti da personalità esterne e, presumibilmente, i locali vivono questa situazione come un'ingiusta usurpazione di ciò che dovrebbe loro spettare per il solo fatto che nascono qui, al di là delle competenze di cui dispongono.

Sentirsi soli, in un luogo simile, rasenta l'alienazione, ed è uno sforzo enorme cercare di mantenere i piedi ancorati al suolo, e prima ancora i nervi saldi.

Facevamo un parallelo con un'altra persona ancora, costretta anche lei per ragioni di lavoro a stare per buona parte della settimana in questo posto merdoso.
Su come ci saremmo adoperate entrambe, se qualcuno di fuori fosse venuto a lavorare dove noi siamo nate e cresciute, per farlo sentire a suo agio, ed aiutarlo ad ambientarsi.
Di come la gente sia accogliente, salvo eccezioni.
Non il contrario.


La prevaricazione, altro tratto che connota questo luogo infelice ed i suoi abitanti, insieme a una certa tirchieria.

Certa per non dire patologica.

C'è stato il periodo in cui ho perso il sonno, e milioni di caffè e gli integratori mi hanno salvata dallo svenire ogni giorno a lavoro, o sul tragitto per andare e venire.

C'è stato quello in cui il sonno ed il cibo, contemporaneamente, sono diventati un problema esistenziale insormontabile.

C'è stato il periodo in cui, trovato finalmente un alloggio dignitoso e sano, ho recuperato il sonno, pur continuando ad avere serie difficoltà per mangiare qualcosa per pranzo, ogni giorno, e trovare la forza di fare la spesa e cenare, a fine giornata, una volta rientrata a casa.

C'è stato perchè ormai questo periodo di terribile assestamento mi sembra volga al termine.

Anzi, volge al termine.
Un termine che non è prossimissimo, però è all'orizzonte.


Sono rientrata con la luce del giorno piena, oggi, e ho spostato la scrivania sotto la finestra per studiare meglio.

Per capire fin dove posso arrivare, in questa vita, debbo solo continuare a studiare, come ho fatto sempre finora.

Per andarmene da qui, devo almeno provarci a fare qualcosa di più.

E se non riuscirò, continuerò a provarci finché non ci riesco.

Finché non metterò fine allo stare dove non voglio stare, dove non appartengo, dove non riesco ad essere quella che sono.









sabato 21 settembre 2019

RICOMINCIARE A MANGIARE, RECUPERARE LE FORZE



Adesso che sto recuperando, me la sento di scriverne.

Avevo perso peso.
Un po' troppo.

Mai avuti problemi alimentari, mai fatto diete, non mi sono mai privata di nulla.
Ho sempre goduto di un appetito formidabile.
E ho mantenuto sempre circa lo stesso peso e la stessa taglia, dall'adolescenza.

Eppure un certo tipo di malessere ha potuto questo ed altro.

Ho preso qualche giorno di tregua da tutto per riprendere in mano i miei ritmi biologici, e fissare di nuovo un orario immancabile per il pranzo e la cena.

Le persone ti vedono nello splendore della magrezza, come se fosse una meta sudata.

Io in quella terribile magrezza riflessa nello specchio o in foto, ho letto quanto stavo male, desiderando star meglio.

La mia famiglia è stata fantastica, lo ammetto.

Ho ritrovato l'appetito, il gusto per il cibo, la voglia di sedermi a tavola.
Mi sto rimpolpando.
Recupero forze a vista d'occhio.

E con le forze ritrovate sto cercando di far fronte in modo diverso al malessere, al quale al momento debbo tornare e non posso sottrarmi.

A stomaco pieno, si ragiona meglio.

Questo è sicuro.




giovedì 19 settembre 2019

QUANDO ESCO, CHIUDO LA PORTA


L'onnipresenza tracciata e tracciabile da un po' mi logora.
L'essere sempre raggiungibile.
Monitora ile.
Da tutti e da chiunque.
Perché?

La modalità aereo è diventata un sollievo, la superficie vitale alla quale mi affaccio per riprendere fiato dall'apnea.

Esco e chiudo la porta, qui e altrove, e ciao. Non esisto più, se non nel mio mondo reale.


Prendo le curve sul mare, e vecchie strade conosciute, ed altre meno, spingendo forte l'acceleratore per non far tardi.

Ogni tanto inserisco il percorso sul navigatore per concedermi di viaggiare sovrappensiero, senza rischiare di mancare la strada giusta.

Finisco in auto le colazioni in autostrada, fatte di gigantesche aragoste con crema chantilly, e infilo gustosi bocconcini di mozzarella di bufala in bocca, nel tragitto dal caseificio all'auto nel parcheggio, chè non so aspettare.

I miei momenti di massima goduria settimanale, nel tempo dovuto al lavoro, tra mille pause pranzo saltate, e diecimila bicchieri di caffè di plastica.

Sono qui.
Antica, continuo a scrivere la minima parte di ciò che vorrei.
Il resto lo dimentico.
Eppure so che si stratifica dentro e non va perso.

Nulla è mai veramente perso, una volta che lo si è pensato.



mercoledì 4 settembre 2019

UN MOMENTO DI PACE ASSOLUTA


Esco tardi da lavoro.
Mal di testa da fastidio.
Nausea da stanchezza.
Mi precipito a fare la spesa, prima che chiuda l'unico posto che mi consente di parcheggiare l'auto agevolmente.

Mi sorride il signore dietro il bancone, ricordandosi della spesa di prodotti locali freschi da portare a casa della volta scorsa, e chiedendomi se siano piaciuti.
"Molto, grazie", rispondo con un sorriso cortese.

Rifletto se prendere un'altro vasetto di salsa senapata ai peperoni, o se magari è il caso di provare quella all'arancia.
Desisto.
Nel week end avrò tempo di preparare qualche salsa, a casa, finalmente, senza dover cedere a prodotti preconfezionati o industriali.

Pago la cassiera che mi riconosce, ma mi pone sempre la stessa domanda, per desiderio di conferma (cui prima o poi risponderò diversamente, per ridere), riempio le buste e me ne vado.

In auto, percorro il tragitto residuo tra il lavoro e casa, quello del rientro.
Il sole sta calando sull'orizzonte urbano, in lontananza, la luce dorata avvolge la natura circostante.

Mi è sembrato per un attimo di percorrere un momento di pace assoluta, di consapevolezza, senza interrogativi di alcun tipo, senza ansia e preoccupazione, senza il telefono in mano, senza essere connessa con il mondo e i suoi infiniti problemi.

Il riflesso del sole si è spento nel giro di qualche minuto.

Ho acceso i fari, e sono scivolata verso la città.