lunedì 26 febbraio 2024

QUANDO POI VA BENE

 

É arrivata una buona notizia, certificata documentalmente e incontestabilmente, che mi rasserena dopo giorni che hanno registrato turbolenza interiore.

"Non ha dolore? Le persone nelle sue condizioni, in genere, lamentano un dolore atroce", mi dice, riferendosi a una infiammazione da poco che mi sta insidiando da un mesetto.

A parte un fastidio tollerabile, direi che sto bene.

Eppure sono sempre stata meglio, e l'idea di non poter fare pieno affidamento sulle mie forze mi abbatte molto.


Mi sono riportata a casa, con un carico di stanchezza incredibile, ma non ho avuto il tempo di riposare, che ero di nuovo in auto, diretta dal dentista.

Ho rifiutato l'anestesia, perché all'idea dello smaltimento, anche se blando, mi sentivo fisicamente sconfitta e incapace di tollerare psicologicamente quell'agonia.

"Quanto può essere doloroso? Possiamo procedere senza?"

Sarà stata la stanchezza.

Sarà stata la distrazione cagionata dall'infiammazione altrove.

Eppure, io non ho sentito nemmeno un leggero fastidio.

La soglia del dolore é alta, ma forse ho alzato un po' l'asticella negli ultimi anni.


Stasera, per festeggiare la buona nuova, sto preparando un pescetto al forno su un letto morbido di patate.

Con un sorso di vino.

Che lo so che non dovrei, ma volevo brindare a me stessa e al fatto che, per quanto duro il colpo, non arretro.

Affino tecniche di rilassamento e disintossicanti.

Per la mente e per il corpo.

Festeggio, con la chitarra, un calice di bianco, la fiamma di una candela, e il forno acceso.

Mi interrogo su quanto possano reggere dimensioni di vita contestuali, che si intersecano, sebbene chiuse in compartimenti stagni.

Sento la solita forza trascinante, e un muro che non sembra di gomma, e rimbalza stimolo invece che sparare proiettili.

Intravvedo crepe, in questo muro.

Pronte ad essere rinsaldate, dopo che é entrata un po' di luce e musica, con la tecnica infallibile del kintsugi.







mercoledì 21 febbraio 2024

GELOSAMENTE MIO

 

C'è questo pezzetto di mondo in cui mi sento a casa, quando sono in viaggio.

Mi accoglie ogni volta.

Ed é solo mio.

Un posto che non ho voglia di condividere con nessuno.

Posso mangiare, bere, lavorare, scambiare due chiacchiere, guardare la gente che passa.

Ci posso passare dieci minuti, un'ora, una giornata.

Prendere persino il delizioso cibo da asporto per la cena, come ho fatto stasera.

Oggi ho chiuso un lavoro e posso un po' riposare.

Spero i prossimi giorni portino cose buone.

sabato 17 febbraio 2024

QUANTA DUREZZA

 

Nelle oscillazioni di questo periodo, ho  raggiunto impietosi livelli di spigolosità che non voglio facciano parte dei miei giorni.

Fa male, ancora, avere a che fare con un altro essere umano, distinguere ciò che é sano da ciò che non lo é, la verità dalla manipolazione, e il bene e il male, secondo i parametri cesellati nell'arco di una vita, di cui constato l'attualità soltanto in questo momento sfuggente che attraverso.

Fanno male questo timore e questa cautela esasperante, il respiro che mi manca, la tachicardia che sale, l'istinto di sfuggire e defilarmi, in silenzio.

"Non ce la faccio", mi dico.

E son cose che non mi sono mai detta.

Territori inesplorati che non fanno parte della mia cartina geografica.

E tutto questo non é necessario.

E non é reale.

Debbo contestualizzare.

Non sono più in apnea, con mani ostili che mi spingono la testa sottacqua, e il corpo e l'anima che, in opposizione sviluppano le branchie.

"Bisogna essere positivi sempre" mi dice la stupenda L, mentre, in pausa pranzo, mi invita a dare una forchettata ai suoi spaghetti dal profumo delizioso.

"... E anche un po' incoscienti. Nella vita, io lo sono stata", e lo struggente riferimento al marito e ai figli, a agli affetti luminosi e accoglienti in cui trova conforto e rifugio, mi commuove.

E la guardo, mentre mi parla con la solita voce calma e rilassante, il sorriso gioioso, la mente libera dagli affanni.

E vorrei guadagnare un briciolo di quella serenità appagante che non ho.

Mettere a tacere l'irrequietezza, chiudere il libro dell'inquietudine e aprirne uno di poesie d'amore in riva al mare.

Dir ciao a Pessoa, e accogliere le struggenti note di Neruda, per semplificare questo groviglio di sentimenti e farne brezza di mare.

E cedere, senza opposizione e senza lotta, al destino che raccoglie il mio viso tra le sue mani per baciarlo.


mercoledì 14 febbraio 2024

SASHIMI E BACCALÀ

 

Pensavo di chiamarla.

Ha pensato di chiamarmi.

Per vederci dopo il lavoro.

Ho alzato gli occhi sull'orologio che segnava le 17.49, troppo tardi per tutto, salvo mettere a conto di fare ancora più tardi.

E, alla fine, perché no?

É la seconda volta che capita questa cosa.


La telepatia non mi sorprende più da molto.

Sarà anche un periodo in cui sono particolarmente recettiva.


Ci siamo incontrate in centro, incrociando percorsi distinti e paralleli, come turiste perse tra le strade più belle del mondo, e siamo salite sul rooftop per un aperitivo che si é fatto cena.

Quanto sono incredibili queste connessioni?

Questa cosa di incrociarsi nella vita, e stabilire un contatto profondo, conoscendo il necessario.

Questa libertà.

Questo respiro che prendiamo mentre ci tuffiamo nelle cose.

E le bracciate che diamo per non andare a fondo.

Ognuna nella sua piccola vasca di squali e pescetti azzurri.


L'onda dorata che porto al dito mi ricorda che appartengo al mare.

E lì rientro, sana e salva, anche questa sera.

Con il cuore leggero.



domenica 11 febbraio 2024

LA GENTE CHE PASSA

 

C'è un certo flusso di pensieri che si origina da ciò su cui si posano gli occhi.

Forme geometriche, grattacieli, vegetazione spontanea che ondeggia al vento.

La gente che passa.

Mi piace molto osservare tutto ciò che mi trovo davanti.

Esploro, con gli occhi.

Studio e rubo, con gli occhi.

Amo, con gli occhi.


Cammino, ormai a fine giornata, con passo e sguardo stanchi.

Le palpebre chiuse per metà riducono l'ampiezza del campo visivo pieno di persone e mezzi di trasporto vari in movimento.

C'è una brezza leggera e calda che mi sposta qualche ciocca di capelli sul volto tirato dalle tensioni.

Sono stati giorni faticosi, e non smetto di osservare la gente, che si affretta come me in stazione per rientrare a casa.

Non smetto di studiare la gente.

Il modo in cui si muove, principalmente, come parla, cosa legge, cosa ascolta.

Come comunica la propria singolare esistenza al resto del mondo, mentre é immersa nella solitudine del proprio viaggio.

Mentre ci sfioriamo, di passaggio, sconosciuti.


Ho i nervi tesi, come corde di violino.

E per fortuna suono la chitarra, le cui corde, invece di esser tese e rischiare di rompersi, sono a malapena accordate su questa voce stonata che canto, a modo mio, nel silenzio di queste pareti 

Accantono pensieri in compartimenti stagni che sigillo a chiave.

Chiudo il telefono, e affondo la testa negli studi, e nei prossimi passi che mi portano già lontana da qui.

















sabato 3 febbraio 2024

LE IMMANCABILI IRREQUIETEZZE

 

Mi sento compressa, come non capitava da un po'.

Di malumore.

Ho assorbito in parte il disagio d'altri, per empatia.

Le cattive abitudini, la vita divisa in compartimenti stagni non comunicanti tra loro, come se non fossimo un tutto interorganico, dentro e fuori da questo corpo materiale.

Fino a che punto é sostenibile la profondità?

Finché non si fa abisso, mi rispondo.

Ma ci sono abissi in cui si sprofonda, pur in assenza di profondità.

E mi sembra quest'ultimo il caso.

E voglio tirarmi fuori.


Ho fatto passi solitari che mi hanno portato in avanti.

Salti che sembravano il principio di un volo.

Il passo altrui mi arretra.

Sempre.


Devo imporre la scelta razionale all'istintiva empatia, e ancora mi capita di spostare pesi in questo bilanciamento necessario.


Mi lascio scaldare dai raggi di un sole brillante, mentre i rumori della lavatrice nell'altra stanza e della strada in lontananza che mi raggiungono, disturbano il flusso dei pensieri.

Mi domando quale scelta sia giusto prendere per me.

Ci sono parole e ragionamenti che mi indispongono, e mi ci oppongo.

Mi ritiro nel silenzio e mi assento, senza sfiorare l'esistenza d'altri.

Senza essere raggiunta.

Desidero abbandonare il campo e concentrarmi su cose più proficue.