giovedì 11 aprile 2019
NON RAGGIUNTA DAL RUMORE
La piccola stanza in cui riposo affaccia sul cortile interno.
Il rumore della città sgradevole e molesta non mi raggiunge, rimane chiuso oltre le mura solide di questa imponente struttura.
Leggo i miei libri, studio, ascolto musica, comunico virtualmente con il mondo esterno.
Rifletto sulla mia condizione e su quella del mondo.
La mia vita scorre via come un fiume che si fa presto cascata e mulinelli, per poi riprendere un percorso sinuoso attraverso il bosco.
Mi viene sempre in mente Dante, quel momento in cui uscì a riveder le stelle, e penso che ogni inferno ha la sua durata, la sua fine, la sua luce.
Per quanto intenso sia.
Per quanto impervio.
Ogni percorso ha sua fine.
E posso poi davvero definirla inferno, questa tensione, questi problemi che si coagulano attorno ai miei pensieri, che incrostano le mie scelte?
Raccolgo la mia vita passandola al setaccio, e così le vite d'altri, sussumendole in polvere bianca di zucchero a velo, di cui cospargo le scelte future che dolci non sono.
Continuo a leggere gineprai di parole piene di significato, che disegno nella loro forma e occupano le mie piccole riflessioni.
Lavoro ininterrottamente.
Dimentico di mangiare.
Recupero al distributore automatico, che raggiungo quando ho bisogno di una boccata di ossigeno e di un po' di cioccolata.
Vivo, vivo, vivo.
O forse sto solo sopravvivendo.
Il tempo mi sfugge.
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