(L'altra sera)
Pioviggina, a tratti.
Clima monsonico.
Si respira, persistente, l'estate che é rimasta appiccicata addosso a questo autunno mancato, celebrato soltanto da qualche foglia caduta dagli alberi e da nostalgici della ciclicità delle stagioni che lo evocano sui social.
A me l'estate piace.
E questa persistenza nel tempo non mi affatica, al netto di tutte le questioni legate al cambiamento climatico e a prescindere da queste.
La città, stasera, é buia, nuda, bagnata e deserta.
Le palme ondeggiano nel vento caldo che sospinge piccole onde verso la battigia.
Cammino da sola, spettinata, nella giacchina impermeabile aperta, perché fa caldo.
La musica meravigliosa nelle orecchie.
Riempio i polmoni di aria buona e salsedine.
Respiri talmente profondi che diventano apnee nei pensieri più limpidi e liberi.
Non ho incontrato che una persona, in strada, a piedi come me, nei cinquemila passi percorsi.
Le riflessioni e le conclusioni di questa bella serata estiva fuori stagione mi sembrano un regalo prezioso, stasera.
Questo mare e queste colline, il profumo dolcissimo e peculiare di questa macchia mediterranea, dove son nata, sicuramente mi sopravviveranno, come é già accaduto con chi mi ha preceduto, nel passato prossimo e in quello più remoto.
Così come le cose sugli scaffali e nelle vetrine luminose dei negozietti vintage e di antiquariato dove sono passata nel fine settimana.
Ho fatto scelte, sinora, sempre impegnative e fuori dal coro.
La misura delle cose l'ho sempre decisa autonomamente, d'istinto.
Sto rallentando il passo?
No, mi rispondo serenamente.
Lo sto indirizzando meglio.
É la stagione di una giocosa e appassionata maturità.
(L'altro giorno)
Chilometri di strada percorsi a ridosso dell'alba, per raggiungere il luogo dell'appuntamento con gli altri.
C'è una nebbia fitta che ammanta la natura circostante e gli strapiombi, e il sentiero é un susseguirsi di passi silenziosi nel nulla.
Le mani si raffreddano immediatamente, e tiro fuori i guanti nuovi dalla tasca, cercandovi riparo per le dita rosse, che fanno male.
Raggiungiamo le prime altezze, e l'azzurro del cielo, con le sue nuvole bianche, comincia a squarciare la coltre di nebbia.
Il vento non dà tregua; é freddo, sferzante, spinge contro le rocce.
Mi arrampico con le mani e i piedi nei tratti più alpinistici e scoscesi, cercando di non scivolare inesorabilmente a valle.
L'istinto di sopravvivenza spazza via le ridicole angosce della quotidianità in una frazione di secondo.
E in quella frazione di secondo non mi soffermo che sul pensiero di esser viva.
Non esiste dolore né preoccupazione.
Esisto io, che mi sopravvivo e vado avanti, anche quando le condizioni ambientali mutano e si fanno più complesse; non mi fermo, non torno indietro, ma procedo, aggrappandomi e spingendo forte, con tutta la forza che ho.
Una pioggerellina leggera mi bagna il viso arrossato dal vento, e non sento altro che il mio corpo vivo in movimento, mentre scendo lungo il sentiero e osservo il paesaggio verdeggiante oltre lo strapiombo.
Lo accarezzo con gli occhi, che lascio posare su una bellezza infinita.
(Stamattina)
Ho preso un caffè per colazione, e son tornata a letto con i pelosi, che da ieri si rotolano tenerissimi sulla coperta nuova, soffice quanto loro.
C'è un tempo uggioso.
Mi raggiungono dei messaggi e una voce, che ho voglia di esplorare più a fondo, e da vicino.
Faccio una maschera rinfrescante al viso, mentre organizzo i pagamenti online di fine mese.
Mentalmente stendo la lista della spesa da fare in giornata, e il fil rouge che la percorre é intriso di dolcezza e cura di me stessa e dell'ambiente in cui vivo.
Vorrei non far nulla e ho mille cose da fare.
Mi concedo un grazioso ozio prima di pranzo, e mi domando se non sia un tempo giusto, questo, per recuperare un po' di legna per il camino...