E si intrecciano, si cercano, si avvolgono torcendosi su se stesse, ritornando poi ciascuna ordinatamente al proprio posto, incuranti di ogni tipo di distanza fisica o mentale, di qualsivoglia impedimento, condotte solo dalla follia sciagurata delle mani.
Una follia che non è altro che una declinazione musicale spontanea della normalità nella quale siamo immersi fino al collo.
Quella manciata di secondi tra la messa in scena di questo capolavoro ed il calare definitivo del sipario, lo spazio ed il tempo liberi da ogni vincolo nel cono d'ombra delle luci spente, mentre la folla si dirada, e le nostre membra di legno e cartapesta vivono nell'attesa di essere riposte in scatole separate, mi caricano di un'aspettativa che non so spiegare.
Mai disattesa.
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