Il mio corpo conta lo spazio ed il tempo.
Involontariamente.
Non si sottrae al perdono ed alla dimenticanza, ma ne conserva memoria sotto forma di sensazioni.
E questa memoria la usa con cadenza matematicamente ciclica per misurare lo spazio dell'espressione, della separazione e del ricongiungimento.
Anche con me stessa.
Chè mi perdo scioccamente a rimirare i fiori selvatici che crescono sul ciglio della strada, senza rendermi conto poi di essermi addentrata troppo nel verde e aver perso la via maestra.
Sono dispersiva, il che non coincide con un problema di scarsa concentrazione.
Io mi concentro, fin troppo.
Il problema è che mi concentro su troppe cose.
La varietà delle cose che capitano sotto i miei occhi è pressochè equivalente al mio essere versatile quanto dispersiva.
E' la memoria del corpo che mi riporta in carreggiata, calcolando esattamente le pause che debbono intercedere tra un passo e l'altro.
Anche di quelli che mi fanno perdere.
Sino alla loro nuova sincronizzazione.
Magari con un nuovo equilibrio, altrettanto precario.
2 commenti:
"...magari con un nuovo equilibrio, altrettanto precario"!
Il mio!!!
graxy, ben approdata :)
alla fine ci si ricompone sempre in un nuovo equilibrio, dopo che lo si è perso.
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