martedì 31 marzo 2015

ARRENDEVOLI E ARRESI



Riflettevo sulla foto della bambina siriana che si arrende al fotografo, all'impatto visivo enfatizzato dalla didascalia e alla solita euforia generata a livello mediatico da certe immagini.


La medesima euforia che accompagna ogni evento nazionale o internazionale che riguardi stragi, morti, feriti, sul quale chiunque deve dire la sua, salvo uniformarsi alla dirompenza della frase giusta, scritta da uno e copia-incollata dagli altri sulla propria lingua o nel proprio cervello.
Nella quale sciacquare, pronunciandola o scrivendola, la propria coscienza, con l'illusione di tirarla fuori per ciò solo piú pulita.
Questa tendenza a rintracciare simboli di un'identitá smarrita, attorno alla quale stringersi virtualmente e asetticamente, fatico a comprenderla, ma nemmeno troppo.


La fame nel mondo é sempre stata piú poetica della fame del vicino di casa indigente.


La guerra suscita pietà ed orrore solo se rimane confinata altrove.
Quando raggiunge le porte del nostro paese e vi fa ingresso sotto forma di immigrati o rifugiati, genera in tante persone solo ribrezzo e disprezzo.
Il filtro costituito dallo schermo di un pc o della tv non fa toccare con mano i vestiti stracciati e le scarpe rotte e spaiate, non fa arrivare alle narici alcun odore immondo.


Mi domando come si concili la commozione mediatica per la bambina siriana con la realtá dei fatti che accadono e si consumano ogni giorno sotto i nostri occhi, per strada come sui mezzi pubblici, di fronte ai quali restiamo impassibili, o turbati in modo negativo.
E non serve nemmeno tirare in ballo gli immigrati.
Basta guardare alla barbarie che ci riserviamo l'un l'altro in certi frangenti del quotidiano.




Quelli che si sono veramente arresi siamo noi.
Ci siamo arresi alla superficialitá patinata e lustra dei fatti con i quali veniamo imboccati e nutriti ed ai digestivi ad hoc che ci vengono propinati.


E la mia non é una predica, in linea con la predicazione quotidiana, che pure viene sciorinata mediaticamente in forma letteraria o satirica sulla stoltezza del giudizio massificato degli altri - gli altri che a fasi alterne siamo pur sempre anche noi - e riceve applausi e compiacenza e accoglienza incondizionata in altri che criticano quegli altri.


É solo un'opinione scocciata, la mia.
Un'idea che stasera non riuscivo a tenere per me.
E la foto é tanto bella quanto straziante, ma non meno intensa dello sguardo di molti che incontro per strada ogni giorno e che non confidano in un futuro.
O si sono arresi a quello che altri hanno preteso di imporre loro.











LA FORTUNA CHE M'ASSISTE



Sono uscita tardi da lavoro e dopo cena volevo farmi un giretto per svagarmi un po'.
Mi sembrava giusto non chiudermi a casa di lunedí sera.


Arrivata fuori dal locale, mi sono accorta che la gomma era a terra.
Non bucata, di piú.
Vabbé, meglio di sera che di mattina mentre corro al lavoro.


Ho infilato il crick sotto l'auto, l'ho sollevata finché la leva non ha deciso di mollarmi.
E va bene.
Vorrá dire che chiederó un aiuto.


Per caso é passato proprio in quel momento qualcuno che conoscevo e si é prestato a cambiarmi la gomma.
Con il suo crick, vecchia maniera, decisamente piú affidabile.
Gli ho offerto da bere per sdebitarmi della cortesia.


Nonostante le salviettine umidificate, la doccia, la crema, ho residui di grasso intorno alle unghie che sembro un meccanico mancato.


Stamattina dovendo correre al lavoro (e non essendo sicura di quanto fossero stretti i bulloni e convergenti le ruote), ho fatto un piccolo scambio equo con nonno.


"Dove stai andando con la mia macchina?", mi dice parandosi con aria minacciosa e perplessa davanti il muso dell'auto, facendomi perdere minuti preziosi.
"A lavoroooooooo", e sono filata via.
Non per altro, poteva fingersi arterosclerotico come fa certe volte, e chiedermi che lavoro faccio per fare un po' di conversazione, ed ero giá in ritardo.
Ogni volta che lo fa mi spazientisco, lo riprendo e gli dico di non fingere con me, e si incavola e si ridimensiona.


Lo so.
Sono una nipote degenere.
Prima o poi se ne fará una ragione.
Io me la sono fatta da tempo.



lunedì 30 marzo 2015

MI CHIEDONO SEMPRE DI TE



"Chi?", chiedo.
"La gente...", risponde vago.
"La gente... Chi?", di nuovo.
"Un po' di gente...", dice.
"Si, ma un po' di gente chi?", insisto.


E saremmo andati avanti così in eterno se non gli avessi intimato di essere piú preciso e contestualizzare.


"A lavoro. Mi chiedono tutti di te. Come stai. Che fai. Dove sei...", si decide a specificare.


Gli ho spiegato che é perché scambio sempre due chiacchiere con tutti in modo cordiale, e per questa ragione quando vedono lui al posto mio gli chiedono di me.


Uomini e donne.


Mi sa che la prende a male, questa cosa.


É un bravo ragazzo, di fondo - scavando con la pala, o con una trivella di quelle oceaniche - ma nei confronti del prossimo altro suo é, come dire, un po' pessimo certe volte.
E la gente non é cretina.
Se ne accorge.
Me ne accorgo anche io quando lo fa con me e lascio correre perché altrimenti dovrei spargere il suo sangue.
E poi chi se lo sentirebbe che le macchie di sangue non vanno via facilmente da muri e pavimenti...


Insomma, é fatto un po' così, ma gli voglio bene e stimo la sua professionalitá sul lavoro.


"Ah, ok, allora ti chiedono cosí, per fare conversazione...", dico.
"No, a parte questo, qualcuno mi chiede sempre di te in modo specifico. Tipo Tizio... E come lui diversi altri...", dice.


A parte i soliti casi umani, gli sposati e impegnati a vario titolo, qualcuno vagamente interessante mai?













FORSE UN TRAMONTO QUANDO ESCO DA LAVORO



Il cielo rosa o dorato sul mare.
Certamente la luce.
All'uscita da lavoro, oggi, sará ancora giorno.


L'unica nota positiva del massacro che comporta alzarsi un'ora prima.

ACCAREZZAMENTI







Continuo a pensare che questo tipo giochi sul filo dell'equivoco.
Solo che non ha considerato che il mucchio specifico nel quale sta sparando i suoi colpi é composto di persone che si rispettano l'un l'altra.
E a quel che ne so, ci sta provando con un'amica.
Così pare.
Quindi per me rasenta il genere "asessuato", anche se riconosco che é un bel ragazzo e non mi dispiace la sua compagnia.


Ieri sera l'ho incrociato per caso e ci siamo salutati.
Mi ha abbracciata, e fin qui, nel saluto, ci sta.
La sua mano si é peró fermata sulla mia schiena per un po', accarezzandola.
E questo no.
Non ci sta.
Non era un gesto propriamente affettuoso.
Almeno cosí non mi é sembrato.
A meno di mettere a conto una percezione sbagliata della realtá.
Mi posso sbagliare, mica no.
E continuo ad augurarmelo.
Me lo auguro ogni volta che lo vedo e ho una percezione di un certo tipo.
Solo che accade ogni volta.


Posso sbagliarmi ogni volta?

domenica 29 marzo 2015

TEMPO RUBATO



Un'ora in meno su una vita che corre rapida é ingiusto.


Di quelle boiate che non si capisce perché!


Perché sono già quasi le quattro e invece dovevano essere le tre.




Il mondo intero ha deciso di radunarsi dove ero io, stasera.
Tutti gli incontri che non volevo fare, tutti insieme.
Tutti nello stesso momento.


E allora mi sono attardata a chiacchierare con uno sulla porta del locale, mentre con la coda dell'occhio aspettavo che uno di quelli che non volevo incontrare se ne andasse.


Nulla da fare.
É rimasto finché non sono uscita.
Si é intrattenuto con amici che abbiamo in comune e l'ho salutato, ignorandolo il resto del tempo.
Si é intrattenuto, cercando un'attenzione che non ha ricevuto.
Ha pensato bene, nel salutarmi, di dirmi che piú tardi sarebbe forse ripassato.
E 'sti cazzi?
Gli ho risposto "ok" con un gran sorriso.
O meglio, un vaffanculo poderoso mascherato da sorriso splendido.


E dunque l'altro.
"Continua a buttare l'occhio...", mi dice un'amica.
Le ho spiegato che ho troncato il rapporto virtuale che si era instaurato e che puó guardare quanto gli pare, non caverá un ragno dal buco.


Sono rientrata a casa con un'ora in meno, un po' di sobrietà l'ho persa per strada, ma quantomeno a letto mi ci metto da sola e a cuor leggero.


Di deficienti basta, basta, basta.





sabato 28 marzo 2015

MISURE, LEGNO, SEGHETTO



E il bianco.
Sono gli elementi che dovrebbero individuare un week end di fai da te.
Agli incontri che ho scampato per un pelo ieri sera, si aggiunge l'altro che voglio evitare oggi.


Sono particolarmente asociale, ultimamente.


Non ho voglia di vedere e sentire nessuno.


La mia compagnia telefonica mi ha regalato due giorni di chiamate illimitate e 2 giga al giorno.
I due giorni sono passati, e la promozione é stata sfruttata poco e niente.
Saró stata depennata in quanto cattiva cliente.


Devo prendere le misure e andare a comprare il legno.
E i seghetti per la sega elettrica, che si é rotto l'ultimo che avevo montato.


Non ho voglia, ma devo...
La mia cucina é troppo shabby e poco chic.
Piú che essenziale: spartana.
Quasi radical chic, ma non frutto ragionato di una scelta.
Di minimalismo neanche a parlarne.


Come vorrei che la casalinga che non é in me uscisse fuori e mettesse ordine in questa casa!













venerdì 27 marzo 2015

WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIEND



Nella versione di Joe Cocker, che é bella da paura, negli auricolari, mentre mi attardo nelle ultime faccende banali al lavoro.


Non vedo l'ora di mettermi in macchina e coverizzarla a squarciagola.


Stasera arrivo dove mi porta la macchina, prima di rientrare a casa.


Stasera non ce n'é per nessuno.

LA MORIA DEI NEURONI



Il processo irreversibile é in atto ed io non riesco ad arrestarlo.
Mi stanno morendo i neuroni.
Mi dimentico la gente.
Le cose.
Certi appuntamenti.


Fuori da un locale, un'amica saluta un tipo che mi pare di conoscere di vista.
Gli tendo la mano per presentarmi e mi risponde che ci conosciamo giá.
Ah ok, se lo dici tu, con quell'aria raccomandabile, ci credo...
Il problema é che il fatto l'ha confermato anche una mia amica.
Dice che é venuto in macchina con me ed altre persone, una sera.
Che abbiamo bevuto una cosa insieme in un locale.
Non mi ricordo.
Ho rimosso integralmente.
Mi sará morto un neurone quella sera.
O pure un paio.


Rivedo il tipo per strada in procinto di sghignazzare.
"(Cazzo ridi, mi ricordo di te, ora) Ciao".
Si é fermato a un ciao e ha ritratto lo sghignazzamento.
Probabile che mi abbia letto in faccia quello che non gli ho detto.


Che probabilmente la gente si ricorda sempre di lui, ma io é difficile che mi ricordo di qualcuno se non cattura in qualche modo la mia attenzione.


Stasera e il prossimo week end sono a rischio brutti incontri.
Non ho voglia di chiudermi in casa per evitarli, ma non ho voglia di incontrare qualcuno.


Mi morissero quei neuroni lí, quelli che ricordano le cose spiacevoli.
La gente sgradevole.
Che d'esser forte mi sono scocciata.
Mica no.









VENIRSI IN SOGNO



Sono venuta a trovarti in sogno, stanotte, come facevamo nel periodo in cui eravamo separati.
Come se il tempo non fosse passato.
Come se noi due non fossimo cambiati, mentre é certo che non sia così.
Come se esistessimo ancora l'uno per l'altro, mentre ora esistiamo solo per noi stessi.
Non ho piú nemmeno il tuo numero.
Ho pianto stringendomi al tuo petto, ma i miei occhi erano asciutti quando mi sono svegliata.
Ti parlavo mentre rimanevi muto, e mi rispondevi con gli occhi pieni di una nuova vita.
C'era un neonato in una culla nell'angolo della stanza.
Figlio d'altri.
O il figlio che non abbiamo mai avuto e che mi hai sempre chiesto.


Sulla strada per il mare che ho fatto per andare al lavoro, stamattina, ho avuto il tempo di scollarmi di dosso questo sogno.


Qualunque cosa succeda, ci siamo stati l'uno per l'altro, ma non ci siamo piú.
Non ci saremo piú.
Entrambi siamo andati oltre.


Anche se poi capita cosí, di trovarsi in sogno, e ricordare quanto fosse totalizzante quel sentimento.
E quanto sia inaccettabile piegarsi alla mediocritá dei rapporti usa e getta.



FINALMENTE LA COVER



Ho salvato dall'annegamento nella bacinella piena d'acqua il cellulare, ieri.
L'ho asciugato e ora funziona anche l'altoparlante che fino all'altro ieri non andava.
Saranno le cadute quotidiane.
Una al giorno a lavoro, a casa, per strada, in macchina.
Ogni giorno credo sia l'ultimo della sua brevissima vita.
Ho celebrato mentalmente il suo funerale almeno 100 volte.


E invece no.
É sopravvissuto.
E dopo il tentato annegamento, si é meritato una cover.
Un po' perché sono stufa di sentirmi dire "perché non ti fai una cover per il cellulare", un po' perché s'é spaccato in un punto e mi graffia il viso.


E quindi sono passata dai cinesi, all' uscita da lavoro, a prendere una lucina per l'armadio e a scegliermi una cover.


C'era azzurro cazzotto nell'occhio, verde ramarro, rosa confetto.


E nera.


Sará che a me di distinguermi a tutti i costi ricorrendo a colori improbabili non frega granché.
Sará che mi stufano in fretta, le mie scelte.
Sará che sono priva di un certo tipo di stile, di fantasia.
Sará che ultimamente il nero mi sembra un colore abbastanza riposante per gli occhi.


E quindi adesso ho un cellulare con la cover che non si vede.
Ergo, continueranno a chiedermi perché non mi decido a prendere una maledetta cover, ma almeno non mi graffio piú il viso.








SALUTI E BACI



Al solito locale, con un amico che non vedo da un po', che mi chiede cosa sia successo a Tizio.
"Perché?"
"L'ho visto prima, gli ho chiesto di te due volte e non mi ha risposto..."
"Ah, capisco. Dice che ha litigato con me, nemmeno mi saluta", gli dico aggiornandolo.
"Guarda, sta passando ora...", mi fa.
E ha tirato dritto, senza salutare nessuno dei due.
"Si vabbé, ma quindi non saluta nemmeno me ora? Perché sto con te stasera?", mi chiede sorpreso.
"Per la proprietà transitiva sei stronzo pure tu. Non é lui ad essere maleducato", replico con il sorriso.
"Lo conosco da piccolo... Un comportamento del genere lo trovo ridicolo", mi dice.




La sfacciataggine dell'idiozia ha questo di buono: non bisogna appplicarsi per dimostrarne l'esistenza, si appalesa da sola fugando ogni dubbio al riguardo.





giovedì 26 marzo 2015

IPOTESI REMOTE





C'é una cosa che deve insegnarmi, quando ci vediamo.
Se entrambi riusciamo a tenere fede a questa specie di impegno che abbiamo preso l'uno con l'altro.


Le sue parole sono garbate ed accoglienti, senza essere invadenti.


É tanto carino e mi spiace mettere a conto di farci cazzate.
E sapere che questa cosa l'ha messa a conto pure lui.
Ecco tutto.
Ci siamo giá andati tanto vicino e abbiamo evitato, ognuno per delle ragioni che oggi non valgono piú.


Ragioni sostituite da altre, per quanto mi riguarda.


Mi piace, ma non abbastanza da travolgermi.


Eppure avrei voglia di accoccolarmi tra le sue braccia e lasciare che abbia un po' cura di me, senza sentirmi una stronza approfittatrice.
















LEZIONI DI CUCINA DI SOPRAVVIVENZA



Prendete un mal di testa e poca voglia di nutrirvi, una volta tornati a casa da lavoro.
Mettete che in frigo avete cose che richiedono una preparazione elaborata, con l'eccezione delle zucchine - sante! - che si prestano ad ogni tipo di cucina.
Affettate la zucchina come vi pare e mettetela in una padella con l'equivalente di un cucchiaio grande d'olio d'oliva.
Fate cuocere per 10 minuti circa, tanto ci vuole a fiamma media.
Che poi si scuriscono, si vede quando sono cotte.
Aggiungete la panna da cucina e salate a piacimento.
Scolate le linguine (se avete voglia di arrotolare la pasta con la forchetta, sennó va bene pure la pasta corta) al dente e ripassatele nella padella con il condimento per una manciata di minuti.
Mangiatele come non ci fosse un domani.
Nessuno dovrebbe sentirsi giudicato, quando mangia, nemmeno da se stesso.




Tra un'oretta dovrei vedere un amico.
E sentirne un altro che forse ci\mi raggiunge.


Il mal di testa non é ancora passato.
Ho dolore alle spalle e al collo.
Credo di non avere asciugato bene i capelli, prima di uscire di casa.


E ho una gran voglia di cioccolata.
La voglia di fumo é passata.
Anche se saltuariamente faccio due tiri.


Se marzo é volato, da aprile mi aspetto ancora di piú.


Anche se non va bene affatto.


Non va bene ma é così.











mercoledì 25 marzo 2015

NOT THAT STRONG



Nella foto, lei é seduta a terra e lo guarda.


Certi amori sono invincibili.


Rasentano la leggenda.


Eppure non sconfiggono la vita e le sue vicissitudini, ma si inseriscono nei suoi solchi.






Io non credo di essere altrettanto forte.





SERE SOLE



Che torni con il vestito carino che hai messo per andare al lavoro e non hai fatto in tempo a cambiare.
Che gli stivali li senti stretti e sono la prima cosa che sfili.
Che quasi lanci via.
E poi la cintura.
E poi con i capelli e il trucco sfatti ti sgretoli scomposta sulla sedia e afferri il cellulare, sempre dopo avere acceso la radio a tutto volume.


Che c'é la Maugeri che spiega la genesi di Creep, e nemmeno la adori, ma ogni tanto la apprezzi.


Che un pezzo di carne al sangue e due patatine fritte, spruzzati con il succo saporoso dei limoni di campagna raccolti nel week end, ti sembrano una gran cena.
E lo sono, mica no.


Che ti scambi due messaggi con altre solitudini sparse per l'Italia, che se fossero qui si starebbe insieme, e invece cosí ci si fa compagnia a distanza.
Ognuno con tante piccole cazzate quotidiane da raccontare.
Incontri cestinati.
Rapporti evanescenti.
Cene solitarie.
E tu al centro di queste abitudini nelle quali piombi nelle sere sole cui volontariamente ti sottoponi.
Come se, pur cosciente dell'esistenza di altro, ti ostinassi in questo.


É ostinazione, questa scelta di stare sola?
É irrequietezza?
Cos'é?
Stasera non avevo voglia di immaginare uno scenario diverso da quello che potevano offrirmi i muri di casa.
Non sto né bene né male, solo svogliata.
E stanca.






L'AURA DI MARE



"Lei viene dal mare, si vede", mi dice l'impiegata.
Ho sorriso.
"Com'era stamattina?", mi chiede.
"Plumbeo. Magnifico", rispondo.
"L'ufficio che cerca non é questo, comunque, é al primo piano".
"La ringrazio, scusi del disturbo".
"Fa niente, é stato un piacere conoscerla!".


A volte mi domando se vado in giro con quest'aura fatta di salsedine che si vede a distanza.






"Sei sempre fonte di sorprese, tu...", mi dice scherzando un amico.
"Questo é perché magari mi vedete come una mezza sega e vi meravigliate di qualche mia qualità, quando esce fuori", replico.
Ha detto che sono pessima, quindi.




Ho cantato Halleluja con il vino che mi pulsava nelle vene, a notte fonda.
Ho cantato Halleluja e non l'avevo mai cantata.
Mai.

















LO SPLENDIDO



Dice che me lo voleva dire da un po', che il suo amico quando mi vede fa lo splendido e non lo regge.
Anzi, questa cosa lo fa proprio incazzare.
Dice che gli riferisce le cose che mi riguardano a pezzetti, come se volesse tenergli nascosto qualcosa.


Non c'é nulla da tenere nascosto, e neanche alla luce del sole.


Non c'é nulla di nulla.


Neanche lontanamente.


"Io non mi sono accorta di nulla...", gli ho detto.
Piccola bugia bianca.
Di qualcosa mi sono accorta, ma me la sono tenuta per me.


Ho fatto in modo di non incentivare certi comportamenti, e se non ha capito sono beati cavoli suoi.


Basta che non mi trascinino in un gorgo di gelosie cretine perché non ne voglio sapere.





martedì 24 marzo 2015

CENIAMO INSIEME



Non ho voglia di tornare a casa.
Non ho voglia di cenare da sola.
Che non posso fare tardi, ma non voglio rientrare presto, stasera.
Tutto qui.
E qualcosa d'altro, ma diciamo che l'espressione "tutto qui" puó ritenersi, in questo caso, onnicomprensiva.


"Mi sto facendo bello per te, stasera"
"Ma io sto vestita da mi' nonna, vengo direttamente da lavoro! Ti faccio sfigurare!"
"Non ci credo..."


E quindi devo passare a casa a cambiarmi.
E a sistemare pure i capelli, che li ho raccolti in uno chignon scomposto al lato della testa.
Ho voglia di pizza.
Di mangiare un vassoio di pizza al taglio in spiaggia e infilare i piedi nella sabbia.
E per questo dovró aspettare ancora un po'.
Per stasera mi accontento di quel che c'é.




E poi, tanto per rispettare una sorta di promessa tra le righe, buttata lí alla scordata, ho lanciato un messaggino viaggiatore nell'etere.
E quindi, sai che c'é, dovremmo forse, dunque, vederci, a breve.
Non dovevamo vederci anche con altri?
L'invito, allora, era solo per me?
Ma si, ceniamo insieme.
Cazzeggiamo con la musica, se ci va.
E poi cosa, chi lo sa.



IN FACOLTÁ



Sono uscita tardi da lavoro, stamattina, che volevo solo andare a casa.
Mi ero ripromessa, peró, di passare per l'università a prendere informazioni per un corso di laurea.
Ebbene, l'ho fatto.
Avevano chiuso, già, ma gli uffici chiusi non mi fermano, salvo rarissimi casi.
Casi, questi ultimi, nei quali nessuna persuasione, nessuna cordialitá, nessuna dialettica attaccano.
In genere, lo ammetto, peró, non ho problemi e non mi serve di insistere molto.




La laurea vecchio ordinamento mi consente di prendere lauree biennali un po' in quello che voglio.
Gli ulteriori titoli universitari che ho conseguito negli anni, invece, mi consentono un abbattimento sulla durata e sugli esami da fare.
Con la possibilità, volendo iscrivermi a settembre, di anticiparmi, in qualche modo, sin da ora, nello studio.


Si tratta di un corso di studi, quello che sto valutando, che si terrá in lingua inglese, peraltro.


E, cosa alquanto fantasmagorica, pagherei le tasse in base al reddito e non maggiorate all'ennesima potenza perché non é la prima laurea.


A breve torneró in facoltá, orari di lavoro permettendo, per fare una chiacchierata con il coordinatore, e affacciarmi in qualche aula dove si tiene lezione.


Non so se riuscirò davvero in questa cosa, ci sono diverse incognite e dubbi che devo sciogliere prima di iscrivermi.


Stavo valutando di prepararmi un paio di esami per la sessione estiva, e poi rinviare la decisione finale a settembre.


Non so fino a che punto ho voglia di prendere un impegno di studio per oltre un anno.
Poi penso che studio sempre.
Che sono allenata.
Che ce la posso fare.


E quindi credo che proveró come ho pensato, salvo ripensamenti e imprevisti che pure metto a calcolo per settembre.


Male che va, cosa ho da perdere?





















lunedì 23 marzo 2015

QUEL SECONDO IN PIÚ



L'ho incrociato stamattina, al lavoro, il contegno nobile, i gesti eleganti e sobri, a suo agio nel vestito rigoroso che indossava.


Mi ha vista arrivare e mi ha sorriso, trattenendo le labbra schiuse sui denti quel secondo in piú rispetto al dovuto, distraendo l'attenzione dal proprio interlocutore.


O almeno cosí mi é sembrato.


Ho sorriso spontanea e gioiosa, trattenendo gli occhi fissi nei suoi quel secondo in piú rispetto al dovuto.


Che mi ci sarei tuffata dentro, come ci si tuffa in un'acqua cristallina e invitante.


Mi sono affaccendata in altre questioni, e me lo sono ritrovato, all'improvviso davanti.


E ha fatto ironia in modo serioso, su una questione di lavoro, senza che nessuno la cogliesse, a parte me, che ho riso complice.


Ed é sparito di nuovo sino a riapparire sulla porta, facendo un gesto stupido con la mano e piantandomi gli occhi negli occhi.


Ho riso come una cretina.




Non me lo posso permettere e la devo finire immediatamente.


Eppure quando lo vedo mi smuove qualcosa dentro.


Ha una presenza estremamente composta, poco dinamica, ma riesce ad annientare tutto quello che ha attorno solo stando fermo in piedi.
E a far apparire quelli che ha intorno per quello che sono.
Ragazzini, pur cresciutelli.


Ha carisma, non c'é altro da aggiungere.


Ha sempre la fede al dito, che posso aggiungere?

















domenica 22 marzo 2015

HO SCRITTO TANTO...


... da rimpinguare nuovamente le bozze.
E tutto quello che non ho scritto, tutto quello che ho mentalmente composto nella solitudine dei tragitti verso casa, le mani incollate al volante dell'auto, l'ho perso.
Andato via per sempre.

Fa di nuovo freddo e piove, ed io non ero preparata ad affrontare il grigio cosí.

Giorni fa sono passata poco prima che accadesse un incidente pazzesco su un tratto di strada che percorro di solito per andare a lavoro.
Ne capitano spesso, lì.
Arrivo sempre un po' prima o un po' dopo.
Fortuna?
Appuntamenti mancati?
Appuntamenti che la sorte non ha fissato per me, probabilmente.

Quando accadono queste cose mi sento sempre un po' miracolata.

E anche se probabilmente un senso tutto questo non ce l'ha, credo che se rimango qui e viva e vegeta è perchè devo fare ancora qualcosa che non ho fatto.

Per me stessa o per altri, chi lo sa.

Devo ancora viaggiare tanto e conoscere qualche personcina interessante.
Devo ancora mettere le mani sulla chitarra e strimpellarla.
Sono così curiosa di sapere come si evolverà, ancora la mia voce.
E se diventerò mai donna in modo diverso.
Se sarò mai madre.
E che tipo di madre.
In fondo, a certe domande, ho già una risposta forte sepolta nel profondo di me stessa.
E come saranno le mie mani anziane, che già immagino, con la pelle bianca e trasparente sulle vene azzurre a sfogliare pagine di libri e vecchie foto.
A viaggiare, ancora, con un bagaglio a mano leggero.
E se avrò qualcuno cui raccontarla, la vita che sto vivendo ora, e che avrò vissuto per allora.



sabato 21 marzo 2015

DI PESI E OCCASIONI DI TOGLIERSELI DI DOSSO




Il principio cardine è che la vita è una.
E una bella fetta della vita me la sono già vissuta.
E goduta, non dico di no.
Ho fatto mille cose che volevo fare.

E oggi sono qui, in un luogo dove dovevo essere temporaneamente, con certi pesi che dovevano essere anche essi temporanei e che invece si sono trascinati nel tempo.
Non voglio che mi soffochino.
Non sopporto più di reggere tutto questo peso.

Mi sono chiesta se il mio posto è qui, in questo grazioso posto di mare, così tante volte che ho cominciato a pensare se la domanda stessa e le risposte certe che mi si propongono sono effettivamente corrispondenti ai miei desideri.
Volevo togliermi il peso di dosso.
O quanto meno alleggerirlo.
Ed è arrivata l'occasione.
E con essa la possibilità di dare nuovo corso e nuovo impulso alla mia vita.
Lo voglio ancora, mi domando?
Voglio ancora andare via?

Devo decidere se cogliere l'occasione, prossimamente, con i suoi pro ed i suoi contro.
I pro sono davvero allettanti.
I contro, considerati in prospettiva, e considerato pure che la vita è adesso, mi sembrano davvero marginali.

Ne ho discusso in famiglia, perchè certe scelte non si prendono in solitudine e a cuor leggero.
Anche se il cuore ha cominciato a volare.

Mi sono sentita dire che sono l'unica che può decidere, perchè decido per me stessa, ma decido anche per la famiglia, in un certo qual senso.
E devo assumermene la responsabilità.

Mi sono messa in discussione.
Ho messo in discussione lavoro, famiglia, radici, obiettivi.
E restano i soliti punti fermi.
La vita in potenza, quella che è ferma in un bocciolo che probabilmente non sboccerà mai, ma che resta lì a profumare di fresco l'aria che respiro.
La vita reale, che affronto quotidianamente, e che non mi soddisfa integralmente.
La vita che verrà e che non conosco, ma cui oggi posso dare un indirizzo diverso, se così deciderò.

Altrimenti da domani sarò solo appena più leggera, ma sempre qui.


L'ho già scritto che, tra le altre cose, sto valutando di iscrivermi all'università, di nuovo, e prendere un'altra laurea?
Oltre una materia che adoro e che sto praticamente studiando da autodidatta e nella quale non mi dispiacerebbe qualificarmi prendendo un master o una specializzazione ad hoc?
Ah, e naturalmente un corso della durata di un anno e mezzo per ampliare le mie competenze nel lavoro che già faccio.

Entro l'estate devo decidere un bel po' di cose...
Spero di riuscire a gestire il lavoro in modo tale da poter fare almeno una piccola parte di ciò che ho in mente.


Tra poco ho appuntamento - al quale sono già in ritardo - con amici per andare in un locale molto carino con jam session notturna.
Ho radunato un gruppetto e si va tutti insieme, stasera.

Mi domando se riuscirò ad improvvisare un whole a lotta love dei Led Zeppelin in chiave blues/acustica.
L'altra sera, in cucina, mentre cucinavo, ho imbracciato la chitarra e azzeccato due accordi ed è uscita da sola... e stasera chi lo sa, la riprovo per far ridere gli amici.

Scappo.

E' già tardi...!!!





venerdì 20 marzo 2015

LIBRERIE MALEDETTE: LA VENDETTA



E siccome che sono nati tutti insieme appassionatamente negli stessi giorni, gli amici, di nuovo alle prese con il regalo sono tornata in libreria.


Stavolta ho portato a casa un libro sulla grafologia, un paio di psicologia, un paio di filosofia.


Giunta al reparto fotografia, quando tutto sembrava ormai finito, é arrivata la commessa a dirmi che stavano chiudendo.


Benedetti siano gli orari di chiusura delle librerie maledette, che ci casco sempre...

SBIRCIARE I VOLI DURANTE L'ORARIO DI LAVORO



No, ecco, sto lavorando a cose pesanti e scoccianti al pc e quindi per rallegrarmi un attimo sono passata a dare una sbirciata al mio sito preferito di voli, dove avrei trovato a un prezzo ultra abbordabile una toccata e fuga altrove di circa 24 ore...


"Forse ti raggiungo, toccata e fuga...", ma ancora non ho deciso.


Peró a questo prezzo stracciato sarebbe un peccato non partire...











giovedì 19 marzo 2015

PROPOSTE BELLE



Mi contatta per dirmi che c'ha degli amici che suonano musica elettronica su un'isola grande, a breve, se voglio andare anche io.


Magnifico.


Solo la proposta mi fa venire l'acquolina in bocca, e mi sento lusingata per esserne stata destinataria.


Solo che capita poco prima di un piccolo percorso italiano on the road e on the boat che avevo in mente di fare in altra ottima compagnia.


Roba che devo dire a lavoro "scusate, sparisco un attimo".


Roba che mi aspetto solo un "fai pure".


Roba che mi serve una vincita di soldi perché non so di cosa altro privarmi per destinare quello che guadagno e mi avanza da spese e tasse ai viaggi.




Si tratta di proposte abbastanza folli.
Quella di cui non racconto é ancora piú che folle.
É fuori dal mondo e immersa in una grazia divina.
Ed é costruita ad arte per me.
E per un'unica altra persona sulla faccia della terra.
Quella che mi propone e cui propongo puntualmente un certo tipo di follie.
La risposta di entrambi, da sempre, é sempre un pieno affidabile si.
Dovessimo scavalcare una montagna a mani nude per mantenere la promessa fatta e non mancare.


Lo sappiamo solo noi, che significa.
Una sorta di patto di sangue e fratellanza che tale non é mai stato, ma é.
Il concorde movimento dei pensieri che attraversano le distanze del mondo.
Sino a raggiungersi.
Sempre.

















SOSTE OBBLIGATE PRIMA DI ARRIVARE AL LAVORO



La gelateria é di strada.
Non ce l'ho messa io, sta lá da sempre.
Che colpa ne ho se farciscono certi cornetti con il gelato che sono deliziosi?


E quindi ho esercitato il mio sacrosanto diritto al cornetto ripieno al bacio.




Nel giorno della festa del papá, ho immancabilmente litigato con il mio genitore preferito.


Ci eravamo preparati giá da ieri.


Siamo professionisti del litigio, lui ed io.


Mi ha appena chiamato per ragioni di lavoro, il suo modo di porgermi un ramoscello d'ulivo.
L'ho raccolto e l'ho sgravato da un incombente che non puó vedersi lui, equidistribuendo il da farsi in modo ragionevole.


Fa freddino oggi.
Sará il gelato, il clima strano, il mio vestitino leggero che fa tanto primavera.
Non saprei.
Fará ancora piú freddo stasera se vado a vedere i fuochi che fanno per San Giuseppe.
Senza far troppo tardi.
Oppure facendo tardi e dormendo il minimo necessario, mettendo a conto di trascinarmi a lavoro, domani.


Sono stanca di lavorare.
Lavoro da una vita.
Poi mi ricordo che non vivo solo per questo, ma che comunque lavorare é sempre stato tanto un obbligo quanto una scelta e una vocazione.


E quella che sono oggi la devo in parte anche a papá, oltre che al terribile carattere che mi ritrovo.
Alla determinazione nel non voler essere da meno rispetto a lui, che ha una spiccata personalità, e con le proprie mani e il duro lavoro ha costruito cose impensabili per tante persone.
Erano altri tempi, certo.


Eppure io ho sempre sentito forte l'esigenza di emanciparmi dalla sua figura ingombrantissima, di non inserirmi nel solco da lui tracciato, di crearne uno mio in autonomia.


E tanto ho fatto.


E mi rendo conto che il mio percorso si affianca oggi al suo e lo integra.
E finirá per assorbirlo, se saró in grado di farcela a rimettere a posto tante cose.


Perché é questa la scommessa maggiore, oggi, che pende sulla mia testa.













mercoledì 18 marzo 2015

STANARE GLI IDIOTI



A stanare gli idioti é un attimo.
E non sarebbero idioti se non si lasciassero stanare in modo cosí semplice.
Basta un messaggio ad hoc.
Basta far finta di sbilanciarsi, dopo che si sono abbondantemente sbilanciati loro, perché mettano le mani avanti.
Basta fissare un appuntamento dal vivo con quelli che sono capaci di intrattenere solo rapporti virtuali - in buona sostanza parecchia gente - perché lo manchino.
Il tipo di scusa opposta é irrilevante, la figura finale é sempre la stessa.
Meglio comunicare per parole immagini da dietro uno schermo, per molti.
Non ci si rimettono nemmeno centesimi per offrire un caffé.
Sará pure piú igienico, probabilmente.
Contribuisce sicuramente a mantenere le loro vite come involucri vuoti e asettici cui é preclusa ogni contaminazione da parte di elementi esterni.
Bello, sul serio.




Ho proposto un caffé ad un tipo che mi messaggia da un po' e che conosco appena tramite amici in comune.
Giusto per capire se avesse davvero curiositá di conoscermi o se invece non fossi un diversivo, un divertimento, uno strumento per ingannare il tempo.
Non ci sará alcun caffé.
E non ci si incontrerá se non davvero per sbaglio, d'ora in poi.


Dalla mia bocca non uscirá mai piú una proposta per nessuno, perché ogni risposta che ho ricevuto, verbale e non verbale, negli ultimi tempi, ha fatto alquanto pena.


Come gli uomini cui erano dirette.


L'esperimento sociale cui mi ero prestata é ufficialmente terminato.


Ho bisogno di essere drastica, adesso, perché non ne posso piú di certe dinamiche, sempre uguali a se stesse.


Non ne posso piú degli idioti che mi contattano


Non ne posso piú di uomini pessimi.









CAMBIARE LAVORO



Non vedo da tempo una tipa, in giro.
Stamattina ho chiesto a una che lavora dove lavorava lei, che fine avesse fatto.
"Ha cambiato lavoro?"
"Eh... Direi", mi risponde, sgranando gli occhi.
"Mi fa piacere per lei... Perché me lo dici così? Ha trovato un gran bel lavoro?", le chiedo.
"Piú che lavoro ha cambiato vita... Ha preso i voti", dice.


Ecco, vorrei non farci dell'ironia sopra.
Peró...
"Piuttosto che con uno di questi mi faccio monaca" quante volte deve averlo pensato?


A parte gli scherzi, ognuno é padrone della propria vita e di farne quello che ritiene.
Occorre certamente una fortissima motivazione per intraprendere un percorso simile.
Significa tagliare i ponti con il mondo.
Significa castitá.
Ed io, ad oggi, non riesco ad attribuire valore alla soppressione consapevole della propria sessualitá, perché personalmente la trovo una pratica barbara e inutile.


E prima di essere messa al rogo come una strega, la chiudo definitivamente qui...











martedì 17 marzo 2015

FUNNO



"Eppure che é?
É solamente mare, acqua e sale, ma é funno, funno assai".


Erri De Luca




Il sentimento viscerale che mi lega al mare é lo stesso di cui ho letto nel libro.
Ricordi di sopravvivenza, di pesca, di uomini innamorati del mare, di rapporti fatti di gesti e parole mozzate dal vento, o pronunciate con gli occhi.
Le onde come fossero territori di un mondo che é un magnifico miraggio, perché basta un attimo per cambiare fisionomia.
Un attimo per inghiottire te dopo aver trascinato a fondo i fardelli emotivi che appartengono alla terraferma e che baratti in cambio di un profondo sorso di salsedine.




Sono Nicola, quando dice "Né paù".
Non importa quanto il mare sia burrascoso e l'alba distante.




"In mare non sentivo distanze".
Perché non ce ne sono.
Almeno per me.
Mi raggiungo nel profondo e senza lottare.
Non c'é altra distanza che mi interessi colmare.
Depongo le armi e le offro in dono alle onde.
Mi abbandono al movimento dell'acqua.




Ho sentito il rumore del mare costante, mentre voltavo le pagine.


Altri rumori non mi hanno esattamente colpito allo stesso modo.
Forse manco di un certo tipo di sensibilità, in questo momento, ma la storia di "Tu, mio", non é riuscita a toccarmi fino in fondo.



















IL BAGNO ALLA CANNELLA



Ho comprato dei prodotti profumosi per il corpo, oggi, di ritorno da lavoro.
Questo bagno per il corpo alla cannella, in particolare.
É di una marca attenta all'utilizzo di estratti naturali.
Il flacone rinvia alla forma di un'ampolla.
É di colore blu.
L'ho piazzata sulla vasca da bagno, dove fa bella mostra di sé.


Temo che stasera non riusciró a testarlo, peró.
Sto cenando e a malapena ho la forza di masticare.
E poi devo trascinarmi a letto.
Di nuovo un po' di herpes.
Di nuovo febbriciattola, probabilmente.




La gravidanza di un'amica é gravemente a rischio ed io sto in ansia per lei.
Era una notizia che temevo da giorni ed é arrivata, netta e dura, mentre guidavo per andare a lavoro stamattina.
Non ho saputo cosa dirle.
Io non so nulla di quello che ci vuole per decidere di mettere al mondo un figlio e portarselo in grembo.
Vorrei attingere a qualcuna delle parole scritte qui o scritte altrove.
A parole nuove.
Parole per darle conforto e rassicurarla.


Non ne trovo.
Non ne posso trovare.
Posso solo restare muta e in attesa.





DI FRETTA E GIUDIZI



Provocazione mirata?
Dice di no.
Abitudini collaudate in dialoghi che si ripetono con persone intercambiabili tra loro?
Ancora, no.


"Troppo cerebrale per capire che si puó star bene senza complicare il pane", mi suona in testa.


Gli ho detto di rilassarsi, che non c'é urgenza, in questo scrivere.
Non c'é un giudizio universale che pende sulle parole scritte.
Sono solo parole, e tanto valgono.
Facce da schiaffi divise da uno schermo che non puó ferirle.
Perché non c'é alcun contatto.
Non c'é alcuna interazione chimica.
Solo carta virtuale virtualmente sfiorata.



CODA DI CAVALLO



Non lego mai i capelli, se non raramente.
Una reazione alle code e alle trecce serrate e perfette che mia madre mi imponeva da bambina per andare in giro in ordine.
Nella sua testa, probabilmente, era l'unico modo di domarmi e allinearmi all'idea di figlia che voleva che fossi e non sono stata mai.
Finché un giorno non le dissi di portarmi dal parrucchiere perché volevo tagliare i capelli come papà.
Quello che per lei era l'equivalente di pettinare le bambole, era per me un castigo intollerabile.
E cosí mi assecondó dopo tante insistenze.
Via i boccoli biondi.
Capelli corti e da maschio erano piú sopportabili della costrizione della legatura, anche se costituivano una piccola rinuncia a quella femminilitá che cominciava a germogliare e che ero costretta a reprimere nelle forme imposte.


Non ho mai voluto somigliare a lei.


Ho scoperto solo in etá adulta di non essere l'unica donna a non avere avuto un rapporto propriamente idilliaco con la propria madre.


E ho smesso di sentirmi in colpa per questo.


E cominciato a rimettere a posto i moralisti dell'ultima ora, che pretendevano di darmi lezioni sul rapporto madre-figlia senza avere la minima cognizione di causa.




Stavo parlando della coda di cavallo, lo so, e sono finita a mia madre.
Ad un rapporto cosí doloroso da non riuscire nemmeno a parlarne o scriverne, se non rarissimamente.


É che quando alzo i capelli e ne faccio una coda - non lo faccio davvero mai - scopro il viso in modo diverso rispetto a quando li ripongo in uno chignon o li aggroviglio, momentaneamente, per lavarmi i denti o truccarmi.
Quando faccio questa cosa, nello specchio riemerge la bambina che ero e, sovrapposta a lei, la donna che volevo diventare.
Quella che sono oggi.
La stessa bocca, meno serrata e rigida, dalla quale ho lasciato fiorire carnose le labbra e la voce.
Gli stessi occhi del colore caldo e liscio del guscio delle nocciole, sotto un velo di trucco.
Le rughe d'espressione quando sorrido dello stesso sorriso di sempre.
La sicurezza che confidavo sarebbe emersa, scacciando via la timidezza patologica dalle mie espressioni facciali.


Probabilmente la mia sacrosanta avversione a pettinare i capelli e legarli in modo ordinato é riconducibile al rifiuto di una femminilità che non mi appartiene, e che non voglio mi si appiccichi addosso nemmeno per sbaglio.


Non riesco ancora a considerare la coda di cavallo soltanto come una acconciatura alternativa ai capelli sciolti per tutte queste ragioni.


Eppure, adesso, sto con i miei scomodissimi capelli legati a lavorare al pc.


Perché non lo ho sciolti, allora?


La risposta é scontata: perché sono sporchi.
E perché ce la posso fare anche a resistere a me stessa e a tanti sentimenti che quotidianamente fanno silenziosamente a cazzotti nel mio petto.







lunedì 16 marzo 2015

SONO ANDATA PERCHÉ DOVEVO



Ci stavo riflettendo da oggi.
Se andare, oppure tirarmi indietro con una scusa.
Sarebbe stato comodo.
Nessuno mi avrebbe biasimata.
Nemmeno la persona che dovevo passare a salutare.
Mentalmente in bilico tra le due uniche opzioni disponibili, non sono riuscita a venirne a capo.
Fino alle 23,00 sono rimasta inchiodata alla poltrona davanti al camino a leggere e cazzeggiare distrattamente con il cellulare, la coperta calda tirata addosso.
Devo andare, mi sono detta a un certo punto.
Non posso avanzare scuse.
Non é da me, non sarei io.
"Stai andando sul serio?", mi chiede un' amica su whatsapp?
"Si".
"Da sola?"
"Si".
Mi ha risposto che da sola, in quel covo di belve, neanche se l'avessero pagata.
Lo so.
Nessuno.
Ma io sono io.
Mi sono alzata, abbandonando la comodità e la quiete del camino, e ho cominciato a prepararmi.
Ce la posso fare, mi sono detta.
Cosa sará mai affrontare un po' di gente?
Quella gente?
Da sola non é mai stato un problema.
Da sola ho fatto e faccio tante cose da sempre.
Ho me stessa, il mio sorriso, la mia sicurezza, la mia socievolezza, ci sarà sicuramente qualcuno che conosco, e alla peggio mi trattengo 10 minuti e vado via, ho pensato.


Ho infilato un bel vestito, ho bistrato gli occhi quanto basta, indossato un'espressione di strafottenza, e sono partita.


"Sono qui. Dove sei?", scrivo mentre entro nel locale.
Apro la porta e mi sento chiamare.
L'amicizia é anche questo.
Non mancare quando non si puó mancare.
Senza scuse.
Senza creare disagi a chi non c' entra nulla.
Mi sento chiamare di nuovo.
"Sei venuta!", mi dice.
"Non potevo mancare, scusa il ritardo", da ritardataria professionista quale sono diventata.


Ho incontrato poi un paio di persone che conoscevo e sono riuscita ad intrattenermi con loro.
"Con chi sei scesa?", mi dice qualcuno, conoscendo la situazione.
"Da sola...", rispondo con un gran sorriso.
Dentro non stavo sorridendo affatto, ma questo gesto, ormai, di sorridere comunque, fa talmente parte di me che nessuno se ne accorge mai del milione di cose che c'é dietro.
"Non preoccuparti, ci sto io con te stasera", mi dice con il sorriso gentile e onesto.
Ho apprezzato di cuore questo gesto.
"Anche se poi arriveranno a pioggia illazioni sul fatto che ci stai provando con me?", gli dico, memore degli ultimi commenti inappropriati di cui ho avuto, mio malgrado conoscenza.
"Non me ne frega niente. Sei una bella donna, gli rode, é invidia. Mi piace la tua compagnia, lo sai, e mi fa piacere intrattenermi con te", mi risponde sincero.
E va bene cosí, allora.
Di stare bene in mezzo al male.


Da due siamo passati rapidamente a tre.


"Cosa é successo? Perché mi sembra evidente che qui sia successo qualcosa...", mi dice.
"Non esco piú con loro, semplicemente", ho risposto.


Che poi questa cosa, di per sé, abbia fatto venir meno i fondamenti dell'educazione altrui e abbia scatenato questioni al limite della decenza, é un problema che non mi riguarda piú da un po'.


I nodi vengono sempre al pettine.
Talvolta gli stessi nodi vengono ai pettini di più persone.
Per fare ordine ci vuole tenacia.
Perché poi da una scopri di essere due.
E da due, tre persone.
E questa cerchia si sta allargando da un po' e continua ad allargarsi, perché ognuno ha i suoi motivi, e certi conti non tornano.
Ed io, quella che sono non la devo spiegare.
Chi mi conosce sa con chi ha a che fare.
E anche questo fattore fa parte di quei conti che proprio non tornano.


Le bugie hanno sempre le gambe corte.
La cattiveria, se non le gambe, il fiato.
E questo fiato glielo sto lentamente soffocando in gola.
Del resto, sono io la cattiva, alla fine dei conti.
Gli stessi conti di sopra.
Quelli che non tornano.











domenica 15 marzo 2015

DOVE MI PORTA LA NOTTE



Sono uscita con amici, poi ieri.
Il solito giro nei soliti posti, al termine di una magnifica serata passata a casa e in compagnia.
Ho incontrato altre persone, in strada.


"Vieni con noi?", mi dicono, proponendomi di spostarci altrove.
Acconsento.
Si tratta di amici di amici, in verità, con i quali ci si incontra una tantum e si discorre in modo amabile e alla pari.
Mi domandano ogni volta per quale ragione non ci si frequenti in modo più assiduo.
La risposta é semplice.
A qualcuno poteva dare fastidio, e da buona amica ho evitato.
Questa cosa é uscita fuori ora, a distanza di diverso tempo da che la mia amicizia é stata calpestata, e non ha più ragione di opporsi a frequentazione alcuna.


"Nemmeno l'amicizia su fb!", insiste uno di loro.
Bello mio, prenditela con le tue spasimanti e trombamiche, che stanno fuori di testa e ti fanno terra bruciata attorno, io non c'entro e non ci voglio entrare.
Non voglio trovarmi bamboline voodoo con le mie sembianze, infilzate da capo a piedi da spilli, solo per un'amicizia su fb.
"E che nessuna sappia che stasera sto uscendo con voi!", dico loro, ridendo di gusto.


Naturalmente, delle scempiaggini di povere derelitte in cerca di marito, ad oggi, non mi importa più nulla.


Nel tragitto con due macchine, mi sono equamente distribuita all'andata con uno e al ritorno con un altro.


Il primo ci ha tenuto a precisare che non é asessuato, anche se io lo tratto come tale.
Non lo reputo asessuato.
É figo.
É decisamente interessante, un uomo di cultura dal sorriso smagliante.
Solo che si é "frequentato" con troppe persone, e molte anche di mia conoscenza, e non ho intenzione di rimpinguare certe liste altrui.
Né le mie.
Di rimando, gli ho detto che lo reputo e l'ho sempre reputato un tipo particolarmente valido, e che non capisco come possa frequentare compagnie decisamente distanti dal suo modo di essere.
Come possa non soffrirne.
Come ne soffro io.


Abbiamo raggiunto il locale, e fatto un rapido giro, abbiamo deciso di andare via.


Abbiamo tirato quasi fino all'alba, a casa di uno di loro, a parlare di come si siano guastati i rapporti uomo-donna, di politica estera, di guerre.


Sembrava quasi brutto andare via, ma era ora.


E quindi, la prossima volta ci si rivedrá per scelta, non per caso.
Perché la compagnia é gradevole e i discorsi pure.


E per quanto voglia bene a certi amici che frequento piú spesso, ho bisogno di ossigenarmi con discorsi diversi.


E con prospettive di vita diverse.












LIBRERIE MALEDETTE



Ero uscita per andare a prendere un regalo in libreria.
Ho preso dagli scaffali l'inedito ultimo di Terzani e "Un indovino mi disse", libro con il quale l'ho scoperto e me ne sono innamorata.
So per certo che non li ha letti e mi prendo la briga di introdurlo al magnifico mondo di uno dei miei scrittori preferiti, del quale diverrá a breve, se sará fortunato, letteralmente dipendente.
Spero che apprezzerá la scelta.


Dovevo prendere solo il regalo.
Solo quello.
Sono tornata a casa con quattro libri per me.
E ho lasciato l'ultimo di Terzani - ho cominciato a leggerlo e mi ha subito travolta - perché preferisco prenderlo in edizione economica.
E per fortuna mi ha raggiunta un' amica per un caffé, altrimenti avrei continuato a prelevare dagli scaffali grondanti di libri che ancora non ho letto e di cose che devo ancora sapere, scoprire ed imparare.


Ho dovuto prendere "Tu, mio", di Erri De Luca, perché mi aspettava.
Perché é una vita che lo aspetto.
Perché dovevamo incontrarci di persona, faccia a pagina, e non piú per caso, attraverso citazioni sparse qui e lí.
Ho qualche aspettativa che spero non venga tradita.
Giá che c'ero, mi sono letta anche il libro sulla questione della Tav, nella quale si ritrova coinvolto lo scrittore, pendendo un procedimento penale nel quale é imputato.
Non riesco a pronunciarmi in merito in modo netto né a prendere una posizione univoca.
Certamente, bisogna prestare profonda attenzione alle proprie esternazioni, pubbliche quanto private.


Fitzgerald e la sua "Tenera é la notte" é un altro appuntamento, più volte mancato ma sempre agognato, che non potevo più mancare.
C'é qualcosa, della sua scrittura che mi cava le viscere dal corpo e me le rende bagnate di pianto.
Un pianto celestiale.


Stavo per andare via, quando ho visto un libro a 5,00 euro circa, dall'altisonante titolo "Il faraone".
Come libro da cazzeggio mi sembrava carino e mi sembrava lecito concedermelo.


E quindi stavo per andare davvero via quando ho visto il bel faccino di Jimi emergere dallo scaffale del reparto musica.
E sulla copertina in bianco e nero il prezzo di (s)vendita.
Che facevo, non lo prendevo per un pezzo stracciato un libro del genere, con il resoconto di tutte le registrazioni e con immagini (meravigliose foto, inclusa una in cui, nel 1968, riprende una Janis Joplin in carne, ossa e sorriso) e dettagli che ancora non conosco?
Le pagine di questo libro, ampie abbastanza da perdercisi, hanno un profumo che é quello della carta stampata per essere toccata e annusata.
Per averci un rapporto fisico, ed esercitare il tatto a maneggiare la bellezza e la curiosità.
Sono lisce come i migliori libri di favole dell'infanzia, e tra l'una e l'altra, mentre le sfoglio, fanno quel rumore che mi fa trattenere il respiro per l'aspettativa che ingenerano su quello che troveró nelle successive.


Dunque, oggi, con il camino acceso, mi godo la meritata lettura dei nuovi libri.


Potrei anche dormire un po', considerato che sono rientrata alle 4.30, stamattina, ma questa é un'altra storia, che richiede un post a parte.


Forse piú tardi, o forse mai.





venerdì 13 marzo 2015

E APPUNTAMENTO AL PAESELLO



Perché oltre agli amici sparsi per l'Italia e per il mondo, ci sono i conterranei che si sono trasferiti altrove e che ogni tanto tornano.


Come fosse un piccolo rifugio per cuori randagi, questo quieto posto di mare.


E quindi, considerato che tutti gli ammiratori, nel fine settimana, sono prevalentemente impegnati con mamme, mogli, fidanzate e trombamiche geograficamente e logisticamente piú raggiungibili della sottoscritta, ivi incluse quelle virtuali, mi godo una serata in compagnia di gente vecchia e, forse, anche nuova.


Che poi arriva il venerdí ed io non so mai cosa aspettarmi da queste serate che non si sa nemmeno esattamente chi siamo, che tutto é possibile e a tutto va solo dato modo di accadere...


Che tutto é sempre bello cosí come viene.









APPUNTAMENTO IN CITTÁ



Ho un paio di ottime ragioni per fare un salto a Roma, prossimamente.


Una riguarda il ritiro di un titolo, che pare sia pronto in forma cartacea, e me lo hanno appena comunicato via mail.
Era ora, mi verrebbe da dire.
L' ho conseguito diverso tempo fa, ed il ritardo nella consegna non ha giustificazioni lecite.




L'altra ragione é che con l'occasione rivedo amiche sparse per l'Italia, che, ciascuna per le proprie ragioni, si troverá lí nel week end.


Considerata la compagnia, debbo farmi una previa cura di multivitaminici ed integratori.


É bello avere amici sparsi per l'Italia, e darsi appuntamento nella capitale, con i soliti programmi non scritti da rispettare.


Certo, posso complicarmi la vita e incastrare, nel soggiorno romano, un altro incontro.
Non propriamente "amichevole".


E forse mi piace complicarmi la vita, in questo momento.


Sempre per il motivo per cui non devo rendere conto a nessuno.


Quanto é meravigliosa la libertà?























UNA NOTTATA PER RIPRENDERSI



Dopo dodici ore di sonno inchiodata il letto a contare i brividi e a chiamarli per nome, mi sono alzata quasi fresca come una rosa.
Fuori é primavera.
E dunque sono operativa.
Ho pranzato con le mie verdurine adorate ed un carpaccio di manzo.
A me la carne piace cruda.
Al massimo al sangue.
E adesso caffettino, poi ceretta, e manicure.


Che barcollo mentalmente tra il rosso che vira all'arancio e un prugna scuro che vira al nero.


Probabilmente metto il nero.
Oppure una French senza pretese.


Ogni volta é un casino scegliere il colore giusto, e dopo averlo scelto, ne cambio altri dieci.






Qualcuno si é proposto di venire a ballare con me.
Solo che io non ballo, sono un ciocco.
Peró ci voglio provare.
Appena fanno una lezione prova di tango, vado.
Mi diverte la parte teatrale, la mimica nel tango é fantastica, un corteggiamento danzante.
E l'amico che verrebbe con me si presta decisamente a questo genere di cose.




Prima di andare in coma, ieri, stavo messaggiando con un collega.
Ultimamente mi contatta per delle cortesie e delle chiacchiere banali.
Ieri, peró, mi é sembrato si stesse oltremodo intrattenendo a parlare di aria fritta.
Spero di aver subodorato male, e che sia solo simpatia da nulla.




"Come sei vestita?", mi scrive.
Anche questo messaggio mi é arrivato poco prima della fase comatosa.
Io ho ben in mente cosa avrei dovuto rispondere per paracularlo un po', ma ho avuto comprensione di lui e non l'ho fatto.
Perché non sono una stronza insensibile nemmeno con gli idioti.
Gli ho risposto smorzando il tono della domanda.
Che vesto in modo professionale e serio, quando sono al lavoro.
Del resto vesto in modo decoroso anche fuori dal lavoro.
Il modo "usa e getta" con il quale continua a porsi mi conferma ogni impressione.
Non voglio diventare un numero da spuntare nella lista ideale dal nome "le donne che mi sono trombato" né una sfida.
Eppure ho l'impressione di essere considerata in entrambi i modi, il che oscilla tra l'avvilente e il disgustoso.
E ne ho le palle piene di quelli che si mettono in testa di spuntarla con me solo per il gusto di portarne una nuova a letto.
Almeno fossero all'altezza delle aspettative, poi.
L'ho detto, scusate.
L'ho detto e me ne prendo la responsabilità.
La prossima domanda o affermazione fuori luogo saranno le ultime.
Ed é da vedere se saranno telematiche o dal vivo, a questo punto, essendo arrivato il week end.
Perché c'é il serio rischio di incontrarsi, a meno che non mi dilegui dai soliti posti.
Ed ho una mezza idea di farlo...
Non ho voglia di incontrarlo e rispondergli a tono.
Non ho voglia di passare per la stronza che non sono.
Perché, certo, storia nota, se non ridi a battute ricolme di idiozia é perché chissá chi pensi di essere.
Se non ci stai immediatamente sei frigida.
Troppo complicato riflettere sulla validità di certe armi di seduzione di massa che non funzionano con tutte.













giovedì 12 marzo 2015

MI ERO FATTA SCURA...



... ma sono di nuovo chiara.
Ogni giorno di piú.
Chiara e strafottente.


Come lo ero una decina di anni fa.
Anni di smussatura di spigoli buttati in un attimo al vento.
Riepiloghi dai quali germogliano vecchi bulbi.
Che in primavera, si sa, abbandonano la terra volgendo nuovi steli e nuovi petali al sole, salvo poi seccare e rifugiarsi di nuovo nel tepore umido del suolo.




Sono uscita 10 minuti prima da lavoro per precipitarmi nel letto di casa.
Ho i brividi.
Mi viene da rimettere.
Sono sola.
Non appena mi saró addormentata (digiuna), nessuno staccherá i caloriferi.
Mi arriverá una bolletta del gas stratosferica.


Sono bollente e sto ghiacciando.
Questa mi sa che é febbre...


In questi momenti ho bene in mente l'uomo che vorrei accanto.
Un crocerossino!
L'equivalente maschile di madre Teresa, che si abbracci i miei mali mentre abbraccia me.
Nel letto.
Che fa davvero troppo freddo, da sola, stasera...











HO DECISO CHE NON FA PER ME



Ci ho riflettuto seriamente se stia esagerando la questione.
Se sia esagerata io.
Se non sia solo un handicap di superficie, questa idiozia, o abbia radici piú profonde e consistenti.
Se sia particolarmente incavolata e delusa dagli ultimi incontri con il sesso opposto da avere perso lucidità nella valutazione.
Solo che sento che non é così.
Non ce la faccio ad andare oltre.
Non fa per me.
Quello che per altri puó essere una persona interessante, a me non sta interessando.
E non mi voglio castigare ulteriormente conoscendolo telematicamente finché non ci vediamo.
Quando ci vediamo non so nemmeno se ho voglia di scambiarci due chiacchiere e da sola.
E so che dovró farlo per via di amici in comune che probabilmente incontreremo insieme.
Eccola la fregatura.


Trovo imbarazzante il dislivello tra uomini "interessanti" e "in gamba", che dovrebbero esser tali, e donne che lo sono all'ennesima potenza e non se ne fanno vanto.


Perché una donna bella, interessante e in gamba deve valere sempre meno, anche ai suoi stessi occhi, di uno sfigato che si dà un tono?


Perché ad un tavolo di soli uomini eccetto una, al quale si parla di affari, il tono di sufficienza, mascherato da un cordiale distacco, é riservato all'unica donna presente?


Come puó una modella fichissima, leggevo ieri, sentirsi insicura e brutta vicino al fidanzato calciatore che tutto questo splendore, diciamocelo, non é?


Per quanto mi dia da fare, é una lotta quotidiana contro il maschilismo becero che caratterizza il mio settore lavorativo.


E per quanto sia sicura di me stessa e delle mie capacità, anche la mia autostima, talvolta, ha vacillato.


Anche se poi, vabbé, c'ho questo caratteraccio per cui se qualcuno tenta di schiacciarmi, punto i piedi e non glielo permetto.
E non sono contenta finché non l'ho macinato.
O finché non mi presta la dovuta attenzione.


Non ritengo di essere all'apice della bellezza né di essere particolarmente in gamba o interessante, ma mi sembra sempre di vincere facile con ogni uomo che incontro.
A livello intellettivo e - ahimè - anche fisico.


Non é una sfida.
A me non frega nulla di competere con un uomo, ma vorrei che almeno valesse all'incirca quanto me.
Perché é scoraggiante misurarsi con chi é sempre un passo indietro in tutti i sensi.


mercoledì 11 marzo 2015

LA CADUTA DI STILE



Ammetto di essere esausta di certe cose.
Cose che prendono il nome di cazzate.
Non le tollero piú.
Non sopporto piú di radere al suolo le mie aspettative per adeguarle alla povertá morale che ho intorno.
Non posso sminuire quella che sono per non ledere l'ego di ogni disgraziato che incontro.




Gli uomini che fanno battute con doppi sensi, o sessiste, credono davvero di aprire una breccia, in fase di "corteggiamento" (passatemi il termine desueto) con una donna?
Con me?


Se con una baldracca un certo tipo di atteggiamento puó sollecitare anche un sorriso demente, e solleticare reazioni a tema, a me fa cascare le braccia.


Mi fa prendere le distanze.


Me le fa approfondire, in certi casi.


La caduta di stile é stata, nello specifico, amplificata da un'altra battuta di cattivo gusto.


E quindi posso, con buona pace di ogni "ma provaci", "ma conoscilo" e quanto altro, calare un velo pietoso e andare oltre.


Un oltre che nell'immediato ha giá un volto e un modo di fare decisamente piú rispettoso ed educato.
E la cui sagoma, se é di parola, dovrebbe profilarsi a breve all'orizzonte.
Tant'é.
Non ho impegni con nessuno.












#GENTEDIMARE





I raggi del sole sono cosí caldi, dopo tanta pioggia...


Ed io non rientro a casa.


Resto al mare per caffé, aperitivi, pranzi fatti di panini e gelati.
La sabbia che si adagia sugli stivali é asciutta, e va subito via.
Sono distratta.
Sono stata concentrata cosí tanto tempo...


Aspetto il primo bagno della stagione.
E il primo giro in barca.
E che la pelle diventi ambrata.
E che il sole tramonti sulla sabbia.





martedì 10 marzo 2015

SUCCEDE IL SILENZIO




"Succede il silenzio,
ma come prima si soffoca,
e nel cielo come prima
i lampi frugano e frugano"


Boris Pasternak






Ho un groppo in gola.
É il cumulo di parole che gorgoglia sotto il silenzio imposto.
Parole che devo tenere per me.
E i lampi frugano e scorrono e si ramificano tra le nuvole che si sono addensate nella mia testa.
Ed esplodono, giganteschi, ma restano celati nella materia grigia, invisibili all'esterno.


Dovrei concentrarmi su altro.
Sul nuovo, prestante, validissimo altro.
Sul plurimo altro.


Ma io con l'altro mi ci diverto ad occupare il tempo inutile.


E non me ne frega nulla delle lusinghe delle distrazioni, é questo il guaio.


Nulla.


Nemmeno del divertimento cui si prestano.









lunedì 9 marzo 2015

HO VOGLIA DI TORNARE A CASA



Casa intesa in senso fisico.
E casa intesa come un paio di braccia familiari in cui mettere a riposare le ansie e i dispiaceri.
Il tempo di una notte, che non sará stanotte.


Riesco ad elaborare solo soluzioni temporanee, da un po'.


Ho perso il senso della prospettiva.


O forse la prospettiva ha perso il suo senso,  o quello che dovrebbe avere.


Devo pianificare una piccola fuga nel verde e nel silenzio per il week end.
Mi serve come l'acqua.
Per le mie apnee a pieni polmoni.
Per le risalite brusche in superficie.
Per galleggiare senza costrizioni fisiche e mentali.







CONVERSAZIONI VOLATILI




Sono sfuggente, pare.
Può darsi lo sia stata.
Puó darsi lo sia diventata.
Nulla di programmato.
Nulla che non possa cambiare in presenza di variabili consistenti che dovessero venire ad esistenza nel momento opportuno.
Non sono irremovibile.
Non sono nemmeno facile.

Piaccio quando sorrido.
Questa cosa mi imbarazza in un modo che non so spiegare.

Sono stata osservata da lontano.
Nemmeno tanto discretamente, a dire il vero.
Me ne ero abbondantemente accorta, ma preferivo girarmi di spalle, e far finta di nulla.



Spingo forte il freno.
L'istinto mi dice di andarci cauta.
I mesi sino all'estate voglio dedicarli a me stessa.

Non ho intenzione di dare conto a nessuno.
Non riesco ad immaginare di intraprendere oggi una relazione con qualcuno.
Non sono innamorata.
Nemmeno lontanamente presa da qualcuno.
Mi sono prestata ad approfondire qualche conoscenza per mera curiosità.
E questa cosa, probabilmente dovrei chiarirla con i diretti interessati, prima che il loro ego esploda o si facciano programmi e fimini che riguardano anche me, ma dei quali non voglio partecipare.


Ammetto che sto cazzeggiando alla grande, questi giorni, e con leggerezza.
Non ho fidanzati cui dar conto.
Non faccio e non raccolgo promesse, al momento.
Basta svendere certezze.
Basta con l'affidabilitá.
Basta con tutto quello di me che c'é di buono e viene offerto e puntualmente calpestato.










Dopo circa un paio di mesi di assenza, mi sono prestata ad un incontro con una persona.
E' calata la scure del gelo sulla possibilità di socializzare oltre lo stretto necessario.
La mia cordialità, l'essere aggregante, l'intraprendenza, sono lati di me che questa persona, che ha frainteso a suo vantaggio, non avrà più modo di cogliere.
Certo, ho letto l'interesse persistente dietro un certo tipo di sorriso.
Dietro un certo modo di guardarmi.
Non sono problemi miei.
Non ne sento la responsabilità.
Sono trasparente come fossi acqua.
Non c'è definizione che renda meglio un certo tipo di essenza che mi connota.
Dovevo sistemare questa faccenda.
E da sola.






"Voglio sapere se c'é qualcosa che ti ha detto, o che hai percepito, per cui mi hai consigliato di metterci una pietra su", chiedo ad un amico che tira acqua al mulino di un suo caro amico invece che a quello di un altro cui tiene di meno.
La risposta é stata ben diversa da quella che mi aspettavo.
Sono arrabbiata e dispiaciuta, ma non riesco nemmeno ad immaginare di alzare il telefono per fare una fottutissima telefonata.
Non ho piú voglia di far nulla con nessuno.


Voglio solo alleggerirmi, scrollarmi di dosso il dispiacere, la delusione, e continuare la mia strada.
E cazzeggiare un po' senza pensieri.














domenica 8 marzo 2015

MA BUONGIORNO



Abbiamo oltrepassato l'intermediazione di amici comuni e la casualitá degli incontri.


Mi sembrava fosse ora, ormai.


É troppo aspettarsi un invito per un caffé al mare, che c'é un sole pazzesco fuori?


Che di contatti telematici ne ho piene le scatole.


Davvero.



I CAPELLI SUL VISO



"Siamo qui..", mi dice la voce euforica al cellulare.
"Chi siete?", domando.
"Noi e un po' di gente...", risponde, pronunciando anche il nome del tipo.
"Arriviamo...".


La curiosità c'é.


E non so ancora se é una curiosità fine a se stessa o che.
Quello che é certo é che tanto la curiosità quanto il dubbio sono di entrambi.


L'atteggiamento, per la prima volta, é radicalmente cambiato.
Decisamente più sobrio e composto.
Controllato.


Il contatto troppo costruito, peró.


Se riesce a superare l'intermediazione ed i suoi gap e a darmi modo di conoscerlo, non sarebbe male.


Che poi chissà.


Siamo tutti sotto un cielo.


E difatti sotto lo stesso cielo notturno di questa sera é passato un altro tipo con cui, in veritá, si é stabilito un contatto un annetto fa circa (o erano due?) mai concretizzatosi in altro.


La serata é continuata con lui e la sua compagnia.


L'altro ha abbandonato il campo per tornare a casa.


E quindi ho passato un'oretta circa in compagnia dell'altro, a chiacchierare di cose che abbiamo fatto insieme nel breve tempo che ci siamo conosciuti.
Prima che la sua vita cambiasse radicalmente in ragione di un trasferimento.
E non lo so cosa sarebbe potuto succedere.
So solo che ho messo un paletto per un paio di ragioni che mi sembravano validissime ed oggi forse lo sembrano meno.


Mi ha abbracciata, a un certo punto.
Di quegli abbracci stretti dei quali non ti puoi liberare.
Di quelli che devi mettere da parte ogni difesa, perché non puoi vincere la loro forza.
E sono rimasta al caldo ben volentieri.


Non posso fingere.
Non ci riesco.


Gli ho lanciato un'occhiata mentre parlavo, i capelli disordinati cascati sul viso.


Con una mano li ha sollevati accarezzandomi.


Il calore delle sue mani e la sua accortezza sono sempre estremamente piacevoli.


E non serve mai accordarsi per vedersi.


Quando é qui ci incontriamo negli stessi posti e trascorriamo del tempo insieme.


Non é propriamente una scelta.


Ultimamente ci ho rinunciato a fare ordine.


Me la prendo un po' come viene.







sabato 7 marzo 2015

TELEFONATE DEL SABATO SERA





Sapevo benissimo che rientrare in provincia avrebbe comportato certe vicissitudini sgradevoli.
Non che in cittá ci sia un livello culturale di gran lunga superiore o che le buone maniere siano pane quotidiano, ma almeno c'é una certa varietá sociale, che consente almeno di scegliere chi frequentare.
La scelta, qui, é davvero molto piú limitata.
Tolti i terra terra con cui innegabilmente bisogna avere a che fare.


Ebbene, mi avevano contattata ad inizio settimana per ragioni di lavoro.
Mi avevano chiesto di passare appena avessi potuto, che non era urgente.
Ho detto loro che sarei passata prima del week end oppure inizio settimana prossima.
Essendo stata impegnata fuori, non ho avuto modo di passare e ho mentalmente rinviato la questione, come da accordi, a lunedì.


Mi arriva poco fa la telefonata spiacevole sul perché e sul per come non sono passata.
"Ti abbiamo vista che é passato a prenderti tuo padre a casa, visto che avevi tempo potevi anche passare!".


Questo é troppo.
Davvero.
Anche se sto moribonda in un letto mi alzerei per vedere mio padre.
E non devo dare conto a nessuno di questo.
Dei miei orari, del mio lavoro.
Di quando mangio, dormo, scopo, sto male.




Ho puntualizzato bene il concetto.
Sono una donna che lavora e vive da sola.
I miei ritmi di lavoro sono massacranti.
Non ho intenzione di togliere tempo alle mie attivitá per fare il comodo degli altri.
Non devo dare conto se preferisco passare il poco tempo libero, durante il giorno, con mio padre.


E poi avevamo concordato di vederci inizio settimana, se questa non riuscivo.




Quale cazzo é il problema di questa gente?


Se sono io che vedo le cose nel modo sbagliato, sono disposta anche a cambiare idea.
Finché non ci sono argomenti seri, peró, in tal senso, rimango abbarbicata alle mie posizioni.


Vorrei avere un fine settimana sgombro da puttanate ascrivibili a terzi, ma ogni volta il copione si ripete per ragioni diverse.


Nemmeno amanti delusi mi hanno mai fatto questioni del genere, figuriamoci se consento a dei signori nessuno e maleducati di ingerire nella mia vita in questi termini.


Mi aspetta una mezzora di galleggiamento in vasca, adesso.
La musica.
Altri pensieri.
La luce della candela nella lanterna bianca.


É sabato.
Ed io non so nemmeno se ho voglia di uscire ad affrontare l'inciviltá, stasera.
Credo di averne abbastanza.
E di non poterne piú.

























BUCHI NEL MURO



Pensavo di impegnare bene la giornata, oggi.
Di dedicarla a sistemare casa.
Ho fatto un po' di bucato a mano, e ho una bacinella piena d'acqua, con un vestito da sciacquare, ancora, dentro.
E poi ho bucato le pareti del muro per appendere chiodi sui quali dovevano trovare collocazione due quadri.
Si tratta di due foto, un ritratto del mio volto, l'altra a figura intera, che mi ha regalato un amico per cui ho posato diverso tempo fa, e che ho deciso di incorniciare solo oggi.
Le ho appese al muro, ma tempo 2 minuti le ho tolte.
Troppo egocentrismo mi stufa.
Ho giá lo specchio che mi ricorda che faccia ho.
E poi la parete libera mi rende un senso di spazio e libertá che le foto opprimono.
Ho provato anche a mettere, al loro posto, un'opera che mi regaló un aspirante amante che faceva l'artista.
Aspirante perché ci siamo fermati ad una sessione di baci molto intensi, finché non ho capito che non faceva per me e ho chiuso senza andare oltre.
Questo contatto, seppur fugace, ha stimolato la sua fantasia.
Del resto anche io, quando frequento qualcuno che mi ispira particolarmente, mi sento stimolata in un certo qual modo, e scrivo.
Parole che non scrivo qui, per lo piú.
E musica.


Insomma, ho bucato il muro per nulla.


Ho tirato via con la pinza i chiodi, e ce n'é voluta di forza che non ho più.


Non ho più molta voglia di dedicarmi altre cose di casa, in realtà.


Non ho più molta voglia di fare nulla in generale.


Vorrei che questa apatia mista a stanchezza passasse in fretta.


Non passerà agevolmente, questo lo so per certo.











L'EPOPEA DEL LIBRO IMPRESTATO ED INFINE RESO





Gli avevo prestato il libro in uno slancio di altruismo, perché l'avevo visto interessato in modo sincero all'argomento.


A distanza di pochi giorni, le sbruffonerie nei miei confronti e la vigliaccheria sono aumentate sensibilmente.


Ho fatto finta di nulla.


A distanza di un po' di tempo gli ho chiesto di rendermi il libro, perché mi serviva.


Ha fatto orecchie da mercante.
Un'ulteriore richiesta fatta con garbo, e mi sono sentita rispondere in modo maleducato.
Ulteriori richieste verbali e per iscritto sono rimaste disattese.
Esausta dell'atteggiamento, gli ho detto di rendere il libro ad un amico in comune.
La risposta, arrivata per nota vocale, mi é parsa un attimo furibonda.
Addirittura mi ha mosso il rimprovero di volerlo evitare, con questa richiesta di restituire il libro ad altri.
Ho fatto crollare i suoi progetti di sesso programmato nel momento in cui avrebbe deciso di rendermi il libro.
Pazienza.




"Come hai potuto prestargli un libro? A quel tipo lí?"
"Era un libro di immagini..."


E l'importante é che sia riuscito a recuperarlo, oggi, grazie all'impagabile aiuto di un amico.













venerdì 6 marzo 2015

HO LANCIATO LA PIETRA



Ecco la mano.
Eccola.
Si, eccola qua.


Ed ecco la pietra.
É liscia e aerodinamica quanto basta per raggiungerti e colpirti.


Che fai, la raccogli la pietra?
Me la rilanci?


Giochi o non giochi?


Fammi vedere la mano.
I palmi aperti e rivolti verso il sole.
Sono ancora sporchi di sabbia e di mare.
Si sente profumo di salsedine.


Dici che sei un temerario.


Io non lo so, di certo non l'ho mai saputo.
Eppure sono disposta a scoprirlo.
Diciamo per curiosità mista a stronzeria.


Che io sia una temeraria, invece, tu lo sai.
É sempre stato evidente.
La porto scritta negli occhi, quella che sono.


E mi conosci e mi hai osservata da lontano.




Ed ecco la pietra, dunque.


Ecco il gioco.


A te il prossimo lancio.

CAFFÉ MANCATI





Caffé.
Ore 15.00.
C'é anche lui.


Non sono andata.
Ho preferito pranzare con un amico.
Spontaneamente mi sono dissociata dall'idea appena ho letto il messaggio.


Se capiterá di incontrarsi ancora, non sará per mia volontá.


E che non ho voglia di incontrarlo piú credo l'abbia ampiamente capito.


E quindi eccolo, il quarto caffé da stamattina.
L'ultimo, in solitaria davanti al pc.





giovedì 5 marzo 2015

UNA VENTATA DI FRESCHEZZA



Ero lí, china sul mio lavoro, gli occhi a pallina davanti al pc.
Appare dalla porta un tipo che non conosco.
Raggiunge un collega in un'altra stanza.
Poi se ne va, dice ciao, rispondo ciao.
Nemmeno ci guardiamo.




"Beh, é un bel ragazzo il tipo... No?"
"Beh, perché non me l'hai presentato?"
"Stavi a testa bassa a lavorare... Ed é anche un tipo interessante!"
"Cosa avrei dovuto fare? Saltargli addosso?"
"Boh... Non so..."
"Potevi introdurmi. Chiamarmi per un caffé. Inventarti qualcosa, qualsiasi cosa".


Quella con l'estro sono io, al lavoro.


Arriva una tipa, per sbaglio, alla porta.
"Carina..."
"Beh, vai!".
Dopo averla indirizzata, si salutano, e lei va inesorabilmente via.
"Ma insomma! Nemmeno un caffé?"
"Mica posso mettermi a fare il piacione cosí!"
"Ma un caffé!"
"Non posso. Anche se non sembra sono un tipo serio"


Scoppio a ridere per la battuta.


"Cazzo ridi? Sono serio!"


Ah ok.


Se lo dici tu...





















LA COCCA DI PAPÁ





"Mi ero fatto tutta un'altra idea di te..."
"Ovvero?"
"Che fossi l'orgoglio di casa, la cocca di papá, quella sulla quale sono state riposte tutte le aspettative, tutte pienamente realizzate, a partire dal percorso di studi".
"Direi proprio di no. Subisco solo rimproveri e condanne, mi dicono che quello che faccio non vale nulla, e tutto quello che ho realizzato nella vita l'ho fatto contro la volontà di mio padre, profondamente ed insuperabilmente arrabbiato con me perché non mi sono inserita nel solco dell'attività di famiglia".
Gli ho risparmiato l'elenco delle volte in cui sono stata sbattuta fuori di casa per delle inezie, sin da bambina.
Del resto non le conto nemmeno io.
"Come é possibile che non ti riconoscano quello che fai per loro? Anche oggi hai gestito questa situazione davvero alla grande, tolte tutte le altre nelle quali so che sei occupata per la tua famiglia!"
"É cosí da sempre..."
Gli ho risparmiato, anche in questo caso gli ultimi commenti feroci ricevuti un paio di giorni fa.
Commenti che ricevo perché ho un lavoro mio, per il quale non ho chiesto e non chiedo niente a nessuno.
Perché invece di rubare, elemosinare, farmi campare da un uomo, o tornare con la coda tra le gambe a casa dei miei, stringo i denti e tiro avanti con tutta la forza che posso.
Perché i miei problemi sono sempre stati solo i miei problemi, e i problemi degli altri componenti della mia famiglia sono sempre stati anche i miei problemi.
E lo sono ancora oggi.
E per quanto me ne occupi, non é mai abbastanza.




In un modo o nell'altro, gli altri si fanno sempre un'opinione sbagliata sul mio conto.


Saró tanto brava a dissimulare?


O é semplicemente piú comodo immaginare che dietro un sorriso ed il raggiungimento di certi risultati, ci possano essere cose diverse dal sacrificio e dall'impegno?


Talvolta capita anche questo.


C'é chi si fa raccomandare.
Chi paga.
Chi ci impiega decenni.
Chi si prostituisce.


Io ho fatto sacrifici da matti e ho dovuto scontrarmi anche con l'ostruzionismo dei miei.
Che é solo peggiorato negli anni.
































#guardacomeviaggio!



Ho letto su "Pensieri a ridosso del fiume", di Apprendista Nocchiero, questo post dedicato al viaggio.
L'idea é stata tratta dal blog de La Folle.
Consiste in una piccola manciata di domande salienti, e sebbene non abbia mai partecipato a queste cose, l'argomento é davvero uno dei miei preferiti, e mi piace come é impostato.


La mia prima "autointervista" su questo blog non poteva avere per tema qualcosa di diverso dal viaggio.




1. Dove dormi?


Preferibilmente dormo a casa di amici. Oppure amici di amici. O amanti. Conosco gente un po' ovunque, per cui la prima scelta ricade su una collocazione quanto piú da "locale" possibile.
Solo se non mi é possibile evitare di fare la turista, attivo i miei contatti per una collocazione alternativa, sempre in linea con i costumi locali del luogo che ho intenzione di visitare.
Quando tutto va male, un albergo.
Oppure quando mi va di rilassarmi in una struttura di un certo tipo, prenoto ad hoc un bel posto a un soffio da tutto, che mi consenta spostamenti a piedi o agevoli.
Quando il viaggio é on the road, con la macchina, la tenda viaggia nel bagagliaio.
Ho dormito senza problemi anche in macchina.
Sul ponte dei traghetti in sacco a pelo.
In stazione al ritorno da un mega concerto, quando i treni non viaggiavano piú.
In barca a vela, all'aperto.
Ovunque mi capiti di stare, insomma.
Senza problemi.
In aereoporto pure.
In spiaggia, senza tenda né sacco a pelo.


Dormire é l'ultima cosa che mi preoccupa.
Anche perché ci dedico dal pochissimo al niente.


2. Dove mangi?


A casa di amici. O di amici che trovo nel corso del viaggio. Anche a casa di una signora che ci aveva fittato una stanza, d'estate, e con la quale si é entrati in confidenza.
Evito come la peste i locali turistici.
Quando viaggio voglio assaggiare tutti i cibi tipici del luogo che visito.
Dallo street food a quello piú sofisticato.
Adoro i posti affollati e pieni di gente del posto, accompagnati dalla musica locale.
Adoro i posti dove mentre mangio posso sentire la cadenza dei discorsi della gente, osservarne la mimica e la gestualitá, il modo in cui interagisce secondo la propria cultura.
I ristoranti italiani li evito.
Quelli etnici talvolta no.




3. Come ti muovi?


Con ogni mezzo.
Auto, camion, aereo, treno, bus, nave, traghetto, barca.
A piedi tutte le volte che si puó.
Consumo suole di scarpe che é una meraviglia.
A nuoto quando vado per isole, pure.
Ho provato recentemente il bla bla car.




4. Che attrazioni scegli?


Tutte quelle che vale la pena vedere.
Musei con opere d'arte che gradisco, acquari, panorami, locali tipici\storici...


Cerco di partecipare ad eventi, se cadono in concomitanza del mio viaggio, feste, e vado dove posso ascoltare musica locale dal vivo.




5. Strane abitudini


Sono molto easy.
Viaggio leggera.
Chiacchiero tanto.
Conosco gente.
Mi lascio travolgere dalla vita locale, sono curiosa.
Cerco sempre di imparare la lingua, nei limiti del possibile.
Mi piacciono i luoghi che non sono battuti dal turismo di massa, la natura selvaggia e inaccessibile, gli animali liberi nel loro habitat, quando si ha l'opportunità e la fortuna di avvistarli.






Probabilmente non sono stata esaustiva, ma é impossibile racchiudere in poche righe tutto quello che riguarda il modo in cui viaggio.
Non sono mai stata una viaggiatrice schizzinosa.
Mal tollero chi lo é.
Adoro compagni di viaggi alla mano e propositivi, attivi, curiosi.
Gente che non ha paura o pregiudizi nel confrontarsi con altre culture.






















mercoledì 4 marzo 2015

PADRONI DELL'ATTIMO



I pensieri scorrono veloci, questi giorni.
Come il paesaggio fuori dal finestrino dell'auto, che percorro automaticamente con gli occhi senza nemmeno coglierne le sfumature.


Non me lo ricordo quando sono diventata padrona della mia vita.
Probabilmente perché lo sono sempre stata, in un certo qual modo, nonostante certe vocazioni, e la propensione a dire sempre di si, che ho pur corretto nel tempo.


Qualcuno non é riuscito ad apportare alcun correttivo a quest'ultimo tipo di propensione.
Continua a rimanere imbrigliato nelle decisioni degli altri, che incidono inesorabilmente sulle sue.
Non é padrone della sua vita.





Eppure restiamo padroni dell'attimo, di quanto sfugge alla responsabilità, all'obbligo, alla premeditazione.


L'attimo che accade, puntuale, ci avvolge l'uno all'altro.


L'importanza degli attimi non é affatto sopravvalutata.
Un attimo puó essere tanto significativo quanto una vita, certe volte, non riesce ad esserlo.
La scontatezza di questa affermazione fa da contraltare alla sua effettivitá.


É la differenza che passa tra il procedere su di un tratto rettilineo, in pianura, a velocità moderata, mantenendo la distanza di sicurezza, con i palazzi di cemento che scorrono brutti e monotoni davanti agli occhi, e la guida su una strada piena di curve a strapiombo sul mare, con gli scogli che emergono dal blu, scalando le marce ed accelerando all'occorrenza, avvertendo quasi fisicamente l'aderenza della gomma sull'asfalto.


La distanza di sicurezza me la sono imposta in tutti i modi possibili.


Finché non é finita schiantata contro un muro.





















In questi casi che si fa?
Si rimontano i pezzi, e si torna a guidare.
Sulle stesse curve che fanno male, ma riempiono l'esistenza dei colori del mare.

É ANCORA QUI E ARRIVERÁ





"Credi abbia sbagliato qualcosa?"


"No, sinceramente no..."




A me dell'orgoglio non frega nulla.
Della coerenza a tutti costi idem.
Sono stata onesta fino al midollo.
Come sempre, senza trucco e senza inganno.


Ed é quindi questo il motivo per cui non posso cercarlo, anche se so che é qui e che tra poco partirà.


Io non c'entro con quello che gli passa per la testa.
E lui non c'entra in quello che passa per la testa a me.


Lui é ancora qui, e forse sta giá andando via.
Qualcuno, invece, a breve arriverá, trattenendosi giusto il tempo di un saluto.


Ed io non so fino a che punto desidero che qualcuno resti.
Se uno di loro.
O nessuno di loro, in fondo.
É questo il motivo per cui non posso sbilanciarmi.
Anche se me la vivo ogni volta come viene.


L'opportunismo, la paura, l'ignoranza, pure, consentono di appigliarsi a delle incrollabili certezze.
La libertá no.
Non ha riparo.
Vive all'aria aperta e si espone alle intemperie.
E se ne nutre, delle intemperie.
Come la pioggia sostenta le radici degli alberi, penetrando nella terra.


L'unica certezza che ho é che ci si incontra.
Che ci si scontra.
Ci si allontana e ci si riavvicina senza motivi apparenti.
O forse solo perché si é stabilito un legame tale da resistere alle distanze imposte dalle rispettive vite.
E incontrarsi nel mondo, in modo soprendente, é tutto quello in cui si puó confidare.
Salvo dirsi addio, tutte le volte, scoprendo che invece si é rimasti intrappolati in un eterno arrivederci.
Perché i "mai" e gli "addii" sono creature che appartengono al mondo mitologico.
Non esistono.


















martedì 3 marzo 2015

VOGLIO CON TE LO STESSO RAPPORTO CHE HAI CON C.



Te stai da fuori.
Che manco ci conosciamo.
Che non sai di che parli.
Che certi rapporti non te li inventi, non li decidi, nascono e si formano e vengono coltivati nel tempo.
Che non si sceglie di volersi bene, accade e basta.
Che poi, che diamine ne sai del rapporto che abbiamo?
Costruirtene uno tutto tuo, senza plasmarlo su quello che abbiamo io e la mia amica?






Mi tirano sempre in mezzo e mica lo capisco il perché!












IL COMPAGNO DI GENERE FEMMINILE



Le telefonate e i messaggi che ricevo dagli amici maschi nell'arco di una giornata non si contano.


Lo scambio che abbiamo passa dalle confidenze intime, alla soluzione di piccoli problemi logistici quotidiani, dal lavoro alla bevuta dopo il lavoro.


Sono il compagno di genere femminile.


Nulla di meno.


Poco male, con loro mi diverto, mi ci confido, ci esco, e li accompagno pure a fare cose belle quando le rispettive compagne si scocciano di andare.


Per fortuna non sono gelose, anzi.




Era da un bel po' che non ero assorbita cosí da amicizie maschili.
É capitato.


Si stabilisce un equilibrio particolare con i ragazzi.
C'é una tensione diversa, nei discorsi e nei gesti, ed il sesso non c'entra nulla.
Almeno per me, la separazione tra amicizia e altro é netta, non mi é mai capitato di mischiare le cose.
E con loro equivoci non sono mai sorti ad oggi.


Il livello di comprensione e di intesa scorre su di un piano diverso, di differenza, ma di assonanza finale.


Dopo essermi tuffata, per un bel pezzo, con tutte le scarpe nella dimensione femminile, torno adesso di nuovo alle origini.


Torno a me.


Al maschiaccio mancato che sono.


Al distacco che mi si impone da un certo tipo di femminilitá che non mi appartiene.
Al distacco da prioritá che non sono mie e non voglio mi condizionino.
Al distacco dall'essere donna come non sono e non saró mai.
E non perché mi piaccia contestare gli stereotipi.
Semplicemente non riesco a vestirmene, mi vanno stretti.
Per essenza, non per reggere l'apparenza.


E quindi, lascio che il lato maschile emerga un po' cosí, per fatti suoi, senza regole, forte.


É lì che spinge da un po', chi sono io per trattenerlo.


Vai.
Fai danni.
Divertiti.