sabato 31 gennaio 2015

ANDIAMO A CASA



"A casa tua?"
"Io a casa mia, tu a casa tua!"


E anche questo week end niente colazione a letto...

venerdì 30 gennaio 2015

E LA VOSTRA AMICA, QUELLA CHE FA CHIUSURA?



"Scusate il ritardo..."
"Ben arrivata! Ci hanno chiesto tutti dov'eri!"
"Ah si?", rispondo sorpresa.
"E la vostra amica, quella che fa chiusura ogni volta? Ahahahah!!!"


Mi dovrebbero pagare per l'intrattenimento e la gente che porto nei locali, ma mi accontento dei sorrisi e delle chiacchiere e delle coccole che ricevo in cambio.
Dei cioccolatini pure.
Quelli che servono con il rhum, e che mi elargiscono senza battere ciglio quando vado in astinenza da cioccolata e ne chiedo.


Mi siedo accanto ai miei amici, e vedo uno dal tavolino di fronte che mi fa un gran sorriso e mi saluta.
L'ho scambiato per un tipo che per ovvi motivi non poteva trovarsi nemmeno per sbaglio lí.
Ho realizzato che no, proprio non poteva essere lui e che forse era un'allucinazione.
Ho strizzato gli occhi, ma non l'ho riconosciuto, e mi sono girata facendo la vaga.


Ho chiesto ai miei amici se lo conoscessero.
"Siiii, é quello che lavora da Y!"


Dopo un po', il locale ha cominciato a svuotarsi, e abbiamo cominciato ad interagire con il tipo, sino a costringerlo ad aggregarsi al nostro tavolo.


"Scusami se non ti ho riconosciuto prima. Sorridevi! Non ti ho mai visto sorridere!"
Mi guarda perplesso.
"Al locale, quando ti chiedo da bere, quasi non rispondi. Ti chiedo che vino hai e mi indichi a gesti le bottiglie sul bancone..."
Si mette a ridere, mi risponde che in effetti é un po' taciturno perché lavora tante ore, e vorrebbe stare dall'altra parte del bancone, tante volte, non dietro, e...
"... Poi é pieno di donne che tentano di rimorchiarselo mentre lavora", continua un'amica.


É un bel tipo, in effetti.
Ha una voce di quelle che non rimangono impresse, ma il resto rimane abbastanza vivido nella memoria.
Le spalle, il movimento del corpo.
L'atteggiamento sfuggente, pure.
Qualcosa di selvatico.


Epperó posso guardare e non toccare, che piace ad un'amica e non mi azzardo.




Stasera non so cosa mi aspetta.
A parte fare chiusura, che ormai é una certezza.
Non fosse altro che non posso deludere le aspettative!























giovedì 29 gennaio 2015

NON SONO CAZZI MIEI



Non lo sono.
Peró stasera esco con degli amici, tra cui l'ex di un mio caro amico.
Che mi ha contattato poco fa per bere una cosa insieme.
Gli ho detto che sto con la sua ex, tra gli altri.
Di passare.
Che farebbe piacere a tutti e tutte di farsi un saluto.


É un casino.
Non posso forzare nessuno.
Mi sento in difficoltà.
Io li adoro entrambi.
Non sopporto di vederli separati.
E lo so che non sono cazzi miei.
Lo so.
Epperlamiseria non é giusto.
Non é giusto tutto questo, che lui stia ormai con un'altra.
Mannaggia...





ADORATE ALICI SALATE SOTTOLIO



Una delle mie debolezze preferite.


Torno a casa, infilo le fette di baguette congelate nel tostapane, spalmo un filo di maionese e stendo un'alicetta.
I tre minuti per tostare il pane li impiego proficuamente per aprire una bottiglia di vino.
Che goduria sono le alici sottolio?
E che parola meravigliosa é "vino"!
Avevo un residuo di una bottiglia di rosso in frigo, di quelle fatte in casa, vecchiotte.
Un vino che ormai é marsala.
L'ho usato per cucinare una fettina di carne impanata nella farina.
Domattina devo andare comunque al lavoro, ma stasera sono in ferie.
La parola d'ordine é alcol.
Il tempo di finire di cenare, e mi porto un calice nella vasca.
E poi esco con degli amici, a bere una cosa.
Devo calcolare il tempo dello smaltimento, devo guidarmi all'andata e al ritorno per una manciata di chilometri.
Domattina arriveró a lavoro a quattro zampe.
Ma stasera non voglio vedere, sapere e preoccuparmi di nulla.













L'OSSO



L'osso é ancora nella mia bocca.
E me lo gusto finché é in mio potere farlo.
La mano ladra si é ferita perché poco avveduta.


Fa parte del gioco nel quale sono stata trascinata controvoglia e con la zavorra, e dal quale devo - imperativo morale, mica cazzi - uscire fieramente vincitrice.


Di nuovo, il rumore del silenzio.
Quello degli altri quando apro bocca, sul lavoro.
Questa cosa mi gratifica.
E mi ripaga in parte dei sacrifici fatti.
E non mi serve nemmeno alzare la voce o scollacciarmi per catturare l'attenzione.
Me la vinco facile a calpestare e zittire i ciucci raccomandati e analfabeti.





mercoledì 28 gennaio 2015

FORZATAMENTE A CASA



Stasera resto forzatamente a casa.
Devo riposare.
Niente pasti luculliani.
No alcol.
Domattina vado in guerra, al lavoro.
Non so che mi aspetta, come al solito.
Situazioni di cui ho le palle piene, sicuramente, ma che non posso mollare.


Rassomiglio, nella mia mente, ad un gigantesco cane rabbioso attaccato all'osso.
E non lo avranno l'osso.
A costo di staccar loro le mani ladre che tendono verso la mia bocca.


La scelta di stare qui, ferma, lucida, concentrata, mi pesa da morire.
Equivale all'inflizione di un ragionato castigo al quale mi sottrarrei volentieri, se potessi.
La mia carceriera integerrima, peró, é del pari incorruttibile.
Stasera volevo essere altrove.
Fare altro.
Non c'é peró altra dimensione che questo raccoglimento che mi prepari al meglio per domani.
E non ho intenzione di cedere.
Sono tanto stanca.
Eppure dovró stare in piedi come ogni volta.
Peché non é la prima e non sará l'ultima, ma pesa sempre.













ALERE





Ho ricevuto un abbraccio il cui tempo é stato calcolato male.
Conto di renderlo con gli interessi al momento giusto.


E di scaldarlo un po'.


Dire che i tempi tutti, in generale, sono sbagliati, in questa situazione, é dir poco.
E quando non sono stati sbagliati i tempi, in altre situazioni, lo sono stati i luoghi.
O le persone.
Le circostanze, pure.
C'é sempre stato qualcosa che non andava.
Ci sará sempre.
Questo non impedisce alle cose di essere terribilmente magnifiche, se si offre loro l'opportunità di accadere.


Peggio sarebbe il nulla.
Preservarsi, preservare la propria integritá emotiva per paura di farsi male, di nuovo male, non fa per me.
Di un cuore intero, ma che non batte, un corpo, il mio, non ha bisogno.
Che batta poco o tanto, non importa.
Purché sia vivo.
Come lo sono io.

























martedì 27 gennaio 2015

DI IMBROGLI E FRAGILITÀ



Prendi una donna.
Preferibilmente una bella donna.
Anche una in gamba, che cosí la sfida é piú alta ed eccitante.
Fai leva su una simpatia che ti palesa, cominciando a conoscerla.
Corteggiala come fosse una creatura unica, falle credere di non avere altro in mente che lei.
Fallo in modo elegante, che tanto te la giochi facile, considerato quel che c'é in giro.
Di fronte ad una punta di educazione e galanteria un po' tutte si sciolgono, e ti lasciano aprire un varco nel quale insinuarsi agevolmente.
Falla innamorare.
A quel punto, metti in chiaro le cose.
Ti sei goduto il momento con una donna coinvolta nel modo giusto, che si é messa in gioco confidando nel quadro della situazione che le hai rappresentato.
Certo, una mignotta qualsiasi, comprese quelle a pagamento, non avrebbe soddisfatto allo stesso modo il tuo ego.
Non hai mai detto di volere una relazione con lei.
Sei ancora impicciato, e non si sa in che termini, con la tua ex.
E pure con quella prima.
Hai varie trombamiche che all'occorrenza trovano collocazione nella tua vita privata e sociale.
Accampa giustificazioni di ogni sorta per il fatto che sparisci all'improvviso, e non rispondi al cellulare, ivi compresa la solita, di essere stato maltrattato da piccolo, ma pure da grande, di essere uno che ha sofferto tanto e che ha paura di continuare a soffrire.
Prendi quella stessa donna e minala nella sua autostima.
Toglile certezze e sminuiscila con commenti e critiche costanti.
Mettila in competizione con amiche sue, tue, ex e ogni altra femmina che respiri.
Falla sentire come se non fosse mai all'altezza, falle credere che se si sforzasse di piú di accettare quello che sei le cose andrebbero meglio.
Falle intendere che se non é disposta a compiacerti e ad accompagnarti in situazioni al limite, é perché é un po' gretta, di vedute limitate, al contrario delle aspiranti e immaginifiche trombamiche, che sono, guarda un po', di ampie vedute.
Tradiscila sfacciatamente, pretendi complicitá dagli amici e da chiunque per sbaglio ti veda o venga a sapere, facendo passare quella donna per una cornuta senza speranza.
Nega spudoratamente l'evidenza.
Intraprendi una relazione parallela in cui convinci la nuova fiamma che tu in realtá ami solo lei, e con la futura ex é solo una questione di chiudere delle situazioni rimaste in sospeso.
Trascina la cosa, colpevolizzando quella che dovrebbe essere ex, ma non si rassegna ad esserlo, e infangandola con le peggiori illazioni e critiche, passando per la vittima della situazione che non sei.


Considera che una di quelle persone che hanno assistito alle porcherie che hai fatto, e che ha un quadro ben delineato e alquanto completo della situazione, dalla quale hai implicitamente preteso complicitá, sia la sottoscritta.


E metti che quella donna che hai ingannato, tradito, mortificato, umiliato, abbia deciso, alla fine, di chiudere questa relazione - non relazione malata.


Metti ancora, che io di lei abbia stima, e che, anche se non é propriamente un'amica, come donna ha la mia piena solidarietá.


Calcola che non abbiamo ragione di sentirci o vederci, in linea di principio.


Ma metti a conto che potrebbe capitare di incontrarsi per caso e di prendere un caffè insieme...


... Come del resto é accaduto.


Scusami allora se non ti paro il culo prendendo le tue difese.
Sei indifendibile.
Non mi serve nemmeno quasi aprire bocca, visto che lei ha capito tutto.
E qualcuno, alla fine, non io, gliel'ha detto che l'hai tradita tutto il tempo.


Ci sono donne che consentono agli uomini di impugnarle come armi puntate contro se stesse.


E sparano forte, contro se stesse.


Ci sono uomini che sfruttano in modo abominevole le fragilitá delle donne per piegarle al nutrimento del proprio spropositato ego.


Ci sono quelli che non si prestano a certe dinamiche, e buon per loro.


Ci sono quelli che almeno una volta nella vita ci cascano, in situazioni malate.


Ci sono quelli che non concepiscono di vivere altro che situazioni malate.
E se lo facessero esclusivamente con gente malata come loro, sarebbe meglio per tutti.



















lunedì 26 gennaio 2015

PAROLE PRECIPITATE



Se dovessi pensare un nuovo titolo per il blog, questo sarebbe uno dei piú appropriati.
Almeno per quanto sto scrivendo negli ultimi tempi.
Mi viene in mente Lucifero precipitato, per mano divina, all'inferno.
Parole dannate che troneggiano ovunque e ardono senza tregua, bruciando l'anima.
L'espiazione di colpe le cui radici cerco di rintracciare nel passato, con risultati poco convincenti.


Non é una vera e propria scelta consapevole, non a livello conscio, quanto una valvola di sfogo inesauribile cui attingo a larghe mani e con parole fitte, precipitandole in questo abisso telematico dove c'é il rischio che rimangano inascoltate.
Il problema vero é che io sicuramente le leggo e ogni tanto le rileggo, le ascolto, mi suonano in testa con la voce che riconosco mia, solo piú calma e pacata, quasi estranea al movimento furioso in cui sono immersa.


Quand'é che ho ricominciato a chiudermi a riccio cosí?
Sono circa tre mesi.
E la domanda é retorica.
La causa scatenante sorvola ancora, en passant, i miei cieli.
E vorrei imbracciare un fucile da caccia e abbatterla, ma metto a tacere l'istinto primordiale da cacciatrice per relegarmi in ruoli che non mi appartengono.


Nel contempo, ci sono delle braccia che mi offrono temporaneo rifugio.
Ed io non so se rifugiarmici, giusto il tempo di prendere un po' di calore e poi tornare ad abbracciarmi la solitudine.























domenica 25 gennaio 2015

SOSPESA NEL RUMORE



É da oggi che non mollo la poltrona vicino il camino.
I cuscini hanno preso la forma del mio corpo, trattenendola intatta per i brevi istanti che mi sono alzata.
La radio accesa, dei libri, delle conversazioni inutili, la solitudine che mi siede accanto con fare confidenziale hanno ugualmente contribuito a creare un piccolo guscio protettivo nel quale controvoglia mi sono coscientemente chiusa.


Non so nemmeno che musica sto ascoltando.
Non ci bado da ore.
Non mi ero nemmeno resa conto di avere istintivamente abbassato il volume della radio per rispondere ad una telefonata.
Ho sentito all'improvviso il respiro del vento nell'eco che si sviluppa nella canna fumaria, e mi sono risvegliata dal torpore comatoso nel quale sono sprofondata.
Nemmeno i rumori della strada, oggi, sono riusciti a toccarmi.
Ho pensato di alzare il volume della radio, allora, per spegnere tutto il rumore che ho in testa.
Nulla da fare.
Non riesco a sentire nulla, a parte tutto questo contraddittorio riflettere e l'inutilitá di ogni distrazione.
Certe vecchie convinzioni e certi spigoli stanno riaffiorando, e non riesco a non cedere loro dello spazio.
Ho voglia di fumare.
Mi basterebbe alcolizzarmi.
Ho deciso di non fare l'una né l'altra cosa.
Non ho nemmeno fame.
Magari mi preparo un bagno caldo, il mio piccolo rituale aromaterapico illuminato dalla luce delle candele.
Potrebbe spegnere per un po' questo rumore.
Se non fosse che l'acqua é un conduttore fantastico.
E lascia migrare i pensieri, consentendo loro di avvolgere il resto del corpo e stringerlo nella loro morsa, prima di scorrere via.
Da domani la mia vita, per i prossimi sei giorni, sará scandita da un lavoro estenuante, ma finché non sorge il sole, mi resta ancora un po' di tempo da dedicare a me stessa.











LA SERA DEL NON COMPLEANNO



Al solito locale con delle amiche, ci sediamo al bancone in attesa che si liberi la nostra penisola preferita.
Ordiniamo da bere, alziamo i calici, brindiamo.


Ogni brindisi, trasformato di volta in volta in frasi adatte alle circostanze, alle persone, e all'arrembaggio, costituisce sempre, sotto un certo profilo, il mio personalissimo festeggiamento per il fatto che vivo.
E per quanto abbia da ridire su qualcosa, su qualcuno, o su me stessa, sono attaccatissima alla vita che ho l'opportunità di vivere, cosí com'é e per come ho scelto di viverla.


Noto ammiccamenti alle spalle di un'amica, un tipo che continua a dondolarsi tra un "ti sto osservando da un po'" e "potrei essere il tuo nuovo stalker, se continuo cosí".
A un certo punto si decide a rivolgere la parola al gruppo allegrotto.
"Cosa festeggiate?"
"É il compleanno della mia amica. Compie 75 anni!", rispondo.
Che ci posso fare, mi diverto cosí...
"Cavolo, non si direbbe... Te li porti bene", viscidamente ammiccante.
"Ha un buon chirurgo. Cara, dagli il suo numero!".
Credo non abbia colto l'ulteriore ironia sottesa...


Siamo rimaste a chiacchierare di tante cose che si sarebbe fatta l'alba.
Abbiamo deciso di risparmiarci la levata del sole in cielo e di rientrare per tempo a casa.




Stamattina, nel letto, ho deciso di cancellare un numero dal cellulare.
É incredibile quanto significato si possa attribuire ad una sequenza numerica e ad una manciata di pixel.
Indubbiamente, hanno una incidenza che non voglio debbano avere sulla mia vita.
Non ho piú voglia di aprire la rubrica, o uozzap, e trovarmi davanti quel nome e quel viso.
Sono piú forte delle mie debolezze.
E devo smetterla di dimenticarmene.
E da stamattina che ho compiuto finalmente questo gesto, non me ne sono ancora dimenticata.
Un gran traguardo, considerate le cadute e i pensamenti e i dubbi degli ultimi mesi.
La ragione, che avevo distaccato correndo, ha preso fiato e mi ha raggiunta, e ora mi cammina di fianco.




Sempre stamattina, l'immancabile messaggio di buongiorno.
Che segue quelli di buonanotte.
E conversazioni interminabili.
E la curiosità di sapere cosa ho fatto, stanotte, e con chi.
Perché, mi domando.
E non sono certa di volere una risposta.















sabato 24 gennaio 2015

E DUNQUE FREGARSENE



Vorresti non arrivarci, a questo punto.
Vorresti tenerti ben salda a tutto ció che ti sei ripromessa.
E invece non serve a nulla.
Non serve a te, soprattutto.


Rinunciare a vecchi vizi acquisendone nuovi, non significa propriamente tenere a freno certi stimoli, ma assecondarli con l'aggiornamento.
Una sorta di upgrade, uno scambio equo tra l'obsoleto vizio ed uno nuovo piú accattivante.


Non posso permettermi di precipitare in situazioni che sono vicoli ciechi.
Io, che sono la piazza al centro della quale ne sbucano mille, di vicoli ciechi, debbo puntare al cielo, evidentemente.
L'unico spazio che non mi oppone limiti di sorta.


Se imparassi a fluttuare nell'aria non sarebbe male.


Dovrei recuperare un po' di sana strafottenza.
Non l'ho completamente disarmata, é sempre lí, pronta ad uscire quando le pare.
E il modo in cui esce fuori disarma le mie migliori intenzioni.


Mi verrebbe da dire che va bene.


É qualche sera che va bene.


E stasera, invece, chi lo sa...













venerdì 23 gennaio 2015

UNDEFINED



Ti chiedi una cosa precisa e non sai darti una risposta.
Adduci confusione.
Un parapiglia di emozioni che non sai spiegarti.
Trascorsi che all'occorrenza ti gettano nel panico, salvo dimenticarteli appena l'attenzione viene distolta dai nuovi appena trascorsi.
La radicalizzazione dell'essere single temperata dalla speranza di trovare, prima o poi, un compagno di vita che sia tale, e non un surrogato negativo in mancanza d'altro.


Poi ti sovviene che le categorie le hai sempre trovate costrittive.
Che proprio tu, nella libertá di essere che hai scelto di indossare, non dovresti porti la questione in questi termini.
Eppure ci pensi.
E i pensieri che elabori pesano come il fardello che non sono.
Allora vivi, che é quello che ti riesce meglio.
Catapultata nel cuore del momento.
Come quando decidi di sparire dal mondo per ficcartici ancora piú dentro.
Peró c'é qualcosa che non torna.
E se contare ha senso nell'immediatezza, nel dilatarsi della prospettiva questo viene falsato da altri conti, che chissá se avverranno mai.





giovedì 22 gennaio 2015

RESTA



A infilarmi nei casini sono la migliore...

PERSONA FACILMENTE INTERVISTABILE





Ero lí, che passeggiavo per i cavoli miei sotto la pioggia, in mezzo alla gente, quando ho visto spuntare un microfono.
"Possiamo farti una piccola intervista?"
Ho acconsentito.
Sento arrivare una domanda diretta, stile Le Iene quando interrogano i parlamentari per denunziarne le lacune culturali.
Se mi chiedono la Costituzione cascano male, ho pensato.
Invece no.
Mi hanno posto una manciata di domande estremamente pertinenti su una questione che rimbalza da giorni sui quotidiani nazionali.
Ho risposto ben volentieri.
Mi divertono queste cose.


Non é la prima volta che mi intervistano per strada.
Mi domando se é una mera casualitá o sono vagamente telegenica.
Ed io che pensavo di svoltare con la musica, per cambiare mestiere!
La tv potrebbe essere il mio futuro!
:)))))))))))

TERRAFERMA, PORTI SICURI E ALTO MARE



Passano gli anni, ma per certi versi non cambio.
Dico di volere delle cose, ma poi in sostanza cerco altro.
Navigo in mare aperto, e tento disperatamente di raggiungere un porto sicuro.
Trovo un porto sicuro, e invece di goderne, volgo gli occhi al mare, ed il mio corpo tutto tende in quella direzione.
Ci vorrebbe una piattaforma, di quelle che resistono alla furia delle peggiori intemperie.
Un punto fermo nel ritmo costante dei flutti, una terraferma in senso improprio, radicata nel profondo del mare.


Se mi portassero la luna, in questo istante, avrei probabilmente da ridire anche su questo.


Vorrei non cedere alle mie contraddizioni, ma da un po' questo braccio di ferro mi vede soccombere senza incontrare la benché minima resistenza nelle energie che oppongo.





mercoledì 21 gennaio 2015

STASERA AL CINEMA


Vado, non vado, vado, non vado...
Domattina levataccia + treno + trasferta altrove + rischio brutti incontri + preordinato incontro positivo.
Vabbè... Ho deciso 5 minuti fa di andare al cinema con un amico, che doveva farmi avere conferma, a causa di un appuntamento dell'ultimo minuto.
Se non fosse che nel frattempo ho saputo, ho saputo che anche altra gente che non ho genio di incontrare va al cinema.
Probabilmente stessa sala.
Non vado più.
Mi conferma l'amico che si è appena liberato.
Che faccio?
Vado, non vado, vado... No.
Non vado.
Becco quella gente lì, e non mi va, mi indispone, e...
Fanculo.
Vado.

DALL'ANIMA



Dice che mi trasformo, quando canto.
Che si intravvede l'anima.
Mi viene da chiedermi in che modo appaio il resto del tempo, se sembro effettivamente cosí distante da quella che sono.
Quella che cambia, probabilmente, é solo la chiave d'accesso che fornisco a chi mi ascolta.
La serratura, di fondo, é sempre la stessa.
Io sono sempre io, canto o non canto.
Solo che non sono visibile a occhio nudo.
Occorrono dei filtri.
Un caleidoscopio.
Una lettura di spessore e a colori, con sottofondo musicale.
Non sono altrimenti raggiungibile.
Ed é bello anche cosí, un po', di riservare una conoscenza piú intima a poche persone.
Quelle che non sbadigliano quando sei lí alla chitarra con un repertorio di nicchia e i tuoi pezzi inediti.
Quelle che in un locale prossimo alla chiusura ti si siedono vicino, in silenzio, mentre canti, e ti osservano come se non esistesse altro.
Quelle che ad una serata di amici ti ascoltano e poi vengono a dirti con occhi sorpresi che la tua voce ha qualcosa.
Qualunque cosa sia, qualcosa l'ha e spero di mantenerla inalterata nel tempo.
Il che é un eufemismo, perché mi accorgo che cambia costantemente, e ci son cose che controllo ed altre che prendono il sopravvento.
O sfuggono inevitabilmente.
Quanti segreti sono chiusi in una voce, e quanto é pazzesco che passino, il piú delle volte, del tutto inosservati?









martedì 20 gennaio 2015

LA BURRATA GRANDE



La cliente tipo dell'ultima ora all'iper, single, lavoratrice, fa spesso sempre lo stesso giro tra gli scaffali, affrettandosi ad arraffare roba mentre l'altoparlante interrompe la musica per mandare il messaggio minatorio che sta per chiudere e bisogna raggiungere immediatamente le casse.
La cliente tipo ha spesso i capelli arruffati, il trucco irrimediabilmente sfatto, lo sguardo stravolto, miopizzato ancor di piú dalle radiazioni pomeridiane del pc, la borsa carica di meraviglie (leggi scartoffie di vario genere).
La cliente tipo sono io.
Del tipo che solo io giro a quell'ora con cestello alla mano e passo svelto che c'ho fame e non vedo l'ora di tornare a casa a mangiare e a togliermi le scarpe con il tacco.


La verdura che riesco a sottrarre dalle cassette giá impilate sui carrelli per essere portata via, é sempre rigorosamente monodose.
Cosí gli affettati, rarissimamente oggetto di desiderio.
Non esattamente lo stesso trattamento riservato a pasta, formaggi e vino, alimenti che posso mettere in dispensa e conservare, quando ci arrivano ad essere conservati.


Al banco frigo, mi sono presa la briga di prendere pure il numeretto, anche se c'ero solo io.
"La stracciatella c'é?"
"No..."
"(che tu sia maledetto!)... E la burrata?"
"Si..."
"Ok, prendo quella!"
"Ti do questa piú piccola?"
"(prego?)... No. Quella grande!"
Ho letto nei suoi occhi un apprezzamento del tipo che tanto, essendo cliente nota ed altrettanto noto che sia single, la burrata grande da sola non l'avrei finita.
Le obiezioni che la sua mente avrebbe automaticamente muovere a questa presunzione sono molteplici:
- anche i single c'hanno fame;
- se questa si vuole affogare nella burrata, stasera, sono cazzi suoi;
- quella che avanza puó sempre essere consumata l'indomani, o usata per una pasta al forno, o con gli spinaci, o congelata;
- ma, soprattutto, non é che uno solo perché é single non mangia in compagnia, ogni tanto!
A meno che non abbia pensato che fossi un caso disperato, e che mangio sempre tristemente da sola...
In effetti ho mangiato da sola stasera.
E la burrata é avanzata.
Domani ci faccio la pasta al forno.
Se torno presto da lavoro.
E dubito di riuscire a tornare presto proprio domani.
Vabbé, magari ne ho fatto una questione di principio.
Domani la congelo.
Peró sul serio m'ha guardata e gli ho letto in faccia che non me la sarei mangiata da sola.
L'ho trovato terribile.
Quasi mi avesse etichettata.
Solo perché non ho famiglia al seguito e un uomo qualsiasi accanto, non vuol dire che faccia propriamente vita solitaria.
Bah...
Ogni tanto parte anche a me qualche pippa mentale.
Meno male che non mi sono incazzata, sennó chissá dove lo mandavo.
Col sorriso, eh.
Non sia mai detto che sia poco cortese anche quando sfanculo la gente...











TANTI COMPLIMENTI A TE



Ho incontrato, dopo tantissimo tempo, una persona.
Si é "collocata" da poco in un contesto lavorativo di tutto rispetto.
Il che, non vogliatemene,  mi ha indotto a pensar male.
Perché so che tipo di persona é e come lavora.
Dov'era prima ha fatto danni ingenti.
Ed é stata capace di rivoltarsi come una serpe contro l'unica persona grazie alla quale é riuscita ad inserirsi e imparare qualcosa: la sottoscritta.


Possibile che cialtroni, incompetenti e incapaci riescano a ritagliarsi possibilitá simili?
E poi, quanto é effimera la facciata costruita sull'inconsistenza interiore?
Una bella messa in piega riesce a mascherare tutto?


Mi sono complimentata, ma mi sono tolta un piccolo sassolino dalla scarpa, senza nemmeno volerlo.


Alla domanda diretta, ho visto gli occhi volgersi altrove.
La fatica, per taluno, significa studio e sacrificio.
Per altri, invece, mettere mani al portafogli di mamma e papá per comprare quello che altrimenti non sarebbero in grado di perseguire con le proprie forze.
E per caritá, se qualcuno é incapace, ma ha i soldi per provvedere diversamente ad acquisire titoli che non gli spettano, chi sono io per giudicare la consistenza economica dei patrimoni altrui.
In compenso, reputo di essere qualcuno quando il confronto avviene sul campo del lavoro.
E pur non volendo, ho rimarcato la differenza che corre tra chi conquista e chi compra.
Non volevo.
M'é scappato.
'Ccidenti...




A comprá so boni tutti.





lunedì 19 gennaio 2015

SALTARE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO



Da campionessa di tuffi nell'estemporaneo quale sono, so bene che ho scelto di misurare i passi, stavolta.
E lo sto facendo.
Piú o meno.
Potrei farlo di piú.
Potrei non farlo affatto.


Dove mi porteranno accortezza e scelleratezza, nel loro appassionato ballo danzato nelle mie scarpe?


E chi lo sa...


E se qualcuno lo sa, lo dicesse, diamine!

FEELING GOOD



"Se vuoi, andiamo da un'altra parte", mi dicono le ragazze.
"No, non mi debbo privare di andare in un posto solo perché ci sono loro!".
Loro sono delle persone con cui uscivo e con cui non esco piú.




Entra uno dei miei vecchi amici, in compagnia di nota baldracca, e fa finta di non vedermi.
La baldracca ce l'ha con me.
I maschietti che sono entrati nel suo giro hanno quindi preso le sue posizioni e la spalleggiano.
L'amicizia che avevano con me é andata a puttane.
Nel vero senso della parola.
Quanto sono sfigati, certi uomini, che pur di compiacere certi esemplari di donna, si lasciano manipolare a tal punto da fare regolarmente figure ridicole con il resto del mondo?


Lui, peró, lo conosco da tanto.
Non puó permettersi di fare il vago con me.
Seduta lí al tavolino, la mia amabile compagnia mi ha fatto notare quanto fosse stato indelicato nell'entrare e nel far finta di non vedermi.
"Si, lo so. Se non fossi una signora andrei lí e glielo toglierei da sotto, ma alla fine dei conti, che mi importa? É lui che fa queste figure da nulla con me!"
Il tempo di finire di parlare e la baldracca, che stazionava con lui ormai da un po' a un metro da me, si é girata con la bocca aperta, in una delle solite espressioni ignobili che caratterizzano la sua persona.


É partito l'embolo.
In questi momenti me ne frego di contraddirmi, lascio che sia l'istinto a prendere il sopravvento.
Sono scattata in piedi e in un attimo ho raggiunto la spalla del tipo, bussando con le dita tese e rigide per farlo girare.
Ha finto sorpresa e mi ha salutato, mentre lei cambiava espressione davanti alla scena.
"Quando fai finta di non vedermi lo dovresti fare con piú eleganza...", con un sorriso pieno di comprensione e di una tirata d'orecchi fisica che gli ho risparmiato.
Dopo un po' siamo andate via.
Abbiamo raggiunto l'unico locale aperto sulla strada del rientro a casa.
Mi hanno coinvolta in una cosa carina e mi sono fatta prendere la mano.
Ne é uscito fuori un duo improvvisato sulle note di Nina Simone.
Tornando a casa, "lei" (la lei del post precedente) mi dice che deve ringraziarmi.
Di cosa?
Del fatto che non l'ho mai considerata in quanto fidanzata di un mio amico, ma in quanto persona.
Del fatto che sono andata a fondo, e non mi sono fermata ad una lettura superficiale.
Le ho risposto che é stata lei a darmi modo, che non é dipeso da me.


Sono tornata a casa contenta.

















domenica 18 gennaio 2015

LEI MI PIACE



"E lo so che siete stati insieme e i rapporti si sono interrotti... E che vi volete bene... Peró a me lei piace tanto come persona. Mi fa piacere vederla, uscirci insieme... Ti dispiace?"


"Ma no, figurati...", con fare sincero.


L'ideale sarebbe stato che fossero rimasti una coppia.
La magnifica coppia che sono (mannaggia: che erano! Mi sbaglio sempre, e segretamente continuo a tifare per un ritorno).
Essendosi sciolti, io ho preso immancabilmente le posizioni di lui, che é un mio amico.
Peró lei mi piace, ci sto bene, é una donnina fantastica, e non voglio rinunciare alla sua amicizia.
E lui mi ha dato ragione.


Io non lo so se posso fare qualcosa per loro, nel mio piccolo, ma semmai ne avessi il potere, lo eserciterei.
Quanto é magnifico quando le persone riescono ad essere cosí civili nel mettere termine ad una relazione?
Di mio, non ci sono mai riuscita.
Non posso che imparare.

venerdì 16 gennaio 2015

COLPIRE PER FARE MALE






La mia indole buona é in aperto conflitto con un'altra parte importante di me.
Ho seguito la strada maestra, sono stata corretta, ho parato i colpi piú meschini.
Ed ora mi é stata servita su un vassoio d'argento la possibilità di colpire e far male alle persone che hanno fatto del male deliberatamente a me ed alla mia famiglia.
É stato, e in parte lo é ancora, come essere trattenuti sott'acqua da una mano estranea, liberati solo per prendere una piccola boccata d'ossigeno ed essere poi spinti di nuovo giú.
Tale la violenza che certe persone esercitano sfruttando situazioni per altri inaccessibili, godendo di giochi ad armi impari per gli altri.
Ed io non faccio parte genericamente degli altri.
Io sono io.
E finché vivo ci sará questa partita aperta che in qualche modo devo vincere.
Che sono determinata a vincere a tutti i costi.
Il tempo mi ha giá dato, in parte, ragione.
Sono sopravvissuta.
Sono ancora piú combattiva, se occorre.


Ho dieci giorni per riflettere sul modo piú opportuno per colpire.
Se farlo con furia cieca, o piegando l'opportunità al raggiungimento di uno scopo superiore.
La mia serenitá e quella della mia famiglia.


Io non sono cattiva e non lo saró mai, ed é raro che porti rancore a qualcuno, ma in questo caso sono successi fatti talmente gravi che sarebbe contrario al principio di stretta sopravvivenza lasciar cadere la cosa.


Devo colpire e devo colpire forte.
Devo piegarli.
Come loro non sono riusciti a piegare me.



















ZUCCHERI E AGOGNATI SONNI




E' appena saltato l'ultimo appuntamento di questa intensa giornata, che avrebbe concluso la settimana d'inferno.
Mentre correvo da una parte all'altra, prima, sono passata davanti una gelateria.
Per il pranzo ho risolto.
In due minuti (mentre guidavo...), ho finito il cono gelato.
Mi ci sono fatta mettere pure la panna, ma faceva caldo, e quindi non si è ghiacciata sul gelato indurendosi, come piace a me.
Io il gelato l'inverno l'adoro!
Non avevo fatto colazione, tanto per cambiare.
La dose di zuccheri giornalieri  è stata ampiamente assunta pure oggi, comunque, e ne sono soddisfatta.
Posso tuffarmi nelle coperte per un po', prima di tornare a lavoro, nel pomeriggio.

FINALMENTE!

giovedì 15 gennaio 2015

DISINTOSSICARSI


Devo finire di lavorare e poi scappare da qualche parte.
Chiudere i contatti con il piccolo mondo che mi chiede cose.
Il mio cellulare rischia lo schianto contro una parete, in questo momento.
Devo disintossicarmi dalla tecnologia urgentissimamente.
E invece fino a domani sarò connessa a palla al resto del mondo nei modi tradizionali e in nuovi fantasiosi modi a causa del lavoro.
Non ne posso già più, sto impazzendo.

Sono appiccicata al pc e nonostante la doppia dose di caffeina zuccherata, e nonostante abbia divorato un pacco sano di quelle barrette ai cereali con il cioccolato, mi si chiudono gli occhi e ho fame.
Esigenze basilari di cui non posso curarmi finchè non porto a termine tutto questo dannatissimo lavoro.

Da qui a stasera mi toccano i salti mortali.
Domattina, altri salti mortali.
Quando rientrerò, per fine mattinata, altre capriole.
Sto spremendo le meningi, troppo, e vorrei spremerle di meno.
La gratificazione che traggo da tanti sforzi è davvero minima.
Per chi sto facendo tutto questo?
Sono realmente io a volerlo?

mercoledì 14 gennaio 2015

LE GEOMETRIE DEL POMODORO



La cena spartana di stasera é magnificamente consistita in un avocado e in un cuore di bue consumati nudi e crudi davanti al camino.
Ho spellato l'avocado e sembrava quasi non avesse sapore.
Era d'importazione.
Quelli nostrani sono decisamente piú gustosi, ma io non ho la pianta, e chi l'ha non mi regala piú i suoi frutti.
Ho assaltato il pomodoro, grande quanto la mia mano aperta, impugnandolo come un giocattolo pronto all'uso.
Da ogni fetta tagliata sono emerse geometrie arancioni, verdi e bianche.
Delle ruote perfette, come gli ingranaggi di un meccanismo.
Un meccanismo che in questo momento sento che non funziona come dovrebbe, ma che funziona e tiene comunque botta.
La perfezione del taglio e tutta quella geometria mi hanno mandato in ansia.
Ho posato il coltello e ho morso la restante parte del pomodoro come fosse una mela.
Fanculo la perfezione e il taglio educato e le geometrie bellamente ordinate che genera!
Il sapore si é aperto compiutamente sulle papille gustative solo a bocconi ultimati.
Non ho piú fame.
Sono in fibrillazione per il lavoro.
Paura e preoccupazione da convertire in adrenalina.
E adrenalina, di suo, allo stato puro, che mi possiede, di una possessione bieca e senza speranza di salvezza.
Ho bisogno di una cazzo di sigaretta*.
Non fumo da giorni, di nuovo.
E non fumeró nemmeno ora.
Anche perché il bar sotto casa é chiuso, maledizione...






* particolare genus di tabacco a forma di sigaretta, dalla proverbiale portata liberatoria, soprattutto se unita ad alcol e cattive frequentazioni (tutte cose che non mi posso concedere fino a venerdí notte, quando avró portato a termine quel che ho da fare).



PIOVONO CIOCCOLATE



Mi é stato appena lanciato un biscotto ricoperto di cioccolato bianco e nero, nel suo involucro singolo e monoporzione.


Ho alzato gli occhi dal pc e l'ho afferrato al volo.


Le mie rimostranze sul tipo di cioccolato sono cadute nel vuoto.


In compenso, l'ho mangiato lo stesso.


Se considero la metá del torrone morbido con pistacchi e mandorle rivestito di zucchero aromatizzato all'arancia, che ho assaltato dopo pranzo, e il saccottino al cioccolato con cui ho fatto colazione/aperitivo stamattina dopo il lavoro, direi che quanto a zuccheri sto bene fino a Pasqua.


Maledetta, quando arrivi?

DELLE SCUSE ALL'IMPROVVISO



A lavoro, stamattina, ho incontrato una persona che non vedevo da tempo.
Mi ha chiesto di dedicarle due minuti.
Ho pensato avesse bisogno di qualcosa, e sono stata indecisa se rifiutare o meno.
Mi ha sempre chiesto qualcosa, perché dalle persone come me si ottiene sempre qualcosa, finché non si stufano.
Non mi costava nulla attendere una manciata di minuti, e quindi ho atteso, riservandomi di risponderle "non lo so" o "non posso".
Voleva chiedermi scusa per una cosa che è successa diversi mesi fa.
Le hanno riferito che mi sono arrabbiata molto, e mi ha chiesto perchè avessi preferito non parlarne.
Le ho risposto che è vero che mi sono arrabbiata molto, ma che, come ogni volta che l'ira mi acceca, l'incazzatura dopo poco mi passa, e ho lasciato scivolare via la cosa, senza serbare rancore a nessuno.
Non mi sembrava il caso di scatenare l'inferno per una cosa del genere, per quanto grave.
Mi ha guardata interdetta, si è scusata di nuovo.

In realtà, prima di mandarglielo a dire, avevo anche sollecitato la sua attenzione in modo diretto, illo tempore,  ma ha fatto finta di nulla. O forse sul serio non si era resa conto di nulla.
Chi lo sa...
In ogni caso, la preoccupazione del giudizio altrui (abbiamo degli amici in comune, sono stati loro a parlarne) l'ha indotta a fare questo passo, che altrimenti é da presumere non avrebbe fatto.


Per me é tutto ok, ci mancherebbe.
Resta il fatto che questa persona deve restare lontana da me.
Gli opportunismi altrui mi logorano dentro, non ne voglio sapere.
Nemmeno dopo le scuse.















martedì 13 gennaio 2015

DI DOVE SEI E QUANTI ANNI HAI



Vorrei non me lo chiedessero piú.
Mi sono scocciata di vedere le faccette meravigliate che fanno.
E sono stufa pure delle questioni anagrafiche.
Fottutissime questioni anagrafiche...
E sono stanca di fare l'avvocato del diavolo, ogni volta che controbatto a me stessa sulle questioni che mi premono.
Non é possibile che io sia cosí brava a stilare liste di pro e di contro, e cosí pessima nel far prevalere questi ultimi, in ogni caso, sui primi.
Il che non mi impedisce di fare comunque le cose e di gustarmele, questo va detto.
Se per una volta riuscissi a soffermarmi solo sul lato positivo delle cose, sorvolerei anche sulle solite domande banali che mi vengono poste come se coincidessero con il punto della questione.
La veritá é che né l'etá né i miei natali incidono, mentre incide tutta la vita che é stata nel mezzo e fino a un attimo fa.
E in questi termini, il dove é un collocarsi geografico vago e ininfluente.
E l'etá un numero che potrebbe essere di gran lunga superiore, o inferiore, ma che resta quel che é.
Un numero come ce ne sono tanti.

RIFLETTERSI



La sensazione esatta é quella di riflettermi come nella vetrina adorna di un negozietto di chincaglierie, che affaccia su una strada assolata.
Ogni dettaglio rimbalza alla mia vista, miope e distratta, con insolita nitidezza, solo alleggerito nell'intensitá dei colori, che virano al pastello.


Se dunque sono io la parte che si riflette, davanti a me ho un mero riflesso.


Consistente, peró.


A un soffio dalle mie dita, posso toccarlo.


Se respiro, le nuvolette che si formano arrivano a condensarsi sulla superficie vitrea, tanto che potrei scriverci parole, lasciare messaggi che solo una lettura attenta e immediata carpirebbe.


Invece lascio che il piccolo stazionamento di vapore e calore evapori, come non avesse mai raggiunto la propria destinazione ideale.




É un riflesso, solamente un riflesso.
Mi auguro solo che non sia un abbaglio.
E non dovrei augurarmi nulla, mi dico.


E allora perché ci penso, e in questo modo?

COALIZIONI INVOLONTARIE



Le mie amiche sparse per l'Italia a malapena si conoscono, tra loro, per nome, tramite la sottoscritta.
Non comunicano, dunque, tra di loro.
In compenso esprimono pareri e consigli all'unisono.
In particolare, se una mi dice di sfanculare un tipo, l'altra mi dice di sfanculare vigorosamente il tipo, l'altra ancora di sfanculare - di nuovo - il tipo.
Se una mi dice che una conoscenza é da approfondire, le altre si esprimeranno allo stesso modo.
Senza trucco e senza inganno, senza alcun tipo di raccordo.
Tutte mi incoraggiano sulle stesse medesime cose con gli identici motivi.
Salvo una che mi dice "lascia stare, pazza!"


Stavolta avrei voluto che qualcuna mi avesse risposto con la dovuta ragionevolezza, e mi avesse invitato a desistere.
E invece mi danno tutte una pacca sulla spalla, le stronze, e mi dicono "vai!".
Salvo l'unica che mi dice "non é cosa, pazza!".


Le mie amiche sono coalizzate tra di loro e nemmeno lo sanno...
A parte l'unica voce discorde che sento piú volentieri quando mi voglio convincere a rientrare nei binari della ragionevolezza.
Non stasera, peró.
Ho voglia di godermi un sorriso da cretina almeno per un po'...


Ma... Pensavo... Se cominciassi a commercializzare in boccette il puro istinto?




lunedì 12 gennaio 2015

GERMOGLI DA TERRENI FERTILI



"E' andato tutto bene..."


Voleva condividere questa piccola cosa, che piccola non é.
Quando un certo tipo di legame si instaura, è difficile scardinarlo.
La mia vita sinora me l'ha ricordato a piú riprese, spesso in modo doloroso.


Nel gran cercare di rimanere a galla, nel quale eravamo entrambi indaffarati, ci siamo incontrati.
E poi ci siamo immediatamente persi.
Finché non ci siamo ritrovati, di nuovo, per caso.


Era solo una questione di tempo.
Ed é anche tutta una questione di tempo.
Un tempo che non possiamo piegare alla nostra piccola e inerme volontá.


Ed ora, questo affetto abita dentro di me, e mi scalda.
E ci tengo.
A dispetto del tempo, e di ogni altra cosa che sfugge al mio razionale controllo.







LA CONSAPEVOLEZZA DEL GIORNO DOPO



Sono stata una signora, ieri sera.
Stava per partire un ceffone, alla presa diretta, e ho preferito voltare il viso e far finta di niente.
Non aveva ragione di permettersi un avvicinamento del genere.
Non abbiamo questa confidenza.
Non gli ho dato alcun adito.
Sono seccatissima di questa cosa.
E non intendo scontare la sua erronea percezione della realtá.
Piú ci penso, più mi sale la rabbia.
Mi pare inverosimile che abbia potuto fraintendere la mia cortesia per una disponibilità che non c'é.
E alle prime avvisaglie ero giá stata dura.
Devo essere tagliente?
Devo andarci giú ancora piú dura?
Come si puó pensare che l'ostinazione possa sanare il mio disinteresse?
Come si puó pensare di passare dall'assenza di contatto fisico all'estorsione di un bacio?
Mi vengono i brividi al solo pensiero.


Se sono stata dolce di sale, d'ora in poi saró amara e velenosa.
Con certe persone, con le buone, non si ottiene rispetto.



MA COME TI SALTA IN MENTE?



Ha provato a baciarmi.
Lo stavo riaccompagnando a casa.
É un amico.
Era una serata tranquilla tra amici.


Come diamine gli é saltato in mente?


Ho schivato il colpo e ho fatto finta di niente.


Torno a casa e mi trovo un messaggio.


Aiuto.


Aiuto aiutooooo!!!!!!


Io non voglio saperne nulla, non mi interessa!!!


Ma perché tutti a me, e mai quello giusto???

domenica 11 gennaio 2015

POSSIAMO, LO STESSO?



Non voglio intraprendere giochi al massacro.

Non posso.

Tutto questo è ingiusto, mi sento rispondere.

Non è che non lo so, ma non voglio più essere quella che ha tutto da perdere.

Mi chiede se possiamo continuare a vederci, ogni tanto.

Perchè è bello passare del tempo insieme.

Certo che si, non ho problemi.

Solo questo, però, senza confidare in altre possibilità varie ed eventuali.



Continuo a scorrere i giorni immergendo le dita nell'acquasantiera della vita presente, e facendomici un convinto segno della croce.

Dimentico in fretta tutto quello che accade.

E questo mi consente di fare spazio a tutto ciò che di nuovo arriva.

Perchè questa è una bella certezza.

Il fatto che qualcosa di nuovo arriva sempre, e nel gioco delle probabilità potrebbe esserci anche qualcosa di notevole.

E' in questo che spero.

Questa volta, come le altre volte.



QUEL SENSO DI PROTEZIONE



Ieri sera sono passata con amici a bere del vino in un locale aperto da poco.
La compagnia, piacevole quanto basta, ma i miei nervi a fior di pelle per il lavoro, ed io tesa come una corda di violino.
Al "tieni, l'accendino" di un amico sono letteralmente saltata.
Catturato il fuoco, l'ho portato in ostaggio con me fuori, ad accendere una sigaretta.
Era pieno di gente, sotto il fungo acceso, a disperdere calore nel buio.
Un gatto, anche lui, immobile al centro del movimento umano, gli occhi chiusi, assorto nel riposo.
L'ho chiamato, dandogli un cenno di confidenza.
Mi é venuto incontro, ha cercato carezze, si é accucciato tra i miei piedi, quasi cercando protezione dal freddo e dalla notte, e dal rumore ostile della folla noncurante, girando la faccina sdegnata e ritraendosi ancor di piú verso di me ad ogni gridolino e sussulto piú acceso.


É una chiara trasposizione, lo riconosco.


É quello che mi manca.
É quel senso di protezione che riesco ad offrire e mai a ricevere.
La possibilità di abbattere ogni difesa che mi viene puntualmente negata.
Un riparo dalla folla, anche quando ci sto volutamente in mezzo.
Rifugiarmi in qualcun'altro quando sono esausta di me stessa.













sabato 10 gennaio 2015

MONOSILLABI DOVUTI E INGANNI DELLA MENTE





L'altra novitá che accompagnerá l'anno nuovo é l'abbattimento di parole superflue.
Qualcuno dovrá farsi bastare i monosillabi.
Di piú non caverá fuori da questa bocca e da queste dita che scrivono.
Non piú.


Prima esercitazione in atto stasera.
Esito innegabilmente positivo.


Sono sulla strada giusta.




La stazione del controllo della rabbia é stata messa invece a dura prova nel pomeriggio, dedicato al lavoro.
É passato un treno ricolmo di idiozia che per poco non mi travolgeva.
Sono calma, al momento, ma stanca.


L'esercizio non é stato svolto a dovere.
Rasento a mala pena la sufficienza.


Posso fare di piú.




Nel nutrito panorama dei casini nei quali potevo cacciarmi, a breve, ho cominciato a mettere ordine.
Devo tenere ferma la volontá.
Essere fottutamente razionale, per una volta.
Non posso ridurmi ad un ricettacolo di follie.
Il fatto di essere capace di tutto, e di aver fatto di tutto, non mi vincola a dover fare lo stesso anche nel futuro.
Le relazioni uomo-donna posso gestirle anche in modo meno impetuoso.
Posso rinunciare - lo voglio! - alle difficoltà insuperabili di certe situazioni, invece di cimentarmi su terreni impercorribili.
E cosí ho fatto.
Ho desistito.
La cosa mi ha rattristato un po' sul momento, ma é stato solo un attimo.


L'esercizio prevedeva una pluralità di soluzioni egualmente proficue.
Bassamente proficue per me.
Ho scelto l'unica percorribile.
Quella di salvaguardia di me stessa, principalmente.
L'unica plausibile.


Non so su che strada mi sono messa, ma spero di reggere per un po'.


Desidero davvero, stavolta, non dovermi pentire amaramente di avere cominciato a frequentare un uomo con cui sapevo in partenza che le cose non potevano funzionare.









QUANDO CI VEDIAMO?



Domande complicate del venerdí sera, quando esci senza trucco, parrucco, i jeans troppo lunghi che vanno sotto il tacco dello stivale che ogni tanto ci inciampi goffamente, e la faccia devastata (leggi brufoli, neanche fossi tornata adolescente, che poi ti dici che si, un po' stai regredendo. Solo un po'. No, non diciamoci cazzate. Sei in piena fase regressiva...) dai bagordi natalizi (ho mangiato e bevuto come non ci fosse un domani), vagamente camuffata da un sottilissimo strato di fondotinta (l'unica cosa che ho dovuto mettere sul viso prima di uscire di casa, per salvaguardare la decenza. Senza correttori & co. Non posso dannarmi l'anima a coprirmi perfettamente con il make up un brufolo, neanche fosse una questione esistenziale).


"Boh... Fatti sentire", ho risposto.
Il che sottintende: non ho capito in che termini me lo stai chiedendo, se ti fa piacere puoi specificarmelo un'altra volta, non proprio stasera che sono completamente fuori uso. In ogni caso, mi fa piacere sentirti e vederti. Mi piace la tua compagnia.


Saró stata chiara?

VOGLIO ESSERE UNA POSATA



Un coltello, una forchetta, pure un cucchiaio.
Anche un cucchiaino da caffé.
Sarebbe perfetto.


Voglio essere posata, rinunciare completamente alla rabbia, deporre le armi, stare serena, non arrabbiarmi piú.
Con nessuno.

venerdì 9 gennaio 2015

RICHIESTE IMPROBABILI



"Ciao, come stai? Stavo pensando... Perché non inviti X a venire in Italia?"


"Perché? Che gli é successo?"


"Quel ragazzo ha il cuore spezzato. Sono convinto che gli farebbe piacere..."




Con quel ragazzo ho avuto una piccola storia diversi anni fa.
Una cosa estemporanea.
E di brevissima durata.
Che sinceramente non ho voglia di riaprire e coltivare oggi.
Potrei anche fargli una proposta solo per tirargli su il morale, ma se poi dovesse accettare che faccio?
Mi spiace.
Ho serbato un ottimo ricordo di lui, ma non mi va di rivederlo oggi.
Non c'entra nulla, oggi, con la mia vita.


E non voglio sembrare la solita che se ne vuole rimanere sulle sue, ma non posso invitare un tipo che vive dall'altra parte del mondo, e che nemmeno mi interessa, a venire a riaprire argomenti morti e sepolti.
Basta cazzate.
Basta.







giovedì 8 gennaio 2015

RIPRENDERE CONFIDENZA CON LE FESTE DOPO IL LAVORO



Intendevo scrivere "Riprendere confidenza con il lavoro dopo le feste", ma mi sembra giusto lasciare per titolo quello errato.
Mi sembra quello piú corretto, ed effettivamente sintomatico dello stato confusionale nel quale mi ritrovo.
Avendo saltato tante ore di sonno, mi servirebbe una breve vacanza.
Di nuovo.
Per dormire peró.
Al sole, possibilmente.
Su un lettino in spiaggia, davanti a un mare cristallino.


Potrei pure, in alternativa, prolungare certi festeggiamenti nel week end.
Credo peró che i prossimi brindisi saranno all'acqua: il mio fegato ha alzato bandiera bianca!


Sono tornata a lavoro, ieri, e sono giá mentalmente iperattiva.
Credo si percepisca dalla mole di parole scritte.
In compenso quelle pronunciate sono state nettamente inferiori.
Il corpo non sta ancora esattamente al passo.
Devo dormire, recuperare ore di sonno.
Per questa ragione stasera resto a casa.
Non sembro nemmeno io.
A casa a dormire.
Io.
Proprio io.
Sono appena le 21.00, ho giá cenato, e conto di lasciar morire l'ultima legna nel camino acceso.
Non trovo argomenti validi, oltre la stanchezza, per andare giá a letto.
Eppure devo.
Non ho voglia.
Mannaggia.
Uffa.





C'É ALTRO CHE POSSO FARE PER TE?



"Ma volevo sapere... Ecco... Come dire... Come te lo spiego..."
"Cosa nonno?"
"Quando ho conosciuto tua nonna é capitato per caso..."
"Dunque...?"
"Ma tu hai qualcuno o ho una nipote da maritare?"


Con gli occhi azzurri liquidi e fermi, schiacciati sotto il peso di un gigantesco interrogativo, mi ha inchiodato sulla sedia.


"No, non ho nessuno nonno. Vuoi procacciarmelo tu un uomo?"
"Eh, se mi chiedono... Magari non esci molto, le persone non ti vedono, non sanno nemmeno che esisti..."
"Certo che esco. Sanno che esisto. Il mondo é cambiato tanto negli ultimi anni."
"Lo so, ma non a tal punto!"
"Si. A tal punto."


E poi é partito per la tangente, dicendomi che dovrei fare qualcosa per mio cugino, single come me, presentargli un'amica ad esempio.
Io?
A mio cugino?
Ma non ero io quella da maritare?





FACCIA DA STRANIERA



Mentre carico le foto di viaggio, c'è questo dettaglio che mi salta agli occhi.
Quando sono all'estero faccio una faccia straniera, perdo le caratteristiche nazionali, le mimiche facciali solite: divento cittadina del mondo.
Nessuno sospetta mai ch'io sia italiana.
Ecco perchè.
Cambio quasi connotati.
E' una cosa stupefacente.
Una trasformazione che è lì, cristallizzata nelle foto, reale e tangibile.

Che poi anche qui dove vivo mi chiedono spesso di dove sono.

Insomma, qui o in capo al mondo, resto una straniera.

Se parlo altre lingue, cambio mimica facciale come un camaleonte.
Mangiare pane e butto salato ogni giorno, e tutte le creme, le cremine, i dolci tipici, ed il pesce e la carne, ha anche di per sè fatto il resto nel riempire il viso.
E non solo.
Per fortuna ho ricominciato a lavorare, così butterò al macero i chili in più presi e potrò rientrare nei jeans.
Che di ingrassare non mi frega molto, se non per il fatto che devo cambiare guardaroba.
Intimo compreso.
Robe da matti.
Però mi piaccio con quegli zigomi alti e pieni e colorati.
La pelle del viso spianata per la ciccia in più.
Magari me lo compro un altro jeans, per andarci comoda fino a Pasqua.



COSA POSSO FARE PER TE?



"Io credo di avere pochi mesi ancora, a disposizione. Cosa posso fare per te?"
"Nonno, quali pochi mesi, che stai meglio di me?"
"Potrei andarmene da un momento all'altro, fammi fare qualcosa per te."
"Cosa vorresti fare?"
"Ecco, ad esempio, darti una mano per il lavoro"
"..."
"Hai qualcuno che ti fa da mediatore? E' importante!"
"Vuoi procacciarmi clienti?"
"Sono vecchio, ma qualcosa posso ancora fare..."
Gli ho dato qualche bigliettino da visita e si è rasserenato, come se gli avessi fatto un gran regalo.


Il mio ruolo, in famiglia, è di essere serbatoio delle altrui paranoie.
"Salvadanaio", pure, perchè resiste fino a quando non si rompe perchè è pieno.



mercoledì 7 gennaio 2015

COSA VUOI CHE SIA





"Era il sei di gennaio maledetto
quando fugando le mie vecchie pietre
me ne andai solitaria per la via
in cerca di un raccolto levigato.
Sono una donna dalle cieche braccia
che si regge rapita nella salma
di te beato che mi canti in piena,
e pensando di te che sei partito
oltre e non oltre dentro il sentimento
mi sembri un grande alone di coraggio,
idolo fresco della giovinezza."


Alda Merini

domenica 4 gennaio 2015

MA UNA BIRRETTA, STASERA?



"No, non esco stasera..."
"Oh, e perché mai?"
"Non voglio fare tardi, e con te rientriamo all'alba"
"Dai... Rientriamo presto stasera!"
"Seeee, vabbé..."
"É un si?"
"Ci vediamo alle 21.30"
"Ma io devo fare un bagno caldo... Non ce la faccio per quell'ora lí..."
"Ok allora. Le 22.00. Ma alle 23.00 torno a casa, che sto in giro da oggi"


Io non vorrei deludere le sue aspettative, ma credo che per l'ora in cui ha pianificato di tornare a casa io saró appena arrivata al locale...
Che poi si esce e non si sa mai chi si incontra, e le vacanze sono quasi finite, e tocca approfittarne per stare un po' di piú in giro.
Tempo ed energie non si risparmiano, si consumano in modo proficuo.
Ed io, stasera, vorrei proficuamente uscire ed evitare di far danni.
Perché l'anno é cominciato anche con nuovi spunti per casini nei quali non intendo cacciarmi.
Insomma, una birretta in amicizia é un ottimo rifugio, e la compagnia del mio amico mi terrá lontana da altre situazioni.
Che tocca fare certe volte, per evitare i pasticci...

NON É COME SEMPRE



Risento ancora dell'effetto benefico del viaggio, per cui potrei essere annebbiata nel riflettere su alcune cose.
Peró sento che una molla é scattata dentro.
Che si é chiuso un ciclo durato ben tre anni.
Ché tanto, probabilmente, serviva per guarire e distaccarsi definitivamente dalla precedente vita.
C'é un sole fuori, mentre scrivo, che mi chiama per uscire.
C'é un amico adorabile che voglio raggiungere per una passeggiata in spiaggia.
É in dubbio sulla nuova fiamma.
Ed io tifo spudoratamente per la ex.
Non ci si puó volere cosí bene e stare cosí male insieme da doversi lasciare.
Non si puó, amarsi tanto con una persona e decidere di dirsi addio.
Ma accade.
Puó accadere a chiunque.
É accaduto anche a me, ma sono fuori, ormai, da quel che era, che doveva essere.
Sono pronta per altro.
E curiosa, cosí follemente curiosa, di sapere dove mi porterá questo 2015.
E con chi.

sabato 3 gennaio 2015

NE DEVE DAVVERO VALERE LA PENA



Eccolo il mio buon proposito per il 2015, applicabile in ogni campo.
Dopo aver fatto tabula rasa di tutta la negativitá dell'anno trascorso, voglio ricominciare con un po' di sano ottimismo.
Voglio quello che voglio, e non intendo cedere sul fatto di ottenerlo nel modo in cui decido io.

venerdì 2 gennaio 2015

UN PICCOLO PASSAGGIO IN TRENO



Le stazioni del mondo sono cosí caratteristiche, nella loro diversitá e nella bellezza frenetica dei passi che schioccano al suolo, eppure cosí identiche, tali da consentire una confidenza con il movimento negli spazi nuovi quasi scontata.


Le corse verso i binari, le attese a testa in su sotto i tabelloni che recano arrivi e partenze, le biglietterie sempre troppo affollate... Sono tutti luoghi conosciuti e familiari.


Della famiglia di chi viaggia.


Nelle sale d'attesa solitarie e negli ampi corridoi gremiti di persone, ritrovo il silenzio, quello interiore, nonostante la mole di rumori della quale entro a far parte.


Un silenzio che viene puntualmente violato da qualcuno che tenta di attaccare bottone, o che chiede semplicemente informazioni.


In ogni caso, il mio viaggio é giunto al termine.
Troppo presto.
Troppo.