martedì 27 dicembre 2011

My Last Goodbye...

Questi giorni stanno trascorrendo in modo appassionante.
Un lungo preludio, un lungo arrivederci con tutti, un susseguirsi di sorrisi sgargianti, di domande, di entusiasmo, di incoraggiamento.
E poi la sorpresa misurata negli occhi, quel "me l'aspettavo, prima o poi, che succedesse, che lo facessi" che si legge tra le righe.
Che poi questo salutarsi, come se fosse l'ultima volta che ci si vede...
Come se l'avvenire prossimo fosse già scontato, mentre non lo è affatto.

Magari è questa mania che mi perseguita di rimettere sempre in gioco tutto, di non appisolarmi su qualche piccola conquista o gettare le ancore in un porto sicuro che mi fa vedere in modo diverso le cose.
Che dà affidabilità, ma non piena sicurezza a chi mi capita accanto.
La mia eterna insofferenza ai legami costrittivi è sempre più viva.
E ho esaurito le parole anche per un ultimo addio.
Sono un libro aperto e non riesco a chiudermi.
Neanche con le capocciate al muro, le delusioni, la rabbia.
In questo momento non sento nulla di negativo, solo l'entusiasmo.
Sono ebbra di entusiasmo e curiosità.

Anzi, sono proprio ubriaca!


domenica 25 dicembre 2011

A CHANGE IS GONNA COME

Mancano pochissimi giorni.
Un lasso di tempo estremamente breve, in cui sto concentrando di tutto di più.
Lavoro, cene e caffè con le amiche, visite mediche, spese, adempimenti burocratici, e cosette varie.
Parecchio varie, tanto che ho dovuto scrivermele, sennò le dimentico.
Ho un collega che si è spontaneamente (su insistente e lacrimevole sollecitazione della sottoscritta) offerto di parare qualche colpo che dovesse arrivare mentre sono via, sostituendomi al'occorrenza.
La solita vita a mille all'ora, altro che riposo e prescrizioni mediche.
E in tutto questo, il passato si ostina ad occupare frammenti del presente con telefonate inopportune.
Non sono mai stata il tipo di donna che vive in funzione del raggiungimento dell'età da marito per sposarsi.
Non credo lo sarò mai.
Non sono il tipo di donna che chiude gli occhi sulle stronzate dell'uomo che ha accanto per paura di rimanere da sola.
L'uomo giusto, quella creatura mitologica che tentano di rifilarti come ipotesi reale e fattibile ("Quando incontrerai l'uomo giusto..."), non l'ho ancora incontrato, probabilmente perchè non esiste.
In questo momento so per certo che esisto io, invece.
Direi che è un'informazione sufficiente, oltre che verificata scientificamente, tanto da poter costituire il presupposto primo e unico su cui basare tutto quello che verrà.
Non sto nella pelle.




sabato 24 dicembre 2011

IL REGALO DI NATALE

Credo sia la prima volta in assoluto che mi regalo qualcosa di unico,
 per Natale.
La libertà.
La mia.

"Quando?"

"Da sola?"

"Davvero?"

Adesso, da sola e per davvero.
Si, davvero.
E mi è venuto da sorridere a guardare gli occhi sgranati e l'incredulità, ad ascoltare le domande, i "verrei con te" e "hai preso la decisione migliore".
Il mio viaggio è appena iniziato, e non mi fa paura averlo intrapreso da sola.
Un po' di compagnia la troverò per strada, e quando sarò sola con me stessa mi farò bastare il rumore dei miei pensieri, o il loro silenzio.
Se vivere non è questo, non riesco ad immaginare cos'altro lo sia.
E in questo momento non ho bisogno di null'altro.



venerdì 23 dicembre 2011

DECIDERE E DECIDERSI

Non si tratta tanto di decidere, quanto di decidersi.
Decidersi perchè è la cosa più giusta da fare.
Anche se è la cosa più difficile, quella che desta più stupore negli altri, quegli "altri" che mi circondano, così saldamente ancorati alle loro esistenze.
La mia esistenza non credo sia ancorata da nessuna parte.
E' un'esistenza fluttuante, instabile, dinamica.
Questo si era capito da un bel po'.
Anche gli "altri" l'hanno capito.
Che io qui non c'entro niente.
Che con questa gente non c'entro nulla.
Che questo lavoro talvolta mi soddisfa, ma rimane pur sempre una gabbia stretta, dove la luce arriva a malapena.
Che queste catene pesano e non hanno ragione di essere.
Che voglio essere libera di andare.
E dove altro se non proprio lì?
Succeda quel che succeda, se deve succedere.
Altrimenti... succederanno sicuramente altre cose.
Il mio cuore è pieno di speranza e di voglia di meravigliarsi.
Devo solo concretizzare la mia decisione.
Decidermi, appunto...

mercoledì 21 dicembre 2011

COME SI CAMBIANO LE COSE


Sala d'attesa di un Pronto Soccorso.
Un uomo, un ragazzo, una donna con il figlio minorenne, la sottoscritta.
Nessuno ha nulla di insopportabile o di urgente, siamo codici verdi.
Rimaniamo pazientemente in attesa di essere recuperati dai medici, chi per le lastre, chi per la pressione, chi per essere dimesso.
Nessuno di noi si è qualificato in base alla professione svolta, nessuno di noi ha attivato amicizie con medici o infermieri per passare avanti agli altri, per accelerare le visite.

Finchè l'uomo non ha esclamato: "Basta, non ne posso più di aspettare! Sono passate due ore e mezzo! Ora chiamo mia figlia e le dico di chiamare qualche suo collega per farmi mandare via. E poi devo tornare al Comando!".

"Non devono prestarti le cure per questo, devono prestartele e basta. Non si può ricorrere ogni volta all'amicizia, non si deve chiedere. Tutto funzionerebbe meglio, in questo paese,  se nessuno cercasse di scavalcare sempre il prossimo", gli risponde il ragazzo, suo accompagnatore e collega.

Sono fermamente convinta che se siamo il bel paese che siamo lo dobbiamo solo a noi stessi.
Pretendiamo cambiamenti dal prossimo, dai politici, da chi ci ha preceduto, ma spesso ci incanaliamo come pecore nello stesso profondo solco già tracciato, laddove si fa meno fatica a camminare.
Eppure il cambiamento (sarò folle...) lo vedo possibile.
E lo scorgo nelle parole dette di sfuggita e per caso, una sera, in un Pronto Soccorso, da chi come me ha il compito morale di cambiare la realtà in cui vive, e in meglio.
Non nelle manifestazioni di piazza, nei dibattiti televisivi, negli articoli di giornale, nei libri di quelli che si proclamano portatori della verità e della giusta prospettiva.
Non nelle parole di chi per pronunciarle prende fior di quattrini.
Non si può avere la pretesa che gli italiani (gli altri, mica chi per primo punta il dito, deride i politici o li insulta, e pure italiano è!) si sveglino, che vadano con i forconi sotto i palazzi istituzionali, che scendano in piazza in milioni a protestare.
Non basta fare copia incolla di belle parole su fb per fare una protesta seria e convincente.
La migliore protesta è il cambiamento reale, nel quotidiano, e quello è rimesso a noi tutti, non agli altri.
Ognuno è libero di protestare come crede, ma le proteste e le chiacchiere rimangono fini a se stesse se poi per trovare lavoro ci si rivolge al politico per la raccomandazione, e per passare un concorso si ricorre all'amicizia di taluno, e per prendere 8 invece che 6 a scuola ci si rivolge all'insegnante che ci è amica per metterci una buona parola.
Voglio solo dire che il vero cambiamento avviene attraverso un processo che parte dal basso e arriva sino in alto, e non viceversa.
E finora mi è capitato rarissimamente di conoscere persone che non abbiano approfittato delle proprie conoscenze, della propria professione, del proprio cognome, o di quanto altro, per conseguire risultati importanti sottraendoli a chi spettavano di diritto, per merito e capacità, o semplicemente perchè più bisognoso.

Questo naturalmente non ha nulla a che vedere con il piano politico e le riforme di questi giorni che trovo in larga parte illegittime, non eque nè proporzionate, e a vantaggio non degli italiani, ma di chi sugli italiani ci si fa i soldi e viene legittimato ad approfittare della nuova situazione creatasi.

Resta il fatto che se lo stivale su cui si regge in piedi questo paese non è ben saldo a terra, il corpo instabile potrà solo continuare ad oscillare, finchè non cadrà definitivamente al suolo.

Ed è una questione di civiltà, prima che politica.

lunedì 19 dicembre 2011

(LA MIA) TESTA O (LA MIA) CROCE?


Non amo le scommesse.
E questa in effetti non lo è.
E' più una specie di sfida,
con me stessa
non con altri.
E' un nuovo inizio regalato,
una vittoria strappata al caso e alla vita
che
mi hanno concesso
insperatamente
di uscire fuori da un brutto 
inconveniente
ben dritta sulle mie gambe
e
di procedere per la mia strada.
Posso continuare a
sperperare
le
mie adoratissime
parole.
A parlarle, a scriverle, a urlarle, a cantarle.
Un eloquio fluido,
come riporta il certificato che ho tra le mani.
Ebbene,
se così deve essere,
così sia
allora...