domenica 7 giugno 2020

LA MIA PASSIFLORA


L'ho raccolta nei miei luoghi e l'ho messa per talea... E ha preso!

Le nuove foglioline sono spuntate nei giorni scorsi e si sono aperte, aggrappandosi ai cordoncino di spago che ho teso alle spalle del vaso per far aggrappare i rami.

Ho appena finito di mangiare dai miei, e tra poco vado a fare un giro in campagna, a raccogliere delle piante, messe dai miei nonni, per farle riprodurre in vaso, sul mio balcone.

Mia madre è riuscita a riprodurre dal nocciolo un tipo di albicocca particolarmente dolce che portò mio nonno dal suo paese quando si trasferì in questa zona.

Ha portato cinque frutti, che a loro volta portano altri noccioli, che verranno usati per riprodurre e perpetuare questa qualità.

Le ho chiesto già di darmi una piantina, se dovesse spuntare.

Di mio, le ho messo per talea della menta orange in vaso, riproducendo dalla mia.

Sembra aver preso, adesso bisogna solo pazientare affinché cresca.


Il mio animo è a pezzi.
La confusione comincia a dissolversi.
Riesco a vedere ciò che voglio adesso e nel prossimo futuro.
In che modo indirizzare le mie scelte.

So che non voglio più mettermi da parte.
Inghiottire situazioni che mi creano disagio e malessere.
Voglio realizzare ciò che mi preme nella vita.

Voglio essere felice.
Tornare a sorridere.




mercoledì 3 giugno 2020

DA PESCIOLINO A ROCCIA


Di giornate impegnative ce ne sono state molte, nella mia vita.
E molte ce ne saranno ancora.

Solo che in questo momento non mi sento pienamente me stessa.
Sono piena di ammaccature che non so bene come ripianare.
E mi rendo conto che alcune, purtroppo, rimarranno e per un bel po'.
Il danno ormai è fatto.

Nuoto controcorrente, come un pesciolino d'argento che si confonde tra le onde.

E debbo farmi roccia, per non essere trascinata irrimediabilmente via dalla forza dell'acqua.

C'è una parte di me cui tengo, irrinunciabile.
Non posso gettarla via.
Non posso soffocarla.
Non posso, non posso e non voglio.



martedì 2 giugno 2020

UNA QUESTIONE RAZZIALE


So bene che quanto sta accadendo negli Stati Uniti recentissimamente ha una chiara connotazione razziale.

Tanto nella dinamica del fatto, che reitera atteggiamenti che si consumano quotidianamente a danno degli afroamericani, quanto in quella della reazione unanime rispetto all'accaduto.

Eppure io resto di quelli che un singolo atto di violenza non giustifica altri atti di violenza da parte di chi intende protestare.

Sono anche di quelli che non riesce a correre con la mente a facili conclusioni e a dare per scontato che la matrice razziale sia quella da cui è stato staccato il biglietto da visita di questo increscioso episodio.

Resto di quelli che prima del colore del corpo, c'è una veste che si indossa e stabilisce il proprio ruolo nella società, e sembra essere stato commesso un abuso, da quanto si legge o si vede nei video diffusi, da un agente, innanzitutto.

E che se sia stato effettivamente commesso, debba stabilirlo un tribunale, e non la piazza.

Sono di quelli che qualunque fatto di violenza venga commesso, che sia contro una donna, un cristiano, un ebreo, un islamico, un bianco o un nero, resta un fatto di violenza contro un altro essere umano.

Di per sé un fatto intollerabile, che non necessita di precisazioni e distinzioni.

E mi rammarica veder dare un valore, volta per volta, alla singola caratteristica dell'essere umano (il colore della pelle, la religione praticata, l'essere donna) invece che all'essere umano in sé.

Mi rammaricano certe distinzioni superflue, che per qualcuno aggiungono valore, per altri lo tolgono ad un atto di violenza.

Con ciò non voglio delegittimare una parte del dibattito che si sta avviando sul punto, laddove pacifico e costruttivo.

Non riesco però a guardare all'episodio che per quello che sembra, cioè che un uomo è morto soffocato sotto la presa di un altro uomo.




venerdì 29 maggio 2020

UN PERIODO DI DISCRETI TURBAMENTI


Poco fa in radio passava "volver", amabilmente cantata da Penelope Cruz nel film di Almodovar (anche se la voce non è davvero la sua).

Il testo di quel pezzo mi mette sempre i brividi.

Oggi è il giorno in cui Jeff Buckley lasciava questa vita per consacrarsi all'eternità.

Certe consapevolezze sono venute meno, nei giorni scorsi.
Altre, invece, me le sono ricordate.

Dei nodi si sono sciolti, altri vanno sciogliendosi.

Ho fissato dei paletti, conficcandoli bene nel lembo di terra che separa me dal resto del mondo.

Perché in questo momento sono sola dal lato della mia libertà, nel silenzio in cui solo accendo la musica che mi piace, mentre il resto è chiuso e confinato altrove.

Altrove ed altro da me.

Trovo conforto nei miei pelosi, nelle parole gentili degli amici, nella natura, nelle mie letture, bevute come fossero delizioso caffè.

Arriverà il momento in cui la vita tornerà a occupare il posto del conforto.



giovedì 28 maggio 2020

"Don't Let Me Disappear"



Vorrei scrivere senza condizionamenti, ma non so fino a che punto ne sono capace.

Mi manca questo spazio.
E' il mio sfogatoio, una cosa solo mia, un angolo privato, personale, protetto.
Di quella protezione che non trovo da nessuna altra parte, nemmeno nelle parole di chi dice di volermi bene.

Ho mille pensieri che fanno un gran fracasso nella testa.
E questo rumore non si mescola con quello della gente.
Resta distante.

Sono stata a fare trekking sulle mie montagne.
Un percorso che conosco come le mie tasche, ma sempre mutevole, che non smette mai di emozionarmi.

Mi sono seduta sulla roccia, a un soffio dal cielo e dal vuoto, contrastando quel senso di vertigine che non mi appartiene.
Ho respirato a pieni polmoni, rinfrescandomi con il profumo della vegetazione spontanea.

Quando sono lì, non c'è altro posto dove vorrei stare.



giovedì 7 maggio 2020

UNA VECCHIA MAGLIA


Ieri sera mi sono messa a letto con un mal di testa fortissimo che pensavo di impazzire.
Da impazzire, a un certo punto, ho creduto di morire.
Mai provata una disperazione simile per un mal di testa, non oso immaginare chi ne soffre abitualmente.
La medicina (che non prendo mai), ha fatto effetto dopo un bel po', e probabilmente mi ha fatto addormentare.

Stamattina ero fresca come la rosa fiorita sul balcone.
Ho messo sul balcone qualche nuova piantina, ancora, che mi ha dato mia madre, che dovrò ulteriormente spostare in alcune pesantissime fioriere che devo mettere sul terrazzo.

Oggi a pranzo dai miei ho portato un vasetto di stucco per alcuni lavoretti che ho terminato mentre aspettavo il caffè e mia madre che si preparava per uscire.
Le ho regalato un prodotto detergente della Nuxe che uso ormai da un po' e trovo delizioso, perché è delicato come null'altro abbia mai provato, e mi resta questo profumo sulla pelle per diverso tempo.
Abbiamo fatto un po' di spesa, dove facevo la spesa prima che il coronavirus lo fermasse.
Che desolazione gli scaffali semivuoti.
La merce in offerta,di quella che nessuno compera, che nessuno vuole.

Ho recuperato una vecchia maglia della Benetton che indossavo da adolescente.
Le vecchie cose della Benetton sono indistruttibili.
Comoda, un guanto.
Non riesco a separarmene.
Oggi l'ho messa per uscire.

Sono di nuovo a letto, esausta, e domattina mi aspetta altro smart working.
Ho voglia di andare al mare.
Ho di nuovo mal di testa.
Il tempo continua a volare.





martedì 5 maggio 2020

IL DIVERTIMENTO DI RENDERSI SGRADEVOLI



Ci sono processi che si sviluppano nell'infanzia, e nell'età adulta dovrebbero venire meno.
Dovrebbero essere superati.
Uno di questi vede il bambino cercare di catturare l'attenzione su di sè, rendendosi sgradevole e molesto, e divenendo insistente in questo, fino a scatenare una reazione esausta nell'adulto.
Certi bambini insistono pesantemente con questi atteggiamenti, nel disperato tentativo di catturare forse l'attenzione di un genitore assente, sviluppando un sadico soddisfacimento nel provocare a oltranza una persona, fino a farle perdere le staffe.
E non riuscendosi a fermare fino a quel momento.


Tra adulti non funziona così.
O almeno non dovrebbe funzionare così.
Tra adulti ci si aspetta di intrattenere dinamiche mature, di avere interazioni civili e pacifiche, costruttive, non di confrontarsi con persone che esasperano la conversazione e provocano costantemente, portandoti allo sfinimento, consumando il tuo tempo, e spingendoti a tutti i costi a reagire in malo modo.
E non riuscendosi a fermare fino a che non ottengono questa reazione.


Certi bambini problematici arrivano a consumare i genitori con queste dinamiche.
Ma sono bambini.


Gli adulti che ti consumano con queste dinamiche, che traggono divertimento dal rendersi sgradevoli, purtroppo non possono contare di ricevere la comprensione che solo può riservarsi ai bambini.


Ed io con bambini simili non ci avrei fatto amicizia da piccola, figuriamoci da adulta.




"Quando usi le parole sbagliate
quando il discorso gira su se stesso
quando il tono si fa lamentoso,
o accusatorio,
quando nella parola che dici
si legge solo il pensiero che l’ha generata,
non è mai una questione di forma.
Quando la tua parola non si è fatta carne,
o meglio
quando la carne non ha prodotto parole,
non è mai questione di forma.
Quando parli solo
per sintesi, per astrazioni
e non senti più il bruciare dell’esperienza
non è questione di forma.
Quando dimentichi
Il passo sbandato
Il pensiero fragile,
l’incertezza, l’esitazione,
quando le tue parole
non ti fanno più arrossire,
non è questione di forma.
Leggere le parole,
amarle, correggerle,
non è esercizio,
e neanche tecnica,
è conquista
del passo esatto,
del gesto umano,
del peso materiale
che accompagna l’anima."


- Gianluigi Gherzi



sabato 2 maggio 2020

"MI SENTO SERENA"



Maggio è il mese in cui tutto cambierà.

Anche per la mia piccolissima e insignificante esistenza, numero tra numeri, filo d'erba tra milioni di fili d'erba che ondeggiano al vento, restando attaccati fermamente alla propria radice ben piantata nel suolo.

Ecco, io ondeggio, e tanto, come tante volte prima di adesso è accaduto, ma ho una radice forte.

Io sono forte, anche quando me lo dimentico.

Recupererò le energie e starò bene, ma adesso no.

Non sto bene.

Per fortuna lunedì non debbo rientrare fisicamente a lavoro.




Non so ancora se questo blog, che registra gli ultimi dieci anni circa della mia vita, vedrà chiusure temporanee o definitive, di qui a breve.

Ancora non so dirlo.

Ci sto riflettendo, ovviamente, per scriverne.

In fondo cos'è se non un altro pezzo di me che lascio andare?

Forse l'ultimo.

Io non sono una che distrugge e butta via, sono una che costruisce e ricicla.

Ma è da un po' che ormai, guardando a me stessa, salvo un piccolo nucleo rimasto intatto ed incorrotto, e limpido e lucente, in fondo in fondo, il resto è pieno di spaccature.

Sanerei questi solchi con l'oro se fossi una ceramica giapponese, e metterei di nuovo insieme i pezzi; ma io sono più una tazzina di caffè espresso, di quelle che si usano tutti i giorni a casa, e che quando si sbeccano e vanno per forza messe via ti piange il cuore.

Perché prima di rompersi erano così belle.
Un'abitudine accogliente per la vista e per il tatto.

E poi, d'improvviso, non lo sono più.
Il caffè caldo scivola via attraverso le spaccature, e cola sulle mani, e le ustiona.

E non è colpa del caffè.
Non è colpa della tazzina.
Non è colpa di nessuno.

È che ci sono delle spaccature, ormai, e sono profonde.

Passano da parte a parte.

Magari la tazzina è caduta accidentalmente.
Oppure qualcuno l'ha proprio sbattuta a terra con l'intento di romperla, senza però riuscirci completamente.

Poco importa.

Una tazzina con le spaccature non riesce più a contenere il caffè bollente.

Va messa via.

Ed io, alla fine, sono davvero la tazzina, o sono il caffè bollente?

Sono il contenuto o il contenitore?

Un contenitore che ha pure la valenza di contenuto?

O sono qualcosa di ancora più volatile e inafferrabile, come l'aroma del caffè?

So che qualunque sia la mia natura, la sua esteriorizzazione non riflette che piccoli frammenti del tutto.

Frammenti che cambiano colore al mutare della luce, o se accostati l'uno all'altro.

E che talvolta si legano tra loro, talvolta confliggono.

Quando imparerò ad abbracciare senza dolore le mie contraddizioni?

O le guardo forse con troppa tenerezza?

Io davvero non so dirlo.

Non so dire più niente.














lunedì 20 aprile 2020

PANE CASERECCIO, OLIO BUONO E PARMIGIANO


La mia cena, insieme a due uova sode.

Non so spiegare la soddisfazione che provo in questo tipo di cena frugale.

Mi ricorda le cene dei miei nonni, in campagna, di quelle che chiudevano giornate sempre intense.

Mi ricorda bei ricordi in generale.

Di pane raffermo come base per assaggiare l'olio di casa.

Di case sorte lontane nel tempo, quando le luci erano distanti all'orizzonte, e pian piano si sono avvicinate, come onde del mare verso la riva, testimoni di un'urbanizzazione noncurante della natura circostante.

Sto bevendo un sangiovese laziale terribile...
Mentre finisco di intingere il pane ed il parmigiano nell'olio, ascolto la mia radio preferita.

Mi sento serena.

Oggi ho sentito mio padre, che dice che c'ha 'sta figlia a metà strada tra un'eroina romantica dello strum und drang e la protagonista combattuta dai sentimenti di un romanzo di Jane Austen.

Papà, invece, è buono come la mollica del parmigiano.
Come l' olio buono, che pizzica un pochino in gola, ma scende che è una meraviglia, e si sposa con tutto.


Riflettevo sul fatto che da vecchia, se mi tingo bionda, e mi faccio quel taglio di capelli, somiglierò abbastanza a Iggy Pop.
Stesso sorriso sghembo.
Stessa fisicità.
O quasi.

Un peloso dorme sulla sedia di fianco alla mia, ascoltatore appassionato della radio serale.
L'altro si sta rotolando già da un'oretta sotto le coperte.

La lucina che accendo in cucina per cenare non ci acceca e concilia la riflessione prima che morfeo venga ad abbracciarci.

Finisco di ascoltare la mia musica e comincio a ripiegare i pensieri, come tovaglie consunte da mettere via, indecisa se buttarle via o conservarle per altri usi.


domenica 19 aprile 2020

L'UNICA CHE (O TRA I POCHI CHE)...


... è andato tutto più o meno bene fino ad oggi, ma oggi non va bene.

... non hanno fatto pane, pizza, ha mangiato il giusto ed è pure dimagrita.

... continuano a guardare avanti, nonostante tutto, e non vogliono essere pessimisti e non vogliono cedere a ciò che di male ancora la vita può riservare, ma pensare solo alle strade attraverso le quali troveranno piena realizzazione le proprie aspirazioni come essere umano.

... non si scattano selfies dalla mattina alla sera, non sono innamorati della propria immagine, non usano costantemente la propria foto ritoccata e ammiccante su tutti i social.

... non si sono mai iscritti su pagine o app per rimorchiare.

... sono stati roccia solida ed incrollabile, anche sotto i colpi peggiori.

... conoscono il senso del sacrificio e della responsabilità, sono in grado di privarsi di ciò che non è necessario e di impegnarsi per raggiungere nuove mete.

... ti prendono per mano e non ti mollano, e ti sostengono, sul ciglio di un burrone, in cima a una montagna, nelle rapide, sotto una tempesta di fulmini, in mare aperto, durante un naufragio.


Oggi è una giornata di quelle in cui riavvolgerei il nastro della mia vita, ma so che è solo una via fuga immaginaria, che tutto è andato come doveva andare.

E che tutto può ancora accadere, e non per forza essere brutto, e nero, e negativo, e mortificante e annichilente.










sabato 18 aprile 2020

DUE GIORNI FATICOSI


E per fortuna, oggi, si sono conclusi.

Mi sento esausta.
Soprattutto fisicamente.
Mentalmente ho difficoltà a spegnermi, come sempre.
Ho messo una spinacina congelata in padella, stasera, e l'ho impiattata con mozzarella e spinacini freschi che coltivo sul balcone.
C'è questa natura rigogliosa che vive e cresce attorno a me e mi rinfresca la vista e il palato, durante le giornate.
Ho recuperato dallo sgabuzzino uno spruzzino color menta, estremamente ergonomico, che presi anni fa per le piante, e al mattino, mentre preparo il caffè, vaporizzo l'acqua sulle foglie verdi, sui fiori e sui frutti che maturano, e mi sembra di essere in una foresta tropicale.

Si sentiva il profumo inebriante del fico invadere la soglia di uno dei baconi, stasera.

Mi mancherà, quando rientrerò a lavoro.
Mi mancherà anche assaporare il cibo nella mia cucina, sul tavolo di legno che ho restaurato con le mie mani, e che pure devo risistemare, perché il piano si è graffiato, in alcuni punti.

Tutto mi mancherà di questa quarantena dorata e solitaria.

Più di tutto mi mancherà la ritrovata c.f.a., sepolta sotto la cenere, ma ancora ardente.







giovedì 16 aprile 2020

PER TALEA


Nell'ultima settimana soprattutto, tutto ciò che ho sui balconi è divenuto oggetto di ricerca su google, seguito dalla dicitura "per talea".

Ho ripiantato quasi tutto ciò che ho!

Anche se sono abbastanza orientata, a un certo punto, a riempire i balconi quasi esclusivamente di piante di fico, perché sono bellissime, con quelle foglie verdi, e profumano d'estate sulle isole, di quel profumo che ti accompagna per certe discese verso il profondo blu.


Anche oggi non mi sono risparmiata, ma ho sempre un delirio di cose da fare.

Sono sfinita...

Sono persino riuscita - finalmente! - a fare un poco di spesa.

Ho messo la cena in forno: degli asparagi coltivati, la cui parte finale è finita in un vasetto con la terra nella speranza che prendano per talea.

C'è questo bel pezzo di parmigiano che taglio, nel frattempo, per accompagnare l'attesa, e che si scioglie come burro tra la lingua e il palato.

Da che sono rientrata a casa, assaporo fino all'ultima briciola di ciò che mangio.

E mangio quanto basta, senza esagerazioni, ciò che il corpo desidera.

Non tocco sigarette da tempo immemore, ma la cosa formidabile è che non mi è mai venuta voglia di accendermene una, da che sto qui.

La fragranza del limone messo a macerare a fette nell'acqua, nella brocca di ceramica, ha talmente coinvolto il mio gusto, e si sposa meravigliosamente con tutto, al punto che lo preferisco al vino e alla birra, a tavola.

E quindi anche gli alcolici, in questa clausura, non mi mancano.

Mi sembra il procinto di una vita ascetica.


Sarebbe un bel regalo restare in smart working anche quando tutto l'allarme per il coronavirus rientrerà.

mercoledì 15 aprile 2020

E MAGGIO SARÀ IL MESE IN CUI TUTTO CAMBIÒ


O magari no.
Però stasera mi ha sopraffatta questa sensazione, d'improvviso.

Ritorneremo alla vita, ma in modo diverso.
Con modalità diverse, per qualcuno decisamente più sostenibili, per altri meno.
Ci ritorneremo anche con una bella fetta di rinunce, per qualcuno accettabili, per altri assolutamente no.

Se non fossi rimasta a casa, queste settimane, non avrei potuto avviare e concludere buona parte dei piccoli progetti che aspettavano da tempo di essere realizzati.

E che aspettano comunque di essere conclusi.

Ogni giorno ho aggiunto un pezzo, dove prima mi cadeva l'occhio e quel pezzo mancava.
Ed io provavo fastidio.
Ecco, adesso provo un'intima soddisfazione invece del fastidio.
Mi sento alleggerita di tanti minuscoli pensieri fastidiosi che adesso non ci son più.

Da che son qui, ho debellato a più riprese la cocciniglia e liberato il limone caviale, che da qualche giorno si è riempito di foglioline e fiori.

Il fico che ho preso al mare ha riempito il vaso, ed è una meraviglia a guardarsi.

L'altro fico mantiene con tenacia i suoi frutti sui rami, in attesa che maturino.

Non so quante piante ho messo per talea, e quante già hanno preso.

Non essendoci vivai e fiorai aperti, nelle prime settimane, mi sono arrangiata con ciò che avevo in casa.

I miei balconi somigliano sempre più a giardini fioriti.

I pelosi mi regalano attimi di incantevole gioia.
Che poi, questi attimi sono talmente tanti che riempiono i giorni e le notti ed io, ancora oggi, in questo silenzio e in questa solitudine, non riesco a sentirmi mai sola.

Ho fatto talmente tante volte le scale di casa, oggi, e spostato e travasato piante, e pulito e messo in ordine una minima parte del caos che ho ancora intorno, che non mi sento più le gambe!

Sono sul divano, la lampada nell'angolo accesa, e una candelina accanto al balcone, che danza nel buio, che scrivo di questa giornata volata, e del cielo che si è colorato d'azzurro e d'oro sul mare blu oltremare all'orizzonte.

Che certe volte sembra di potercisi tuffare dentro da qui.

Ché avere una finestra sul mare è come averla sull'infinito.










lunedì 13 aprile 2020

DA NESSUNA PARTE


Ci sono situazioni che non portano da nessuna parte.
E nessuna parte, mi domando, è adesso dove sto?
No, dove sto non è nessuna parte.
Dove sto è l'origine di mille destinazioni.
Così è sempre stato.

E così, lo so per certo, sarà sempre.

sabato 11 aprile 2020

FINESTRA E BALCONE


E dunque, dopo la finestra riparata, stuccata e laccata di luce, è arrivato il turno di uno dei balconi e della ringhiera (che però ho solo ripreso in alcuni punti).

Che bello questo bianco, è una boccata di ossigeno!

Che meraviglia poter fare questi lavori, in questo periodo!

Ho una piccola scatola piena di stucchi e pittura che debbo consumare prima di ritornare fisicamente a lavoro.

Ho steso mentalmente una lista dei lavori da approntare in casa, e disegnato una piccola pianta per un altro piccolo progetto, che debbo realizzare a breve, perché per l'estate deve essere pronto.
Anzi, molto prima.

Devo procedere con ordine, e senza ammazzarmi di fatica, mi ripeto.
Me lo sto imponendo.
Però che meraviglia vedere casa che cambia forma sotto le mie mani.
Vedere esplodere la luce, respirare, sfruttare gli spazi come piace a me.

Ho le spalle a pezzi, non sento più le gambe.
Come al solito, non mi sono risparmiata, e me lo ricordo solo dopo che non ho più sedici anni.

Ho acceso il mio incenso preferito (il penultimo bastoncino...) per stemperare l'odore di pittura in salotto.

Adesso metto in forno la cena, faccio una doccia e mi rimetto a studiare.



venerdì 10 aprile 2020

IL LIBRO DELL'UNIVERSITÀ


L'ho ordinato online e mi è arrivato in tempi record.
È lo stesso testo che ho usato all'università, nella ultimissima versione, però.
Il mio ha compiuto vent'anni.

L'ho preso con la copertina rigida, costava qualcosa di più, ma per mero feticismo ho voluto concedermi questo piccolo lusso.

E lo sto sfogliando ora, con una certa emozione, ritrovando l'impostazione su cui ho forgiato la mia.
Mi ritrovo.
Ed è meraviglioso ritrovarsi tra le pagine di un libro.

Anche se è un libro da studiare.


giovedì 9 aprile 2020

LA CERVICALE E' UNA BRUTTA COSA


E' l'età.
Il fatto di stare chiusi in casa, pure.
E di stare spesso al cellulare.
Soprattutto a letto, la sera, o appena svegli al mattino.
E il fatto di stare sui libri o a far lavori vari ed eventuali in casa

Ho provato a guardare film e telefilm, ma salvo rarissime eccezioni, non c'è nulla che mi appassioni o che mi incentivi a trascorrere del tempo davanti allo schermo in questi termini.
Non riesco ad appassionarmi a Netflix e nemmeno a pagine similari.

Ascolto la radio, tanto la musica quanto le notizie, al mattino, quando faccio colazione, e a pranzo e a cena.
Quasi sempre ormai su un unico canale, che è radio2.
Il mio preferito da anni, ormai, e mi sembra giusto scriverne, perchè per me è una compagnia elettiva sia quando viaggio che a casa.

Non ho la tv, per scelta, e da quando ho scelto così (anni orsono) non mi è mai mancata.
Non mi manca nemmeno ora.

Ho reinstallato instagram, dopo averla rimossa mesi fa per mancanza di spazio sul cellulare (e quanto spazio toglie alla vita la mancanza di memoria sul cellulare, pure?): per me è l'equivalente di un flusso continuo di stimoli di ogni sorta, e mi rendo conto che mi assorbe completamente, al punto che mi serve tempo per rielaborare sotto forma di progetti da realizzare buona parte di ciò che vedo.

Ci sono cose che si sono accumulate e stratificate nel tempo, qui, e che chi non vive una vita a distanza fa fatica a pensare possibile.
Ho scartato diversi indumenti che non indosso più e non indosserò mai più: c'erano cose che mi portavo dietro dall'adolescenza negli anni Novanta, anche se è incredibile da credere.
Ho sempre la stessa taglia, da allora, e a certi maglioni di lana ero particolarmente legata.
Così come ad alcuni vestiti che davvero non mi capiterà di indossare più e per cui mi pare giunta l'ora per separarmene.

Mi sembra di cominciare solo adesso a vivere questa casa che ho messo su, pezzettino a pezzettino, giorno dopo giorno, e dalla quale sono costretta a star lontana.
E le piccole abitudini che sto prendendo, ecco, cerco di non affezionarmici troppo, perchè a breve potrei doverle di nuovo lasciare.
In questo momento avevo bisogno di questo ossigeno, anche se mi arriva attraverso una maschera, quella che questo coronavirus ha applicato alle nostre esistenze.
Mi piace svegliarmi al mattino nel mio letto e godere della luce naturale che filtra dalla finestra, mi piace sentire i versetti dei miei pelosi che si risvegliano con me e con cui faccio colazione, mi piace uscire fuori ai balconi, e guardare le piante che crescono, ed il cielo e il mare.

E adesso ascolto la mia musica e godo della quiete di questa piacevole serata.
Fa fresco ancora, per essere aprile, ma si sente in lontananza il profumo dell'estate arrivare dal mare.










lunedì 6 aprile 2020

ALLA FRANCESE


Ho tagliato un po' i capelli, davanti allo specchio.
Nulla di eccessivo, ma stanno bene, sono molto naturali.
Poco importa la piccola imperfezione e sbavatura che l'occhio esperto può ravvisare nel mio nuovo taglio.

Ho questi capelli da bambina, lucidi e sottili, con qualche riflesso naturale (non li tingo da anni), che restano un po' mossi quando si asciugano naturalmente.

E così li porto buona parte del tempo.

Alla francese.



Quanto durerà ancora questo isolamento dorato?

La mia unica dannazione è non poter condividere questa quotidianità insperata con chi amo, ma di necessità virtù, si suol dire.

Le mie giornate trascorrono velocissime, ma le consumo in modo utile e soddisfacente.

A parte lo smart working, leggo, dipingo, suono, scrivo, ascolto musica, studio, faccio lavori di fai da te più o meno impegnativi, curo le piante sui balconi, e avvio piccoli progetti.

Il tempo, in realtà, non mi basta mai.



sabato 4 aprile 2020

UNA LAMPADINA E UNA CANDELA


Studio, a rilento, ma con tenacia.
Sono a pagina 205, e il traguardo è pagina 209.

Ho la mia lampada da studio sulla scrivania, una candelina accesa vicino al balcone, che mi piace tanto guardare da qui dove son seduta.

Fa un po' freddo, e non ho legna per il camino.

E accendere i termosifoni non mi scalda nello stesso modo.

Oggi è stata una giornata insolitamente calda, primaverile.
Ho aperto i balconi e piantato spinaci e rucola, travasato delle piante, spostandone altre.
Ho tolto dei rametti dall'albero di fico e li ho messi in piccoli vasi, sperando che prendano per talea.
La pianta "madre" la raccolsi a mare, e prese proprio da un rametto messo nella terra.

È passata tutta l'aria del mondo da un capo all'altro della casa, oggi, ripulendo ogni spazio dall'aria vecchia e consumata dai respiri.

Studio, e queste tre pagine e mezzo mi sembrano alte come le montagne.

Più faticose da scalare, però.






venerdì 3 aprile 2020

IN QUESTO SILENZIO


Questo meraviglioso venerdì sera ho acceso la lampada tonda nel salotto, nell'angolo a destra della sala, e anche un paio di candele sul camino.
Una l'ho accesa e messa in un porta candele di vetro appeso ad un cordoncino di spago di fianco al balcone.

Ho chiuso i libri, lo studio continuerà domani, con calma.

Ho chiuso i pensieri negativi in una scatola di robusto cartone, che in questo momento non voglio aprire.
E così nei prossimi giorni.

Sono sul divano, il pc sulle gambe incrociate, la strada silenziosa sotto il balcone, la stanza illuminata in modo intimo e discreto.
Ho aperto un vino rosso, mangio bocconcini di mozzarella.

Sono così distante dalla vita in cui sono precipitata da un paio di anni.
Una vita che mi prosciuga.
Che mi annichilisce, talvolta.
Cui non faccio altro che opporre resistenza, affinchè non mi trascini nei suoi gorghi putridi.

Mi sento rinascere giorno dopo giorno.
Mi affaccio alla finestra e godo del mare e del cielo che lo contrasta, da lontano.
Sento la mia consapevolezza, il mio estro, le mie passioni che riemergono con vivacità.


Vorrei trattenermi in questo attimo ancora per un bel po' prima del rientro.


mercoledì 1 aprile 2020

QUALCOSA DI CUI ESSERE GRATA


Questo tempo per me stessa è un regalo inaspettato, qualcosa di prezioso, cui non sono più abituata.

C'è anche molto stress, molte incertezze, molto disagio, ma cerco di cogliere il lato positivo.

Il lusso di tornare a casa la sera, dal lavoro, di viverla, di cucinare e guardare le piante crescere e portar frutti, e di viversi senza viaggiare, è qualcosa che per molto tempo mi sarà negato.

In questo breve lasso di tempo che recupero le mie cose e i mie spazi, e riaccendo lampade spente accantonate in angoli di casa non calpestati da molto, ci sono delle piccole cose di cui sono grata.

La prima è il peperoncino sottolio piccante di mia madre.
È delizioso e unico.
Mi dà dipendenza.
Ci annegherei dentro a quel vasetto gigante pieno di peperoncini colorati e olio d'oliva buono.
Sta bene con lo spaghettino semplice, con la pasta con le vongole o i frutti di mare, persino con l'insalata di riso.
Sulla bruschetta di pane raffermo casereccio è la fine del mondo.

A proposito di olio buono, da quando è cominciata questa storia dello stare a casa, ne ho bevuto almeno un paio di litri, tra cucina e condimento a crudo.
L'abbiamo fatto pochi mesi fa, e  avevo le scorte per un anno.
Forse durerà un altro paio di mesi, se continuo così.

Anche oggi ho qualcosa di cui son grata.
Forse qualcosa di più che qualcosa.
Sicuro più di qualcosa.

Poco importa che sia sola, in questa cucina, con i pelosi che si rammaricano perché mi attardo a studiare invece di andare a letto, o che si allarmano se scendo a buttare la spazzatura e mi aspettano straziati vicino la porta con gli occhi lucidi.

Mi sa che dovranno fare terapia, quando tornerò a lavoro...
E pure io.

Quanto è rassicurante sentire il loro peso sopra le coperte, quando mi metto nel letto a dormire...

Mi sembra di essere protetta, accudita.

Mai sola.

Mai.

E mi viene da far spallucce e da sorridere.

È bello stare a casa così.



lunedì 30 marzo 2020

LE PAROLE INUTILI



Me lo riprometto sempre, ma non sempre ci riesco.
A non sprecare parole o pensieri, tempo, con persone di cui non mi importa.
E se non mi importa ce ne sono di motivi.

C'è chi si rende sgradevole da vicino come da lontano.



Oggi mi sono messa a lavorare e studiare in sala da pranzo.
C'è sempre stata questa finestra che, soprattutto con il vento, faceva uno strano rumore.
Ero lì seduta al tavolo che tentavo di concentrarmi, disturbata però da quell'insopportabile sibilo.
Ho aperto e chiuso la finestra, ho guardato da dentro, da fuori, di lato.
Niente.
In passato avevo chiamato anche una ditta di infissi per farmela sistemare, ma nemmeno loro sono riusciti a capire da cosa dipendesse quel rumore.
Forse non avevano voglia di capirlo.
Gli infissi sono vecchi, andrebbero cambiati, ma io non voglio.
Sono lì da che mio nonno e mio padre hanno alzato i muri di quella casa.
Mi sono arrampicata sullo scaletto, per risolvere la questione una volta e per tutte.
I precedenti inquilini avevano fissato con una banda adesiva una striscia di plastica, probabilmente per il vento, sotto il cassettone di legno della finestra.
L'avevano dipinta come il muro, era praticamente invisibile ad occhio nudo, da fuori.
L'ho strappata via, sperando che fosse davvero quella banalità a creare quel fastidio incredibile.
Così è stato.
La mia finestra è adesso un'incantevole e silenziosa cornice di legno consumato dalla salsedine.
Da seduta, quando alzo gli occhi dai libri, ritrovo il mare.



Sogno ogni notte, da che sono tornata in pianta stabile a casa.
Faccio sogni che non vorrei.
Sogni che non dovrei.
Si accendono come scintille, scoppiettano come il fuoco quando cerca di ravvivarsi divorando tutto ciò che ha attorno.


Ho un po' di tachicardia, queste sere.
Un po' di affanno.
I pollini invadono casa, rotolando di stanza in stanza ogni volta che apro i balconi.
Spazzo a terra ogni giorno, ma è una guerra impari.
Passerà anche la solita blanda allergia di stagione.
Passerà tutto.


Passano gli anni, però, e ci son voci che mi riportano a me stessa, sempre.
Accendono una luce quando mi perdo, e mi sussurrano come ritrovarmi.
Come fossero ancora qui, emozionanti come la prima volta che le ho ascoltate.
Mi ricordano che per quanto mi evolva e cambi, di fondo c'è qualcosa di immutabile.
Anche se è solo un granello di polvere luccicante, che danza in raggi di sole e di tenebra.







sabato 28 marzo 2020

QUEL CHE ACCADE


Stanotte non ho dormito granchè.

Ho sentito dei rumori, forse dei passi, forse un tonfo, forse qualcosa trascinato o crollato sotto il peso del vento e del maltempo di questi giorni.

Quando si è a letto, nel cuore della notte, è difficile distinguere se qualcosa sta avvenendo in casa, o fuori.
Se qualcuno ha violato l'intimità della propria abitazione.

Mi sono alzata, i piccoli hanno guardato verso l'ingresso.
Uno è rimasto lì, sul letto, con gli occhi sgranati, l'altro si è infilato terrorizzato sotto il letto.
Ho afferrato il telefonino e sono andata a controllare le stanze.
Come se il telefonino potesse salvarmi, poi, con una telefonata o come arma contundente.

Ho guardato nello spioncino della porta, sulle scale, ma era buio, fuori.
Ho percepito una strana sensazione, di non essere sola.

Ho avuto timore.

E non è il timore che uno ha in genere stando da solo a casa, c'è un carico diverso in questa tensione, in questi pensieri.

Come si fa a mettere a tacere l'inquietudine per ciò che accade fuori da queste mura?



Io non mi sento serena.





mercoledì 25 marzo 2020

LE COSE IMPORTANTI


Non sono molte, le cose importanti.
E sono sempre quelle, anche mentre si resta barricati in casa per un virus.

Avere qualcuno che ci voglia bene per davvero.
Qualcuno che ci alleggerisca l'esistenza invece di appesantirla.
Qualcuno che ci faccia sorridere, che ci scaldi il cuore, che ci regali buonumore, che contribuisca a mantenere un equilibrio e una stabilità, invece di abbatterli.
Qualcuno che si preoccupi di come stiamo e ci doni serenità, e una parola di conforto, che accenda una luce nel buio e musica nel silenzio più duro.

È merce rara, e al termine di questo delirio lo sarà ancora di più.

L'impressione è che torneremo a nuove vite, non più alle vecchie vite.

Questo passaggio segnante cambia le percezioni, forgia il carattere, sfronda il superfluo.

L'essenziale, adesso, per quanto invisibile agli occhi, è visibile al cuore.






venerdì 20 marzo 2020

MAI SOLA


Mi risveglio dolcemente al mattino, ogni giorno, con i miei piccoli appallottolati sul letto.

Aspettano che apra completamente gli occhi prima di cominciare a stiracchiarsi e puntare verso la cucina, dove preparo con estrema calma la colazione per entrambi e apro il balcone per fare entrare aria fresca e farli uscire fuori a godere dei raggi mattutini del sole.

Sono contenta che stiano qui con me, in questo isolamento, lontani dalla città dove sarebbe stato particolarmente complicato gestirli, in questo momento.

Con loro non sono davvero mai sola.

Mi allontano solo per buttare l'immondizia, la sera, e sento versi strazianti vicino la porta, nel risalire le scale, come se mi fossi allontanata per giorni.


So già che questa magnifica convivenza verrà interrotta quando tornerò al lavoro e che sarà alquanto difficile abituarsi di nuovo alla distanza.

Intanto faccio scorta di coccole e tenerezze, e così loro.

E mi sento fortunata, perché se fossi stata completamente da sola, tutto sarebbe stato tanto più difficile.








mercoledì 18 marzo 2020

IL PENSIERO CORRE SEMPRE A CHI VUOI BENE


Quando tutto è difficile, il pensiero corre a chi vuoi bene.
E in questa corsa automatica dei pensieri non c'è nulla di complicato, nulla di artefatto.

Non c'è distanza che mini la spontaneità di certi sentimenti.


Ad ogni modo, senza i miei piccoli, chiusi in casa con me, probabilmente non ce l'avrei fatta a sostenere la pressione di questi giorni con la stessa serenità.
Mi sarei vista persa nei giorni a venire.
Palesemente offesi, adesso, sonnecchiano sul divano, aspettando che spenga la luce per venire a dormire sul letto.


Il tempo sta volando.

Ho cucinato dei tortini di patate e spinaci, ieri, e li ho congelati.
Ho preparato anche dei tiramisù, oggi, e salvo il bicchiere con cui ho fatto merenda e quello con cui ho cenato, gli altri li ho congelati per mangiarli quando mi andrà.

Domani dovrò uscire a fare un po' di spesa, e non ho molta voglia, a dire il vero.

Magari prendo del pesce fresco per farci la pasta, o da fare al forno.



Ho sistemato un po' di piante fuori i balconi: ho tagliato i rami secchi, e tolto le piccole piantine di aloe cresciute sotto la grande, trapiantandole in altri vasi.

Ho visto che dei vecchi bulbi di narciso e tulipano dello scorso anno, abbandonati nei loro vasetti di plastica in fondo al balcone, stavano mettendo di nuovo le foglioline, e quindi li ho messi a dimora in vasi più grandi. Se sono fortunata, assisterò alla loro fioritura nel giro di un paio di settimane.

E' splendido svegliarsi al mattino nel letto di casa, con il sole che riempie la stanza e i piccoli che aspettano che mi risvegli del tutto per ricevere coccole e cibo.

E' una fortuna inaspettata, questo tempo.

Mi sembra di essermelo meritato.


lunedì 16 marzo 2020

TRA LAVORO E STUDIO



Mi sono ben fatta un'opinione di quanto sta accadendo, delle misure di contenimento e di quelle di sostegno economico e assistenziale, e continuo ad avere delle profonde perplessità sotto diversi profili.

Preferisco, ad ogni modo, tenerle per me.


Ho finito di lavorare agilmente da casa, mi aspetta lo studio, adesso.

Posso prendere un caffè vero, della macchinetta laccata d'azzurro, versarlo nelle tazzine dipinte a mano che ho preso in Costiera, fare una carezza ai piccoli che passano la giornata ad oziare al sole ed arrivano in cucina con la pelliccia caldissima in cerca di tenerezze.

Posso stare seduta qui, aprire le finestre e i balconi, alzarmi e ballare, suonare la chitarra e cantare, e poi tornare sui libri.


Quanto è bella una spolverata di cannella nel caffè?
Quanto è bello questo sole primaverile, anche da qui?


domenica 15 marzo 2020

LE SETTIMANE CHE SIAMO STATI TUTTI A CASA


Un giorno scorrerò a ritroso tutto ciò che ho scritto, e ritroverò traccia anche di questo periodo così singolare.

Sono a casa, ed è già un traguardo duramente conquistato.

Ho vissuto settimane di ansia, dovendo andare a lavoro altrove, e temendo di rimanere bloccata lontano da casa.

Rimarrò in isolamento con i miei adorati pelosi, continuerò a studiare.

Lo studio, in questo periodo, ha subito innegabili contraccolpi.

Comunque, nulla che non possa recuperarsi con un po' di buona volontà.


È magnifico tempo per me stessa, questo, ed intendo impiegarlo bene.

Non ho necessità e non sento nemmeno l'esigenza di muovermi al di fuori del perimetro costrittivo che ragioni di ordine superiore impongono, ma ho delle perplessità sull'ampiezza di taluni divieti.

Vorrei dire di avere perplessità maggiori nei confronti delle persone che buttano giù deliri e allucinazioni sui social, ma è quasi un timore, ormai.

Sono le 10.00 di una domenica mattina infinita.

E mi preparo la seconda colazione della mattinata, a letto, con un bel sole che splende fuori dalla finestra.






giovedì 5 marzo 2020

UN GUSCIO ROTTO



Da circa una settimana tento di recuperare le forze per cui non mi basterebbe un mese di pausa.
Sono scarica, mentalmente e fisicamente.

I miei caldissimi pelosi mi ricordano che sono viva e amata.
Nonchè piacevole fonte di conforto e calore notturno, visto che mi dormono addosso, appisolandosi sulla morbida coperta bianca.

Mi manca la musica, ma non ho la forza nemmeno di prendere la chitarra, questi giorni.
Mi manca la fotografia.
La scrittura.
Persino dipingere.

Sono piena di idee inespresse, che nella mente hanno una forma consistente e un peso specifico ingombrante.


QUALCOSA DI SOBRIO E CLASSICO


Mi serve un completo professionale con urgenza e quindi ho fatto un giro rapido per negozi.
Quelli disponibili.
Invano.

Al negozio n. 1:
- "c'è questa giacca beige (insulso) , anche in rosa (imbarazzante)"
- "mi occorre qualcosa di più sobrio.. "
- "allora c'è solo questo completo giacca pantalone nero (in tessuto leggero e stropicciato, con striscia lucida a contrasto sul lato dei pantaloni e richiamo sulla giacca"


Nel negozio n. 2:
- "ho questa bella giacca nera"
- "la giacca è graziosa, ma ha questo bottone gigantesco pieno di brillanti... E manca l'altro bottone, pure"
- (controllando all'interno della giacca) c'è quello di riserva, e poi i bottoni si possono sempre cambiare...
- "mi serve qualcosa di già pronto, ma la ringrazio"


I limiti del paesello sono sempre gli stessi.
O forse sono limiti miei mentali ed insuperabili.

Non ho margini temporali per lo shopping online.
Debbo quindi ritagliare del tempo per lo shopping in città, anche se tempo non ne ho e tutti i soldi che ho faticosamente guadagnato se ne sono andati in libri, tasse e spese di stretta sopravvivenza.

Devo tagliare i capelli, che nel giro di qualche mese sono straordinariamente cresciuti, e credo opterò per un lob con capelli impercettibilmente più lunghi sul davanti.
E un po' scalati, pure.
L'importante è che stiano in ordine e mi diano un certo aplomb, quanto più professionale possibile.

La manicure è ridotta all'essenziale: unghie corte e tonde, e nude.
Non so nemmeno se metterò lo smalto trasparente.

Studio e incrocio le dita.

Il resto è forma da applicare a bella copertura di una poderosa e magmatica sostanza.





domenica 1 marzo 2020

CORIANDOLI


Che sia stato carnevale me ne sono resa conto calpestando i coriandoli colorati gettati al suolo, svolazzanti come polvere sotto il movimento dei passi svelti.

Piccoli gesti quotidiani scandiscono ormai la ciclicità delle stagioni e delle festività che si ripetono immancabili nel tempo.

Ed io non so che mese è, che giorno è, se sta arrivando il Natale o l'estate.



Fin dove posso spingere il passo, in questa mia vita?
Fin dove, davvero?

Quanto debbo ancora realizzare, e realizzarmi?

Se provo a proiettare lo sguardo sul prossimo futuro, vedo un orizzonte blu, ma lontano, in fondo al mare che brilla d'azzurro e di insidie.

E non è timore - non lo è mai - ma ebrezza ed euforia, ciò che provo.

Non è vertigine, ma stupore sospeso su altezze ripide.

Mi batte forte il cuore, e forse è emozione, forse solo tachicardia serale.

Voglio farcela.
Devo farcela.
E non sarà un tentativo, ma un obiettivo sul quale sto prendendo bene la mira.






sabato 29 febbraio 2020

PRANZO A MARE


Qui a casa, lontano dal resto del mondo - e dove si fa mondo a sé - ci si gode la primavera in anticipo, i raggi del sole che scaldano la spiaggia, il mare che con la sua brezza leggera pulisce l'aria.

"Stamattina sono andato a correre, e mi sono fermato a far colazione al mare. Mi hanno detto che prendono il pesce per mezzogiorno, e di prenotare se vogliamo mangiare là...", mi dice con falsa indecisione.

Tra un'oretta chiudo i libri, mi preparo, e scendiamo a piedi al mare.

Ci aspetta un bel pranzo a base di pesce fresco, quello del mio mare.

Quella che un tempo lontano nel tempo era la normalità monotona e noiosa della vita di paese, è oggi un lusso che a malapena riesco a permettermi.

Quanto tempo occorre, per guadagnare tempo?

Quanto impegno?

Non è in fondo una contraddizione in termini lavorare e studiare così tanto, per approdare ad una vita che formalmente appare migliore, ma sostanzialmente è quanto di più distante dal tanto anelato benessere che si è tentato di raggiungere?



mercoledì 26 febbraio 2020

LA SINDROME DELL'UNTORE


Che sia o meno poco più che un'influenza, questo virus, ce lo dirà il tempo.

Tra chi sminuisce e deride chi si allarma, e chi dall'allarme è precipitato nella paranoia, io penso di collocarmi più o meno nel mezzo.

Ho alzato le precauzioni che già adottavo quotidianamente per evitare di beccarmi qualcosa (lavo ancora più spesso le mani, pulisco i piani d'appoggio, evito di toccare maniglie di luoghi pubblici etc. o et cetera, che di questi tempi anche uno starnuto messo per iscritto può generare allarme).

E mi astengo da commenti di derisione nei confronti di chi teme che lui stesso o i propri cari possano morire (sarò tonta, ma per me è umanamente comprensibile e condivisibile), e mi fa un po' tristezza chi fa del sarcasmo facile e la solita ironia da quattro soldi per farsi figo o superiore rispetto alla massa di cui è irrimediabilmente parte.

E in cui io stessa, idealmente, lo colloco, all'interno del più ampio serbatoio della noia fine a se stessa (cioè quella che non è in grado nemmeno di solleticare l'intelletto affinché vi trovi una via di fuga).

Mi fa tristezza leggere notizie che contengono nel titolo l'affermazione di ciò che nel testo per esteso smentiscono, solo per guadagnare un click in più cavalcando l'ansia della gente.

Ci sono questioni  implicitamente rinviate, che esploderanno quando finiremo di chiederci quanto sia effettivamente letale questo coronavirus.

Quel che mi pare certo è che la diffusione del coronavirus stia contribuendo all'insorgenza della "sindrome dell'untore".

Sfido chiunque a non essersi chiesto: e se sono io l'untore, e nemmeno lo so?

Se mi porto addosso questo virus invisibile e lo trasmetto ai miei cari?














mercoledì 19 febbraio 2020

DI CAFFÈ OFFERTI E SGUARDI AMOREVOLI


Arrivo presto, a lavoro, solitamente prima degli altri.
Quaranta secondi d'orologio sono il tempo che mi separa dalla macchinetta del caffè, dopo avere spalancato tende e finestre e posato borse e giacca e occhiali da sole e il pranzo del giorno nel suo angolo riservato.

La macchinetta del caffè confina con un ufficio in cui c'è sempre un ricambio incredibile di gente.

È un piccolo presidio di umanità varia ed eventuale, in un luogo in cui il disagio annichilisce anche i più tenaci.

Ebbene, capita ogni tanto che mi offrano un caffè appena fatto.

Lo fanno per gentilezza, per passare il tempo, per scambiare una chiacchiera con altri precipitati nel medesimo contesto.

Lungi da me rifiutare!

C'è qualche amante degli animali che si sta prendendo cura dei piccoli randagi (un gruppo ormai consistente e ben definito), sfamandoli come può, anche quando non ci sono io.

Da quando hanno avviato questa piacevole e morbida convivenza, hanno sempre la ciotola piena d'acqua e qualcosa da mettere sotto i denti senza doverselo litigare tra loro.

Dormono nel prato, si rincorrono, si stiracchiano, fanno dei balzi giganteschi per venirmi incontro al mattino, o quando esco, per accompagnarmi al parcheggio.

Si litigano una carezza e un'attenzione, sempre, al di là del cibo che, strano a dirsi, talvolta li disinteressa.

Mi sono informata su possibilità di intervento e tutela a loro favore, per il tempo che resto e per quello in cui (spero presto) non ci sarò più.

Devo attendere il momento e l'occasione per discuterne con chi ha il potere materiale di intervenire sulla faccenda, in modo più incisivo.

E so che arriverà.

Oggi sono uscita da lavoro con il sorriso, come ormai capita di frequente, da che ho una banda nutrita di splendidi randagi che accompagna con sguardo amorevole le mie giornate.




venerdì 14 febbraio 2020

"PAPÀ, QUANTO È LONTANA L'AMERICA?"


"Zitta e nuota".

Lui si diverte a dirmi così, ogni volta che intraprendo un'impresa impossibile, e lo tengo aggiornato su ogni minima notizia e su come organizzo il mio tempo e lo studio.

Ed io mi ci immagino per davvero tra le onde che nuoto come una disperata, ogni volta.


Quante imprese impossibili ho avviato e concluso, finora?

Più d'una.

E questa, questa qui, di impresa, andrà in porto o resterà in alto mare?

C'ho un'ansia stratosferica, stasera.

Il tempo stringe.




mercoledì 12 febbraio 2020

B


Come le vitamine nuove che sto prendendo.
Come il piano in atto, e tutti quelli preparati e non ancora o non del tutto percorsi.
Come il sangue che sto buttando sui libri.
Come il bene che mi voglio, e che voglio alle persone della mia vita.


Il week end di San Valentino è alle porte, ed io abbraccerò i libri per le 12 ore + 12 circa di sabato e domenica che non passerò a lavorare.

Mi piacerebbe scendere a fare una passeggiata al mare, ma il mare è lontano, e troppo grande da portarselo in tasca.

Mi manca il sale.
Mi manca l'azzurro.
Mi manca casa.



martedì 11 febbraio 2020

IL MIO ORIGAMI


Accendo la luce sulla scrivania e mi seggo, tolti i panni da lavoro, negli abiti comodi per lo studio.

Mi aspetta qualche ora di studio intenso, anche stasera.

I gesti meccanici all'interno della stanza piccola ed essenziale (dove non c'è posto per il superfluo, e in cui il numero dei libri ha superato grandemente quello dei vestiti), hanno ormai qualcosa di rassicurante.

Non è vita, questa, ma un ritaglio di vita che sto piegando e ripiegando con cura finché non verrà fuori un meraviglioso origami.

È finché l'ultimo tentativo non sarà esaurito, non ho intenzione di mollare la presa.


lunedì 10 febbraio 2020

DI CIOCCOLATA CON IL MARZAPANE



Nel week end ho raccolto qualche cartolina in giro, di quelle in cui vengono pubblicizzate delle mostre, con una grafica accattivante: sono diventate i miei nuovi segnalibri.

Dovrei essere abbastanza cotta di stanchezza, adesso, ma non mi sembra ancora troppo tardi per smettere di studiare.

Smangiucchio cioccolata con il marzapane (una roba che per me è deliziosa!) e coloro, come una bambina, le parole chiave, tracciando un disegno comprensibile e lineare, che tento di memorizzare con quei poveri neuroni traumatizzati e dimezzati dall'età e da milioni di anni di studio e fatica.



venerdì 7 febbraio 2020

TARALLI DEL SUD E VINO DEL NORD


Il primo aperitivo alcolico che mi concedo mentre studio, da che studio.

Due dita di vino rosso, e i taralli con l'uva sultanina, di una croccantezza deliziosa.

La luce della lampada da tavolo e delle tre candeline da the scalda appena la stanza, ma sono al caldo.

Ho i miei pelosi che a turno richiedono attenzioni, e cui richiedo attenzioni.

Uno di questi ha gli occhiali da vista calcati sul naso, e studia di fronte a me.

"Ti sei finito un pacco di taralli", gli dico mentre continua ad attingere, fintamente distratto, dalla busta trasparente.

"Ne ho preso uno ogni volta che tu ne hai preso uno...", risponde candido.

Risultato soddisfacente, rispetto ai tempi in cui la voracità era tale da non contemplare possibilità di assaggio da parte di altre bocche di qualunque cosa varcasse, commestibile, la porta di casa.

***

All'aperitivo ha fatto seguito una cena a base di crocchette vegetali (o qualcosa di simile) infilate nel forno a cuocere senza supervisione.

I cibi facili si cucinano in autogestione che è una bellezza.

Sono le dieci, e si continua, blandamente, a denti stretti, sospirando, a studiare.

"Sei stanco?"
"Si, ma devo continuare a studiare..."

Che gli integratori ci diano la forza!





mercoledì 5 febbraio 2020

DI ERBACCE E VITA PERSA


Le riflessioni nel cuore della notte sono quelle più dure, senza filtri, senza la velocità che imprime la luce.

Senza le distrazioni del giorno.

Non vedo che una striatura di luce fioca provenire dall'esterno, ma sento nitido il vento che soffia conto la persiana mezza chiusa, come una saracinesca contro il mondo esterno.

Sono sola, qui, così come lo sono anche quando e dove non dovrei esserlo.

Sovraccarica, invece che leggera.

In tensione, invece che rilassata.

Mi manca l'aria, provo fastidio.

E non è nato tutto dall'oggi al domani.

Nel campo dei cattivi sentimenti e delle sensazioni spiacevoli, qualcuno ha piantato semi e messo acqua tutti i giorni, mandando in malora le piante da frutto di cui avrebbe dovuto prendersi cura, per far crescere a dismisura le erbacce.

Le erbacce, alla fine, hanno divorato tutto.

E mi domando fino a che punto debbo mettermi in ginocchio ancora una volta a strappare a mani nude ogni filo d'erba, quando non ne ho più la forza.

Le radici sono così profonde, ormai, che tutto ricresce con estremo vigore, giorno dopo giorno.

Certi tentativi sono andati in malora, irrimediabilmente, e la vita che poteva essere e non è stata ormai è vita persa, buttata.

Tra le erbacce è come quando si getta sale: non può crescerci nulla.





domenica 2 febbraio 2020

QUANTO È PICCOLA UNA STANZA, IN UNA PICCOLA CITTÀ


Ho chiamato papà, stamattina, solo per sentire la sua voce, che mi rasserena sempre.
Non ho ormai granché su cui aggiornarlo: la mia quotidianità si è ricomposta e assestata sul lavoro, le funzioni basilari, e poco altro.
La linea si è interrotta mentre cercava di dirmi che avrebbe allungato certe passeggiate domenicali per venirmi a trovare fin qui.
Ho pensato che sarebbe bello, ma non voglio si metta in auto tutto quel tempo, su quella strada orribile e pericolosa che percorro ormai in automatico da troppo tempo.

Ho spostato la tenda per far entrar meglio la luce naturale per studiare, accostando ancor di più la scrivania alla finestra.

E poi, visto che il cielo era azzurro, e il sole caldo, ho aperto un po' la finestra, convincendomi di poter godere di un anticipo di primavera.

Ho comprato matite in quantità industriale, e ne ho già consumate diverse. Io davvero non mi capacito di come si consumino e si distruggano, nonostante scriva con tratto leggero e le riponga con riguardo sulla scrivania o nell'astuccio dedicato.

Studio, divoro pagine su pagine, ma meno di quanto vorrei.

E mi stanco, molto di più di quanto dovrei.

La sera crollo, e il messaggio della buonanotte lo leggo come il primo buongiorno del mattino.


Sono nostalgica, e rifletto sull'opportunità di concedermi un paio di giorni di ferie per scorciare le distanze, la prossima settimana.

Anche se questa scelta sottrarrà tempo allo studio.

Anche se sto facendo sacrifici da matti per ottimizzare il tempo a disposizione, che è quello che mi avanza da un lavoro che mi consuma.


Sono stata in varie librerie, in settimana, alla ricerca di testi specifici per quanto mi occorre.

E mi occorre tantissimo, ancora, nonostante quasi l'equivalente di una busta paga sia già andato via in libri, da che ho avviato lo studio.

I limiti consistenti delle librerie che ho trovato - o per definirle ciò che sono davvero, negozi che vendono libri - sono emersi in modo insostenibile.

In una, l'unica ad avere il pregio di un personale cordiale ed accogliente, purtroppo non ho trovato molti testi da confrontare tra loro.

E non ho potuto confrontarmi nemmeno io, a tutto tondo, su quello che mi serviva, come sono solita fare quando vado nelle librerie dove sono solita andare dai tempi dell'università, e dove ancora oggi torno (e tornerei anche nell'immediato se non fosse per la distanza attuale e il tempo che scarseggia).

Nell'altra libreria, la donna nascosta a fare i cavoli suoi dietro la cassa mi ha salutato a stento rispondendo al mio buongiorno, trattandomi con fare arrogante tutto il tempo.

Ho impiegato un po' per farle comprendere che ciò che mi serviva era diverso da ciò che aveva supposto mi servisse semplicemente guardandomi.

Finché non ha affermato di avere finalmente capito cosa mi occorreva e si è piegata a terra per prendere dall'ultimo ripiano dei micro riassunti, piccoli e colorati, graziosamente insulsi come quelli che abitano le librerie delle case di bambola.

E delle stesse dimensioni.

Credo abbia sentito il rumore degli occhi che ho rovesciato violentemente verso il cielo, mentre le dicevo che non era assolutamente ciò che cercavo.

"Gli altri che stanno studiando la stessa cosa li hanno presi!", ho sentito dietro le spalle, mentre varcavo la soglia per uscire.

L'idea di dovermi confrontare con altri che studiano sui riassunti a colori mi stimola ancora di più a dare il massimo e ad approfondire il divario che ci separa.

C'è gente che studia sui libri seri, purtroppo, ed è quella che temo realmente possa farmi le scarpe.

Se non sarà questa la volta buona che riesco, sarà la prossima.
Questo studio, comunque vada, non sarà vano.












sabato 1 febbraio 2020

SONO TUO AMICO


Detto (d'ora innanzi D): Sono tuo amico.
Pensato (d'ora innanzi P): Mi servi, ma essendo quello furbo, fingo amicizia.

D: ti sei girato dall'altra parte ogni volta che davanti a te mi hanno fatto una porcheria... Questo mi è molto dispiaciuto. Forse al tuo posto avrei fatto lo stesso, o forse no, chi lo sa.
P: per me chi si volta dall'altra parte dinanzi ai soprusi non merita molta considerazione in generale, e non ha la mia stima. Figuriamoci come mi offende se chi si dichiara mio amico lo fa quando è a me che accadono cose sgradevoli.
E no, io al posto tuo non mi sarei girata dall'altro lato.
E no, tu non sei mio amico.

D: e che potevo fare? Io cerco di essere amico di tutti...
P: che tanto solo quelli furbi come me sanno che in fondo gli amici di tutti non sono amici di nessuno.

D: non è tanto il fatto di voler mantenere buoni rapporti con tutti, ma il fatto che tu stia culo e camicia con gente che si rivolge in modo sgradevole e cattivo nei miei confronti, e che quando stai con loro mi rispondi male pure tu.
P: come sopra.

D: ma io non posso non essere loro amico!
P: mi servono anche loro!

D: lo comprendo, ma il fatto che tu sia loro amico porta me a tenere le distanze da te.
P: chi si fa amico di gente spregevole, per me, è come loro.


Ho perso ufficialmente un "amico".







giovedì 23 gennaio 2020

PIANTARE TAMARINDI


C'è della terra parzialmente incolta, dove lavoro.
Dove pascolano felici i miei randagi famelici ed affettuosissimi,e si addormentano, tra i fili d'erba, a pancia piena.

C'è qualche albero da frutto (con cui ho fatto spuntini dolcissimi in estate).

È uno spazio quasi abbandonato a se stesso.

Stavo pensando di piantare qualcosa, finché resto, e prima di andare via.
Dei bulbi di iris e narciso, probabilmente.
E un albero da frutto, che vorrei provare a mettere per talea.
E un'aloe vera.

Devo consigliarmi con mia madre, esperta come pochi nell'arte di coltivare la terra, crescere piante e fiori, riconoscere erbe spontanee commestibili (che sa anche cucinare divinamente).

L'idea che quando non sarò più qui, qualcosa possa fiorire, dando un po' di colore a questo inferno, mi alleggerisce l'aria che respiro.

Quanto ai miei randagi, sono una gioia quotidiana.

Vorrei che ci fosse sempre qualcuno a dargli da mangiare e garantirgli una ciotola piena d'acqua fresca.
Vorrei che avessero un riparo solido, e non solo quello delle chiome folte degli alberi.

Il fatto di dargli qualcosina da mangiare, comunque, e di sponsorizzare una loro adozione, ha spinto altri amanti degli animali ad armarsi di scatolette e croccantini per sfamarli.

Spudoratamente, oserei aggiungere.

Sono felice del fatto che delle creature abbandonate in mezzo al nulla, abbiano un piccolo conforto.

Vorrei fosse permanente.

C'è quel noto detto orientale per cui chi pianta tamarindi, non raccoglie tamarindi.

Io pianto tamarindi, e anche se non li raccoglierò, vederli crescere dona un senso al mio passaggio in questo luogo.



mercoledì 22 gennaio 2020

IL RUMORE DELLA SVEGLIA


Ho un paio di suonerie diverse per le mie sveglie mattutine sul telefono (che regolarmente posticipo).

E non è tanto il suono delle sveglie a svegliarmi, quanto il fastidio procurato dal gesto - spontaneo e sempre uguale a se stesso - del braccio destro che si distende per raggiungere il telefono sulla piccola mensola di legno accanto al letto.

Mi sembra una routine agghiacciante quella di alzarsi al mattino sempre alla stessa ora, compiendo sempre gli stessi gesti, sapendo già come volgerà la giornata lavorativa.

Indosso la giacca, le chiavi dell'auto riposte nella tasca la sera prima, metto gli occhiali da sole e il burro cacao mentre aspetto che il semaforo diventi verde.

Schivo la gente che, a piedi, si butta all'improvviso sulla strada per attraversare, senza guardare; sorpasso quelli che guidano con il cuscino ancora attaccato al viso, a venti orari sul tratto extraurbano.

Ogni tanto, se mi avanzano cinque minuti, mi fermo a prendere una colazione al bar da portar via.

Fuori dalla città, enormi distese verdi corrono veloci ai lati del campo visivo, ruderi cadenti svettano lungo la linea piatta dell'orizzonte, insieme ad alberi aguzzi che sembrano perforare il cielo.

E nulla muta mai, in questo paesaggio, cristallizzato nella sua ostilità e nel suo degrado, e mai attraente.

Mi domando quanto a lungo devo ancora resistere in questo posto.

Mai le abitudini quotidiane mi sono pesate così tanto fino a rendersi odiose.









ANIMALI DA CORTILE


Mentre lavoravo, silenziosamente, nel piccolo triangolo di luce naturale che filtra dalla finestra, oggi riflettevo sul fatto  che gli unici legittimati a starnazzare ininterrottamente tutto il tempo sono certi animali da cortile.

Solo loro.






venerdì 17 gennaio 2020

COME UN UCCELLINO


I miei randagi si rotolano nel prato a pancia piena, da un paio di giorni.

Sono uno spiraglio di luce nel grigio maledetto che ho intorno.

Gli ho messo un paio di ciotole; una con l'acqua, pure, che snobbano.

Avevo del pane raffermo, oggi, che mi è avanzato dalla baguette che ogni tanto porto per la pausa pranzo.

L'ho sbriciolato e fatto a pezzi per gli uccelli.

Ci sono tortorelle e gazze ladre che bazzicano tra gli alberi e ogni tanto si affacciano dove lavoro.

Uno dei randagi è andato a mangiare un po' di quel pane.

L'ha masticato con fame.

Mi si è stretto il cuore.

Sto cercando di coinvolgere altri in questa questione, affinché non rimangano senza cibo, soprattutto quando non ci sono.

E se mai smetterò di esserci io.

E affinché qualcuno li adotti, finché sono sono ancora morbidi cuccioli, non induriti dalle asperità della vita selvatica e randagia.


Da lunedì gli cerco casa a tamburo battente.







martedì 14 gennaio 2020

I MIEI RANDAGI


È iniziato tutto dalla porta sul retro.
Ha un vetro gigantesco e si guarda bene fuori, mentre da fuori si sbircia dentro.

E lei ha cominciato a sbirciare, dapprima furtivamente, poi con curiosità estrema.
E a cercarmi pian piano con lo sguardo, finché non l'ha afferrato.
E quindi, presa all'amo, sono uscita fuori e abbiamo socializzato.
Sempre di più.
Ha cominciato a passare regolarmente per una carezza ogni giorno.
Ha portato i rinforzi.
Ed io mi ero ripromessa di farmi i cavoli miei, e di non affezionarmi.
Di non portare loro assolutissimamente cibo.

Sono appena tornata dal supermercato, e metà della spesa è per loro.

A dire il vero, però, a parte la gioia di ricevere cibo, pretendono sempre, prima, carezze ed attenzioni.
Mi accompagnano dal parcheggio fin dentro la porta d'ingresso.
Persino quando vado a prendere il caffè mi scortano.
Rispondono al richiamo.

Sono adorabili.
E m'hanno fregata alla grande.

Il prossimo acquisto è un antiparassitario efficiente in vista della stagione primaverile.

Nell'economia generale, ho deciso di privarmi di un caffè al giorno al distributore automatico, a lavoro.

Quei 50 centesimi tolti al caffè sono quindi diventati il fondo cassa giornaliero per i miei randagi.

La dose di relax e amore che mi donano è qualitativamente superiore a quella della caffeina sintetica del distributore.




domenica 12 gennaio 2020

CENTOMETRISTA


Così mi immagino ora.
Come un centrometrista, dopo che è partito il segnale di inizio della gara.

Nel mio piccolo rifugio, che ha il sapore di un ritiro spirituale, immersa nel silenzio della struttura e nel calore che irradiano i vecchi termosifoni di ghisa, sto con la testa sui libri dall'altro ieri.

Con un occhio malandato, che non capisco se ho un orzaiolo, congiuntivite, o se me lo sono semplicemente strofinato troppo con le mani sporche di matite temperate.

Con i postumi dell'influenza della settimana scorsa, che non rendono giustizia alla forza che comincia a riemergere, nella sua integrità, in tutta la sua bellezza.

In pigiama, perché non ho niente altro di pulito per star comoda a studiare, questa domenica.

Sono sola, sulla mia seggiola di legno imbottita, le tendine della finestra  annodate a fiocco per guardare il cielo dalla piccola scrivania.

Sono sola, completamente, anche se qualcuno mi ricorda telefonicamente della famiglia, dei pelosi e degli affetti che moralmente mi assistono, ma sono altrove.

Troppo distanti da qui.

Sono in corsa, ancora una volta.

E fortissimamente studio, per aggiungere altre opportunità alla vita che mi aspetta.






venerdì 10 gennaio 2020

UN BLOGGER


Lui era un blogger.

Scriveva condendo le pagine virtuali di vita vissuta con la sua freschissima ironia.

Le ultime pagine del suo diario virtuale risalgono a qualche anno fa, e le sue ultime parole sembrano registrare un sogno premonitore, o un presentimento.

Di quelli brutti.

Non ho potuto fare a meno di tornare a leggerle, dopo aver visto, per caso, una notizia, nei giorni scorsi, che lo riguardava.

Una di quelle bruttissime.

Avevamo una conoscenza estremamente superficiale, l'uno dell'altra, e solamente virtuale, ma non nego che sono rimasta turbata.

Tanto possono le parole: avvicinare vite distanti, rendere compartecipi di gioe e dolori di sconosciuti, in cui irrimediabilmente a tratti ci riconosciamo.

Cosa ne sarà di questo diario, che ha smesso di scrivere, e in cui annotava le sue esperienze, le sue speranze, i suoi timori?

Chissà se la sua famiglia ne è al corrente, e se importa qualcosa, in fondo, delle parole che ci lasciamo dietro, che ci sopravvivono.

Anche se certe parole ricostruiscono con pretesa di esaustività frammenti delle nostre esistenze, alla fine non carezzano che blandamente la reale essenza di ciò che siamo.

Che poi, quelli di noi che continuano a scrivere sui blog non lo fanno mica per vendere o vendersi.

Ci sono modi infinitamente più redditizi per fare entrambe le cose.

Non è nemmeno un tramite ottimale per rimorchiare, il blog.

È un mezzo taccuino, uno sfogatoio dove ammazziamo il tempo ad annotare quel che ci passa per la testa, uno dei modi con cui registriamo la realtà in cui siamo immersi.

In cui talvolta galleggiamo e talvolta annaspiamo.

Con le parole ci costruiamo salvagenti, o alziamo una mano dal mare affinché qualcuno ce lo butti dall'alto.

Il blog è una piccola isola dove troviamo rifugio dal mare in tempesta.

O almeno, ancora oggi, questo per me resta.










IL GELATO L'INVERNO


Ci sono piccoli rituali in cui trovo rifugio sin dall'infanzia, per ricaricarmi e ritrovare un po' di benessere psico-fisico quando scarseggia.

Ognuno c'ha i suoi, ché mica tutti troviamo conforto nelle stesse cose, del resto.

A me piace, ad esempio, il gelato d'inverno.

Non lo so perché, ma trovo meraviglioso mangiare la panna che si ghiaccia e si spacca sul gelato, che rimane sodo invece di sciogliersi e colare sulle mani e sui vestiti.

E poi quell'intorpidimento della bocca tutta, quel perdere la sensibilità per il gelo, mi fa pensare al sangue caldo che mi scorre nelle vene, al fatto che sono viva e mi batte forte il cuore, anche se fuori fa freddo.

E dentro pure, talvolta.

Quindi, rientrata da lavoro, ho posato l'auto e sono uscita a piedi a prendere il gelato.

Tra tante abitudini maturate sinora, questa credo sia di quelle che non mi abbandonerà davvero mai.








mercoledì 8 gennaio 2020

IL CONSUMO PERSONALE


Il mio consumo settimanale, in termini di chilometri percorsi, è altissimo (del che ne ho già abbondantemente scritto).

I passi consumati, in termini di scarpe che marciano al suolo, è talvolta sostenuto, mentre talvolta rasenta lo zero.

Il mio consumo personale in termini di cibo è alquanto ridotto, e sempre condiviso.

E dunque comincio l'anno con il proposito di capovolgere questa scala gerarchica del consumo, riducendo, per quanto possibile, i chilometri in auto, aumentando i passi, e aumentando pure il consumo di cibo e la sua condivisione.

Ché cibo non è solo nutrimento, ma anche conforto, che ci si può dare e che si può offrire, anche nel proprio piccolo.









mercoledì 1 gennaio 2020

LA CITTÀ DEL CAPODANNO


Mi sono alzata dal letto discretamente tardi, e sono andata al mercato a far spesa per il cenone.
Esattamente come lo scorso anno, anche se tante cose, apparentemente identiche, sono mutate.

E ancora cambieranno, perché non siamo mai gli stessi di ieri.
Mai gli stessi di oggi, domani.

Le feste sono un periodo complicato, sempre, ma sembra che certi nodi vadano sciogliendosi, soprattutto dentro di me.

Son tornata dallo stesso pescivendolo dello scorso anno, stessa ora, stessa ressa davanti al bancone ricoperto di ghiaccio e pesce d'ogni tipo.

Ho steso un menu di piatti classici, poco elaborati e da cucinare sul momento, sorseggiando un rosè.

Ho immerso le vongole in acqua e sale.
Sul fuoco, solo le lenticchie per la mezzanotte.
E poi sono uscita, confondendomi tra i turisti e l'identità perduta di una città sempre più schiacciata dalle lucine uniformi della globalizzazione.

E infine la cena, serena, lontana dagli schiamazzi della strada, nell'intimità di una piccola casa, riscaldata dalla luce delle candele.

Stamattina la città si è risvegliata in un'atmosfera dorata dal gelo.
Nei vicoletti, le vetrate ampie dei bar a incorniciare i tavolini vuoti delle colazioni sbocconcellate per il piacere di sedersi in prima fila davanti al passeggio mattutino del mondo.

Mi sono messa in viaggio, facendo una breve sosta in autogrill, per uno spuntino ed il carburante.
In fila, davanti e dietro di me, dei ventenni gracchianti, sfatti dalla nottata, intenti a comprare caffè e gratta e vinci alla cassa.

Gracchiavo così anch'io, a vent'anni?
Emettevo versi e suoni privi di senso in mezzo alla gente, cercando disperatamente di distinguermi e far notare la mia esistenza, agli altri come a me stessa?

Sono rientrata a casa, finalmente, e tra poco ceno dai miei.
Il mio bicchiere è pieno di un buon rosso, che sorseggio mentre mia madre frigge dei deliziosi carciofini.

Domani, purtroppo, si rientra al lavoro, e tutto vorrei fuorché mettermi in viaggio di nuovo per allontanarmi da casa.

Sono stanca di queste lunghe percorrenze, ma devo lavorare.
Pure quest'anno.

Forse lo dovevo prendere pure io un "grattevvinci", in autogrill...