mercoledì 31 ottobre 2012

COSì TANTI TITOLI CHE SCEGLIER NON SAPREI


Potrebbe essere: E guerra fu 
(Qualcuno doveva cominciarla e naturalmente è toccato a me. Sono accorsi vigili su vigili, avvocati, parenti, vicini di casa, passanti vari. Si poteva quasi organizzare una festa a tema: ma si, è meglio che non lo scrivo il titolo di questo tema...)

O anche: Sprogrammazioni 
(Nella testa avevo già organizzato la piccola gita fuori porta al parco nazionale, a fotografare animali meravigliosi nel verde del bosco, e invece piove e molto probabilmente non si riesce nemmeno di fare un'escursione e tocca rimandare a data da destinarsi)

E ancora: Ponteponentepontepì 
(Che per la miseria piove e quindi essendo saltato il piano del ponte, adesso, che faccio?)

Quello sputtanato: Halloween 
(Vorrei capire perchè ogni volta che apro "effebbi" trovo dita puntate e pietre scagliate contro qualcosa/qualcuno. Oggi è la volta di Halloween. Che diamine vi ha fatto la festa con le zucche? Vi toglie qualcosa che qualcuno abbia voglia di festeggiarla pur non essendo di origine anglosassone e bla bla bla?)

Quello retorico, ma mai abbastanza: Così stanca che sono due giorni che mi sveglio nel cuore della notte sul divano con la tv a tutto volume mentre tutto tace
(Che poi, almeno, me li riuscissi a guardare un film/telefilm/show/cartone animato/pubblicità per intero! Dopo 10 minuti scarsi di occhi finto spalancati e attenti crollo!)

L'ultimo: In macchina si fanno un sacco di cose (Si viaggia, si chiacchiera, ci si confida, si mangia, si fa l'amore, si parla al cellulare, si ride, si canta, si cambia stazione radio, ci si trucca, e qualche volta si scoppia a piangere per nessun motivo e per tanti motivi, di getto, pensando che tanto fuori piove, e la strada è deserta e buia, e nessuno se ne accorge se son lacrime o è solo la pioggia che riga i vetri di acqua)


sabato 27 ottobre 2012

L'IMBIANCHINA DEL FINE SETTIMANA


Considerato che oggi è giorno di riposo, e di riposarmi ne avrei decisamente bisogno, dovrei dedicarmi al letto ed al divano.
Avendo però una casa da sistemare, perchè sennò ci vado a vivere l'anno prossimo, forse, recupero un secchio per miscelare la pittura e vado ad imbiancare almeno qualche muro, oggi.
Dovrei anche passar l'impregnante al tavolo e all'armadio che ho recuperato tra i vecchi mobili di nonna.
E decidere cosa fare di quel mobile per la cucina, se pitturarlo di bianco, e dove e come posizionarlo.
Trovare questi mobili mi ha risolto economicamente una piccola parte del problema.
Ho passato buona parte dei miei ritagli di tempo, questa settimana, a ripulirli e collocarli ciascuno nella propria stanza.

Solo che vanno sistemati, è materiale grezzo.

Al tavolo debbo sistemare lo strato di legno superficiale, chè da un lato si alza.
L'armadio lo devo zavorrare, che sennò quando lo apro, con quell'anta unica con lo specchio, mi casca addosso.
Si era sollevata la guida di legno del cassetto, e temevo di doverla sostituire alla meno peggio, ma ieri sono riuscita a sistemarla con il martello e l'ho ripristinata.
Al mobile per la cucina debbo invece rifare un ripiano, il tempo e l'incuria se lo sono letteralmente mangiato. E devo anche decidere se dargli una mano di bianco, o lasciarlo mezzo consumato com'è, che fa vintage.


Mi sta già venendo l'ansia da prestazione, che sto ancora qui, in pigiama, a scrivere al pc, piuttosto che star lì a lavorare.
Domattina ho appuntamento con muratore ed elettricista per sistemare la cucina (foto).
Quella che, per come l'ho in testa, speriamo non esca fuori un disastro!






Vabbè, vado a prepararmi la borsa con il cambio e le cose da portarmi, compreso lo stereo, e con l'ottima compagnia di Jeff e Ben vado a far danni all'appartamento.
Qualcosa ne uscirà fuori, anche oggi!



venerdì 26 ottobre 2012

LA SURREALTA' DI ANZIANA STIRPE


"Eeeeh no', che vino apriamo stasera?"
"Eh, io lo conosco il vino... tu che ne sai..."
"Te lo bevi o no?"
"Il dottore ha detto che un bicchiere di vino mi fa bene... secondo te non me lo posso bere? Stai dicendo che te lo puoi bere tu e io no?"
"Quello che fa bene al mio dente, fa male al mio parente"
Mi guarda con furia omicida negli occhi.

"E, quindi, di questi tre, quale apriamo? Il merlot, il Sangiovese o lo Syrah?"
Mi guarda come a dire "non capisce gnente tu (ebbene si, terza persona singolare con il tu)"
"No', quale apro?" 
"Il siciliano!"

Apro la bottiglia, e mentre prende un attimo ossigeno, preparo un paio di crostini con il gorgonzola.
"Io vorrei sapere chi ti ha insegnato, a te, a bere e a fumare..."
"E so anche fischiare! Vuoi sentire?"

Mi guarda di nuovo, con uno sguardo impenetrabile.
Che ho detto di male?

Una domanda, sopra tutte le altre, si affaccia costantemente alla mia mente quando parlo con mio nonno.
Se è arrivato in salute e lucido alla quasi veneranda età di 100 anni, con il regime alimentare folle che segue, ho forse forse qualche speranza genetica di divenire un'ultracentenaria?

giovedì 25 ottobre 2012

AROMATUTTATTACCATO


Oggi sono stata in The City.
Dove in relazione a ciò che faccio io, per una questione di grandi numeri, le cose dovrebbero funzionare meglio che altrove, ed in modo più spedito.
E invece funzionano peggio e con un'insopportabile ed ingiustificabile ritardo.
E con innumerevoli complicazioni, comprese quelle umane.
Queste:
"Mevadoafanapausa"
(tradotto: ho deciso che ogni mezzora mi tocca una pausa pagata con i soldi che lo stato mi versa a titolo di stipendio utilizzando quelli che voi poveri stolti pagate di tasse. Non fa niente se siete 10.000 in fila, qualcuno di voi desisterà!)

"Manovvenepoteteannà?"
(tradotto: non c'ho propria voglia di lavorare, andate via! Voglio godermi lo stipendio in santa pace e senza faticare come ho sempre fatto negli ultimi 30 anni e passa - ma probabilmente di meno - a spese della collettività)

"Manoppotetetornàn'antrogggiorno?"
(tradotto: chemmefrega se c'avete la robba che scade, che vi sbattete dalla mattina alla sera, mercenari mal pagati al soldo di vecchi sfruttatori, giovani disgraziati che si arrabattano e si accontentano di lavorare pure pe' du' lire, annate a casa a fà i bamboccioni piuttosto!)

"Mofaccioercontrappello: chinuncestaooocancello"
(tradotto: chemmefrega se sono le 11.30 e state in fila da stamattina e vi siete schiodati solo un attimo per andarvi a prendere un cazzo di caffè, certi di esservi segnati tempestivamente a penna sulla lista fatta all'alba, n. 42 su appena n. 6 serviti. Io vi scancello a tradimento, così lavoro di meno e voi giovani che fate questo mestiere ingrato e malpagato la prendete a quel servizio e magari perdete anche lo straccio di impiego che avete)



Ooo posso dì?
Ce vorrei fa' sta' aaa Fornero pe' nggiorno, ndo' sto io.





E vorrei scusarmi, per chi legge, per le parole che ho usato.
Non sono molto avvezza a parlare romanaccio, men che meno a scriverlo.


martedì 23 ottobre 2012

COME SE L'AVESSI SCRITTA IO


Con la voce non ancora a pieno regime, e a corto di fiato, ho ricominciato a cantare a squarciagola mentre guido.
E la canzone che sto ascoltando più spesso in radio, e sulla quale sempre mi fermo è questa qui sotto.
Ancora e ancora, fino allo sfinimento, acuti compresi.
Se non l'avesse scritta lui l'avrei scritta io, ogni singola riga.
Se non l'avesse cantata lui, in cuor mio l'avrei cantata io.
O forse la cantavo già, con altre parole.

E quindi niente.
Dovrei ringraziarlo, e lo faccio, in questo minuscolo angolo acquatico e blu, per aver dato le parole, quelle giuste, semplici, dirette e oneste, che si intonano perfettamente con lo stato d'animo di adesso.
O di sempre.

Io un posto per me so che non lo troverò, perchè non c'è.
E non c'è nulla di disperato in questo, nulla di male, o per cui angosciarsi.
Ci convivo, fa parte di me.

Oggi ho incontrato un'arzilla sessantenne che si ricorda di quando da bambina andavo presso la sua bottega, e nel giardino della sorella (quello con la fontana con i pesci rossi!), in piena autonomia.
Come un gatto di casa, che appena ne esce si inselvatichisce.
"Ti ricordi?"
Si, mi ricordo.
E non sono cambiata per nulla.



(L'avevo già pubblicata, con il secondo video, quello girato per strada, che il primo non mi piaceva granchè. E' dalla prima volta che l'ho sentita che mi ha convinta. E continuo ad ascoltarla ad oltranza da un bel po'. Ancora non mi ha stancata, ancora non ho esaurito il fiato che ho in gola...)

lunedì 22 ottobre 2012

SCOVA L'INTRUSA


Potrebbe essere il gioco dell'anno.
Il mio.
Mi sono affacciata su due mondi che non mi appartengono, per forza di cose.
Ma cui, in parte, sento di appartenere per indole.

Mi sono letteralmente infiltrata, con tanto di pass, nell'uno e nell'altro caso.
L'amicizia al femminile resta un'altra costante del gioco.
E me ne sento grata.

Il rientro alle sudate carte, come al solito, è duro.
Come un diamante grezzo da lavorare a mani nude.
Nella precarietà nella quale spesso galleggio, ma sovente annego, queste occasioni sono boccate d'ossigeno insperate.

E quando sento sprecare fiato - generalizzando a vanvera - su quanto certi giovani non abbiano la capacità di adattarsi a lavori che non sono all'altezza dei sogni lasciati a marcire nei cassetti, un'unica considerazione arriva da sola in punta di lingua ad esprimersi.
Vorrei poter offrire l'occasione a chi pronuncia con tanta sicumera certe cose, di portare avanti almeno un mese la propria vita misurando costantemente la propria dignità e il proprio sacrosanto diritto alla sopravvivenza con l'adattamento delle proprie aspirazioni e capacità a lavori schiavizzanti e per nulla gratificanti.
Mi piacerebbe confrontarmi poi, in modo spicciolo, e non in soldoni, su quanto sia difficile schiacciare se stessi in una vita del genere, vivendo alla giornata, e calcolando prospettive su un periodo talmente lungo che tende all'infinito.
Ed a meno che io non sia un'immortale e non me ne sia debitamente accorta, ho seri dubbi sul fatto di riuscire a concretizzare, in questo paese, i miei sogni, in qualche modo, e da giovane soprattutto.
Confido in un colpo di fortuna, certo.
Sono pur sempre un'italiana, in cuor mio.
"Non è vero, ma ci credo", diceva Benedetto Croce, pare.

Se esistesse il merito, se esistesse giustizia terrena, certa gente dovrebbe camminare a testa bassa e con la bocca cucita.
E sicuramente non avrebbe alcun titolo per rivestire ruoli che non le competono.
E certamente, quella manciata di minuti che seggo a tavola per mangiare e guardo un telegiornale, non dovrei costringere le orecchie e lo stomaco ad inghiottire chiacchiere inutili.

La mia digestione ne risente, dannazione!


venerdì 19 ottobre 2012

YOU MET ME THE WAY I AM


Volevo dirtelo, o alla peggio scrivertelo.
Mi basta averlo pensato.
Mi basta sapere che lo sai.
Che mi hai conosciuta come nessuno mai.
Che mi conosci come nessuno osa lontanamente immaginare.

Preparo stentatamente una borsa per star via due giorni.
Nulla sarà più leggero della reflex, domani.
O, forse, solo la testa che porto attaccata al collo.
Piena di un malsano temperamento che posso avere ereditato solo da una persona che ora non c'è più.
E che aveva intuito, nonostante la cecità, questa follia.

Certe cose prima incomprensibili, cominciano a diventare chiare e nitide solo sotto la lente del tempo.

QUANDO NON CE N'E' PER NESSUNO


I colleghi "sghignazzanti sotto i baffi" e all'unisono, coalizzati nel tentativo di fare ironia da quattro soldi, hanno cominciato a parlare ad alta voce per pungolarmi, così, a passatempo.
Ho fatto finta di non sentire, che non mi fregava niente di partecipare al gioco da bambini.
Hanno insistito, dicendo: "eh, ma tanto lei non ci sente, è occupata a fare le sue cose".
Ho alzato gli occhi verso di loro
Sguardo finto-remissivo, spallucce e atteggiamento del "cosa volete ne sappia io! Scusate, ma ora ho da fare..."
Non contenti, avendo probabilmente occupazioni blande tra le quali districarsi, hanno perseverato.
"Chi, il mio collega? Ma no, è già vecchio!", ho rilanciato distrattamente per porre termine allo sghignazzamento.
"Ma che dici, ha un paio d'anni meno di me, è ancora giovane!"
"Ah, davvero?", e ho sorriso guardandolo con comprensione.
Finalmente hanno smesso di ridere e si sono girati dall'altra parte.
Sul retrogusto amaro della mia battuta continueranno a rimuginare a casa.

Altro giro, altri uomini un po' meno sghignazzanti, ma altrettanto saputi e convinti.
"Mannòchenonciriesci!!! Io non ci sono riuscito!", mi risponde uno, a cui non avevo posto alcuna domanda.
L'altro ribatte: "Eh infatti, non credo, lasciamo stare".
Gli ho detto che provarci è meglio che desistere in partenza, e che io, in ogni caso, ci avrei provato.
L'esito mi è stato favorevole.
Facciamo mestieri differenti, e come si vede, questa differenza.

Il meno sghignazzante di tutti, al quale ho scroccato una sigaretta, mi ha chiesto da quanto tempo sono X.
Gli ho detto che non sono X, ma Zeta, e da qualche anno ormai.
Si è scusato, mi ha detto che non lo sapeva.
S'è scusato più volte.

Io non vorrei colpire ed affondare, non vorrei davvero, giuro, ma certi giorni esce fuori il peggio di me.
E non ci trovo nulla di brutto nell'invecchiare, nel fallire, nel perdere qualche colpo, nel fare ironia, e ogni tanto mettere a giro qualcuno anche quando è il mio turno, ma quando colgo un che di denigrante nei miei confronti, quando cercano di colpirmi su presunti nervi scoperti per darsi un tono che non hanno, quando la mettono sul rigo del "io valgo più di te perchè ho anche chi mi spalleggia e sponsorizza" non li reggo.
Non resisto.
Reagisco.
E nel confronto alla pari perdono.
E così pure quando mi superano per numero.
Pazienza se mi faccio un po' di terra bruciata intorno, ne faccio a meno di un certo tipo di compagnia, e quanto alle chiacchiere da quattro soldi me ne sento già dire di tutti i colori alle spalle, quindi tanto vale mettere qualche puntino sulle i e mettere certa gente al posto che le compete.

Anche perchè quando qualcuno ci gioca ad equivocare sulla mia posizione ed il mio ruolo non è che non me ne accorgo.
Me ne sono accorta eccome.
Le illazioni, tutte, mi sono arrivate alle orecchie galoppando.
E così gli ignorantissimi fraintendimenti lasciati correre per sminuirmi.

Così come la conseguente rabbia è salita più volte furiosa a fior di pelle, salvo farla retrocedere a forza per non fare stragi di massa.

Per il resto... il mio corpo ha proclamato l'autogestione.
Mi arrendo.

E poi, mentre stavo qui, rancorosa e incazzata a scrivere, mi arriva un sms: "scendi un attimo".
Ho delle amiche che definirle fantastiche è davvero poco.
Mi è arrivato un regalo tra capo e collo da mettere sulla scrivania.
E invece me lo porto a casa, perchè è troppo bello.
E' un ulivo bonsai.
E non vedo l'ora che cresca e mi metta le olive!

giovedì 18 ottobre 2012

UN PICCOLO BONUS SULLA FIDUCIA


Ho ricevuto, inaspettatamente, un piccolo bonus.
Un po' di accondiscendenza e comprensione per una mezza grana da risolvere.
Novembre, lavorativamente parlando, sarà un mese tremendissimo.

Continuo a camminare sul filo del rasoio, e mi domando che persona potei essere senza avere la testa occupata da certe preoccupazioni...

mercoledì 17 ottobre 2012

I MIEI SLANCI E LA MIA SCELLERATA INTRAPRENDENZA


Che poi io sono una timida, in fondo.
Difatti, lì per lì, quando mi ha chiesto se dovesse avere a che fare con me per una cosa, stamattina, sono arrossita.
Credo, perchè ho sentito il sangue salire al viso.
Spero solo che quel velo di fondotinta in polvere (che anche a questo serve) abbia camuffato bene le gote.
Non l'ho neanche guardato, all'inizio, se non distrattamente, per dissimulare l'imbarazzo.

Con questo tipo, quando l'ho conosciuto (cioè, tecnicamente, non è che proprio l'ho conosciuto, non ci siamo neanche presentati, neanche ci salutiamo), è stato nel contesto di una figura tremenda... un equivoco, chiarito immediatamente, ma estremamente imbarazzante.
Probabilmente ha pensato che fossi un'idiota.
L'avrei pensato anche io.
O meglio, penso che ho fatto la figura dell'idiota, mio malgrado.

Non contenta ho aggiunto la seconda figura da idiota.
Gli ho fatto dei sorrisi inequivocabili per tutto il tempo, che per gentilezza ha ricambiato.
Ho preso coraggio e confidenza e l'ho guardato dritto negli occhi, più e più volte.
Alla fine, ci siamo salutati, e ognuno ha preso a fare altre cose.
Dopo un po' sono uscita fuori per andare via, e l'ho trovato al sole, in piedi vicino le scale, che armeggiava pensieroso con il cellulare in mano.
Gli ho sorriso, mi ha sorriso, ho attaccato bottone con una scusa banale.
Alla fine gli ho chiesto se gli andasse di prendersi un caffè con me.
Mi andava di farlo e l'ho fatto, diamine.
Mi ha risposto che non poteva, che non aveva ancora finito.
Va bene.
L'ennesima figura da idiota matricolata.

L'ho raccontato ad un'amica, ridendone, perchè immaginavo conoscesse questo tipo per interposta persona.
Mi ha detto che si informa e mi fa sapere se è fidanzato e tutte queste cose qui.
Le ho detto che non mi importa sapere nulla, che se gli va di parlarmi e conoscermi un caffè me lo offre lui la prossima volta, sennò amen.

In tutto questo, la lezione del giorno non è "smettila di fare queste cose alla scellerata", ma "e vabbè, ridiamoci su, che fa".

martedì 16 ottobre 2012

lunedì 15 ottobre 2012

METABOLISMO BRUCIANTE


Questa sensazione la conosco bene.
Quel pensiero che spinge sugli altri e arriva primo, ogni mattina che mi sveglio.
Senza segni evidenti, come una frattura composta appena dopo la caduta.
Il dolore fa svenire, ma non si vede nulla.
"Guarda, non si è mica rotto", mi disse una volta un'amica.
Si era rotto da parte a parte, invece.
Oltre 40 giorni di gesso, il mare e la doccia per intero un miraggio.
La vacanza no, quella l'ho fatta uguale, un paio di giorni dopo la caduta, temeraria.
Esattamente come ora.
Ossa rotte, e nessuna intenzione di stare ferma a rimuginare.
Se non qui, ogni tanto.
Ma me lo concedo.
Sto come sto, metabolizzo mio malgrado, ed assorbo come una spugna i mali ed il male altrui.
Arriverà il momento di strizzare la spugna, mi dico.
Non ora.
Non ora, si, ma quando?

domenica 14 ottobre 2012

CONSULENZE NOTTURNE


Ieri sono stata fuori praticamente tutto il giorno.
Ho saltato pranzo e cena, come non mi capitava da un bel po'.
Ho smangiucchiato un po' di finger food in orario di aperitivo serale, e poi sono rientrata a casa, il tempo di mangiare due spicchi di pizza al volo e sono uscita di nuovo.
Trascinata in una situazione di cui conoscevo già più o meno a priori l'andamento e l'esito.
Buttata per strada, fuori ad un locale trafficato, a chiacchierare e bere con sconosciuti, amici, conoscenti, e amici di amici e conoscenti, quando all'una di notte circa un tipo mi ha chiesto un consiglio su come gestire una situazione che sta vivendo.
Aveva bisogno di sfogarsi, era arrabbiato, mentre parlava non sono mancate invettive contro le donne che hanno usurpato illegittimamente il ruolo che spetta agli uomini.
E' davvero così?
La parità è stata decisamente surclassata dal ribaltamento dei ruoli?

La mia amica gli ha fatto notare che stava andando sopra le righe, e che ero uscita a bere una cosa, e che era  notte fonda e non ero lì per lavoro.
Gli ho detto che non faceva niente, di spiegarmi, che gli avrei dato un consiglio spassionato.
Sviluppare un po' di abitudine all'ascolto è una contropartita necessaria per me che parlo così tanto.
E' una legge del contrappasso cui non mi sottraggo.
E poi trovo sempre stimolante parlare con le persone, non posso farci nulla, anche se implica stare sempre con il cervello attivo e sintonizzata sul lavoro ad ogni ora del giorno e della notte.

Le conclusioni della serata, quindi, sono le seguenti:
- credo di reggere l'alcool un po' meglio di buona parte di quelli che mi circondano;
- credo di reggere l'alcool a meraviglia soprattutto quando attacco a parlare di lavoro, che di colpo mi ritorna la lucidità, anche se sto un po' brilla;
- ma se mi iscrivevo a psicologia non era meglio?

E come dice qualcuno, "Buongiorno Mondo!".
Farò in tempo e avrò abbastanza forze per guidare fino da Ikea e sorbirmi la folla domenicale?

sabato 13 ottobre 2012

IL POSTO PER LA CULLA


Siamo usciti a cena insieme.
Non come si usciva a cena insieme da ragazzi, ormai siamo adulti, passiamo per una coppia.
Noi due, che ci vogliamo bene, ma non ci siamo mai amati.
Viviamo in un posto dove non si concepisce l'uscire a cena con qualcuno con cui non si ha una storia.
Stessa cosa capita con le amiche, mica no.
Comunque, siamo stati in questo posto che la sua ex snobbava, tanto grazioso, in una delle parti vecchie del suo paese, lungo la passeggiata solitaria e tanto bella sui sanpietrini che corrono sul mare a ridosso dei vecchi palazzi e della torre illuminata di colori sgargianti che si stagliano nel buio del cielo notturno.
Abbiamo concordato il da farsi sul mangiare, sul bere non proprio.
Lui è uno abituato a bere coca cola, io sono quella che arriva a scolarsi quasi una bottiglia di vino anche da sola.
E mezzo litro scarso a capoccia mi pareva onesto, per una cena di un paio d'ore.
Neanche a dirlo che sono passata per l'alcolizzata della serata.

Prima di tornare a casa siamo passati a casa sua, nell'appartamento che ha quasi finito di arredare con la ex, prima che si lasciassero. Sono rimasta pietrificata da tutto quel bianco, dall'ambiente ultra moderno e asettico, dall'assenza voluta, testarda e irragionevole di colori.
Gliel'ho detto, mi ha dato ragione.
Non riesce a guardarsi intorno.
Gli ho letto una tristezza negli occhi indescrivibile.
Puoi prendere un lampadario colorato, appendere delle tele ai muri, qualcosa che dia movimento e calore, che renda un po' più accogliente i muri bianchi che hai eretto in quello che è diventato il sacro tempio dell'abbandono, ma resta comunque dura sciogliere lo strato di ghiaccio che ha cristallizzato il preludio di un momento che non è mai accaduto.
Siamo andati in camera da letto...
Stessa storia.
Finchè non mi ha detto "quello doveva essere il posto della culla".
Mi si è stretto il cuore.
Mi dispiace per quello che sta passando, di un dispiacere infinito.
Quello che penso lo sa.
Quello che pensa, come si sente, è come mi sono sentita io quando tutto è rotolato via senza speranza.
E non avevo fatto neanche in tempo a prenderlo un appartamento in cui vivere.
Per fortuna, probabilmente.
Mi ha riaccompagnato a casa, non abbiamo parlato poi granchè.
Forse domani andiamo insieme all'Ikea a comprare qualcosa che possa riempire e riscaldare un'assenza che in questo momento nessuno dei due può riempire, ma solo affollare inutilmente di cose.
Sarà per questo che il consumismo, certe volte, appare come l'unico rifugio possibile, un mezzo che alleggerisce la testa oltre che il portafogli.
Ciò che si compra resta pur sempre un palliativo di ciò che non si riesce ad ottenere al prezzo giusto o gratuitamente nella realtà delle cose.
Ed in questo momento sto dando anche io il mio esiguo contributo a muovere l'economia del paese con i miei piccoli acquisti.

giovedì 11 ottobre 2012

NELLA PENOMBRA DOVE SBOCCIANO I FIORI


Oggi sono stata nel bosco.
Era un po' che non andavo.
La fioritura costante dei ciclamini, che spruzza rosa in ogni dove, nel sottobosco, ha un che di incredibile, riesce sempre a stupirmi.
Vivo in un posto dove, ad eccezione di un breve periodo di profondo inverno, quando arriva, è primavera/estate per buona parte dell'anno.
Non riesco a percepire l'autunno, neanche nelle foglie che si sono già posate al suolo, sotto gli alberi ancora verdi ed infestati di edera.
Il mare risplende caldo sotto i raggi di un sole ancora estivo ed io ho voglia di tuffarmici e sparire.

"Andiamo", le ho detto.
Sembrava entusiasta, e mi ha trascinata in spiaggia, sul sentiero sterrato e conosciuto.
Ha fatto il bagno, si è rotolata nella sabbia asciutta con gioia.
E poi siamo risalite, arrivando al bivio.
Ha puntato la testa a terra, voleva tornare indietro prendendo la strada senza dislivelli.
Io ho puntato il percorso su roccia, quello più complicato e lungo.
"Andiamo!"
L'ho canzonata facendole fare il giro su se stessa e inducendola ad imboccare il sentiero più duro.
Mi ha seguita controvoglia, cercando riparo all'ombra di ogni cespuglio, e facendomi pesare con lo sguardo lo sperpero di energie a cui l'ho sottoposta.
Ad un certo punto ho perso il conto del tempo cercando di fotografare un insetto bluastro prima che si dileguasse nella boscaglia, intrattenendolo con un bastoncino di legno.
Poi mi sono soffermata oltremodo su un gruppo di margherite scomposte dalla brezza marina e smangiucchiate dagli insetti.
Il solito salto spazio temporale nel quale incorro, quando son lì.
La mia pausa pranzo si è consumata, senza che neanche me ne accorgessi, tra fiori e insetti.
A chi mi avesse osservata da lontano avrei offerto uno spettacolo eccezionale.
Da pubblicarmi sui giornali.
O da ricoverarmi in mezzo ai matti.

Sono rientrata a casa troppo tardi per pensare di cucinare qualcosa, sfamandomi con un panino con la mortadella e un bicchiere di vino al volo, e precipitandomi poco dopo, così com'ero, con le scarpe nuove da trekking e i pantaloni coi tasconi, a lavoro.

"Ti trovo dimagrita", mi dice.
"Son sempre uguale, e poi non mi peso, non saprei".
"Ti trovo più... selvatica".
Ho sorriso.
Con quel sorriso sgembo che mi appartiene geneticamente.
Dannatamente.
L'ho guardato, e l'ho trafitto e attraversato senza volerlo.
Ho ceduto alla sua compagnia per un caffè.

E poi, rientrando a casa, la sorpresa.

L'assenza inevitabile che diventa presenza tangibile, ma sospesa nell'etere di una vita che non esiste.
Vorrei dileguarmi silenziosamente, come sarebbe giusto che fosse.
Solo che non riesco.
Non mi va.
Brucerò all'inferno, per questo, più di quanto non stia bruciando già.

mercoledì 10 ottobre 2012

MBAH!


Nella sporca manovalanza che mi ritrovo a svolgere, mi capitano sotto gli occhi cose che non dovrebbero capitare.
Ovvero, un livello altissimo (o asseritamente tale) sulla carta, per prestigio e numero, che rasenta a malapena la mediocrità.
La ragione della mediocrità trova fondamento nel sistema corrotto e clientelare di questo paese che non va da nessuna parte, ma continua a portare ricchezza nelle tasche di chi non se la guadagna nel modo in cui dovrebbe essere.
Non esiste fair play.

La contraddizione in termini che affligge i miei avversari è tangibile.
Come uno schiaffone.
Un mucchio di professionisti mediocri, che occupano posti che non gli competono, al soldo consistente dei vertici di questo pianeta.
Io, la povera tapina che fa manovalanza mal pagata e controbatte secondo la logica delle cose, quella inconfutabile ed oggettiva.
La gratificazione che consegue il mio notare la gigantesca trave nell'occhio altrui non è controbilanciata sotto il profilo economico.
Non lo è.
Non lo sarà mai.
A meno che non mi scopi qualcuno di quelli che contano in cambio di un qualche ritorno in termini professionali.
E questo è ben al di fuori della portata della mia dignità, se ha ancora senso parlare di una cosa del genere in un posto dove ad essere in saldo sono le persone più che i vestiti nei negozi.

Continuo a domandarmi che ci faccio qui.
Che diamine ci faccio qui, in un mondo dove le cose funzionano al contrario.
In un posto in cui mi sento straniera in terra straniera.

martedì 9 ottobre 2012

Blue in Green


Cinque giorni lavorativi e poi sarà la luce.
Quella artificiale, che getterà ad ogni modo una luce diversa sui giorni che arriveranno.

Un'intransigenza strana e malevola che si è impadronita dei miei pensieri e dei miei atteggiamenti.
In certi momenti sembra che tutto sia diverso, in altri che l'essenza delle cose rimanga identica a se stessa nonostante apparenti mutamenti.
Io stessa non mi sposto di un millimetro, certe volte, e questa cosa mi ghiaccia il sangue nelle vene.

Non me lo spiego, poi, perchè sempre in questi momenti di profondo blu la gente si avvicini in questo modo e mi offra e mi chieda attenzione.
E' stata una giornata così, di avvicinamenti e incontri di ogni sorta.
Di intraprendenze varie, mentre io volevo solo essere lasciata alle mie occupazioni banali, o andare via.

Ci sono cose per cui non c'è luogo, ora, dentro di me, e altre cose per cui è tardi.
Di quel tardi irrimediabile che consente solo di percorrere strade parallele per il resto della vita, e niente di più, riservandosi in modo estemporaneo pensieri sparsi e bene da morirne.
O peggio, da sopravviverne.

Tutto il resto mi appare fuori tempo, fuori contesto, completamente fuori da me.
E non ho voglia di prendervi parte.
Non c'è nulla che mi tocchi fino in fondo, ora.
Nulla che mi faccia sragionare a dovere.
Solo una lucida consapevolezza, sempre la stessa.

lunedì 8 ottobre 2012

COESIONE


Eccoli lì, di nuovo.
Che si preoccupano.
Detesto vederli così, mi si stringe il cuore, non lo sopporto.
Come quando mi sono laureata, stessa faccia.

Ma sul filo del rasoio sono io che ci cammino.
E' me che taglia, nessun altro.

LA DECISIONE


Quella che dovevo prendere da un po'.
Costi e rischi da mettere a conto.
Altre strade, altre situazioni.
Ma è la vita, mi dico, la vita che è così.
Una strada sterrata percorsa su una bicicletta instabile, quando va bene.
Con la consapevolezza di essere riuscita anche quando ho fatto tutto da sola, con le mie uniche capacità, senza chiedere nulla a nessuno.
E se ci sono riuscita così, in questi termini, qualcosa vale.
Anzi, più di qualcosa.
E significa che non devo chiedere nulla a nessuno per arrivare a certi risultati.

La decisione che dovevo prendere è ad un soffio.

domenica 7 ottobre 2012

ASPETTANDO IL SOLE


Stamattina dovevo andare al mare.
Dovevo, non c'è sole.

Oggi dovrei fare una telefonata.
Dovrei, ma non ho voglia a dirla tutta.

Un certo tipo di correttezza avrebbe dovuto essere ripagata in modo diverso.
Avrebbe dovuto, ma invece non è così.

Ho una giornata davanti da programmare e non ho suggerimenti da cogliere, a parte un "aspettiamo che esce un po' di sole e ci buttiamo a mare".

Fosse per me prenderei la macchina e me ne andrei a fare una passeggiata in montagna, anche se dovesse piovere.
Fosse per me, ma per il mio piede è un'altra storia, visto che non posso sollecitarlo ancora come vorrei.

Una giornata di vorrei ma non posso, insomma.
E anche di vorrei ma non voglio.
O non me la sento.
O di "ho bisogno del mio tempo per valutare diverse cose".
E non riesco ad impormi il lunedì come termine di scadenza di ultimatum.


sabato 6 ottobre 2012

TURBOLENZE


Mal di testa atroce.
Sono una piaga, in questo periodo.
E non so ancora esattamente come muovermi.
Non ho deciso che fare.
Ma in realtà so cosa dovrei fare.

Intanto prendere un'aspirina.

ROBA CHE SI MUOVE NEL CIELO...



O stelle cadenti.
O Aereoplani.
O fuochi d'artificio.
O ancora il riflesso dei fari delle autovetture in corsa nella notte.
Non lo so cosa fosse...
Una roba si è mossa nel cielo, al di là del parabrezza, e non so cosa fosse.
E neanche mi è importato capirlo.
E neanche mi è importato di esprimere desideri, nel dubbio.

Ho guidato fino a casa in condizioni non... come dire... non propriamente idonee.
Forse prossime alla sobrietà, ma non esattamente, ecco.

Su virgin radio passava "Smack my bitch up" dei Prodigy, mentre guidavo sulle curve del mio circuito personale, ovvero una delle strade che percorro di frequente ad alta velocità per andare a lavoro, di quelle che faccio ad occhi chiusi perchè le conosco a memoria.

Oggi sono decisamente esplosa.
Non lo so come va a finire.
Non lo so.
La diplomazia se n'è andata a fanculo.
Ed io, io non lo so.
Non lo so esattamente cosa devo fare, ma qualcosa farò.
Sono ancora incazzata.
Questa cosa non riesco bene a gestirla, ora.

Tutto quanto accade nella mia quotidianità stride fortemente con quello che sono.
Troppo da non poter chiudere gli occhi e far finta di nulla.
E sarò troppo diretta, pane al pane e vino al vino, ma non tollero più.
Le chiacchiere, in particolare, non le tollero più.
Le illazioni, pure quelle.
Le ciliegine su torte sfigurate e immangiabili.
Non sono disposta a tollerarle più.
La cecità, voluta, indotta o inflitta, non fa per me.
L'opportunismo dichiarato o trasfigurato in chissà cosa lo lascio ai cultori del genere.
Quando basta è perchè basta.


venerdì 5 ottobre 2012

COME UNA BISCIA...


Incazzata nera.
Tanto che oggi non so davvero che fare, se chiudermi in casa o uscire come dovrei e sbranare qualcuno.
Sto incazzata, e non sto bene, ancora, e decisamente esausta.
Ho chiamato un'amica per sfogarmi, ma non mi passa.
E' qui, localizzata nel petto, l'incazzatura feroce che mi divora fisicamente.
E non riesco a domarla.
Altro che controllo della rabbia.
Altro che diplomazia e minchiate varie.
Sto talmente incazzata che le mani non riescono a scrivere sulla tastiera, che le cose che ho in mano finiscono sbattute invece che posate.
E sono pure stanca di incazzarmi così.
Solo che la misura è piena.
Cazzo, è strabordata.
E sono stanca di stare sempre con le unghie e con i denti a difendere le mie posizioni.
Ma poi da cosa?
Mi pare di stare in guerra.
Una civile in guerra, tipo.
E poi è una guerra del cazzo, a dirla tutta.
Come del resto tutte le guerre.
Sinceramente, arrivata a questo punto, non so più neanche se ne valga la pena e se sia il caso di tirarmi fuori.
E di sopportazione ne ho avuta tanta, ma tanta che me ne stupisco io stessa.

Le mie incazzature sono sempre drastiche.
Mi mettono ad un bivio.
Non ci sono scorciatoie.
Non ci sono mezzi, altri, se non quello di affrontare di petto la cosa.
Sarà per questo che mi fa male proprio lì.
Magari sarà pure perchè sono ormai due settimane che tossisco e mi ci sono fatta quasi gli addominali.

Remissiva non lo sono mai stata, e sicuramente non lo sono ora.
Gli occhi non riesco a girarli dall'altra parte.
La lingua la uso per articolare le parole e non per leccare il culo a qualcuno.
E me ne frego di quanto sia controproducente questa cosa.
Me ne frego perchè la libertà e la dignità sono anche questo, non elemosinare le briciole (come se le briciole facessero la differenza!), non dare il culo per avere una illusoria e vana luce, non aspettare come una cretina che le chiacchiere altrui diventino realtà assistendo a quanto ridicolmente vengano smentite ogni sacrosanto giorno.

Ne ho le palle decisamente piene.

giovedì 4 ottobre 2012

QUASI VENERDI'


... E ancora mille cose da fare e organizzare.
E questa influenza che mi si trascina addosso e non va via.
E questa voce che mi serve e non torna a dovere.
Sarà che stasera, leggendo per caso sulla confezione di pastiglie miracolose per la gola che mi ha propinato mia madre, mentre ne scioglievo una in bocca, ho notato che sono scadute l'anno scorso?
E' chiaro, dunque.
Stanno proprio tentando di farmi fuori... :)))

Questi giorni sto srotolando i pensieri all'infinito.
E non trovo più il bandolo della matassa.
Sono completamente persa.
Fottuta.

Ho voglia di andare in spiaggia una giornata intera senza pensare a nulla se non alle onde del mare...

mercoledì 3 ottobre 2012

L'EX PIANO "A" CHE TORNA ALLA RIBALTA


Il piano A è sempre stato uno, nella mia vita.
E' un piano che riguarda la carriera, e ha chiari risvolti esistenziali.
E' un piano A parallelo al piano A ufficiale.
Parallelo perchè non lo esclude, e intraprenderlo significherebbe ampliare l'ambito dell'attuale piano A, quello realizzato.
Forse, o poi chissà.

Per diversi anni, dopo avere tanto atteso di poterlo realizzare, o almeno di provarci, ho dovuto accantonarlo.
Ma ci ho pensato sempre, dio quanto ci ho pensato...
Provarci ora significa tantissime cose.
Tantissime.
E quell'ora o mai più che mi ronza in testa mi scuote e mi stimola a provarci.

Tra miliardi di corsi più o meno qualificanti o presunti tali, interessanti o circa, ne ho alla fine individuato uno che pare essere esattamente nelle mie corde, e che potrei eventualmente spendere nella mia attuale professione se tutto va male.
Costa una cifra.
E' un master, tenuto da un'autorità del settore, che a breve verrà bandito da un'università dove ho già conseguito un titolo post lauream.
Il dubbio è quello di buttarci soldi che a stento riuscirei a mettere da parte, evitando spese di ogni genere e rasentando la sopravvivenza per circa un anno.
Altro dubbio è se valga la pena accollarmi quest'onere a fronte di prospettive che non sono certe e potrebbero risolversi in un nulla di fatto, in aspettative tradite, in rabbia e frustrazione.

Se non provo non saprò mai, anche se è un sacrificio notevole, ora.
Perchè se non provo continuerò a crocifiggermi e a sentirmi in colpa con me stessa per non aver fatto di più, per non avere giocato nel modo ottimale tutte le carte che ho in dotazione.
Non che questa sia l'unica strada, in quel senso, ma una delle tante possibili.

Comunque, aspetto la pubblicazione del bando.
Conto di spendere almeno quei 50 euri previsti per sostenere le prove di accesso.
E poi deciderò se dare effettivamente questa chance al redivivo piano A.



martedì 2 ottobre 2012

GRANI DI INCENSO


E' incredibile come certe cose rimangano impresse nella memoria.
E come altre vengano irrimediabilmente rimosse, belle o brutte che siano.
Nulla resiste allo scorrere del tempo, ed io non ho neanche mai opposto resistenza all'incedere dell'oblio.
Solo che, nonostante tutto, certi ricordi continuano ad affiorare.
E certi impulsi anche.
Ed è difficile tenerli a freno.
E' difficile razionalizzare a tal punto da immobilizzare le mani, o gli occhi.
O il cuore nel petto.
Come si fa?
Imparo e disimparo.
Avanzo e regredisco.
Ragiono e sragiono.
E tutto contemporaneamente.

Ho fatto un'altra revisione della mail.
L'ultima.
Un'altra massiccia cancellata.
Massiccia tanto.
Ho cancellato davvero tutto in modo certosino.
Ho fatto tabula rasa di  incazzature, rancori, amori, pensieri stupendi, organizzazione di viaggi, lavoro prestato gratuitamente.
Potessi cancellare tutto quello che è stato in questi ultimi anni anche dalla realtà delle cose starei forse meglio.
Ma il passato rimane lì immobile, come i fossili dei dinosauri estinti.
Erano grandi, enormi, giganteschi, voraci, invincibili.
Eppure il tempo li ha spazzati via.
Ed io non sono un dinosauro, sono ben più piccola e molto meno rilevante.
Un filo d'erba, a confronto, che ininterrottamente si piega al vento e alle intemperie.

Qualche giorno fa ho comprato dei grani di incenso arabo.
Ed anche un pacchetto di bastoncini del mio incenso preferito.
Non ho ancora avuto modo di bruciarli.
Ma conto di rimediare presto... a modo mio.

Non vedo l'ora che mi torni definitivamente la voce per cantare a squarciagola in macchina, chè tornare da lavoro la sera in completo silenzio mi pare davvero un castigo ingiusto, ora.






Si, lo so... sono stata sconclusionata, forse peggio di altre volte.
Ora non riesco a mettere ordine.
Sono nel caos.
E temo ci resterò per un bel po' ancora...


lunedì 1 ottobre 2012

CIOCCOLATA AMARA CALDA LIQUIDA


Dopo avere constatato amaramente che il barattolo della nutella è stato riposizionato vuoto nel mobile (e avere subito il crollo della certezza matematica della sua presenza salvifica sotto il peso della crudele e deludente realtà), ho ravanato nei mobili alla ricerca di un surrogato qualsiasi della cioccolata.
Niente.
All'improvviso un pacchettino blu è apparso schiacciato in un angolo buio: il Ciobar!
Fa niente che non mi piace, per stasera andava bene pure quello.
Solo che era scaduto.

"Dite che si sarà guastato?"
"Mannnnoooooooo, è buono ancora!!!"
"Ma è scaduto a gennaio..."
"Masssssiiiiii, sarà ancora buono".
I criminali che mi hanno risposto così sono i miei genitori.
Staranno meditato di farmi fuori?

Comunque, ho messo il pentolino sul fuoco, ho assaggiato, ma il sapore fin troppo dolciastro mi ha indotta a desistere a metà cottura.
Ho ravanato di nuovo nei mobili.
Dannato periodo pre-mestruo!
Ho trovato una confezione di cacao amaro, prossimo alla scadenza, ma ancora non scaduto, e quindi ho sciacquato il pentolino, rimesso il latte, e l'ho versato.
Il sapore era decisamente amaro, così ho aggiunto un pochettino di zucchero di canna.

Mentre giravo il cucchiaio nel pentolino, nella lunghissimissima attesa che si addensasse un pochettino il tutto, ho cominciato a fare strani pensieri.
Del tipo che potevo aggiungere un tuorlo d'uovo.
Magari anche un po' di farina.
("Spe', ma c'è pure la panna da montare in frigo, potrei...").

Ecco, no, non l'ho fatto.
Ho continuato a girare il cucchiaio.
Ho pensato che chi s'accontenta gode, in fondo, certe volte.
E sono già stata fortunata a trovare un po' di cacao amaro per rischiare di buttare via il tutto per fare esperimenti un po' troppo ambiziosi, stasera.
Dopo avere atteso un altro po', ma invano, che si addensasse, ho tirato la cioccolata calda via dal fuoco e l'ho versata in tazza.
Decisamente meglio del ciobar, anche se un po' liquida.
Ma tant'è!