martedì 27 dicembre 2016

OGGI CHE C'E' IL SOLE


Oggi che c'è il solo sono uscita dal letto e ho ripreso i rapporti sociali soliti come nulla fosse.
Dovrei lavoricchiare, ma non ho molta voglia.
Cioè, per niente.
Avvio la colonna sonora della giornata, partita male.
Che però può finire meglio, che ne so.
Io non metto mai limiti alla provvidenza, anche se non ci credo e ragionevolmente non dovrei confidarci.



lunedì 26 dicembre 2016

LA RADIO E IL LIBRO


Una delle cose più disdicevoli, per qualcuno, è non alzarsi dal letto per un giorno intero.
É indice pure di depressione.
Sarà...
Non essendo Natale, oggi, e non avendo impegni mangerecci con la famiglia, mi sono concessa un digiuno sabbatico (con l'eccezione di un pezzetto di pandoro buttato giù con il secondo caffè) a letto.
Un peccato mortale, considerata la giornata primaverile appena tramontata al di là delle tende chiuse della finestra.
Perché alzarsi, in fondo, quando si può scegliere di rotolarsi tra le coperte calde, riservando al resto del mondo quella punta di disprezzo che merita?
Non ho nemmeno la remora morale che è Natale, visto che è Santo Stefano.

Ho recuperato le cuffiette del cel per mettermi la radio in viva voce in camera da letto, e un libro il cui protagonista fa il mio stesso mestiere.
Stessa età è stesso mestiere, peraltro, del protagonista di un altro libro che ho già letto.
E le coincidenze non si fermano qui, ma mi scoccia scriverne.


L'ORTICARIA SOLITA, MA UN PO' PIÙ INTENSA


L'altro giorno ero al mare, rivolta verso la spiaggia, al telefono, mentre aspettavo un'amica per un caffè.
Sale un tipo, dalla spiaggia, con il cane, che mi sorride a trentadue denti.
Mi sono girata dall'altro lato, complice il cattivo umore che volevo tenere per me.
Mentre ero al telefono mi si è avvicinato per salutarmi.
Non l'ho riconosciuto.
Uno di quegli amici di amici che ti presentano una volta e poi rimuovi, mentre loro ti mandano a dire per interposta persona che ti trovano carina.
Nel darmi un bacio sulla guancia libera dal telefono, si è avvicinato insieme al cane.
E niente, sbadatamente gli ho pure pestato il cane.

Tramite l'amica in comune, è riuscito a "estorcere" (io volevo andare altrove, e quindi ho vissuto questa deviazione programmata come una palese estorsione: non giudicatemi, sono particolarmente antisociale, in questi giorni, e non ho voglia di sforzarmi a trattenermi con chi e dove non mi va) una bevuta serale in un locale al paesello.

Ho trovato atroce la sua compagnia.
Ho trovato insopportabili le sue attenzioni.
Le conversazioni in generale, e gli argomenti in particolare.
E non ha fatto nulla di ignobile, anzi.
É stato cortese e di compagnia.
Solo che io non volevo compagnia, e ho avvertito questa insopportabile pressione, e volevo solo tornare a casa.
Trascinata nell'ennesima inutile conversazione che mi ha annichilita, ho detto che volevo andare via.
Che non ne potevo più.
Per la stanchezza.
Potevo dire per la noia e lo strazio, ma sarei stata gratuitamente cattiva e non mi ha dato ragione di esserlo.


Ieri sera ho beccato altri due soggetti che - complice l'alcol, l'euforia natalizia o qualunque altra cosa si siano calati - si sono letteralmente fiondati per venirmi a salutare, e trattenermi con discorsi inutili e noiosi.

Mi é venuta l'orticaria.

Me ne sono tornata a casa straziata.

Ometto per noia l'incontro di Natale che sapevo sarebbe avvenuto.

Se questo è quello che mi aspetta questo periodo, parto con tutto il piede fuori uso.

Non ce la posso fare.

sabato 24 dicembre 2016

LA SECONDA SERATA DEL NATALE



Noi che abbiamo famiglie problematiche alle spalle siamo quelli che la sera di Natale con i familiari stretti, se non strettissimi, mangiano in modo sbrigativo e si tengono in forma, non dovendosi sottoporre a strazianti cene e pranzi eterni, con i piedi sotto la tavola.

Che poi la rabbia te lo accelera in una maniera formidabile il metabolismo.

Soprattutto quando ti obbliga ad alzarti da tavola prima ancora di finire di mangiare.

Noi delle famiglie problematiche siamo quelli che dei Natali passati ricordano i litigi, i drammi, i piatti e le porte sbattute, i pianti a dirotto, il momento del dolce come l'attesa fase conclusiva della tragedia greca puntualmente consumatasi dinanzi agli occhi impotenti.


Tutto nel corso del tempo si è affievolito.

Si invecchia.

E quindi, noi delle famiglie problematiche, gli scappati di casa che sono pure amici storici che si ritrovano a Natale nello stesso paese, abbiamo gli stessi impegni, agli stessi orari circa, e confidiamo nella seconda serata per un brindisi come Cristo comanda, magari accompagnato da una stupida canzoncina natalizia, di quelle che annientano ogni pensiero, ed ogni durezza.



venerdì 23 dicembre 2016

CAFFÈ E PANDORO


La colazione tradizionale del Natale.
La mia personale tradizione natalizia, non so quelle degli altri, ma so per certo che tutti ne hanno, approssimativamente, una.
Compro questo Pandoro, sempre della stessa marca per l'affidabilità (ne ho provati altri, ma mi sembrano di cartapesta e si sciupano dopo poco, mentre a me deve durare).

Sto facendo questi sogni, queste notti.
Un miscuglio più o meno indefinito di persone che hanno fatto parte della mia vita.
Di cui mi rendo conto non mi importa più nulla.

Stanotte ho sognato di allontanarmi.
Di rifugiarmi in un luogo da sola.
Mi hanno rubato la bici con cui scorazzavo per strada e macinavo chilometri.
Non per delinquenza locale, ma per minare la mia possibilità di fuggire.
Ho preso una stanza d'albergo non distante dal luogo in cui mi sono ritrovata a piedi.
Il cellulare non prendeva.
Nella stanza, è entrata una donna con fare arrogante, avvertendomi che ero in pericolo.
E non avrei avuto scampo.
L'ho messa alla porta e sono rientrata nella stanza.
Dalla porta finestra sono uscita su questo cortile interno.
Il cellulare non funzionava.
Mi sono sentita braccata e messa all'angolo.
Mi sono incazzata, e conscia del pericolo, mi sono barricata nella stanza.
Al termine del sogno, stavo ancora escogitando come mettermi in fuga.
Ho aperto gli occhi nel momento in cui uscivo nel cortile.
Pronta a correre forte.

Riflettendoci, mi rendo conto che queste sensazioni non sono positive.
Che c'è un disagio che non riesco a comporre.
Che in parte dipende da me, in parte da questa situazione nella quale mi trovo.

giovedì 22 dicembre 2016

PRIMO GIORNO SENZA



Di così tanti giorni senza, ma non così distanti.
E la distanza mi pare nebbia da attraversare alla cieca.
Acqua da asciugare sulla pelle nuda, da assorbire, fino a riempimento.

Sono qui, dall'altro capo della distanza, ma non distante.
Non assente.

UNA STAZIONE, UN TRENO, UN'ALTRA STAZIONE, UN AEREO



Le contingenze sono fatte della stessa sostanza delle stazioni dei treni, hanno il suono dei passi svelti, la forma delle valigie.

Le mani nelle mani, nei giorni ficcati dentro le ore e fino all'ultimo minuto.

Io non lo so che cosa accadrà.

Non sono padrona del tempo e dello spazio in modo assoluto, ma solo in un senso vagamente relativo e pure discutibile.

Io non posseggo niente, figuriamoci se posseggo qualcuno.

Certo, eravamo belli, abbracciati tra i cappotti ingombranti, alla stazione, davanti la carrozza in partenza.

Eravamo belli, e chissà se lo saremo più.

martedì 20 dicembre 2016

Don't Wait


Se l'attesa valesse l'impresa.
Se l'impresa fosse, di suo notevole.
Se le armi a disposizione fossero armi di distruzione di massa.
Se della massa, a noi, in fondo, non ce ne fregasse niente, ma di noi stessi si.
E quella massa, di fondo, fosse invece la nostra.
Se il posticipare dovesse necessariamente soppiantare l'hic et nunc, cui sono avvezza.
Se le ipotesi fossero molto più valide di tante presunte certezze.
Se il dato di fatto confortasse in modo compiuto l'elaborazione fantastica.
Se vivessimo un mondo ideale, senza tutte queste insopportabili ed insopprimibili ingerenze.

Se il cielo dorato che rischiara il mondo fuori dalla finestra, brillasse nella mia mente della stessa luce, illuminando le perplessità e sciogliendole, saprei allora cosa fare, con al soluzione in tasca.

Le mie tasche, però, sono vuote.



ANTIPASTI FRUGALI E PRANZI DAI MIEI


Dopo una mattinata di lavoro sono approdata dai miei per pranzo.
In cucina, ho visto la pentola sul fuoco.
"Ma', che fai per pranzo?", scoperchiando, tra i vapori e i profumi, la sacra pentola del sugo.
"Polenta. Però devo andare prima a prendere tuo padre, che è rimasto a piedi con la macchina", ha risposto, infilando la porta sulle scale.
Ho tagliato una fettina di pane, e l'ho ricoperta di sugo.
Per assaggiare, mica altro.
Una volta assaggiato, ho ritenuto di dovermi convincere con un secondo assaggio.
Alla quarta fetta di pane, ho deciso di smettere, perché a me la polenta piace, e rovinarmi l'appetito non mi sembrava il caso.
Mi sono seduta, ho acceso la tv sul canale delle notizie mondiali a rotazione, e ho visto una busta, sul ripiano, piena di mandorle sgusciate.
Probabilmente mia madre vorrà farci un dolce...
Ho dimezzato la busta di mandorle prima di rendermi conto dell'accaduto.
Sto riflettendo se dare la colpa a mio nonno o a mio padre, nel frattempo ho nascosto la busta nel mobile per evitare di dare giustificazioni mentre mangio la polenta, e dissimulare così l'arco temporale nel quale inserire la commissione del fatto per risalire al colpevole.

Sono ancora qui, seduta su una seggiola affamata, al freddo e al gelo, in attesa che i miei genitori tornino e si metta a preparare la polenta.

lunedì 19 dicembre 2016

... E PER IL MIO STOMACO


Volevo partire, lo volevo veramente, ma... ho un piede fuori uso.
Non posso camminare.
Non per molto.
Niente sport.
Niente passeggiate.
Niente tacchi, se non per pochissimo.

Un cazzo di niente, insomma.

Ma i ballerini come fanno?

Insomma, io quando penso a qualcuno che fisicamente fa sacrifici da pazzi, a livello fisico, mi vengono in mente loro.
Penso a quei piedi massacrati.
L'equivalente della spremuta di meningi che mi ha accompagnato nei momenti più duri della vita, almeno a livello fisico, per quanto ugualmente stancante, mi pare diversamente impegnativa.
Mi piacerebbe forgiare i miei piedi come ho forgiato le mie meningi, ma la vedo dura, soprattutto ora, che sono inabile pure a camminare.

Mi piacerebbe danzare come FKA TWIGS.

Mi fa male il piede pure da seduta.



martedì 13 dicembre 2016

COME IL SALE



L'aria è carica di elettricità e sale.

Come quando la salsedine ti si appiccica sulla pelle scoperta, ma è fresco, e all'orizzonte ci sono nuvole nere che piovono sul mare, tirando dritto verso di te.

Voglio tuffarmi nella notte, ma scelgo le possibilità che offre il giorno.

Forse dovrei ritrattare con me stessa e scegliere invece la notte.

Sono combattuta.

E alquanto sfinita dal combattimento.

Ho voglia di partire.




domenica 11 dicembre 2016

COSE NATALIZIE


Precettata, ho fatto l'albero a casa dei miei.
Nulla di particolare: dei rami secchi infilati in un vaso, e vestiti a festa con qualche addobbo e le lucine.

Ho visto un'amica che non vedevo da tempo.
Non l'ho trovata molto in forma, ma non sono voluta scendere nel dettaglio.
Ognuno è libero di fare, della propria vita, ciò che vuole.
Accettandone, poi, le conseguenze prevedibili.

Un'altra amica mi ha raccontato di avere subito delle pressioni da un suo ex.
Con la scusa di volerle fare un regalo, si è fatto aprire la porta di casa, ma è stato tutto un pretesto per infilarsi con la prepotenza di nuovo nella sua vita.
Ha creato pretesti strani, e la situazione è degenerata.
Ha dovuto chiamare la polizia.

Tra alti e bassi, ho dovuto tollerare delle questioni che mi hanno abbastanza infastidita.
Spero di allontanarmi qualche giorno.
E di tirare una boccata di ossigeno.

venerdì 9 dicembre 2016

ANCORA QUI, IMMERSI NELL'ORA



Le ragioni forti, folli, fottutamente dirompenti, mi hanno travolta e mi hanno scossa.

Non mi hanno annientata, però.

Non posso avere il pieno controllo della realtà che mi circonda, ma ho la pretesa di influenzarne il corso.

E a mio modo lo faccio.

Consapevolmente, quanto inconsapevolmente.

Lo faccio.

Lo farò.

Imperterrita.


Stamattina c'era un gran sole, il color smeraldo del mare contro la roccia, lo sbrilluccichio del sole sul suolo bagnato di acqua sporca, gli occhi negli occhi di corpi che affondano in se stessi sino a confondersi.



giovedì 8 dicembre 2016

"MI HA CONTATTATO UN AMICO PER DIRTI CHE TI HA LASCIATO UN MESSAGGIO"



Così mi scrive un'amica.
Controllo allora su fb.
Un messaggio che non ho letto, perchè non ho mai accettato la richiesta di amicizia.
Ed il messaggio, recuperato nella casella delle richieste, testualmente recita:

"scusa se ti importuno con la richiesta d'amicizia, ma ti ho notata in qualche foto con X e Y (amici in comune) e non ho potuto fare a meno di notare la tua bellezza. Mi vergogno un po', ma non potevo fare a meno di farti questo complimento. Mi hai affascinato."

Mi arrivano messaggi singolari da un po', tipo questo e similari, e richieste di amicizia ad oltranza.
Più d'uno per dirmi che sono bella.
E questa cosa mi imbarazza abbastanza, e mi fa pure un po' ridere.
Che io bella - per davvero, non per modestia e nemmeno per falsa modestia - non lo sono mai stata.

Altri messaggi, di persone che non si conoscono tra loro, per dirmi, testualmente, di nuovo:
"ti ho scritto solo per dirti che sono un tuo fan".
Qualcuno ci ha tenuto a precisare che non era una scusa per rimorchiarmi, che è felicemente fidanzato, ma mi apprezza.
Anzi, testualmente:
"sappi che quando penso a una veramente figa, in gamba, intelligente e bella, mi vieni in mente tu.
sono felicemente fidanzato, non è per fare il cascamorto, giuro, ma ci tenevo a dirtelo".
Il che, se facessi la rockstar, avrebbe un senso...
Solo che io non sono una rockstar, e nemmeno un'artista, nemmeno una personalità di spicco qui al paesello o a livello nazionale.
Mi limito a copia-incollare citazioni o frasi che mi piacciono, la musica che ascolto.
E poi scrivo ciò che penso.
E quello non lo copio-incollo da nessuna parte.



"Da che ti conosco, mi contatta gente con la pala, su fb..."
"Bavosi..."

Porelli, mica sono tutti bavosi.
Alcuni sono in gamba.
Altri sono simpatici.
Di nessuno, fondamentalmente, mi frega molto.






martedì 6 dicembre 2016

LACONICA



Capita anche a me.
Forse più di frequente fuori di qui, ma poi nemmeno.
Lascio i pensieri fluire, ma rimangono imbrigliati nella testa, e si attorcigliano.
Ho aggiunto nuovi pezzi al puzzle, ma il disegno è lungi dall'essere vicino al termine.


LO SCORPIONE BIANCO



In sogno, ho visto il disegno di uno scorpione sul muro, inchiodato alla parete.
D'improvviso il disegno ha cominciato ad animarsi.
Lo scorpione bianco ha cominciato a divincolarsi dall'immobilità della parete, e si è dileguato.

Il timore di essere punta si è esteso al tempo di un attimo.
L'ho cercato, prima che si dileguasse, ma è sparito.

martedì 29 novembre 2016

IN UNA FOTO



Di quelle a tradimento.
Di quelle che non vorresti, ed al cui scatto ti ritrai.
Di quelle che assumi una posizione per principio, che è ridicola, come ogni principio che attende solo di essere sconfessato.
Di quelle che poi le vedi e sei proprio tu, sotto i capelli spettinati, dietro gli occhi chiusi, in principio a un giorno di sole.



lunedì 28 novembre 2016

PROFONDO SUD E MALATO



"Suo figlio dovrebbe stare lontano da quella"
"Prego?"
"Eh, quella ha più di quarant'anni. Sposata, ripudiata dal marito, sta dietro a ogni uomo della zona, è a caccia di marito e bla bla bla..."
"..."
"Glielo dovreste dire di lasciarla perdere... Ma poi, con tante ragazze che abbiamo qui!
C'è la figlia del notaio ad esempio (segue elenco di proprietà terriere e conti in banca). Dovrebbe frequentare lei."


A parte l'età, a parte che non mi sono mai sposata e non sono mai stata "ripudiata" (e la scena del ripudio, nella mia testa, non lo nego, mi fa pure sghignazzare), non sono mai stata a caccia di marito e nemmeno ho frequentato che una manciata di persone del mio Comune, non riesco ad avere comprensione di questi parassiti che cercano di accasare i casi umani gettando merda sul prossimo, la sottoscritta nel caso di specie.

Io manco li conosco, 'sti poveracci.

So dove abitano, però.

Il che, per come l'ho scritto, ha un vago tono minatorio, per loro ovviamente.

Ecco, io la violenza ritengo sia l'extrema ratio.
In casi come questo, in cui gente malata avvicina l'uomo che frequento, o la sua famiglia, che non è di qui, riferendo fatti fantomatici sul mio conto, penso di poter revisionare certe mie scelte.
E magari non arrivo alla violenza fisica, che è una cosa spregevole quanto le fandonie che questi poveracci hanno distribuito sul mio conto, ma farmi scivolare addosso certe cose significherebbe avallare questi comportamenti da profondo sud (e malato) che non mi appartengono.

Devo solo accuratamente vagliare come e dove colpirli.

Mica oggi.

Non mancherò di cogliere qualunque occasione mi si presenterà.

Sono lungimirante, io.

E parecchio infastidita.







LA RIVISTA



"E' qui che scriverai", mi dice, porgendomi una copia sottratta alla sua libreria.

La mia scrittura, come le mie foto, parlano la loro lingua.

E la parleranno, prossimamente, su una rivista (di settore, naturalmente: il mio).




giovedì 24 novembre 2016

A MINUTE TO BREATHE




Intervallo per occhi e orecchie.




UNISCO PUNTINI, DISEGNANO UNA STRADA


E questa strada non esiste, ma si materializza nella mente, all'interno di una geografia imperscrutabile.
Non so dove mi porta, ma in qualche modo conduce il passo, solo calpestandola.
Ogni impulso viene raccolto da mille occhi vigili, e rielaborato.
Trasformato.
Ogni azione diventa reazione.
Ogni reazione esplode in un punto nuovo da unire ai precedenti.

L'immagine che è affiorata nella mente è quella di pezzi di un puzzle più grandi di me, che si aggregano, attraendosi l'un l'altro come magneti, e a radunarsi su un piano virtuale dinanzi ai miei occhi.

Tutto ha un senso, pur non avendone alcuno.
Tutto significa, eppure non significa nulla.

Mi domando se io potrò pur significare qualcosa, in questo marasma, ma poi mi dico che non importa.

Il vivere prescinde dal senso, e si fa senso di se stesso.

Tra i miei sensi, comincio ad annoverarne altri, sopiti, resuscitati, allineati in nuove assonanze.






martedì 22 novembre 2016

TRE VOLTE UN MAZZO DI CHIAVI


Sono andata a far fare una copia di un mazzo di chiavi in ferramenta.
Ho pagato, me ne sono andata, ho provato le chiavi, una non andava, sono tornata al negozio.
"Questa chiave non apre..."
"Ah, ha ragione, abbiamo sbagliato tipo di chiave! La rifacciamo!"
Presa la chiave, sono tornata a casa, ma, di nuovo, non girava nella toppa.
Sono tornata in ferramenta.
"Speriamo sia l'ultima volta che ci vediamo per questa chiave!" mi dice il tipo, avvolto nei vapori alcolici di litri di birra bevuti in pieno pomeriggio, dentro il negozio.
Naturalmente la chiave non ha aperto un c..... di niente.
"Guarda, la chiave non va...", gli ho detto stasera che sono tornata.
Me l'ha rifatta, sono tornata a casa e... Sorpresa!
Non gira nella toppa.

Se sta cercando una scusa per rivedermi, giocando sul filo del rasoio con il mio isterismo latente, domani la chiave gliela chiavo in fronte.

Domani farà quattro volte un mazzo di chiavi.

QUANTO E' SCRITTO E QUANTO NON LO E'



Io non ci credo nell'ineluttabile, ed è un limite, valicato e invalicabile, personale.

E se dovrò imparare a contrastarlo, e a farlo al meglio, a tramutare questa materia cha fa parte di me ma non mi appartiene, a piegarla alla mia volontà, mi ci concentrerò.

Darò fondo a tutta la mia intelligenza.

Pur di evitarlo.

C'è qualcosa che conosco, dentro di me, e non so prestarvi ascolto.

Non so darvi seguito.

E non posso che imparare.


lunedì 21 novembre 2016

ACIDAMENTE LATTICA E ESASPERATAMENTE IPERATTIVA



L'iperattività esasperata, mescolata agli impegni quotidiani, conduce all'acido lattico fin nelle dita delle mani e dei piedi.
Ho un principio di crampo in tutte le estremità del corpo.

La mia concentrazione, l'attenzione che presto ad ogni stimolo, sembra essersi amplificata in modo abnorme, ma, nonostante l'originaria preoccupazione che questa ultrattività prosciughi ogni energia, mi sento piena di vita anche quando crollo dalla stanchezza, al termine di giornate intense.

Mi sono dedicata, nelle ultime settimane, al lavoro intellettuale e a quello manuale, congiuntamente, senza esclusione di colpi ed imprevisti.
Sono entrambi parti e arti essenziali della mia vita.
L'uno non esclude l'altro.

Perchè io non escludo nulla, per me stessa, in questa vita, salvo quello cui scelgo di non dare accesso.

E ho deciso di dare accesso, di nuovo, alla mia vita, a qualcuno che conosco da sempre, sebbene ci siamo incontrati - formalmente - solo ora.
Sembra incredibile, ma la sensazione è di esserci cresciuta insieme.

Ognuno di noi ha sviluppato in modo diverso delle abilità particolari.
Ognuno ha plasmato, a suo modo, la reazione ai medesimi stimoli, tenuto conto delle peculiarità di fondo.

Siamo un uomo ed una donna, insieme.
Due bambini.
Due adulti.
Due menti.
Due corpi distinti, diversi, ma così simili.
La stessa pelle.
Lo stesso odore.
Gli stessi capelli.
Le stesse mani.

Siamo un uomo e una donna, soprattutto.
Distinzione che non è possibile ridurre ad unità, in un termine che le racchiuda in modo tale che smettano di distinguersi tra loro.


Un mese ed un giorno oggi.
Salvo che non abbia sbagliato a contare.
L'ho appuntato nel blog, quel giorno, ma mi annoia di andarlo a cercare per verificare.
Mi piace guardare ai giorni che verranno, non a quelli che sono stati.
Oggi più che mai.


sabato 19 novembre 2016

USCITE IN PUBBLICO E GENTE CHE NON SI REGOLA


La prima uscita nei luoghi affollati che frequento nel week end.
Mi sono inibita.
Non ho mai portato nessuno dove esco con gli amici.
Perchè, fondamentalmente, non ho frequentato nessuno, negli ultimi anni, che valesse la pena introdurre nella mia vita.
Salvo chi si è trovato di passaggio, dov'ero anche io, ma questi episodi non contano.

Sono entrata, ho salutato, e gli occhi erano diversi, il fare meno espansivo, il punto interrogativo gigantesco: "lui chi è?".

Ho incrociato un tipo di quelli che nemmeno le palle di portarmi a prendere un caffè, salvo tergiversare sui social, e ha scrutato me e lui fino al midollo, con un'occhiata che non so spiegare.

Si è reso conto del fatto che ero a disagio.
Non ci sono abituata, non lo sono più, mi fa strano.

Nel contempo, abbiamo assistito ad una scenetta, al tavolo di fianco a noi.

Delle ragazze poco più che ventenni, molto truccate e vestite in modo provocante, che si sono rimorchiate due ragazzi ad un tavolo più in là, con un fare molto spavaldo.

Siamo andati a prendere un caffè in un bar, prima di rientrare, e la barista se lo è mangiato letteralmente con gli occhi.
"Ma... Hai visto che occhiate mi sta lanciando la barista? Davanti a te?"
"Si, ho notato"
"Ma le donne, qui in zona, sono tutte così arrapate?"
"Non ho parole, come te..."
"C'è questa penuria di uomini? Non ho mai visto una roba del genere"

Ecco, di fronte a certi episodi, io mi domando se è il caso di uscire in mezzo alla marmaglia.
Se è il caso di portarlo in posti dove si verificano cose abbastanza squallide.
Questo è il paese.
Ed io, come al solito, non trovo ragioni per dover tollerare che se sto con un uomo, devo scacciare le donnine che cercano di farsi notare anche in modo abbastanza spiacevole.

Certo, lui non passa inosservato.

Ed io non voglio assistere a queste scene.

mercoledì 16 novembre 2016

DI QUEL CONCETTO INDIVIDUATO DALLA PAROLA "RASSEGNAZIONE"



Qualcuno aveva deciso che dovevo inghiottire un boccone amaro, allestendo un gioco crudele e ignobile.

Il boccone è stato rispedito al mittente, ed ingoiato, dopo avere pregustato nella bocca una vittoria che non verrà conseguita.

Scrivere che è pieno di matti, in giro, è scontato, ma corrisponde alla realtà delle cose.
C'è qualcuno che passerebbe sopra il mio cadavere per mero capriccio.
Qualcuno che pensa le persone siano giocattoli da giocare.
Pupazzi senz'anima, perchè chi non ce l'ha non la riconosce negli altri.

Come se potesse trattenersi una persona, nella propria esistenza, contro la sua volontà, con la violenza o con la minaccia.

O come se fosse possibile, o indifferente, sostituirsi.


Non lo è.
Non siamo intercambiabili, noi.




lunedì 14 novembre 2016

MAL DI TESTA CHE NON CURO



Ma me ne curo.


Fin troppo.


Non ho fame, ma mi sbragherei con un buon rosso.

Però due patatine fritte (pure stasera) le mangio volentieri.

Senza le salse schifose che ci ho messo ieri.

Che io, poi, le salse non le chiedo mai, con le patatine: le mangio assolute.


Ho freddo, ma lascio che le dita caschino e pezzi per il gelo.

Non mi oppongo al congelamento, mi assopisco nelle sue spire, sino all'assideramento.

Ho quasi la nausea.

Mi ricordo che è solo il mal di testa.

E che non è nemmeno il mio.



mercoledì 9 novembre 2016

ARANCIA PICCANTE E FORMAGGIO ALLE NOCI


La mia cena stasera, dentro mezza baguette ai cereali.
Una fame mortale trascinata addosso da ore di lavoro ininterrotto.
Sono rientrata poco fa, la giornata consumata da parole scritte e ben assaporate è volata.


"Ho conosciuto qualcuno..."
"Ah..."
"Mi piace molto"
"Sono contento per te"
"Grazie..."
"Sono contento per te, ma mi dispiace, anche"

Mi ha toccato il braccio, mentre guidavo.
E il braccio è rimasto fermo sul volante, assorto nella guida.

Forse è questo il punto.
Che la correttezza non è dovuta, ma io non so privarmene.
Non so privarne chi ha a che fare con me in modo più intimo.

Non sentivo il bisogno di fingere, di approfittare.
Volevo solo dire.
E dire quel che è, senza girarci intorno.
Senza equivoci.
Senza drammi.

lunedì 7 novembre 2016

That's Alright With Me

COME FOSSI UNA BAMBINA



Di tanto si sono alleggeriti i tratti del viso.
Mi ritrovo a prestare fiducia ad uno sconosciuto, con uno slancio quasi infantile.
Depongo le armi, abbatto muri invalicabili, e tendo la mano mentre lo invito ad entrare ancora meglio nella mia vita.
Dentro di me.
Non sono su un campo di battaglia, ma in un rifugio fatto di carne che si avvinghia a pensieri e parole, sino a fondersi, come una lega di metalli preziosi, altrettanto solido.

Attingo ai ricordi per cercare termini di paragone, ma non mi sovviene nulla.
Davvero, nulla.
E la mia memoria non è infallibile, ma nemmeno così fallace.

Se anche si trattasse di incoscienza, questa mia, non mi intimorisce la possibilità di concedermi il tuffo sfidando la vertigine.
E nemmeno le sue conseguenze.
Sarebbe come preoccuparsi di vivere per le incognite che vi sono immancabilmente legate.
Significherebbe snaturare il senso stesso di una ipotesi che si è miracolosamente avverata.

Ed eccole volate, tre settimane e un giorno, come fossimo bambini.

Di nuovo.


venerdì 4 novembre 2016

E VOGLIO STARE QUI, ORA



Perchè stare qui, in questo esatto momento, mi consente di capire.
Anche se non me ne faccio niente, in termini di utilità, così come universalmente intesa.

La conoscenza non è tutto, ma è inebriante.
Quanto ignorare le ragioni imperscrutabili del mondo ed i meccanismi che ci muovono non sarà mai.
Quanto lo è, per taluno, l'esercizio del potere.
E per me non è esattamente questo il punto della questione, perchè ho sempre - sempre - rifuggito i ruoli del comando.

Ci sono cose che so, di cui sono certa.
Convinzioni, se vogliamo.
Condizionamenti ai quali mi sono coscientemente o incoscientemente sottoposta, o ai quali mi sono ostinatamente sottratta.

L'ostinazione e la tenacia, come nessuno, ancora una volta, mi aiuteranno a forgiare la chiave di accesso al livello successivo.

Punti cardinali di un percorso su cui non so quanta luce brillerà, e quanta riuscirò a portarvi, ma sulla cui percorrenza è escluso che non riesca.




giovedì 3 novembre 2016

ALLA SCOPERTA DEL FUOCO



Ho sempre scritto di acqua.
E' un blog acquatico.
Lo è sempre stato.
Pensavo di essere anche io fatta in via esclusiva di questo elemento.

E invece no.
Non è acqua.
Non sono acqua.
Non lo sono affatto.


mercoledì 2 novembre 2016

TIRCHIERIA



Avevo già inteso che la nuova compagna di un mio caro amico fosse un po' particolare.
A distanza di una manciata di mesi, durante i quali ha in tutti i modi e sfacciatamente tentato di interferire in rapporti ultradecennali d'amicizia, si è pure svelata per quella che è: una parassita.
Forse contava sulla bontà di quest'uomo, forse pensava fosse un cretino.
Risparmiare facendo in modo che qualcuno paghi per te, o si accolli costantemente le tue spese, significa lucrare sulla vicinanza ad un'altra persona.
Qualcosa che con i sentimenti non ha nulla a che vedere.
E se dunque la spesa la fa lui, la macchina la mette sempre lui, e quando prende la tua la trova in riserva e ci mette benzina, se la casa per due è casa di lui nella quale ti accoglie, se il parcheggio lo paga lui, se ogni spostamento, pranzo, cena, caffè lo paga lui, e se la vita in due deve piegarsi ai ritmi di uno solo, beh, quanto sarebbe potuta durare?
È durata pure troppo.

L'ha accompagnata, da ultimo, in un posto dove doveva andare lei, con la propria macchina, che ha messo nell'unico parcheggio disponibile, quello a pagamento.
Ha infilato la moneta da due euro nel parcometro, ma gliel'ha resa almeno tre o quattro volte senza accettarla.
Lei ha infilato la sua moneta nel parcometro, e si è messa nel portafogli quella da due, di lui.
Lui è rimasto senza parole.
Io avrei chiuso già lì.

Gli ha anche recriminato che sono stata a casa sua a prendermi un caffè di dieci minuti, un giorno che sono tornata prima da lavoro.
Secondo la sua testa, io non devo permettermi di avvicinarmi, se non è presente anche lei.
Non avrei diritto di vedere un mio amico per un caffè e due chiacchiere, dunque, perché lei ha deciso così per tutti.

Lui le ha parlato, lei ha fatto finta di non capire.

Io ho recuperato di nuovo i caffè con il mio amico.

Lei è rimasta con un pugno di mosche, quelle che merita.

CHOUX



Davanti al bancone della mia pasticceria artigianale preferita da sempre, nel mio paese, ero imbarazzata nella scelta del dolcino che avrebbe accompagnato il mio caffè.
È un imbarazzo particolarmente gustoso che mi concedo, con calma, nei giorni di festa.
La pesca rosa e grondante di zucchero, la cassatina versione Halloween di colore arancione, la sacherina, il cannolo siciliano...
Un delirio di colori e di sapori.
Poi ho visto il vassoio con i bignè.
Sembravano freschissimi, al di là del vetro, come fossero appena fatti.
"Cosa c'è dentro?", ho chiesto indecisa se volerlo sapere per davvero.
Alla fine ne ho preso uno con la crema chantilly, che quella pasticcera non è che la gradisca molto.
Sono stata un po' perplessa sulla scelta, finché non sono arrivata a casa e l'ho messo in bocca.
Fragrante e magnifico come nulla che abbia assaggiato di recente.
Credo di avere cambiato faccia, mentre lo mangiavo.
"Che faccia fai, mentre mangi i dolci?"
La stessa faccia che ha fatto chi me l'ha chiesto, dopo che gli offerto un assaggio.

Io non l'avevo mai preso lo choux con crema chantilly.
Pensavo fosse stucchevole.
Scontato.
Non lo è affatto.

Non l'avrei mai detto.

Il fatto che i miei gusti siano in continua evoluzione, mi consente di valutare come sconfinato il panorama dei dolci cui posso attingere.
Non importa se ad oggi li ho snobbati.
Domani potrebbero diventare i miei dolci preferiti.

Immagino questa cosa non sembri avere molto senso, ma mi dà fiducia nel futuro.

Nel fatto che possa ancora sorprendermi, e in positivo.

E si, per davvero sto parlando solo dei dolci.
O forse anche un po' no, chi lo sa.

lunedì 31 ottobre 2016

SCHIFOSAMENTE CONTENTA


Senza scendere in discorsi legati alla felicità, all'amore, all'eternità, ai glitter delle gif, alle parole scontate, ai cuori trafitti dalle frecce, a Cupido maledetto, alla sorte che mi tocca, al mondo maschile e femminile, a tutto quel che è stato, la bocca stamattina ha emesso questi suoni qui.

In questi termini esatti.

Qui ed ora, sono schifosamente contenta.

Schifosamente.

Da non crederci.

Io.

Proprio io.

Ma davvero.

MOSTRI, STREGHE, VAMPIRI E LUPI MANNARI



Negli ultimi giorni sono stata davvero poco bene.
Un herpes labiale a dir poco feroce, una febbricciola stupida, sangue dal naso, mal di testa, chi più ne ha più ne metta.

Ho lavorato comunque, e ho avuto a che fare con persone varie ed eventuali, il cui tratto comune è stato quello di guardarmi assorte con raccapriccio misto a terrore.
Mi sono scusata con tutti per lo spettacolo.
Un mostro, probabilmente, avrebbe fatto meno spavento.
Persino i miei genitori mi hanno guardato con timore.
Tutti, tranne uno, hanno reagito allo stesso modo.

"Sono un mostro, non guardarmi"
"Sei bellissima, non nasconderti"


domenica 30 ottobre 2016

DUE SETTIMANE E NON C'E' TRUCCO E NON C'E' INGANNO



Due settimane oggi.
Festeggiate, come  ogni ora e ogni attimo trascorso insieme, come il primo compleanno, nel modo in cui si celebra la vita: vivendola.

Due settimane che è talmente ovvio quel che è, che ci si sente ridicoli a tergiversare.

Che i piccoli scazzi sono solo retaggi di vecchie dinamiche legate a rapporti antichi e superati.
Roba che non ci appartiene.

Io sono una che vive, ma che non smette di riflettere un secondo.
Le mie riflessioni hanno condotto ad una presa di posizione notevole.
Qualunque cosa accada, l'affronterò.
Qualunque cosa, pur di non rinunciare, adesso.
Perchè ci tengo.

venerdì 28 ottobre 2016

ALLA SOGLIA DELLE DUE SETTIMANE



Ho infranto il mio personale limite, e ho oltrepassato indenne la settimana canonica dell'approccio e della prima conoscenza.

Ero sola, nelle mie giornate intese e tutte uguali, e lì mi ha raccolta.
Nei campi rigogliosi di una sbrilluccicante solitudine.

Io, che non stabilisco relazioni morbose, e che non vivo su WhatsApp, sono perennemente al telefono da giorni.
Ho consumato oltre la metà dei 1000 minuti mensili, negli ultimi 10 giorni.
Quando stiamo insieme non esiste niente di niente, come se unirsi fosse totalizzante al punto da entrare in un'altra dimensione, quasi ultraterrena.

Alla soglia delle due settimane, domandarsi entrambi se abbiamo perso il lume della ragione o cosa è stato lecito.

Quel cosa ci coglie di sorpresa, e ne abbiamo riso, e anche no, perchè noi, che diamo un nome a tutto, pretendiamo di adattarne uno anche a fattispecie più complesse e sfuggenti.

Rischiamo di renderci scontati, e cadiamo nella scontatezza e nella sua banalitá con noncuranza.
Divertiti, anzi.

Un'affermazione, non una domanda.
Una spiegazione plausibile.
Un modo come un altro per incasellare qualcosa in una categoria predefinita, in un'operazione che entrambi cinicamente detestiamo.

Ho un po' di febbre, e l'unica cosa che desidero è di portare a termine la giornata e stringermi forte ad un corpo che, per quanto simile, non è il mio.



giovedì 27 ottobre 2016

L'AMICA A CUORICINI



"Finalmente qualcuno di interessante!"
"Lo è fin troppo..."

"Sono contenta di sentirti finalmente interessata a qualcuno!
Ha la tua età?"

"Più piccolo"

"Sono davvero contenta per te c.f.a. Finalmente una bella novità"
(segue emoticon con gli occhi a cuoricino)

"Leva i cuoricini"


"Ho fatto questa cosa... (segue la spiegazione della cosa)"

"c.f.a.! Ti sei innamorata?"

"pure io mi dico c.f.a.! (la risposta è no)"

"Non sono da te queste cose!"

"Vero..."

"Sembra interessante, come tipo... (commento ad alcuni dettagli)"

"Vuoi sapere una cosa divertente?"

"Quale?"

"Non ho ancora registrato il suo numero di telefono sul cellulare..."




mercoledì 26 ottobre 2016

ATLAS


L'irrequietezza è sempre qui, ma ha mutato forma.
Si è colorata.
E non sono solo colori pastello.
Ce ne sono alcuni che virano verso tonalità cupe.

E' un tratto immancabile, forse, questo mio, di associare sensazioni contrastanti e allinearle su un filo teso tra me e il resto del mondo, dondolandole con dolcezza, a volte strattonandole.

Mi domando che sto facendo, mentre lo faccio.

Muovo passi bien piantati a terra e sicuri, su una strada che non conosco.
Come se la conoscessi.
Non la conosco affatto.
E me ne dimentico, come se non contasse nulla, e invece conta tutto.


ACQUA, FUOCO ED ELETTRICITA'



C'è la musica ad accompagnare l'energia che mi attraversa, questi giorni.
In questi giorni in cui le parole sono buchi neri che originano e risucchiano mille significati.
Giorni in cui le note evocano immagini, e le immagini si fanno parole, e le parole fluidificano i pensieri, sgravandoli dal superfluo.

Sono al lavoro.
Cerco risposte su Google.
Quelle vere, di risposte, però, sono già arrivate dal corpo, dove sono scritte, chissà da quanto.
Chissà perchè.


LUCI E OMBRE



Guardo la luce e sorrido.
Cerco di darle vigore.
Sento le ombre e mi inquieto.
Cerco di contrastarle.

I miei tentativi sono pieni di una forza che riesco quasi a toccare con mano.

È un momento così particolare che mi assorbe.
Ed è bello, un po', sprofondare in sè stessi.
E nuotare.

lunedì 24 ottobre 2016

LA DATA SEGNATA SULL'AGENDA



Volevo segnarla, ma era già scarabocchiata.
Il numero annerito.
Senza alcun appunto o riferimento.

L'avevo anticipata, nella mia mente, sulla carta.

Una piccola premonizione.

C'è chi legge il passato, chi anticipa, in qualche modo, il presente nel suo srotolarsi verso il futuro.

Io sono della seconda specie.



STRADA DOVE NON CE N'ERA



Farsi strada dove non ce n'era, in una settimana e un giorno.
Sulla base della mappatura dell'altrui esistenza, nota, sebbene sconosciuta.
Come vasi comunicanti, assestarsi sugli stessi livelli.
Miscelando il proprio contenuto.
Scambiandoselo.

Come fossimo acqua.





domenica 23 ottobre 2016

UNA SETTIMANA OGGI



Il corpo ha abbattuto ogni difesa.
O quasi.
Sento un sorriso che esplode nel centro del petto, e non riesco a contenerlo: affiora sulle labbra.

La pelle aderisce alla pelle.
L'odore all'odore.
La vita alla vita, in modo insolito e sorprendente.

Ho atteso giorno dopo giorno di scoprire dov'era l'inganno.
Se fosse uno scherzo.

Io stento a credere che tutto questo sia vero.

La percezione che ho avuto si è tramutata in una valanga che mi ha travolto.
E mi lascio rotolare, perché è bello così.


venerdì 21 ottobre 2016

SOTTO ASSEDIO



Una cittadella nel verde.
Un assedio, osservato da lontano.
Fuoco e fiamme.
Una scena quasi cinematografica.
Gli alieni.
La paura di essere presi
La volontà di armarsi.
Il risveglio.


Eccole le connessioni oniriche.
Ed ecco quello che mi procura avvicinarmi a qualcuno che mi somiglia.

Abbastanza terrificante, no?

Ne abbiamo riso insieme.
Ci sentiamo sotto assedio entrambi - è evidente - solo che io sono un po' più temeraria, lui tutto sommato ha deciso di armarsi.

Che strana cosa, incontrarsi così, a mezza strada per davvero.




giovedì 20 ottobre 2016

TERRA E FUOCO



Sono in difficoltà.
Ho mille parole nella testa, e mille cose, ma non riesco a scriverne.

Mi inquietano, mi sorprendono.
Sono nuove, per certi versi.
Per altri, non lo sono affatto.

Ho fatto una domanda, nella mia testa, e mi sono trovata la risposta per iscritto dopo una manciata di minuti.
Nulla che potessi prevedere, nulla che potesse immaginarsi nemmeno lontanamente.
Come indovinare con esattezza e precisione il colore degli occhi di una persona, in una stanza buia e girata di spalle.

Il mio "come hai fatto?" si è specchiato nel "come hai fatto?" che mi è stato posto.

Come stare in una stanza, girati di spalle, e vedersi nel buio.







CALCUTTA POST SU


E nulla, l'ho adorato dal primo ascolto, di notte, mentre guidavo disperatamente verso casa con la radio ad alto volume.
E' teneramente doloroso, con quella voce un po' così, mentre canta fregnacce.
Adorabile.

QUESTI GIORNI SONO UN GRAN CASINO



Non so da dove partire a scrivere.
E immagino che l'impasse sia evidente.
Ho conosciuto qualcuno che ha visto, in me, le cose che scrivo qui.
Le cose nascoste, camuffate, sepolte, invisibili.

Nei termini in cui le ho scritte.

Sono arrivata a pensare che fosse uno scherzo.

Scherzo non è, però.

Il che mi turba.

Nonostante il turbamento, questa persona è entrata nelle mie giornate, in qualche modo.

Nella mia vita, qui e adesso.

Non so quanto si tratterrà, o la tratterrò, perchè la faccenda mi sembra che esuli da queste domande.

La mia domanda si aggira attorno ad un interrogativo più singolare.

Questa persona è qui per farmi capire qualcosa.

E sono curiosa di scoprirla, questa cosa.

Mi sembra di essere ad un soffio, ma ancora mi sfugge.

E magari non c'è nulla da cogliere, ma qualcosa c'è.

E mi intriga, lo riconosco.

Almeno quanto mi inquieta.






L'ASSALTO DEI LUPI



Una struttura sviluppata come una sorta di comune, nella foresta.
La mia famiglia, in senso ampio, ed io, impegnati in attività ordinarie.
L'assalto dei lupi, all'improvviso.
Le barricate alte.
Il lato oscuro che accarezzo, e sottometto.
Che dilania la carne degli altri, mentre risparmia la mia.
Anche nel sogno.

Sono turbata.

E no, non sono una creatura semplice.


martedì 18 ottobre 2016

DI COSE VENUTE A MATURAZIONE


Che certi percorsi siano stati dolorosamente necessari, me ne rendo conto da quanto reputo che certe situazioni siano venute a maturazione.

Da come incarto il vino da portare a cena nella carta da imballaggio che riciclo, infiocchettandola in modo grazioso.

Dalla conversazione, che misuro in modo completamente diverso dal passato.

Un percorso personale e travagliato, forse, si sta concludendo.

O forse no, ma comunque si è evoluto.




lunedì 17 ottobre 2016

DI APPUNTAMENTI AL SOLE E PERSONE INTERESSANTI


Una cosa strana, questi giorni.
Un contatto.
Una casualità.
Un approccio.
Un appuntamento al buio però alla luce del sole.
Al mare.
Con i piedi nella sabbia.
Terminato lo stesso giorno con dei calici di vino.
E un caffè.
Di nuovo al mare, poco fa.
Di "non me ne frega niente di quanti anni hai, sei troppo interessante".
Di un invito a cena, e di un'attesa che non so se attendere seriamente.
Di un contatto fisico estremamente misurato.
Di lui, che sembra Caleb dei Kings of Lions.
Ed io, che sembro io esattamente come sono.
Nelle mie peculiarità recondite, invisibili ai più.

Io boh.
Sorrido mentre scrivo.
E non so nemmeno perchè.
Il rosso, probabilmente.

mercoledì 12 ottobre 2016

DI COME RINGRAZIO LE PERSONE E DI COME PRENDO IL CAFFE'


Me l'hanno presentato degli amici in comune tempo fa, e subito ha aderito al mio progetto.
E l'ha sostenuto, fino alla fine.
Mi ha dato fiducia.
Non ci guadagnava nulla.
Ci ha guadagnato un contatto qualificato con me.

Condividiamo un percorso in parte simile, in settori lavorativi differenti, ma in qualche modo affini.
Ha qualche anno meno di me, ha fatto la gavetta, è tornato al paesello e si è rimboccato le maniche, senza avere sponsor alle spalle.

E' da un po' che non lo vedo e non lo sento.
Stamattina, qualcuno mi ha fatto il suo nome in riferimento ad un lavoro che potevo scegliere di far fare ad altri, ma che ho preferito facesse lui.

Perchè il sostegno che mi ha dato non me lo sono scordato, e mi sembra giusto sdebitarmi in questo modo.

Perchè mi piace creare un circuito di interscambio professionale con chi si dimostra valido e disponibile, e si rimbocca le maniche invece di elemosinare il potere dai politici locali, o lo ruba per raccomandazione a chi lo merita.

Perchè è questo il modo in cui vorrei la collettività tutta funzionasse, dandosi supporto invece di pugnalarsi alle spalle per invidie stupide.

Darsi da fare, purtroppo, non è da tutti.


Mi ha anche chiamata per ringraziarmi e organizzare questo lavoro, nel pomeriggio.
E dandomi anche un suggerimento validissimo che mi fa risparmiare tempo e soldi che altrimenti avrei buttato via.

Sono quindi tornata a lavorare con un piccolo sorriso, oggi.
Con questa colonna sonora qui, che attraverso la musica mi arrivano i raggi del sole che oggi vedo dalla finestra, perchè sono incatenata ad un pc, con la tazzina del caffè verde vietrese spaccata da un lato, ultima della serie, che non riesco a buttare.
Sono una fottuta nostalgica.
E nel calderone di questa nostalgia, ci sono anche tazzine scheggiate, testimoni di amori andati in frantumi, che ancora uso.
Anche se poi il caffè un pochettino filtra, se non lo bevo subito.
Mi cola sulle dita, perchè io le tazzine le reggo in modo strampalato, quasi mai dal manico.
Che se le reggessi dal manico sarebbe tutta un'altra storia, e pure una diversa interazione fisica, che implica distanza, e mal si conciclia con il trasporto del momento in cui bevo quel sorso di caffè e stacco la spina dal mondo.

E adesso tocca già riattaccarla.


LE PERCENTUALI SECONDO ME


È nata una piccola discussione con un amico, davanti una birra.
"La maggior parte delle persone non tradisce, conosco tanta gente che, ci metto la mano sul fuoco, pensa solo alla famiglia", ha esordito.
"Per me non è così, ho una percezione diversa della realtà che mi circonda, di persone corrette ne conosco davvero poche. E fossi in te non ci metterei la mano sul fuoco, per gli altri...", ho replicato.

Come si può pensare di conoscere abbastanza il prossimo, al punto da scommettere su come gestisce la propria vita privata?

Mi ha contestato in mille modi quello che ho detto.

Soffermandosi, soprattutto, sulla percentuale del 50% + 1, che secondo lui non tradisce, rispetto alla percentuale che indico io.

"Come pensi possa matematicamente stilare percentuali su quello che le persone fanno nella propria sfera privata? La stima la faccio sulla base del lavoro che svolgo, dell'ambiente che frequento, delle avances che ricevo da uomini sposati o impegnati, dai venti ai sessanta anni. E la maggior parte delle persone che conosco, tradiscono. Il fatto che la discrezione non mi porti a spiattellare i loro nomi o a diffondere notizie sul loro conto, non vuol dire che non conosca certe situazioni", ho detto.

Per lui non è così.

Non ho voluto infierire - la conversazione si era già fatta sgradevolmente accesa - sottolineando che da uomo non ha certo percezione delle avances che una donna riceve costantemente, ogni giorno, attraverso contatti reali o virtuali.
E se io, ad esempio, ogni giorno registro sulla mia pelle attenzioni particolari o proposte spudorate da parte di padri di famiglia, le cui mogli poco si preoccupano di portare delle belle corna in testa, in cambio di uno stipendio che le tenga con il culo al caldo, non sono le mie percentuali o statistiche a fissare una regola certa, ma costituiscono senza dubbio, un riferimento notevole.

Che unito a quello di altre donne, si approssima ad una percentuale massiccia.

Non ho la presunzione che ciò che vivo sia l'unica realtà possibile, ma certamente, di quel che fanno gli uomini in compagnia delle donne, da soli, lo sanno solo le donne oggetto delle loro attenzioni.

E no, non conosco molti esempi di correttezza, sono mosche bianche, che riconoscono di essere mosche bianche e ne vanno fiere.

Così come con fierezza altri si dedicano a pratiche orgiastiche o sadomaso, riducendo la sessualità a mero sport, o ad un livello di squallore tale da tenere persone come me ben alla larga.


martedì 11 ottobre 2016

E POI CI SAREI IO


Ho ricevuto un'inaspettata pioggia di complimenti.
Qualcuno sta avviando un progetto del quale vorrebbe facessi parte.
Solo che in questo momento non voglio far parte di nulla in modo ufficiale.

L'idea è quella di guardarmi intorno, valutare tutte le possibilità, farmi corteggiare come si deve, e infine decidere quale posizione prendere, dove e con chi.

Perchè, a dirla tutta, ho ricevuto la stessa proposta più o meno da tutti i partecipanti a questo "gioco".

Un gioco che si chiama POLITICA.

MEZZA INFLUENZA E TROPPO LAVORO


E il corso, pure.

Sono a letto stamattina, lo ammetto.
Sono distrutta.
Nel giro di 10 minuti devo alzarmi, docciarmi, vestirmi di tutto punto, sentire e vedere gente, buttarmi davanti lo schermo di un PC (che già mi si attorcigliano gli occhi a pensarci), prendere la macchina per circa un'ora e mezzo di tragitto per andare altrove...

Ieri sono tornata da lavoro alle sette di sera.
Ho trovato gente che mi aspettava.
Altro lavoro.

Respiro male, mi sento a pezzi e ho pure il ciclo.

Dieci minuti e abbandono il letto.

Non ho nemmeno un'aspirina a casa, tanto per cambiare.


domenica 9 ottobre 2016

TANTO DOLCE E CARINA PAIO



Ho conosciuto questo tipo una sera, tramite un'amica in comune.
Molto sobrio, ma palestrato, carino, modi garbati, ma niente di che.
Lavora, non è di quelli che stanno a spasso.
Ha studiato, e si esprime bene in italiano.
Abbiamo chiacchierato buona parte del tempo, prendendo anche discorsi mediamente impegnativi.

Dovevamo andar via, ci ha invitate ad andare con lui ed i suoi amici a bere una cosa in un locale della zona, dove sinceramente se sono stata due volte in vita mia è pure troppo.
E' uno di quei posti frequentati, da sempre, da gente discutibile, o che si ghettizza per ragioni politiche, già dal primo pomeriggio, e anche da chi vuole darsi il tono del radical chic a frequentare una bettola che l'unica nota di merito la registra per il costo sociale delle bevande alcoliche.

Non siamo andate.

Non l'ho visto più.
Non mi ha chiesto un contatto, a me non interessava chiederglielo.
Forse non gli ho dato nemmeno il tempo.
In ogni caso, ha lavorato nelle more con la mia amica, per organizzare una serata insieme.

Rivedo a distanza di un paio di settimane l'amica in comune, e mi dice che il tipo le ha chiesto di me.
Mi trova tanto dolce e carina.
Ci ha raggiunte tardi per l'aperitivo, stavamo già andando via.

La mia amica dice che è in cerca di una relazione.
Ha qualche anno più di me.
Nel frattempo che cerca una relazione, si intrattiene amabilmente - come la massa enorme e indistinguibile di trenta/quaranta/cinquantenni locali (impegnati o meno) cui appartiene - con le solite ventenni che fanno finta di studiare e lavoricchiano e scroccano birrette e passaggi in macchina o in moto al miglior offerente della serata.
Appartiene alla predetta massa che palesa sotto forma di bavosi commenti su fb visibili a tutti, un interesse pari a quello che l'erotomane ha per la pornografia ed il corpo femminile in generale, nei confronti di ragazzine appena maggiorenni.
E il mio chiamarle ragazzine non è in senso dispregiativo, si badi bene.
Mi serve solo a ricondurle nella categoria di appartenenza, che è quella di bambine che si stanno affacciando alla vita, e devono ancora diventare donne.
Che non sono donne ancora perchè ce ne vuole, ci vuole tempo, bisogna maturare, e il cotto e mangiato con uomini adulti che non riescono ad avere a che fare con le proprie coetanee e si rifugiano in pseudo rapporti con le ragazzine, non è un'esperienza degna di essere annoverata tra quelle da fare a tutti i costi nella vita.
Non di quelle di cui vantarsi.

E quindi, tanto carina e dolce, e anche tanto sola, ancora.

Perchè poi, in fondo, se a questa età non sei in grado nemmeno di interfacciarti direttamente con una donna che ti potrebbe interessare, che ti incuriosisce, magari, ma cerchi di arrivarci tramite l'amica in comune, e non ti sbilanci nemmeno a chiedere un contatto telefonico, di che parliamo?

Non ci sarebbe nemmeno da scriverne.

Se non fosse la drammatica e desolante realtà di tutti i giorni e di tutti i maschi disperati che incontro e che mi fanno cascare le braccia a tal punto, che in certi momenti temo di diventare asessuata.


IN FUNZIONE DEGLI UOMINI



C'è questa amica di amici che ogni tanto si aggrega, nel fine settimana.
La sua ragione di vita è trovare un uomo.
Questo suo intento è sfacciatamente evidente.
Questo la porta a lanciarsi in modo poco elegante su qualsiasi maschio a vista, quando si esce, noncurante del fatto che sia un tuo amico, amante, fidanzato, ex fidanzato.
Creando situazioni imbarazzanti e casini di vario genere.
Oppure - altra tattica collaudata - si cimenta ad organizzare cene a casa sua, per stare con gli amici, ufficialmente, per attrarre nella rete qualche amico di amici, confidando in un comodo dopo cena a due.

Generalmente a queste cene la sottoscritta non viene invitata, salvo che non sia l'unica strada percorribile sino all'uomo oggetto di interesse.

Di sera, ci siamo viste, con gli altri amici, al solito locale.
Il tempo era brutto, non c'era molta gente in giro.
Ha cominciato a sbuffare che era meglio se organizzava qualcosa a casa sua.
Ed è pesante uscire per rilassarsi e trovare, nel gruppo d'amici con cui esci, persone che hanno da ridire su ogni cosa, maleducate, e di pessima compagnia.

"Dai - le ho detto - non è meglio uscire che chiudersi in casa?"
"E che ci stiamo a fare qui? Non c'è nemmeno un uomo interessante stasera in giro!" mi ha risposto convinta.
E lí mi è davvero scappato di bocca ciò che penso di lei.
"Vabbè, mica si vive in funzione degli uomini. Si esce pure per prendere una boccata d'aria e fare due chiacchiere con gli amici!"
Mi ha letteralmente assalita, con una rabbia fuori luogo.
"Io non vivo in funzione degli uomini! Non ho detto questo!"

Vista la situazione, ho piantato in asso la combriccola di amici, e in cinque minuti mi sono avviata con delle amiche in un altro locale.

Non sono obbligata a trascorrere il mio tempo con gente spiacevole.
E se pure non avessi avuto alternative, me ne sarei tornata a casa.

Purtroppo non posso evitare di incrociare persone che non mi piacciono, ma posso certamente evitare di sprecare il mio tempo con loro.

venerdì 7 ottobre 2016

LA LUNGHEZZA DEI GIORNI LUNGHISSIMI


La prima telefonata di lavoro l'ho ricevuta nel letto, stamattina, mentre avevo gli occhi ancora chiusi, e ne sono seguite altre mentre preparavo il caffè.

Questo venerdì è cominciato presto, mi sembra di stare ininterrottamente in movimento da una settimana intera.

E un po' è così.

Ho gettato semi, questa settimana.

Il corso che ho iniziato, e un paio di cosette di lavoro impostate in modo fruttuoso.

Ho deciso di non vivere questi momenti sotto forma di attese ed aspettative, ma in termini di progettualità e possibilità.

Sono stanca, ma debbo fare qualcosa di più.





giovedì 6 ottobre 2016

VOCI CHE SI INFLUENZANO



Era solo una comunicazione di servizio, la mia.

Come quella che mi ha svegliato l'altro giorno.

Stessa voce, entrambi.

Una impastata di sonno, l'altra influenzata.

Roche e profonde.

Più lente.


La sua voce mi tocca.

E la mia crea aspettative, anche quando non dice nulla.


Nulla in cui si possa ragionevolmente trattenersi.








DI ERRORI MACROSCOPICI E INGANNI DELLA MENTE



Stavo studiando una cosa nuova per lavoro e, nella lettura, la mente mi ha ingannato in modo ignobile.
Erano due giorni che leggevo e rileggevo lo stesso punto saltando (!) con gli occhi una preposizione.
Roba da pazzi.
Ho fatto milioni di ricerche inutili per verificare qualcosa che non esiste.

Difatti, non riuscivo a spiegarmi il perchè di questa assurda e impossibile limitazione.

Mi si era ghiacciato il sangue nelle vene, mi ero vista quasi senza scampo.
Il tempo di riflettere su come aggirare la questione, e ho trovato l'errore.

Due giorni di perplessità ed elucubrazioni mentali per risolvere un problema che ha preso forma solo nella mia mente.

FANCULO!




mercoledì 5 ottobre 2016

QUELLI CHE SECONDO LA LORO TESTA E' COSI' E BASTA



E i miei pacati "non è così" che ricevono allucinanti "perchè no?!" di risposta.

Non è così perchè - glielo spieghi con Santa Pazienza Martire - 1 + 1 fa 2 in tutti i settori in cui ci sono delle regole, come nella matematica, e mi rincresce spiegarlo ogni volta.

Questo compito educativo che mi veste stretto, ma che in parte mi sono cucita addosso da sola, non mi compete.

"Ma secondo me non è giusto!", oppongono come se stessimo parlando di problemi di portata incommensurabile.
Tragedie personali, quasi.
E non lo sono.

Santa Giustizia Martire, pure lei, quante volte viene indebitamente invocata!

Io li invidio.
Invidio l'ignoranza beata nella quale si trastullano, quell'inconsapevolezza, quel distacco dalla realtà, i deliri che rappresentano agli altri e a se stessi.
Invidio i rifugi che scavano a mani nude nelle proprie vite, dove ripiegano quando i loro deliri vengono dolorosamente respinti nel mondo reale.
Invidio gli abbracci nei quali l'un l'altro si cullano, e che li confortano, per quanto vani.






LA BANANA NERA


Mi piacerebbe testare la banana nera marcata sull'angolo degli occhi, e no, non sto scherzando.
Mi piacerebbe portarla un giorno a lavoro, invece dei soliti occhi bistrati blandamente di nero, o con un filo prossimo all'invisibile di eye liner.
Probabilmente, ci uscirò una sera di queste.

Ho una venerazione per Amy quanto ce l'ho per Jeff.
Sento il cuore che mi si stringe e gli occhi che si bagnano ogni volta che li ascolto.
Di quelle cose che camuffo bene, e nessuno se ne accorge.

"Tutti abbiamo una vita imperfetta", mi scrive un amico.

Non in tutte le imperfezioni si cela la poesia.




L'ultimo pezzo che preparerò per la lezione di canto è questo.
Ogni volta che lo intono, le parole prendono intonazioni e pieghe diverse.
La mia voce non ha nulla a che vedere con la sua.

Le lezioni si sono arenate per una serie infinita di ragioni.
Ho fatto milioni di cose, dall'inizio dell'anno, portandole tutte a termine.
Non ho, obiettivamente, molto tempo libero, soprattutto quando lavoro a rotta di collo.
E studiare mentre guido, facendo dell'auto la mia saletta prove, non è sufficiente.
Da un po' non riesco ad essere sola nemmeno in macchina, tralaltro.

Sono state utili, le lezioni, ma sotto certi punti di vita si pretende che mi snaturi.
Non essendo materia plasmabile, mi sono sottratta a più riprese a questa operazione.

Non ho voglia di mettermi a cantare pezzi italiani o stranieri un po' troppo pop, perchè quello è il genere che vende di più.

Non me ne frega nulla di costruire qualcosa che piace agli altri, se non piace a me.

Ripensandoci, la banana nera la posso portare alla lezione di canto.

E con gli occhi "bananati di nero" (non vi rivendete il neologismo, l'ho inventato io!) canterò la mia insuperabile imperfezione, sulla falsariga della sua.

E sospenderò lo studio del canto sino a data da stabilirsi, o a mai più.







martedì 4 ottobre 2016

NUOVI ASCOLTI


Sto testando nuovi ascolti nel valutare la proposta di un'amica di andare insieme ad un piccolo festival di musica elettronica.

Acolto qualcosa di chi ci suona per decidere se ne vale la pena.

Alcune sonorità sono nuove, altre già sentite.
Qualcosa mi intriga, altro non mi prende proprio.
C'è qualche rumore (che è proprio rumore e basta, alle mie orecchie), che si mescola a suoni croccanti e accattivanti, e quando il ritmo non li sostiene, è quasi difficile distinguerli.

Ho abbandonato un pezzo poco fa perchè mi sembrava di stare su una pista di atterraggio per aerei.

E anche se magari poco originale, e con chiari rinvii a pezzi più orecchiabili, ho scelto il video che segue.

Questioni di gusti.

La musica segue i tuoi percorsi interiori fino a trovarti.

E toccarti, dove molti non riescono nemmeno a vederti.



DI RE MIDA E CATENE DI MONTAGGIO



Il modo in cui sto cercando di impostare la mia attività è tendendo, senza sbattimenti, alla sintesi indicata nel titolo.

Cerco di ottimizzare la capacità di mutare ciò che tocco in oro, lavorando questa materia in modo prossimo alla catena di montaggio.
Non ne esce un lavoro dozzinale - in questo mi distinguo - perchè sul semilavorato ci faccio un lavoro di fino da paura.
Però mi alleggerisco, per certi versi, e applico un moltiplicatore che funziona meglio di altri, dipersivi ed infruttuosi.

Tutto quel che ho fatto sino ad oggi, in termini di gavetta, esperienza personale, rapporti sociali, studio matto e disperatissimo, corrisponde per certi versi a quella che sono, ad alcune delle stanze di questa vita che abito.

Sono stanze giganti, di questo ne sono cosciente, e ogni tanto mi stufa l'arredamento e mi vien voglia di cambiarlo.

Ridurre la dispersione di energie e le perdite di tempo, e delegare quanto più possibile ad altri, sono i passpartout delle porte, in queste stanze comunicanti, che mi consentono di evitare i giri a vuoto, e che la chiave si rompa nella toppa.


Mi tengo lontana dagli eccessi del mito e della degenerazione industriale.
Non intendo nutrirmi d'oro nè di finire ingabbiata in un processo di alienazione al soldo di altri, ma nemmeno per i soldi miei.

Sposto i pesi per stabilire i miei equilibri, per evitare di essere fagocitata dall'ansia, dalla rabbia, dall'adrenalina, le mie bestie nere.


Anche oggi ho fatto certamente la metà del mio dovere.

E' un dovere che riguarda me stessa (cui concedo il riposo e lo svago che merita) e che anche nella misura della metà va ben oltre la sufficienza.

E' bello essere incontentabili verso se stessi, invece che avere il fiato sul collo di gente che ti richiede una devozione che non gli è dovuta nè ti viene ripagata, sul lavoro.

E' bello lavorare per se stessi.

Ed è stimolante stabilire le regole del gioco.

Il proprio.








QUANDO LA GENTE TI PARLA SOLO DI LAVORO



Omettono un banale "come stai?" il più delle volte.
Li vedi da lontano che ti puntano, che qualcosa sicuramente devono chiedertelo.
Di tecnico, rognoso, specifico.
Di pesante.
Pour parler, certo.

"Non chiamatemi la mattina, non posso rispondervi il più delle volte" ha raccolto negli anni sveglie mattutine a partire dalle 7.00 del mattino, e telefonate insistenti nel corso della mattinata, che la vibrazione in tasca del cellulare era peggio delle pedane vibranti per sciogliere la cellulite che si vendevano un tempo (si vendono ancora?) in tv.

"Chiamatemi tarda mattinata" si traduce puntualmente in chiamate del primo pomeriggio.
Ovvero quando rientro per pranzo, o ho appena finito di pranzare e vorrei prendermi un caffè in tranquillità, o rilassarmi un attimo senza pensare a nulla, o lavare i piatti e fare il bucato a mano, senza tenere il cellulare incastrato tra l'orecchio e la spalla, sperando non mi caschi nell'acqua.

Io mi diverto a discutere sempre di lavoro, pure quando non lavoro.

E' la mia missione segreta: aggiustare il mondo con le mie modeste risorse.

Certo.

Poi dice che scappo sempre altrove, appena posso.
Dove nessuno mi conosce.
Dove nessuno mi chiede.
Dove posso godermi la libertà dal lavoro, per davvero.

Un'amica stamattina mi ha chiesto dove sia stata, di recente.
Proprio di recente da nessuna parte.
Corregge il tiro, mi chiede di questa estate.
Cosa importa dov'ero?
Con la testa sono già a dove andrò.




lunedì 3 ottobre 2016

GENTE CHE INVECCHIA



Siamo tutti più cecati, superati i trenta.
Ci ricordiamo cose importanti, ma rimuovere cosa abbiamo mangiato a pranzo o con chi avevamo un appuntamento mercoledì, è un attimo.

Andiamo a fare la spesa e, tornati a casa, ci ricordiamo che non abbiamo preso il dentifricio che è finito.

Siamo più concentrati su quello che vogliamo.
La gestione del tempo diventa una mania, la sua perdita una dannazione.
Sentiamo il peso degli anni che passano a velocità sempre più sostenuta, e ci immaginiamo da vecchi, quando fino a qualche anno fa ci immaginavamo da adulti.

"Sei diventato così volubile, con l'età..."
"Perchè?"
"Il tempo di dirmi che ti servivano dei comodini, che ti ho messo in contatto con il tipo che vende mobili usati o da sistemare, e hai detto che non li volevi più!"
"Mi voleva vendere la cucina..."
"Io ho sentito che voleva venderti la camera da letto completa! Non ti serviva anche un armadio?"
"Tra la camera da letto e la cucina, mi serve di più la cucina"
"Quindi i comodini non li vuoi?"
"No, magari se trovo una cucina, prima..."

Ecco, la vecchiaia è questa.
Ti sorprende a mezza via e tu nemmeno te ne accorgi.


ALL'UNIVERSITÀ



Ho cominciato a seguire un corso all'università, per conseguire una qualifica ulteriore da spendere sul lavoro.
Il prezzo irrisorio è stato determinante.

Il settore - estremamente specifico - mi interessa, ma non è dato sapere esattamente se si svilupperà e in che termini, nel prossimo futuro.

È una scommessa ponderata, la mia, alla cui realizzazione posso in parte contribuire.

Sicuramente un impulso fondamentale è dato da quanto si riesce a spingere sul ricorso agli strumenti validi (sulla carta) che offre.

Dalle prime lezioni emerge il significativo distacco tra il mondo accademico e quello del lavoro.

L'impostazione teorica e poco pratica di chi è preposto all'insegnamento è palese.

Se da un lato può ritenersi che venga stimolato il ragionamento, dall'altro non può non sostenersi che venga indirizzato in modo dispersivo sulla riflessione in ambiti fuori dalla realtà.


Al punto informazioni dell'università:
"Mi scusi, dove si tiene il corso X?"
"No, guarda... (non so cosa)"
"Mi scusi?"
"Ah, ma lei non è una studentessa!"

Eh no.
Questi 10/15 anni de meno ce li avessi pure de capoccia...
Così giovane fuori e così poco giovane dentro.
Il mio sogno proibito è comprarmi un documento di identità che attesti la cittadinanza di un paese in una localitá esotica e contempli un abbattimento sull'età di almeno 15 anni.
Ripartire da ventenne, con l'esperienza di oggi, si può.
Dubito, però, di mettermi a fare la narcotrafficante e guadagnarmi questa possibilità.

Magari verso i 90 anni, quando sarò diversamente perseguibile se comincio a delinquere, ci penso...


domenica 2 ottobre 2016

PICCOLI AGGIORNAMENTI INQUIETANTI AL POST PRECEDENTE



La black list mi mostra per un attimo le telefonate e i messaggi che filtra, poi li cancella.
Non so perchè, forse devo vedere le impostazioni.
Ogni consiglio è bene accetto.

Insomma, il matto che ho bloccato, cui ho smesso di rispondere, mi ha scritto:
"Non rispondi, lo capisco, ti sei impaurita..."

Se è cosciente del fatto di mettere paura alle persone, è cosciente del suo disturbo.
Se ciononostante insiste, vuol dire che non lo controlla.

Stavolta conservo il numero, per evitare di rispondergli pure per sbaglio.

Di perdere tempo per queste cose davvero mi pesa, ma ho esaurito le alternative.



Mi ha contattato uno.
L'ha buttata lì, che se passo dalle sue parti gli farebbe piacere saperlo.
Che se passa di qui mi contatta.
È amico di uno con cui c'è stato qualcosa.
E a grandi linee, ogni tanto, c'è ancora.
Non sa nulla, naturalmente.
E nonostante lui gli abbia sconsigliato di contattarmi, inventandosi chissà cosa, lui ha insistito.
Gli ho risposto tranquillamente, sono stata al gioco.
Non me ne frega nulla.
Ma sono una donna libera.
Non voglio farmi problemi di sorta.
Non tollero condizionamenti.
Lo posso conoscere, e poi valutare se mi interessa.

Chi ha le palle, le usi.
Chi non ce le ha, pazienza.

venerdì 30 settembre 2016

DI BLACK LIST




Non è mia abitudine bloccare la gente sul cellulare o altrove.
Però effettivamente la black list è un ottimo strumento per guadagnare tempo e salute.
Tempo perchè te ne fanno perdere con chiamate e messaggi del tutto inutili.
E salute perchè questi contatti sono spesso pure fastidiosi.

Mi arriva uno squillo da un numero che non ho in rubrica, stamattina.
Richiamo, e lo faccio con l'altro numero (avendo la doppia scheda).
Ha fatto finta di non riconoscermi, non mi ha detto chi era, mi ha quasi attaccato il telefono in faccia.
Mi ha mandato un messaggio per chiedermi scusa, che stava aggiornando la rubrica, e che seguivamo insieme un corso anni fa.
Anni e anni e anni orsono.
Sono Tizio.
Come se fosse l'unico uomo sulla faccia della terra con quel nome e avesse lasciato un ricordo memorabile.
Mi ha chiesto se mi sono sposata.
E poi se passo a trovarlo.
Che magari passa a trovarmi lui.

No, non gli ho dato spago, è suonato.

Non gli ho nemmeno risposto più.

È il motivo per cui non aveva l'altro numero, e per cui io, dopo averlo bloccato sul vecchio cellulare, ho cancellato il numero.

L'ho inserito nella black list insieme ai vari numeri dei centralini da cui mi chiamano per propormi le offerte migliori della mia vita tutta.

Più si va avanti negli anni, più chi ha disturbi di salute mentale resta solo e si appiglia ad ogni cosa per stabilire un contatto.

Mi spiace, ma a parte la profonda pena per la loro condizione, non provo altro.

Come per l'altro tipo malato di mente, che stalkerizza ogni cosa che respira, e pretende di interferire con prepotenza nelle esistenze altrui senza averne titolo.

L'altra sera ha scritto su fb una cosa delirante, che poi l'indomani ha rimosso.

Del tipo che lui si sente solo e ha cercato di catturare la nostra attenzione in ogni modo, ma niente, e quindi ce ne saremmo dovuti andare tutti affanculo perchè siamo stronzi.


Quando c'erano i manicomi, ci finivano pure i sani, ma oggi che non ci sono più, è davvero pieno di matti in giro.

E i peggiori, spesso, sono quelli non acclarati, professionisti megalomani pronti a danneggiarti se li respingi, ragazzi che vengono spronati a frequentare così di ogni genere, con la pretesa che vengano premiati per lo sforzo, e che si inseriscano in mezzo agli altri.

Il confine sottile tra l'emarginazione e l'autopreservazione spero si evinca bene da quel che scrivo: i disturbi mentali di certi soggetti, non se li possono accollare gli altri.

Non me li voglio accollare io.

Soprattutto quando degenerano in comportamenti molesti o aggressivi.
















giovedì 29 settembre 2016

SMETTETELA DI TRASFERIRVI ALL'ESTERO


E smettetela di dirmi "c.f.a. mi vieni a trovare?".

Perchè io lo sapete che ci vengo.


Un'amica si trasferisce in Africa per lavoro.

Io ho già individuato il periodo giusto per andare a trovarla.

"Sono tutti molto wild, ti troveresti bene!"

Certo.

La mia vita smarrita nelle lande selvagge chiede solo nuove terre da esplorare...

Se penso all'idea che di me hanno i miei amici mi viene da ridere.

Vedono lo straordinario nel mio ordinario.

Io vedo solo molto ordinario.

Un ordinario che talvolta mi mette l'orticaria e me lo fa andare stretto.


martedì 27 settembre 2016

LA FOTO CON L'ORSO



Da bambini, mio padre ci portò in vacanza on the road in ex Jugoslavia.

Luogo insolito, lo riconosco, e un tipo di viaggio che sicuramente non è per tutti.

Ai bordi di una strada, uno zingaro si faceva pagare per fare la foto con un orso bruno che portava al guinzaglio.

Senza museruola, ovviamente.

E il guinzaglio era attaccato all'esile e denutrito braccio dello zingaro.

Considerato lo slancio con il quale socializzavo con ogni forma animale, da bambina - che ho mantenuto in età adulta - mio padre mi ha fatto fare la foto con l'orso.


Questo ricordo ci è tornato in mente l'altro giorno e ne abbiamo riso.



Mi reputo estremamente fortunata per essere sopravvissuta alla scellerataggine dei miei genitori.

Se sono sopravvissuta a loro e all'orso, posso sopravvivere anche ad altro.

LA VERITA' E' CHE SONO IN ALLARME


Per domani, che è una giornataccia.
Sono preoccupata.
Cerco di non farmi travolgere dai brutti pensieri, e nel frattempo raccolgo tutta la forza, il coraggio e le palle che mi servono.

Dovrei riposare, dormire.
Immagino che stanotte mi farà, invece, compagnia qualche film sul pc.

Mentre scrivo ascolto Jeff Buckley, che mi rilassa e mi ricorda quanto sia evanescente e breve l'esistenza, ma intensa, sempre.

Ho lavorato al meglio, ho fatto il possibile e l'impossibile, per essere impeccabile, e affinchè anche altri, in questa squadra, lo fossero.

Si combatte contro il diavolo ed i suoi emissari.

Ho paura.

E sento l'adrenalina che mi scalda la pelle e mi accelera nei movimenti, sento ogni singolo sorso d'aria che respiro dalle narici, e le parole he mi attraversano per scorrere sin qui, sulla carta azzurra e gelida nella quale immergo i miei pensieri.

Quelli che rendo imperscrutabili a chi incontro ogni giorno.

E nulla, ho messo l'ansia al guinzaglio.

Spero non scappi, da qui a domani.






WALLS



Probabilmente, per ogni muro che si abbatte, altri se ne alzano.
E questa cosa che ci sarà sempre un muro da abbattere, in fondo, è stimolante.
Non c'è strada che non meriti di essere percorsa ed esplorata.
E' sceglierne una sola che è difficile.

Volendo suddividere la vita in cicli, oltre che in giorni e attimi, sono giunta obiettivamente al termine di un ciclo, qualche mese fa, e ne ho iniziato un altro.
In un silenzio apparente, ma in un tumulto interiore notevole.
Pensavo peggio.
Avevo mille timori, ma li ho superati, in buona parte.
Ne ho altri, che forse supererò, o forse non supererò mai, e resteranno a farmi compagnia vita natural durante.

La libertà di poter cominciare ogni giorno qualcosa di nuovo è cosa buona.
Lo sarebbe ancora di più se non mi scontrassi con le prigionie ed i fallimentari tentativi di fuga altrui, i cui percorsi si intersecano con i miei.

Ho deciso di seguire un piccolo corso per conseguire un'abilitazione che può tornarmi utile sul lavoro.
Per un prezzo irrisorio, in una struttura universitaria, a contatto con chi dovrebbe poi decidere di passarmi del lavoro, se sarò abile ad instaurare rapporti di cordialità e collaborazione.

Se sarò in grado di farmi conoscere e riconoscere.

Se mi sarà data l'opportunità, ovviamente.

La vita, sebbene in divenire, si incardina sul passato, matura nel presente.

E non riesco a guardare con sospetto ogni forma di evoluzione che mi travolge.

La accolgo a braccia aperte.

In modo istintivo, senza forzature di sorta.



HOW ARE THE THINGS GOING?


"Ciao C.f.a.,

Come vanno le cose? E' passato così tanto tempo... 
Sono venuta in Italia, a giugno, con degli amici.
Abbiamo fittato una villa in Costiera, e volevo venissi ai nostri parties, ma non sono riuscita a ritrovare il tuo contatto.

Avevo scritto anche a Effe chiedendole il tuo numero, ma non ha letto per tempo.

Non so se ricordi le nostre chiacchiere, quando mi hai parlato di X, che dopo l'operazione ha perso la vista ed io ti parlai della mia amica Y che ha condotto uno studio su questo soggetto.

Presenterà il suo lavoro ad una conferenza a Roma, quest'anno.

Verrà con il marito, anche lui è medico.

Non parla italiano, ma un po' di francese.

Se riusciste ad incontrarvi e conoscervi sarebbe carino.

E se non stai frequentando nessuno e vede quanto sei carina, di sicuro ti presenterà qualche dottore, con l'occasione.

Hope yo see you soon!

Love"





I miei lovely amici all around the world.





REAZIONI CATTIVE SPONTANEE



Lui è il tipo sgradevole con cui, a causa di amici in comune con cui entrambi usciamo, sono costretta ad avere a che fare.

Ed è mia abitudine essere gioviale, aggregante ed educata, anche con chi non lo merita.

Salvo correttivi che sto applicando ai miei comportamenti per evitare che la mia disponibilità venga saccheggiata dagli opportunisti.

Insomma, mi ero ripromessa di ignorarlo.

Di evitare di parlarci.

Ci sono finita seduta vicino, una sera, per caso.

La scollatura del toppino, con l'ausilio del push up, gli hanno estorto un sorriso ebete per buona parte del tempo.

A un certo punto mi ha fatto notare che era entrato nel locale un tipo di quelli che suonano roba tipo piano bar, o non so che, in zona.

Un tipo che - ma guarda un po'! - non gli fa simpatia.

"Guardalo come passa come un divo! Magari si aspetta pure che ci alziamo per chiedergli un autografo!"

"Per quanto sei fan, mi sembra strano che non ti sia strappato i capelli che ti restano in testa, al suo passaggio"

Ho visto chiaramente quanto si è incazzato alla mia battuta.

Sono abituata a scherzare tranquillamente sulla faccenda "capelli che cadono" con gli amici calvi, ma lui, che è pure suscettibile, immagino non abbia gradito.

E poi, lo ammetto, gliel'ho detto con sufficienza.

E con una cattiveria che ha nutrito con i suoi atteggiamenti fuori luogo e sgradevoli, perpetrati mentre io continuavo ad essere gentile ed educata.

Tant'è.

Un modo di rimediare a questo rapporto non c'è, perchè con certe persone non c'è modo.

E a me spiace di essere uscita fuori cattiva come non sono, ma potevo decisamente far peggio.

Non mi gratifica fare cattiverie, almeno in questo, nella misura applicata, è stato fortunato.

NEL GIARDINO IMMAGINARIO, DOVE ALLEVO LE TIGRI



Mi chiede se mi serve un giardiniere.
Perchè ho vinto un giardiniere fantastico.
Per il mio giardino immaginario?
Non ce l'ho il giardino.
Allora ho vinto una tigre.
Ma chi sei, Sandokan?
Dice che se non mi vanno bene le tigri, si offre come schiavo.
Solo che io non apprezzo alcuna forma di schiavitù, non lo voglio uno schiavo.
Prima che la conversazione prendesse una piega più sprucida ho abbandonato senza nemmeno salutare.

Uno sano di mente mai.





GLI INTEGRALISMI E QUELLO SGRADEVOLE SENSO DI SUPERIORITÀ



Il titolo è già un post.

Se sostengo un'idea è perchè in questo esatto momento (non ieri, non domani) la ritengo valida.

Se qualcuno ha un orientamento diverso, ma l'idea che sostiene è valida, non dovrebbero esserci problemi a sostenerla ugualmente.

È una questione di onestà intellettuale.

Eppure, l'adesione a determinati integralismi, non consente di condividere un'idea, seppur valida, sostenuta da chi, per un motivo o per un altro, non appartiene al gruppo che sponsorizza la medesima idea.

La coesione, che fa la forza, viene costantemente pregiudicata dalla separazione e dall'esclusione determinate da chi si chiude nell'integralismo ottuso, vantando con arroganza un'assoluta superiorità

A me gli integralismi fanno ride'.

Ecco tutto.

lunedì 26 settembre 2016

LE PERSONE CHE HANNO DA FARE MENTRE GLI STRONZI LAVORANO



Abbiamo appuntamento per lavoro, nel pomeriggio, da settimana scorsa.

Mi manda un messaggio per sapere se ci possiamo vedere prima.

No, rispondo, perchè devo terminare un altro lavoro urgente.

Mi ha mandato dieci messaggi di "Allora alle 5", "Ma alle 6?", "Alle 6.30 non si può fare?", "Alle 7.30 allora".

Perchè lei, che è casalinga, ha un funerale nel pomeriggio e si scoccia di andare prima, si scoccia di andare dopo, quindi lascia per ultimo l'appuntamento con me.

Come se io non avessi altro da fare che aspettare lei, o non fossi stanca, alle otto di sera, o non avessi il diritto di tornare a cena a casa ad un orario decente.

In fondo cosa vuoi che sia lavorare, per chi non fa un cazzo dalla mattina alla sera.

"Non puoi andare adesso?", chiedo.

Che domande faccio, pure io?
Adesso le donne campate riposano, o guardano programmi di spessore alla tv mentre oziano sul letto o sul divano, mica come le stronze che faticano perchè non le campa nessuno!

Pure io faccio il bucato, la spesa, cucino, faccio vita sociale, eppure devo pure faticare, guarda un po'!

Non posso incastrare i miei impegni di lavoro con l'unico impegno della tua giornata, mi spiace.

"Allora domattina!", mi fa.

No, forse non ci siamo capiti: io LAVORO, non sto a tua disposizione, che mi incastri tra un funerale, una spesa al Conad, o una sessione di shopping al centro commerciale.

Al primo che scrive che anche fare la casalinga o la mamma equivale a fare un lavoro, verrà risposto parecchio male.

Qua le casalinghe le facciamo tutte, e qualcuna si paga pure casa e bollette da sola.

Ci sono mamme che lavorano sodo, invece di rifugiarsi in modo esclusivo nella dimensione materna, perchè inabili a fare qualunque altra cosa nella vita.

Finiamola con l'accondiscendenza nei confronti di chi non ha fatto altro nella vita che accollarsi ad un uomo per farsi campare, o che usa la scusa dei figli che assorbono tempo ed energie per sottrarsi ad ogni tipo di impegno e sentirsi giustificata per ogni mancanza.

Perchè queste persone, alla fine, ti guardano pure con disprezzo, come se a te mancasse qualcosa, e non a loro che hanno vinto, nella vita, perchè si sono sposate e hanno fatto figli, mentre tu, non avendo trovato l'amore (e non avendo scelto la via dell'opportunità e della convenienza) ti sei trovata comunque un lavoro.

Mi rifiuto di stare a disposizione di donne del genere, che hanno diritto a riposarsi davanti alla tv, il pomeriggio, mentre io alzo il culo e vengo a lavoro.

E si, mi girano le scatole di avere a che fare con persone ridicole, credo si sia inteso.













IT'S BEEN A LONG TIME



Apro la mail, e trovo una sorpresa bella, oggi.

Mi ricordano che il mio posto nel mondo è proprio qui, dove poggio i piedi e, nel contempo, ovunque decida di portarli.

La solitudine ben spesa, riflettevo ieri sera, non è altro che il nirvana dell'autodeterminazione.


domenica 25 settembre 2016

AI MATRIMONI DELLE FIGLIE DEGLI ALTRI



Il disappunto che si legge tra le righe non riguarda me, ma i miei genitori.
Vengono e veniamo invitati ai matrimoni degli altri da sempre, come ospiti.
Forse li mette a disagio più del dovuto, questa circostanza.
Non capiscono per quale ragione non abbia un uomo accanto, ormai, da un po'.
Perchè non desideri sposarmi.
Perchè i matrimoni e la prole altrui non mi stimolino a fare altrettanto.

Non c'è alcuna forma di eroismo nello scegliere di sposarsi.
Nemmeno nel fatto di rimanere single.
L'atto di coraggio maggiore è quello di dare seguito ai propri istinti e sentimenti.
Di rispettarli.
Tutto qui.
E se non trovo l'amore, difficilmente posso obbligarmi a frequentare qualcuno con il solo scopo di non rimanere da sola.
O per lo sfizio di indossare l'abito bianco e spendere tanti soldi per organizzare un matrimonio.
Nel contempo, non ho nulla contro il matrimonio nè contro chi si sposa.
Ho degli amici che ai matrimoni hanno deciso di non andare più.
Io sono tra quelli che, invece, ancora vanno e gioiscono per chi nella vita ha scelto di fare un passo importante, legittimandolo attraverso le tradizioni e i riti che gli appartengono.

"C.f.a., e tu quando ti sposi?", mi ha chiesto uno al tavolo degli invitati.
"Probabilmente mai. Non a breve, in ogni caso"

E la domanda è sempre la stessa, chiunque la ponga.

"Come è possibile che una come te stia da sola?", come se fossi un animale raro, appartenente a questa categoria in estinzione fatta di un sottoinsieme di "quelle come me", di cui non si capiscono bene i contorni.

"Non posso forzarmi a mettermi un uomo accanto, solo per non rimanere da sola. Se capita di incontrare qualcuno bene. Se non capita, va bene lo stesso", ho risposto.

Ho aggiunto anche che é difficile trovare una persona in gamba e perbene, perchè la maggior parte delle persone è marcia.

Si, ho usato proprio questa parola, e mi suonava male in bocca, mentre la pronunciavo, ma è stata quanto di più corrispondente a realtà potesse venirmi in mente.

Quanti, di quelli che si sposano stanno insieme per davvero?
Quanti durano?
Non è questione di sopravvivere al matrimonio.
Si tratta di prendere atto di ciò che si vuole dalla vita, e indirizzarsi in quella direzione.

Detto ciò, il matrimonio è stato di una sobrietà estrema, l'evoluzione naturale di una vita condotta insieme.
L'equilibrio precario di problemi e disagi che si realizza in ogni nucleo familiare che si unisce, tramite gli sposi, ad un altro, ha retto alla grande.

Ho mangiato tanto pesce crudo e tanti dolci.

Ho mancato i confetti.

E la bomboniera.

Al contrario dei miei, che le collezionano da sempre, io non ho nemmeno un mobile da dedicar loro.

Di suppellettili, a casa, non ne ho molti, ma preferisco quelli di viaggio a quelli di matrimonio.