giovedì 25 marzo 2021

UN PICCOLO MONDO CHE NON C'È PIÙ

 

Ho dei momenti infiniti di tristezza, ma sempre arriva una carezza.

Sempre.

Non posso lamentarmi.

C'è sempre qualcuno che mi vuol bene che si preoccupa che io stia in piedi, che mangi, che arrivi, che vada tutto bene.

Che se piango, mi si asciughino presto le lacrime, per lasciar spazio ai sorrisi.


Domani mi aspetta una lunga giornata.

Più lunga di quella di oggi.

Più intensa.


Mi metterò in viaggio, poi.

Un viaggio più lungo ed intenso del solito.


Sto via da molto, da ogni luogo.

Io non sono qui e non sono altrove.

Talvolta non sono, anche se sembra il contrario.





lunedì 22 marzo 2021

IL CONTAPASSI

 

Ho questa "nuova" app chiamata "contapassi", sul cellulare (nuova perché, banalmente, prima non l'avevo mai usata) che monitora le mie passeggiate.

L'ho installata per il trekking, principalmente, per calcolare distanze e tempi di percorrenza.

Solo che adesso quasi non ci si può muovere di casa...


Poco fa mi é arrivato il messaggio nella finestra a tendina: "consulta il resoconto della tua camminata".

La camminata dentro casa, chè oggi non mi sono proprio mossa da qui.

E pensare che nei circa tre km percorsi non sono calcolate le pulizie e i lavoretti che ho fatto fuori al balcone, visto che ho abbandonato il cellulare a riposare sul divano!


Ne uscirò più forte, da questa pandemia?

Più atletica, per lo meno?

Potrò dirlo quando questa invincibile rabbia che mi divora verrà vinta dall'invincibile estate che mi illuminava prima che la mia vita venisse scartavetrata da un incontro clamorosamente sbagliato.

E che purtroppo - ma ancora non per molto - inquina, attraverso ricordi terribili e sensazioni che mi spezzano il respiro, le mie giornate.

Il respiro mi torna quando razionalizzo e rifletto sul fatto che sono sopravvissuta a tutto questo, e la mia vita va avanti.

Percorrerò altri passi, in casa e fuori, che mi porteranno a una distanza tale dai ricordi, da domandarmi persino se siano mai accaduti.


Il tempo é galantuomo.


domenica 21 marzo 2021

ALTEZZE E COMPLESSITÀ

 

Vivo nel momento.

Cerco di guardare la vita nel suo complesso.

E dall'alto.

Sto dando alle cose l'occasione di accadere.

Come era un tempo.

Come avrebbe sempre dovuto essere tutto il tempo.


Non tutto è così complesso e insostenibile, adesso.

Non mi manca più il respiro, il tempo, la lucidità per affrontare la vita.

E non é più solo un affrontare.


Mi organizzo mentalmente per viaggi di lavoro, anche se vorrei davvero fossero solo viaggi di piacere.

Ed é quindi questo uno degli obiettivi all'orizzonte: trovare il sistema di intrecciare queste due dimensioni.

"Dai alle cose l'occasione di accadere", mi ripeto.

E le cose pian piano accadranno.

So che é così.


Gioco, e mi rimetto in gioco, trovo nuovi svaghi, e nuove persone, rimetto insieme pezzi di me ridotti in frantumi con il martello.

Persino la polvere si sta ricomponendo.

Mi ritrovo nei gesti gentili e galanti che mi vengono rivolti, di cui ho sofferto la mancanza.

Ritrovo me stessa nelle parole colme di affetto e buoni sentimenti di chi mi conosce bene e di chi mi conosce appena.

Negli occhi estranei e incuriositi che mi osservano, e da cui non mi distolgo più.

Nelle telefonate e nei messaggi che cercano e stimolano il valore della mia compagnia.

L'altezza, non la bassezza.

La complessità, nella sua forza creatrice.


É bello ricevere attenzioni, sollecitare sorrisi con la propria presenza, e con la propria voce.

É bello essere trattata come una persona, e non essere il parafulmine quotidiano di frustrazioni, deliri e malumori infiniti.


"Dai alle cose l'occasione di accadere", mi ripeto ancora.

E le cose accadono, da sole.

E le vedo che stanno già accadendo.









venerdì 19 marzo 2021

QUEL CHE ARRIVERÀ

 

Nell'ultimo anno sono cambiate molte cose.

Sto viaggiando abbastanza, per lavoro, e mettermi in auto, senza le sollecitazioni di prima, é tutta un'altra cosa.

Anche il tragitto mi sembra più fattibile.

L'autostrada diventa, alla lunga, un luogo di alienazione, dove il paesaggio - oltre l'asfalto ed il cemento ed i lavori perenni - corre veloce, e non si sofferma abbastanza negli occhi per goderne.

E' poi il non luogo dove ripercorro mentalmente gli stati d'animo che mi hanno condotto su quel percorso per lungo tempo.

Per tutto il tempo.


E quindi ho cambiato strada.

Per caso, in realtà,un giorno che la solita strada era stata chiusa ed avrei dovuto imboccarla più avanti.

Ho preferito continuare sulle strade secondarie e sulle piste bianche, in mezzo al verde.

In mezzo al nulla.

Si, da sola.

Si, che poteva capitarmi qualcosa e rimanevo in balia degli eventi.

Si, che era meglio la strada più trafficata.

Sulla quale però troppe volte sono andata in apnea, rischiando troppo.

Quanto é profondo il mare?

Quanto la cattiveria.

E dalle apnee del mare si riemerge sempre meglio che dalle apnee dal male.


Viaggiare per lavoro mi consente margini di vita che per altri sono proibitivi, al momento.

Il fatto di dovermi muovere su lunghe distanze, significa potermi fermare quando voglio. Dove voglio.

Significa vedere qualcosa di diverso dai muri di casa.

Una casa di cui non mi sto occupando più.

E di cui non mi occuperò più per un po'.

Non come prima.

C'è qualcosa in me che é morto ammazzato, e non riesco a resuscitarlo.

In compenso, c'è qualcosa che rifiorisce e cui ricomincio a dare spazio.


Sono arrivata a lavoro, l'altro giorno, e ho incrociato un uomo, vicino la macchinetta del caffè.

Avevamo già avuto uno scambio, qualche settimana prima, per ragioni di lavoro.

Non so nemmeno come si chiama.

É venuto ad attaccare bottone, vedendomi forse dalla finestra del suo ufficio, e facendo finta di uscire per caso a prendere una boccata d'aria.

Gli occhi brillavano sopra la mascherina.

Mi sono piegata per prendere il caffè, mentre parlavamo, e alzando lo sguardo, l'ho colto in flagranza mentre si sistemava i capelli.

Comincio a notare di nuovo ciò che avevo smesso persino di vedere.


Ricomincio a guardarmi intorno.

Non avrei mai dovuto smettere.

Non ne valeva la pena.

Qualcosa di meglio arriverà.

Di peggio é davvero difficile.











mercoledì 17 marzo 2021

RESPIRO PROFONDO

 


Alle apnee sono abituata.

A mare come nella vita.

Talmente abituata che quasi mi ero dimenticata di doverle bilanciare con respiri adeguati, profondi.

Mi esercito a respirare aria pulita, la trattengo, rilascio quanto di tossico e velenoso ho trattenuto troppo a lungo nel mio corpo, nei miei pensieri e nella mia vita.

Al punto da contaminarmi, forse.

O forse no.

Difficile, davvero difficile che qualcosa o qualcuno di esterno riesca a corrompermi: ho un'indole tenace.

Cerco di ancorarmi alla freschezza ed all'elasticitá di una bambina che é caduta e si é fatta male, rimettendomi in piedi, medicando la ferita, guardandola mentre guarisce, giorno dopo giorno.

Penso a quando avevo 3 o 4 anni, e facevo il giro del quartiere come una sfrenata, sulla mia biciclettina blu, cui erano state tolte le rotelle: cadevo sempre sulla breccia della discesa sul lato del palazzo e mi scorticavo le caviglie e le ginocchia, nascondendole a mia madre.

Però insistevo.

Tornavo.

Cadevo ancora.

E mi divertivo da pazzi.

Era la mia vita, quella bicicletta e i suoi percorsi. Era il mio gioco, e farsi male era una parte del gioco che ritenevo accettabile, allora.


Dovrei abituarmi anche alle maree, che quando s'alzano trascinano via tutto, e sommergono ciò che é rimasto indietro.

E quando si ritirano svelano oggetti seppelliti dalla sabbia, che invano cercano di ritrovare una superficie su cui non si affacceranno mai più: inutile scavare a mani nude per riportarle alla vita.

C'entra anche la luna.

Ed io ho ancora poca confidenza, con le dinamiche che innesca, e mi limito ad osservarle curiosa.

Come se potessi in qualche modo penetrarle nel loro mistero, invece di limitarmi a viverle.







martedì 16 marzo 2021

VIVO

 

Disegno.

Traccio linee di monti e di mari stilizzati, di luoghi onirici che si sovrappongono a luoghi reali.

Talvolta li acquerello, come una bambina.


Compongo.

Strimpello alla solita vecchia chitarra (su cui si posano, immancabili, la polvere della strada e la sabbia del mare) delle melodie già ricche di parole, che affiorano alla mente e alle labbra, e non riesco a trattenere.


Scrivo.

Nella mente.

E rimuovo, immancabilmente.

Perché é una scrittura volatile, permeabile, in costante mutamento.

Colma di slanci e ritrosia.

Non sempre animata da buoni sentimenti e belle parole.


Voglio essere luce, non miseria nera.


E ho messo a riposo pensieri e parole affinché si distaccassero dal tumulto che continua ad agitarmi dentro.

Come quando ero avvocato, e scrivevo di getto i miei atti, percorrendo linee difensive appassionate, e talvolta inesplorate, mettendole a riposo, e distaccandomi per un po' prima di rifinirle.

Come quando si mette a fare il pane, e lo si lascia, morbido e caldo, a crescere da solo, mentre i pensieri lo coccolano e lo trasformano già idealmente in ciò che diverrà una volta cotto al forno.


Vivo.

E mi sembra già tantissimo.