In realtà me l'ero presa.
Eccome.
Irragionevolmente.
Intravvedo le tensioni che si agitano sotto certe risposte piccate, che pure ho dato, e le tempeste interiori che imperversano a fasi alterne sull'umore; lungi dal cavalcarle con fierezza, tento dignitosamente di non farmi speronare.
Talvolta rovino a terra, ma mi rialzo.
E quindi nulla, mi sono rialzata dopo la caduta, ho scrollato via le parole piccate, il malumore, il fraintendimento e usato un po' di miele.
Se questo artifizio mi abbia fatto recuperare passi sulle distanze, ancora non so dirlo.
Così come non so nemmeno se valga la pena percorrerle.
Non so quanto siano distanze vincibili o invincibili.
Però non ero a posto con me stessa, e tanto é bastato a farmi muovere un passo in direzione opposta a quella che intenzionalmente volevo muovere.
L'istinto ha prevalso sull'intenzione.
E mi sento a posto ora.
Le amiche più strette registrano oscillazioni tra pensieri opposti e contrastanti da un po', ormai.
Dico loro di non inquietarsi, che é una fase di assestamento.
Nuova.
E se contengo pensieri opposti che peso e ribalto come l'avvocato del diavolo, prima di indirizzarmi, è solo perché in fondo, come scriveva Walt Whitman, contengo moltitudini.
Che - finché non si fanno patologiche e si tramutano in disturbi della personalità - posso tentare di dominare.
4 commenti:
È bello e giusto sentirsi a posto con sè stessi.
Magari non si è strategici (almeno, io capita che non lo sono) ma sentirsi a posto, non tradire sè stessi, è una gran cosa.
Perché, pensando ad una situazione mia, penso che non ha senso coprire distanze se devo snaturare il mio essere.
Un abbraccio,
Bulut
Nemmeno io sono strategica, in certe cose.
Mi piace vivere liberamente la mia spontaneità, i miei sentimenti, la mia indole.
Non ammetto compressioni.
E come te, non copro distanze invincibili o che possono snaturarmi.
Penso che perdere la propria identità sia una disgrazia grossa.
Ma soprattutto, una volta persa, difficile ritrovarla...
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