domenica 31 maggio 2015

LA BATTERIA SOTTO CARICA



Nell'ottica del "cosa faccio oggi? Un po' che cavolo mi pare", ho aderito a un piacevole programma di full immersion nella natura.


La batteria della reflex è sotto carica.


Devo preparare una parvenza di zaino con viveri, acqua e un poco di vino.
Un dolcino pure.


Sono già in ritardo.


Non capisco perché il tempo mi stia sempre con il fiato sul collo così.


E pensare che un tempo spaccavo il minuto...

sabato 30 maggio 2015

IL FIDANZATO IMMAGINARIO





Sono scesa a mare e ho incontrato il "corteggiatore" della fascia dei cinquantenni che ho conosciuto l'estate scorsa.


Decisamente fuori la mia portata.


Lui e la sua Ferrari e la villa sulla spiaggia, e i lavori che fa, e tutto il resto.


Una roba che non fa per me.


Ho dovuto inventarmi un fidanzato che non ho e un impegno galante per sottrarmi all'aperitivo al quale sono stata invitata.


È la seconda volta, nell'arco dell'ultimo mese, che devo reggere la parte di quella che frequenta uno - che non esiste! - per sottrarmi a situazioni scomode.
È ridicolo, ma è così, ed è l'unica cosa che funziona.


"Gli ho detto che avevo un appuntamento con un tipo, mi ha chiesto se è quello che sto frequentando, gli ho risposto di si..."
"Ya!"
"Sapesse che sto in tuta a passeggiare con te, ora, credo si incazzerebbe non poco... Sei il mio salvifico appuntamento galante, stasera!"
"La gente non si regola..."
"Però, pensa che lusso diventare la sua donna. Del tipo che gli dici 'amore, vado a fare la spesa, prendo la tua macchina!' e lui 'le chiavi della Ferrari sono all'ingresso!'... Oppure 'in quale parte del mondo andiamo questo week end?', insomma, come la giri e come la volti, mi tratterebbe come una regina"
"Quello è certo"
"Se fossi quel tipo di donna sarebbe splendido, ma non lo sono"


E quindi mi tengo stretta la solita singletudine e il nuovo fidanzato immaginario che non ha nemmeno un nome.
Speriamo sia carino e prestante almeno, visto che lo devo spacciare per tale.
Lo so che tutto questo è assurdo.
Me ne faccio meraviglia pure io.
E mi viene in mente mia madre da giovane che per allontanare la folla di corteggiatori, un periodo si mise un anello al dito che all'occorrenza spacciava per anello di fidanzamento.
Solo che mia madre era effettivamente molto bella.
Io sono una donnina ordinaria, e un certo tipo di attenzioni insistenti da parte di uomini maturi sul serio non me le riesco a spiegare.


"Ci vediamo di nuovo qui domani, allora, se adesso devi scappare al tuo appuntamento..."
"Domani non so ancora, dipende da quello che decidiamo di fare con lui..."


Se avesse accolto il mio rifiuto diretto, non mi toccherebbe essere bugiarda.


Si vede che preferisce così...















OGGI È UN NUOVO GIORNO



La nottata è trascorsa senza travaglio.
Ho dormito come un sasso finché i soliti messaggi del sabato mattina e il figlio indemoniato dei vicini non mi hanno svegliato.
Troppo presto.
La sensazione che avverto netta è di avere tutte le possibilità della vita ancora da giocare.
Non ho limiti a livello mentale nè fisico, a trentacinque anni, non ho vincoli a livello affettivo nè territoriale.
Sono libera nell'accezione più ampia della parola.
E dunque una sana tabula rasa si impone di nuovo.
Ai soliti perditempo privi di spessore non concederò nemmeno più lo spazio di rivolgermi un saluto.
Al passato che torna identico a se stesso a bussare, sbatterò la porta in faccia.
Non posso che proiettarmi oltre e vivere quel che viene.
Ci sono così tante cose che non avevo messo a calcolo e delle quali ho fatto esperienza, che sembra incredibile quando mi confronto con chi si è chiuso a riccio nei paletti fissati alla propria vita.
Il discrimine è proprio lì.
Paletti rigidi e categorici io non ne ho mai fissati.


Questo sabato mattina mi sono svegliata viva, intera, e con un cuore i cui cocci sono legati insieme da una solida ragnatela di oro fuso.


È uscito il sole.
Voglio scendere al mare.



venerdì 29 maggio 2015

RESTA FERMA QUI, IL CORPO MI IMPONE



L'equivalente di fermare il mondo.
Sono stanca e non ho voglia di muovermi dal letto.
Non ho voglia di aprire bocca per parlare.
Non c'è nulla di buono che possa comunicare.
Nulla.


E quindi resto qui, muta, la radio accesa.


A pensare a quanto non vi sia abbraccio che mi possa stringere.
A quanto la carne possa avvolgere meno di un'idea nel calore e nel conforto.
A quanto sia facile dimenticarsi di un paio di occhi magnifici, o ritrovarli seppelliti sotto le macerie del tempo, irriconoscibili quasi.
Quanto una bocca che parla ancora, ma ormai senza espressione alcuna.
Rassegnata al tenore delle scelte irreversibili fatte.
Scelte nelle quali c'è un margine di corresponsabilità evidente.


Non c'è nulla che sembra toccarmi.
Nulla mi arriva.
Ogni stimolo viene filtrato dallo strato più superficiale dell'epidermide, rimanendo annientato senza penetrare oltre.


Temo da quel che scrivo di perdere il controllo su questo star male, certe volte.


Eppure no.


Sono presente a me stessa.


Solo che ho bisogno di un attimo ancora prima di tornare con il sorriso in mezzo alla gente.


Per quanto mi voglia forzare, il corpo si oppone.


Vuole rimanere fermo qui a smaltire per cavoli suoi, con i suoi insopportabili tempi, tutto questo.


Se chiudo gli occhi mi distraggo.


Se dormo pure.


E almeno sotto questo profilo la stanchezza è una manna dal cielo.


Una causa o una conseguenza, non lo so.


Preordinata certamente, in ambo i casi.


Non ho voluto fermarmi un attimo.


Non mi sono fermata un attimo.


Non voglio fermarmi.


Sento solo l'esigenza di continuare a scrivere.


E ho i polpastrelli che mi fanno male per quanto ho suonato questi giorni, quindi la chitarra resta al momento confinata sul divano in attesa di domani.


Domani vado a tagliare i capelli, se mi ricordo.


Che altro... Dovrò lavorare.
Argomento fuori luogo a quest'ora.


Devo modificare ancora delle cose che non vanno.
Devo dare un indirizzo diverso alla mia vita.
Non voglio continuare così.
E mi angoscia pensare di non muovere una virgola, di rimanere intrappolata in una certa routine a suo modo alienante.
Dopo aver fatto tanto per sottrarmi a quella che in parte facevo.
Ho fatto così tanto, ed è sempre così poco.
Non rasento la sufficienza.
Quanto ancora debbo impegnarmici?





















L'ALTERNATIVA MANCATA



Ci incontriamo, al solito, incastrando impegni reciproci.
Un'amicizia nata così che va avanti da un po' con estrema sintonia e rispetto.


Una passione in comune, che per me è un hobby, per lui un lavoro che nel tempo è cresciuto e si è elevato.


L'altro giorno mi propone una collaborazione.
L'alternativa di un secondo lavoro in un settore dove sono una principiante piena di entusiasmo e caparbietà.
Quando posso, difatti, lo seguo per compagnia, prestandomi a fare quel che posso.


Ebbene, gli ho detto di si.


Il giorno dopo la sua parola è mancata.


Appena 24 ore dopo.


Gli hanno proposto il lavoro della vita.
Ha ricevuto a voce la proposta da parte di un Dio della categoria di entrare a far parte della sua squadra.


Dio.


A me non m'ha chiamato mai nemmeno in sogno, Dio.


"Mi spiace che la collaborazione che ti ho proposto appena ieri non si possa più fare...", mi dice "ma mi ha chiamato Zeus in persona chiedendomi di lavorare con lui...".


Che dire, sono così felice per lui che non so scriverne, abituata a scrivere di cose dolorose come sono, ultimamente.


Della gioia non oso trovare descrizioni, metafore, immagini.


Nulla.


Però un'immagine mi viene perfettamente in mente.


Ed è quella che mi ha regalato lui di me stessa.


Il merito, in questo paese, e l'impegno, in alcuni settori, vengono ancora premiati.
E sono contenta di constatarlo personalmente, talvolta.
Perchè chi riesce, alla fine, riceve la chiamata degli dei.
Quella che garantisce l'ingresso nell'Olimpo.



ALLA FINE DI TUTTO SONO ARRABBIATA



E non posso farci nulla.


Non mi serve uscire, vedere amici, suonare, svagarmi al mare, fotografare, scrivere, intrattenermi con un altro.


Sono arrabbiata e non mi passa.


Mi passerà mai?


Sono così impotente di fronte a questa rabbia, che discuterne é davvero superfluo.


Posso tentare di contrastarla, ma devo solo riuscire ad accantonarla.


E non é facile.


Ampiamente al di fuori della mia portata, al momento.









giovedì 28 maggio 2015

VENERE E ROSSO





Ricetta per i giorni di festa festeggiati nella quieta solitudine dei giorni di gloria:


- aglio, cipolla, olio d'oliva;
- riso venere;
- mezza bottiglia di rosso aperto con l'ultimo amante;
- pecorino;
- una manciata di spinaci.


Ogni ingrediente deve essere scelto con cura e passione e perfettamente dosato ad occhio.


Fate soffriggere aglio e cipolla nell'olio d'oliva, e, una volta dorati, aggiungete il venere.
Fate rosolare appena e aggiungete poco per volta il vino rigorosamente aperto con l'ultimo amante.
Il migliore si dice.
Ma anche no.
Sono convinta si possano spendere altri argomenti, se capita l'occasione di rivedersi.
Chissá quando.
Peró poi boh, ora non ci voglio pensare.


Tritate la manciata di spinaci e stendetela sul piatto dove metterete il riso una volta cotto.
Scaglie di pecorino a volonté.
Gli spinaci appassiranno sotto il peso ed il calore del riso, il formaggio si scioglierà...
E nella solitudine del pasto, mi raccomando, pensate bene agli occhi che vorreste ricordare mentre ve ne vengono in mente altri.
E una voce che è insostituibile e sazia e riempie e fa miracoli.
E... No.
Questo non è l'ultimo amante.


E non serve un pasto solitario per ricordarmene.


Sto fumando troppo.


Ho ripreso a bere.


Maledizione a me.

PICCOLE COSE DEL LAVORO





Incontro di lavoro.
Tranquillità.
Un po' di stanchezza, certo.
Self control.
Faccia di bronzo.
Tenacia e compostezza.
Figa, però.
Nel vestito migliore.
Sicurezza e aplomb venite a me.
Mi cala la palpebra.
Ambiente estraneo.
Persone note.
Mi guardo intorno.
Il contorno sopravviene per guardare.
Ancora tranquillità.
Momento di panico.
Composizione interiore ed esteriore del panico.
Di nuovo tranquillità.
Allarme rosso.
Panico.
Incendio.
Composizione ulteriore.
Ce la faró?
Ce la posso fare.
Ce la devo fare.


La bomba è disinnescata.
Tranquillità.
Ciao ciao lavoro.


"Ciao c.", con il solito filino di bava che gli volevo quasi porgere un fazzoletto.
Ecchecazzo, un minimo di contegno mai?


Ma poi chissenefrega.
Che è andata alla grande.
Che stavo in ansia e pensavo di non cavare un ragno dal buco.
Chissenefrega dei cialtroni, dei bavosi, di chi si lascia distrarre da un sorriso mentre glielo metto carinamente a quel servizio.


Il week end è alle porte!!



TONANTI ULTRATONI





Sono convinta che tra l'esigenza di darsi un tono e la sofferenza di forti complessi la linea di confine sia estremamente blanda, la connessione stretta.


Io non riesco a darmi un tono, ma ho un piglio che non passa inosservato.


E tutto si esaurisce lì, non mi serve spiattellare in faccia a nessuno quella che sono.


Non riesco a far finta di essere così indaffarata da mancare a telefonate, messaggi, appuntamenti.


Da mettere da parte il pensiero per qualcuno cui tengo.


Sono multitasking: riesco a rispondere a telefonate, messaggi, presentarmi ad appuntamenti (ecco, magari non spacco il minuto, ma cosa saranno mai dieci minuti di ritardo!), e contemporaneamente lavoro (doppio lavoro, a dirla tutta), e bado alle faccende domestiche da sola, avendo casa per fatti miei.


E dunque, quando mi sento rispondere fuori tempo che gli impegni di un regolare coetaneo/a inoccupato che vive a casa con mamma e papà o a loro spese altrove, sono stati tali e tanti da impedire all'educazione di superare la soglia del "non rispondo, tanto manco a così tante cose nella vita che questa qui è fesseria", mi viene lí per lí un po' d'orticaria.


E penso pure che potrei essere parente prossima a Wonderwoman, io, che invece trovo tempo per tante cose e tante persone, e tanto lavoro e tanti hobbies, e altro studio e altre iniziative.


La colpa è mia, che quando arrivano telefonate o messaggi dal mondo dei debosciati, rispondo sempre con estrema cordialità, puntualità, professionalità.


Considerato che rarissimamente mi occorre chiedere qualcosa a qualcuno, dovrei cominciare a smettere di rispondere al telefono a certe persone inutili che intasano con la loro inettitudine il limpido scorrimento del mio tempo.


Ivi incluso quello che dedico al lavoro.

















I BAMBINI CHE URLANO IN TRENO...



... E i genitori che non dicono nulla.


Io gli menerei, ai genitori.


E la riflessione è sempre la stessa.


È incredibile quanto il peggio di questo mondo prolifichi, mentre i migliori scelgono di non avere spesso figli.


Che vi sia una responsabilità ascrivibile, in questo senso, a chi potrebbe tirar su generazioni valide e si astiene dal compito di perpetuare la specie?


E con questa considerazione, bambini di genitori maleducati permettendo, chiuderei un po' gli occhi.


Oh, ma lo dovrei dire alla tipa che ha steso il lenzuolo sul sedile che non serve a un tubo?


Ma chi sono io per interferire nei moderni rituali di certi viaggiatori in treno?







IL SANTO PROTETTORE DEL MOTORE DELLE AUTO



Santissimo Santo che proteggi il motore del mio macino, che male t'ho fatto?


Se indirettamente vuoi prendertela con quel poco di buono e inaffidabile meccanico che mi ritrovo, io, insomma, cazzo c'entro?


In ogni caso, non sei riuscito a sabotarmi la giornata.


Sono riuscita a prendere il treno.


Che oggi le destinazioni ipotetiche e potenziali sono diverse e tutte valide.


E se sono fortunata magari mi becco anche una mostra.

AVEVO PENSATO CHE L'AVREI FATTO



E quindi lo faccio.
Domani.
Piccolo piatto servito con condimento di gelida vendetta.
Lo sfizio di togliermi una curiosità nata tempo fa e mai esplorata, nel contempo.


E poi chi lo sa.


Davvero, chi lo sa.


Domani deve ancora arrivare, ma è tra poco.


Ed io sono leggera quanto basta.


E pronta.

mercoledì 27 maggio 2015

CAZZEGGIAMENTI







Mi è scappato un messaggio dalle dita.


Sono curiosa di conoscere la reazione.
Se arriva, quando arriva.


Ne ho mandato un altro, e la reazione è stata immediata e positiva e un sacco di altre cose inaspettate.


Il dolore, come al solito, lascia spazio alla rabbia.


Questa è davvero l'ultima volta, mi dico.


Chè con il cazzeggio da single ci riempio abbondantemente silenzi e spazi di letto vuoti, se cosí decido.


E così ho deciso oggi, considerato che sono viva, e vado incontro all'estate che avanza barcollando quanto me.


E il dolore magari non lo tampono, ma lo anestetizzo.


E fanculo, va bene pure l'anestesia ora.


Tutto tranne questo fottutissimo e scontato dolore.


La metà della mela che non sono io può anche marcire.


A me le mele neanche piacciono piú di tanto.


Preferisco le ciliegie.


In un'ottica sanamente edonistica, meglio le ciliegie che le mele.


No?


Tanto la metà con il mozzico sono sempre io.


Le mele sanguinano?


La mezza mela sottoscritta è quasi morta dissanguata.


Anzi, prosciugata di tutti i suoi liquidi.


Che è lo stesso in fondo.











martedì 26 maggio 2015

QUANTO SEI CARINA OGGI...



... Mi dice entrando dalla porta, con il sorriso ampio e accogliente.
Con i segni del cuscino ancora in faccia, che dopo pranzo mi sono appoggiata un attimo sul letto e sono svenuta.
"Come mai ti sei cambiata oggi per venire al lavoro?", mi chiede, "Che bello questo vestito!".


N.b. Trattasi del vestito "sconcio", in realtá estremamente sobrio, di qualche post fa, oggetto di critiche spietate da parte di insulsi colleghi.


"No, veramente oggi sono venuta al lavoro senza cambiarmi, non ho fatto in tempo...", dico.


Però grazie.
Che sto anche senza trucco, si é disintegrato contro il cuscino e silenziosa in modo anomalo, in pubblico.
E scura in volto, immagino.
Distratta e cieca più del solito.


È carino sentire una frase disinteressata, spontanea, che è una coccola.
Complimenti puliti.
Senza bava.





CI HO PENSATO TUTTO IL GIORNO



Tutto il giorno.


Oltre i riflessi incondizionati e le piccole contrazioni involontarie del cuore, o di quel che ne rimane, oltre il dolore sordo,
oltre l'inchiostro e la carta straccia che riciclo per appuntare tutte le cose che non scrivo qui (ebbene si... da spararsi...), ci ho pensato.


Sarei disonesta se dicessi il contrario.
Sarei la bugiarda che non sono.


Ho continuato a pensarci tutto il giorno.


E anche al perché mi venga da pensarci.


Non mi so dare risposta.


Si è stabilita una dolorosa connessione.


Non mi fa star bene questa cosa.


Però ci ho pensato tutto il giorno.


E alla fine di questo lungo giorno lui decide di comparire dans bleu.


Così.


E va bene.


Vorrei addormentarmi e smettere di pensare a tutto.


Sognare poco e bene.


Numeri.


Che se vinco qualcosa ci vado in viaggio.


A proposito di vincite, qualche settimana fa mi hanno dato un gratta e vinci all'iper.


Ho grattato via l'argento con le solite aspettative pari a zero.


"Hai vinto un prodotto xyz", leggo sotto.


Ecco, appena trovo dove l'ho messo, magari passo anche a ritirarlo 'sto premio.


'Na volta che vinco una cosa...


Lo so, non mi merito niente...







lunedì 25 maggio 2015

MEZZO ALBUM



Tutto questo frignare in silenzio e autoflagellarmi è stato catartico e costruttivo.


Ho buttato giù un sacco di parole in musica.


Ho materiale per un mezzo album.


Di quelle robe che ci starebbe bene una lametta in omaggio, pure.


Tanto per fare qualcosa di altrettanto costruttivo, mentre lo si ascolta.











QUANDO SONO CONTENTA ESCO



"Pronto", con il boccone primo della cena in bocca.
"Sei a casa?", dice.
"Si", dico.
"Posso portarti quelle cose?", riferendosi a del lavoro.
"Vieni, sto qui...", rispondo stanca.


"Che stai a fa'?", entrando dalla porta.
"Stavo scrivendo... Ti faccio sentire", con la chitarra in mano e i fogli scarabocchiati ancora caldi sul tavolo.
"Aspetta, ti riprendo...", cacciando il Tablet.
"No. Sto disastrata... Non è il caso...", parlando al muro.
"Mi hai ripresa, alla fine?", rassegnata.
"Si... Condividi...", scherzando.
"Sei impazzito? Cancella quell'orrore!", incazzata nei limiti di un feroce mal di testa.
"Ma qualcosa di più allegro no?", mi dice, tamburellando le dita sul tavolo.
"Fammi un po' di percussioni con il bonghetto, toh...", affidandogli lo strumento sopravvissuto ai bagordi universitari.


"Possibile che scrivi solo cose tristi?", insiste.
"Mi escono così...", non posso farci nulla.
"Invece di scrivere quando sei straziata, non puoi scrivere quando sei contenta?", pensando di cacciare il coniglio dal cilindro.
"Quando sono contenta esco...", obietto.


"Non mi racconti niente di nuovo?", mi chiede curioso.
"... No. Lavoro. Sono stanca. Non sto tanto bene...", rispondo.
"Io è da parecchio che non ti vedo bene...".


Mio cugino, quanto è incoraggiante...





LA RISPOSTACCIA



Al lavoro, un personaggio investito di parecchia autorità si concede bellamente di perculare chiunque gli si pari davanti.
Nessuno si azzarda mai a rispondergli.
Tutti stanno al gioco.
'Na manica di leccaculo, insomma.


Io mi limito a farmi scivolare addosso certi modi di scherzare, ma li trovo talvolta non adeguati al contesto.


Mi sforzo di mantenere un certo tipo di contegno, sul lavoro, anche se è un mondo che si è guastato.


Ci tengo, e lavoro come ritengo, ovvero con serietà.


Stamattina, mentre gli dico che c'è una questione di cui dovrebbe occuparsi un ufficio, mi risponde sarcastico se sia convinta che se ne debba occupare proprio quell'ufficio e non invece il bar.


Lo ammetto, mi hanno fermata i carabinieri mentre andavo al lavoro, la gola è fuori uso causa fioriture varie sul percorso che faccio quotidianamente, emotivamente sono una mina vagante, e ultimamente ho accumulato un po' di ragioni che sostengono una certa irritabilità.


Gli ho risposto con un tono autoritario che se riteneva dovesse occuparsene il bar invece che l'ufficio deputato - del resto i bar di questi tempi lavorano con piú scrupolo - di decidere di conseguenza.


Silenzio.


Lui.


Tutti.


Gelo.


Cazzo.


Devo murarmi viva in casa finché non rientro in me.



COME SENTIR PARLARE ME STESSA



L'impressione è esattamente questa, quando mi parla.
Dice cose che io dico.
Con la stessa identica logica.
Stessa rabbia, stessa insoddisfazione, stessi timori, stesse aspirazioni.


Ci sono parecchie cose che complicano la faccenda, però.


E queste cose incidono sulla possibilità di conoscersi meglio.


Di conoscersi meglio in quel senso.


Al momento non può accadere.


Mi domando perché non ci possa mai essere qualcosa di semplice.
Qualcosa che scorra semplicemente liscio.
Naturale.
Come dovrebbero scorrere le cose.











domenica 24 maggio 2015

DISORDINATA E DISORDINANTE



La descrizione odierna è particolarmente calzante.


Per il momento gradirei un attimo di star ferma, senza creare ulteriori disastri.


Anche se la tentazione di cacciarmici dentro è forte e dista un soffio dal dito che sta pigiando tasti a scrivere qui, invece che il tasto a chiamare un tocco più in lá.


Ho buttato giù due righe, su quattro accordi ridicoli.


Un mero incipit.


Di cosa non si sa.

ORO E RESINA





Mentre tentavo di spiegargli che assomiglio ad un mucchietto di cocci rotti, mi ha tirato fuori questa storia dell'oro misto a resina che in Giappone è stato utilizzato come colla per le crepe del vasellame.


E così questa insolita lega fa rivivere gli oggetti rotti, dando luce a quella che è stata la rottura, rimarginandola, esaltandola.


E l'oggetto che torna a vivere, lo fa mostrando una venatura d'oro che lo percorre dove prima c'era una crepa apparentemente insanabile.


Piú unico di prima.


Piú solido di prima.


E quindi il mio modo di guardare i cocci rotti dovrebbe assumere questa nuova prospettiva.


E vorrei abbracciarla quanto prima.


Guardare la crepa e pensare idealmente di riempirla d'oro, e uscirne più solida di prima.



RIENTRI DI SABATO NOTTE





La giornata, come era prevedibile, è volata.


Ed è stata splendida.


Ho preparato un pranzo al volo, abbiamo bevuto vino, mangiato un dolcino terribilmente delizioso.
Mi ha cambiato le corde della chitarra, dopo averla ripulita a dovere, e lucidata che sembra nuova.


Poi per una serie di circostanze fortuite, impegni da rispettare ed appuntamenti saltati, abbiamo deciso di passare il resto della giornata insieme.


Nulla che non sospettassi dal primo tuffo in tutto quell'azzurro.


E dunque abbiamo cazzeggiato a carte scoperte.


Chè ormai riconosci al volo chi ti è simile, sotto certi punti di vista.


Mi ha baciata.


Ed io l'ho baciato - anche io - ma non ho riconosciuto la sua bocca.


Non riconosco quell'abbraccio.


Non riconosco me stessa mentre affonda in un corpo diverso, cui non si abbandona, ma cui semplicemente cede.




Ho combinato un disastro, perché sento la necessitá di star sola e non ci riesco.


Dovrei murarmi viva in casa, questo periodo.


Evitare rapporti sociali.


Ho l'ansia.


Sto male.


Ho un dolore che mi schiaccia e non sopporto nulla.


Nessuno.


Anche se cerca di farmi star bene.


Non tollero alcuna presenza accanto, di fianco, a un palmo dal naso, di fronte, nel raggio di un metro ma pure di dieci.


Non è colpa di nessuno, ma non sono in condizioni di interagire con serenità e leggerezza.


Sono pesante come un macigno.



E mi ha proposto di vederci l'indomani e gli ho risposto vaga.


E l'ho appeso, a un certo punto, ieri sera, per raggiungere i miei amici.


Mi sono comportata di merda, insomma.


Non ho voglia di coinvolgere nessuno nel mio dolore, e l'unico sistema è tenere tutti a distanza finché non passa.


























sabato 23 maggio 2015

RISVEGLI DEL SABATO MATTINA



Il figlio dei vicini ha deciso di darsi al pattinaggio aggressivo sul terrazzo sopra la mia camera da letto, alle 8.30 del sabato mattina.


Non ho avuto la forza di alzarmi dal letto per andare a reclamare alla loro porta.


Ho alzato il volume della radio e mi sono abbracciata i cuscini, seppellendomi sotto la coperta.


Messaggio della mia amica.
Rispondo.
Altro messaggio.
Altra risposta.


Poso il cellulare e arriva una telefonata.


Leggo il nome e "Pronto...".
"È uscito il nuovo pezzo dei Verdena, e ti ho pensata, perchè ne avevamo parlato, ed io li avevo liquidati. Mi sbagliavo. È bello da morire, questo pezzo, l'ho ascoltato venti volte!", mi dice, tra altre cose irrilevanti.


E dunque, tra "un cosa fai?" e "un cosa fai tu" e un "non ho nessuno che mi cambia le corde alla chitarra", seguito da un "te le potrei cambiare io", alla fine pranziamo assieme.


Tra un'oretta e mezzo.


Il tempo di mettere ordine in casa e in me stessa.











venerdì 22 maggio 2015

POI SUCCEDE CHE SONO STANCA



E decido di non uscire, contrariamente ad ogni proposito.
Ho appeso telefonate, messaggi, propositi, possibilità.
Avrei potuto... No, vabbè.
E pure creare ad hoc un'occasione... Non ho voglia.


E guardo il lenzuolo azzurro teso sull'angolo di letto che avanza, e non riesco ad immaginare nessuno che possa occuparlo.


Nessuno tra quelli che conosco.


Forse, chissà, accadrà.
Qualcuno che non conosco ancora.
E chissà se conoscerò mai.


Intanto succede che sono stanca, e non ho voglia nemmeno di guardare ulteriormente lo spazio che avanza, o considerare l'eventualità di riempirlo.


Ho bisogno di spazio.


Mi sono rifocillata in un lungo abbraccio ed ora torno alla vita solitaria di sempre.


Se un altro segmento di vita debba iniziare o meno non saprei, ma sento che questo momento è distante, al momento.


Sono sola, e non intendo mutare questa condizione per nulla al mondo, ora.





IO MI PROPONGO SENZA CHIACCHIERE



Certo.
Tu sei diverso.
Tu.
Da quegli altri lì.




Sei il solito topo con cui mi ritrovo, da gatto, a giocare.
E il gioco, appena cominciato, è già finito.


Passo ai gomitoli di lana.


Sono più divertenti nel loro svoltolarsi inanimato, di certe parole srotolate al vento da lingue che blaterano tutte nella stessa lingua.

PRESTITI





"Hey, dove sei?"
"Sono uscita poco fa da lavoro, sono in macchina!"
"Ci prendiamo un caffè?"
"Anche un aperitivo al mare, che ho comprato le corde al negozio di musica, magari me le monti, che dici?"
"Non posso... Tu ed io, il mare, passare per casa... Alla luce del sole..."


Che detta così sembriamo due amanti e la mia una proposta.
Io volevo solo approfittare delle sue competenze per non aspettare fino a domani di incontrare un altro amico che può montarmi le corde nuove che ho preso.


La verità è che siamo solo amici, e prima di questo colleghi, ma la sua compagna è folle di gelosia, e lui vive questo rapporto come una galera, evitando qualsiasi contatto, per quanto possibile, con il genere femminile.


Questa cosa, tra parentesi, non gli ha impedito di esserle infedele nel tempo.


Non con me, ci tengo a precisarlo.


Comunque, gli ho proposto un caffè sulla strada per tornare a casa che stavamo entrambi percorrendo, di quelli dove si fermano i camionisti e i turisti di passaggio, per metterlo a suo agio.


Ha voluto sapere se ho qualcuno, ultimamente.


Si preoccupano un po' tutti, un po' troppo, della mia vita sentimentale.
Burrascosa e da film per chi mi conosce.
Inesistente per gli altri.


"Faccio sempre coppia con me stessa", ho risposto a grandi linee.


Mi ha prestato della musica di cui mi ha parlato la volta scorsa che ci siamo visti.


Lei non deve sapere di questo incontro né del cd.


Mi ha suggerito di ascoltare l'album così come è, nella sequenza in cui sono disposte le canzoni.


L'ho rassicurato che avrei rispettato la sequenza logico-temporale.


E lo sto facendo, mentre scrivo, dal divano, le gambe distese verso la chitarra che occupa un posto a sedere ed il bracciolo.


È bella la mia chitarra, le corde che scorrono verso la luce che filtra dalle tende, che sembrano una strada dritta e tesa verso l'infinito.


È bello quest'album.


È bello che abbia voluto condividerlo con me.


"Più andiamo avanti, più la tua personalità, sul lavoro, sai, si delinea..."
"È sempre stata qui, ma spesso è più semplice guardarmi per quella che sembro invece che per quella che sono per davvero."
"Acqua in bocca del cd, mi raccomando. Io e te non ci siamo mai visti!"
"Va bene. Lo ascolto e te lo rendo!"


Il cd, originale degli anni '90, sembra appena acquistato per come è tenuto.


È un feticcio, di quelli custoditi con amore e cura.


E quindi il prestito, che mi svela una parte di lui che non avrei mai illuminato in ambito lavorativo, è nel contempo un gesto di fiducia.


Il cd ha quasi finito la sua corsa, ed il tempo del relax casalingo è terminato anche per me...


Certi giorni gira bene, e il cielo che posa sulle spalle mi sembra più leggero.




Stanotte ho ricevuto una risposta che non aspettavo più.
E non riesco ad impantanarmi nella nostalgia nè a farmi intrappolare da prospettive in potenza che non accadranno mai.
Posso solo andare oltre.
D'accapo.
Di nuovo.
Sono una forza, in questo.

















RUMORI ANOMALI IN CASA



Un frinire.
No un sibilo.


'Sti cazzo di vicini, che stanno combinando, a quest'ora?


No... Non sono loro.


Cos'è, un'ammucchiata di cicale vicino il balcone della camera da letto?


Non potete frinire un attimo più in là?


Mi sono alzata dal letto e ho aperto il balcone.


Nulla.


Sembra... In casa.


Il tempo di accendere la luce e vedere una cosa volare nell'ingresso... E... Cazzo.


Cazzo.


Ha le ali...


Troppo grande per essere un insetto.


Un pipistrello!


Povero...


Gli ho spalancato la finestra del bagno.


E sono tornata in camera da letto, chiudendomi la porta alle spalle.


Lo sento che continua a sbattere e fare casino.


Se va avanti cosí tutta la notte è un casino.


Se domattina me lo ritrovo a colazione è un casino.


Se domani notte me lo ritrovo in camera è un casino.


Come diamine lo caccio da casa?


E mi dispiace pure che non riesce a trovare la finestra.


... Maledizione!!!


La troverà, entro l'alba?











giovedì 21 maggio 2015

OVVIE REAZIONI



L'ovvia reazione che è seguita al rientro con il car sharing è consistita nell'alzare un muro di silenzio.


L'altrettanto ovvia reazione che ne è seguita è la uozzappata contenente una delirante domanda sul perché di questo silenzio.


"Cosa c'è?"
"Niente..."


Segue la solita retorica sul fatto che quando una donna risponde niente significa tutto.


"Prova a mandargli la lista degli scontrini che hai pagato al posto suo, così magari gli si accende una lampadina...", le ho detto.
"Ah, e non dimenticare di indicare l'iban per farti versare i du' spicci che ti deve, vorrai mica sporcarti le mani a prenderteli da lui brevi manu!", aggiungo.


Perché se è facile fare battute su certi "niente" che significano "tutto", è ancora più facile sparare sulla croce rossa.


Epperò siamo tutte donnine per bene e non lo facciamo, perché ci dispiace per questi omuncoli qui.


Io sono del partito "nessuna pietà".


Non parliamo di ragazzini alle prime armi, ma di maschietti che dovrebbero cominciare a comportarsi da uomini.


E se nessuno glielo fa notare mai, se ci si adegua, gli standard si abbassano per tutte.









MI HAI TRANQUILLIZZATO





E quando è uno psichiatra a rivolgerti queste parole, capisci che c'é qualcosa che seriamente non torna...

DI SANGUISUGHE E CAR SHARING



Un'amica mi aggiorna sull'ultima uscita con il tipo.
Ha tanti problemi (mentali solo, per fortuna, non anche fisici o meccanici, e la precisazione, di questi tempi è necessaria), lui, e merita tanta comprensione.
È dura stare al mondo, e bisogna lamentarsene ogni giorno, perché sennò potresti scordartelo e viverti anche un momento di gioia.
Non sia mai!
Meglio passare il proprio tempo ad affliggersi e ad affliggere quella donnina tanto carina che non si sa bene perché, ma ha deciso di dedicarsi ad una frequentazione.


Insomma, sono usciti a cena fuori e lei ha pagato per lui.
Non aveva prelevato, aveva dimenticato il portafogli, è precipitato un meteorite sulla sua banca, gli accreditavano lo stipendio l'indomani o l'indomai.
Qualunque fosse la ragione - e non ce n'é una ragionevole, per quanto mi riguarda, quando si esce a cena con una donna - ha messo lei mano al portafogli.


Sono retrograda e all'antica come mai su questi argomenti, e in più non tollero i pidocchi.


Come non bastasse, poverino, era talmente stanco e depresso che non ce la faceva a riaccompagnarla a casa, lei che dista appena 5 minuti di deviazione dalla strada che l'avrebbe guidato a casa.


E dunque l'equazione matematica secondo la quale, in generale, chi ha la macchina offre un passaggio a chi sta a piedi, se ci esce insieme e si è di strada, o si deve deviare di poco (salvo chi è proprio di buon cuore e sempre disponibile e non importa che ore sono, non ti molla per strada, ti accompagna anche due paesi più in là), cui si aggiungono i fattori uomo macchina munito, donna da sola a piedi in una grande città di notte, che t'ha pure offerto la cena, ha trovato invece un'altra soluzione.


Perché affaticarsi ad offrire un passaggio quando il car sharing è così comodo?


I cinque euro che lei ha speso con il car sharing suppongo equivalgano al valore della faccia che lui ha inteso perdere comportandosi in modo così meschino.


Ah, no, c'é da aggiungerci anche il costo della cena.


Tanto vale, insomma, euro più, euro meno.


Le ho suggerito di mettere da parte educazione e pietà, e di dirgli in faccia quanto sia un uomo piccolo.


Vanno colpiti e affondati, questi qui, queste sottospecie di sanguisughe senza guscio, bavosi come le lumache, che ti succhiano via sangue ed energie.


Con le donne si prendono molte più libertà e confidenza per molto meno.


Le ho detto di un amico che addossa la colpa alle donne di frequentare uomini meschini e senza modi.
Lei gli ha dato ragione, come me, del resto.
Perché dovremmo abbassarci ad uscire, fosse anche solo per un caffé, con certi disgraziati?


Meglio sole!


E quindi, vanno stretti ancora di più i parametri che si utilizzano per la scelta (che a me quelle che poi rispondono "eh però così rimani da sola che non trovi nessuno", che hanno l'appuntamento segnato con il destino ad una certa età, più vado avanti e più me fanno ride').


E dunque, concordemente, siamo coscienti del fatto che non sono frequentabili:
- quelli che ostentano ricchezza;
- quelli che non ti offrono da bere e da mangiare;
- quelli legati morbosamente alle madri.


Altrimenti poi, di fronte a certe cose bisogna tacere e tenersele.
Ergo, non esistono donne-vittime, in questo senso, o sfortunate, ma donne che sbagliano a scegliere o se la cercano.











IL DISAGIO CHE MI MERITO



Perché se non ho un cazzo da mettermi chè non ho fatto il bucato va bene.


Però non è giusto che è tornato l'inverno all'improvviso e mi sto congelando gambe e piedi come una stupida.


Devo rimettermi gli stivali?
Io non ce la posso fare!
Mi sono appena abituata ad andare quasi scalza anche al lavoro, non mi va di dismettere così sandali e infradito...


Che ne sapevo di trovare questo inverno, stamattina, poi.
Sono partita da casa che faceva caldo...

mercoledì 20 maggio 2015

UN VESTITO PER DOMANI



Sono quasi tre settimane che non faccio il bucato.
Non mi sono fermata un attimo.
Difatti la sera sto crollando inesorabilmente.
Stasera dovevo uscire, ed eccomi qui.
Già a letto, che vergogna e che spreco...


Ho una valigia ancora da disfare con il nastrino di una maglia che è rimasto incastrato nella zip e quindi o apro la valigia e lo strappo, oppure la lascio cosí in attesa di escogitare un sistema diverso.


E quindi solo adesso, dal letto, mentre facevo mente locale e pianificavo la giornata di domani, mi è venuto in mente che l'unica cosa pulita sono il vestito hippie turchese, e poca altra roba molto poco adatta.


Andare in pigiama mi pare una valida alternativa...


Non posso continuare così, a tralasciare le faccende domestiche.
Non che mi senta in colpa, ma questa cosa mi crea disagio...
Non posso star fuori per lavoro così tante ore.
Oggi pensavo che è quasi inutile avere casa per fatti miei.
Non la vivo.
Ci torno a malapena a mangiare e dormire.
Che casino questo periodo...







UN TIPO MI HA CHIESTO DI TE



"Chi?"
"Tizio"
"E chi è?"
"Te l' ho presentato un giorno, al mare..."
"Non ricordo"
"Quello con la... (segue sigla+numero)"
"Cos'è 'sta roba, ora?"
"Il coupé..."
"Non me lo ricordo"
"È venuto a salutarmi anche domenica che stavano insieme..."
"... Si, ma che vuole?"
"Ma niente... Mi ha chiesto, magari una sera di queste ci facciamo due chiacchiere... Ci beviamo una cosa insieme..."


Perché pure tu mi fai questo?
Ho un po' le tasche piene di questo tritamento di coglioni.
Non voglio conoscere gente per interposta persona.
Di queste cose organizzate e imbarazzanti.
Non c'ho voglia!!!
Come ve lo devo di'???
:((((((



LA NUOVA COMPAGNA DI VIAGGIO





Ha pensato che dovremmo partire insieme, lei ed io.
E non ha tutti i torti.
Anzi, c'ha proprio ragione.
Ci conosciamo da una vita e ci siamo ritrovate da poco.
Vite parallele, per certi versi.
Identiche.


E quindi, tanto per cambiare, sto guardando i voli.


E se non vado a lavorare dove ho programmato di andare, in agosto, mi metto in viaggio per un road trip all'estero con lei.


Prima, però, c'è il ponte del 2.
E qualche concertino a luglio che non vorrei mancare.


Quanto devo guadagnare e quindi lavorare e quindi fare sacrifici da pazzi per concedermi di non stagnare qui?


Il degno lavoro dell'altro giorno ha già cominciato a portare dei frutti.
"Se devo far fare questa cosa a un altro, preferisco la faccia tu!".
Benissimo...
Quanto lavoro mi aspetta, ancora, da qui all'estate...

IL TURNO PER INCAZZARSI



Ci siamo, tra poco tocca a me.
Vado a incazzarmi e torno.
Così poi pranzo, finalmente.
Ho un pacco di ravioli in frigo che mi aspetta.

martedì 19 maggio 2015

C'È UNA LETTERA CHE NON TI HO MAI DATO





- "Dov'è? Dammela ora!"


- "Non l'ho qui"


Correva l'anno con il 19 davanti.


- "Non riuscirei a scriverti nulla di diverso nemmeno oggi. Tutto è esattamente come allora..."









IL REGALO PER ME



"Questo è per te".
Vi prego basta, io non resisto a tutte queste sollecitazioni emotive.


Sto cercando disperatamente di chiudere questi cazzo di rubinetti, ma non ce la faccio.


A giorni questa idiozia che mi ha investito dovrebbe definitivamente evaporare insieme a quel che resta dell'acqua di cui il mio corpo è costituito.


Per fortuna oggi a lavoro posso confidare nel collega mestruato che mi fa salire il sangue agli occhi e mi distrae dalle cose serie.


Meno male che c'è lui.















GLI INTRATTENITORI DEL GIORNO



Riportare per iscritto certi incontri divertenti che mi capitano, ormai, è diventata una di quelle abitudini stupide che mi alleggerisce.


La futilità manifesta di questi miei racconti (fedeli alla lettera alla realtà, giuro!), proprio non riesce a costituire limite a questa piccola valvola di sfogo.


E quindi, ecco, c'è questo tipo che gioca sul filo del rasoio.
E non ne ho mai scritto, ma una tantum torna alla carica.
Il fascinosissimo, ed interessantissimo, e sposatissimo appartenente alla fascia dei cinquantenni (categoria estremamente attiva), che aspetta solo un cenno per lanciarsi.
Mi lusinga, ma non mi passa per l'anticamera del cervello di andare oltre.
E comunque mi crea difficoltà gestire i rapporti.
E no.
Non mi è possibile troncare questi rapporti.
E comunque è davvero gratificante ricevere attenzioni e galanterie di questa maniera, ma non è cosa.
Cambio argomento.
Dirotto le conversazioni.
È una fatica.




Torno a casa da lavoro e ricevo un invito per un aperitivo in un posto sul mare.
Neanche il tempo di fare una doccia, mi svesto dei panni del giorno per vestire quelli più comodi che riservo alla vita privata.
Mi metto in macchina che sono già in ritardo, anche per arrivare in tempo in farmacia a prendere l'antibiotico che mi è finito.
Si, sto pure sotto antibiotico, mica mi faccio mancare niente io!
Al semaforo, mi metto sulla corsia per svoltare, pregando mentalmente di trovare aperta la farmacia.
Semaforo rosso.
Mi giro per prendere una cosa in borsa e vedo un tipo fermo sulla corsia di fianco che mi fissa.
Lo guardo.
Mi guarda.
Mi giro.
Continua a guardarmi.
Lo ignoro.
Guardo il semaforo.
Lui ancora lì con la testa girata verso di me.
Gli scatta il verde.
Resta fermo.
Mi giro e lo trovo ancora a fissarmi.
Guardo il verde, guardo di nuovo lui.
Stava per partire il dito per indicargli il semaforo, quando la macchina dietro di lui decide di suonargli.
Si dilegua in un nanosecondo sfrecciando via.
Se era uno che conosco ho fatto una figura da niente.
Però non mi sembrava di conoscerlo.
Aveva la barba.
Cazzo, dentro la macchina, con la barba, puoi essere chiunque, io che ne so?
La portate tutti quella barba lì!




Arrivo in ritardo all'aperitivo che si è trasformato in cena.
C'è un tipo al tavolo con altri amici che... Beh... Ufficialmente non conosco.
Ci siamo incrociati diverse volte e ha sempre tentato di fare due chiacchiere, nonostante sia un po' al limite tra il timido e lo sfigato.
Ci siamo presentati (gli ho steso la mano e mi sono presentata quando sono arrivata), così, tanto per darci la scusa di salutarci con un po' più di confidenza la prossima volta.
Mi fa simpatia, che dire.
Abbiamo chiacchierato un po' ed è uscito fuori che conosce il mio nome, cognome, di dove sono...
Mmmm, ok...
C'è altro che sai di me che nemmeno io potrei sapere?
A un certo punto è andato via.


Io ho continuato a bere allegramente il mio prosecco.
Poi con solamente mezzora di ritardo sulle 12 ore, ho ricordato l'appuntamento con l'antibiotico.
E ho ricominciato a bere.
E poi a smaltire, che dovevo guidare fino a casa.
E rientrata a casa mi sono chiesta se l'antibiotico tollera l'alcol e viceversa e se io posso tollerare entrambi o morirò di morte certa.


In ogni caso, ormai, è andata...























lunedì 18 maggio 2015

COSÌ PICCOLA



La giornata appena trascorsa è stata particolarmente densa.
Sotto il profilo lavorativo si è rivelata particolarmente gratificante.
Ho gestito una situazione spinosa in un campo nel quale sono un'autodidatta particolarmente appassionata, in un luogo di lavoro altro dai soliti noti.
Ho spinto il piede sull'acceleratore come mai.


Oggi è stato come avere gli occhi del mondo puntati addosso.




Vorrei scrivere di tutto quello che è successo in questo periodo pazzesco, di quanto le lacrime mi abbiano prosciugato del tutto, di come mi senta così piccola mentre affronto cose troppo più grandi di me.
Di come la vita mi sbatta davanti agli occhi con ferocia l'unica volta che in vita mia ho mancato.
Di quanto tutto questo sia impercettibile per gli altri, che invece mi domandavo cosa c'è, perchè sono radiosa.


Radiosa!


E se tutto questo dolore produce luce io non lo so.


Non me lo spiego.


La mia capacità di dissimulare sorprende anche me.







domenica 17 maggio 2015

CROSSING LINES



Quante cose sono di nuovo cambiate nel giro di una settimana...
Quanta gente ho incontrato, e da quanta mi sono separata.
O mi sento sempre più distante.
Questa cosa continua ad accadere e vorrei non accadesse.


Quanti posti vecchi e nuovi ho rivisto.
Quanto ho lavorato e devo ancora lavorare.
Quanto ha prevalso sul chi.
Anche dove ha prevalso sul chi.
Chi è semplicemente sopravvissuto a se stesso.
Male.
Solitario.
Invincibile, ma vinto.


Amore è un dio.
Una parola consumata da miliardi di bocche affamate.
Un'idea in perenne sviluppo.


Ed ogni parola che ho speso negli ultimi giorni vi si riconduce e gli appartiene.


Quanto può essere crudele la consapevolezza raggiunta?


La parola tanto non è sufficiente a darne misura.



IMMANCABILI CASUALITÀ IN GIORNI DI DELIRIO INTERIORE



"Devo presentarti un amico... Non faccio queste cose in genere, ma avete troppe cose in comune" mi dice.


Questa frase l'ho già sentita troppe volte.


"Preferirei, proprio in questo momento, non conoscere nessuno. Se vuoi farmelo conoscere per ampliare la mia sfera di conoscenze e amicizie te lo accordo, questo proposito, ma non confidare in altro..."


Detto fatto.
Ci ha raggiunto per un caffè nel pomeriggio e siamo rimasti insieme sino a stanotte.
No, non me lo aspettavo così.
E... No.
Non così.
Credo di essere arrossita come una stupida appena ha alzato gli occhi (che hanno un tono d'azzurro e d'indecifrabile) e li ha posati sui miei.
E di avere mantenuto il rossore per almeno i primi dieci imbarazzantissimi minuti - o erano solo secondi? - di inizio di conversazione.
E dunque si, effettivamente è un bel tipo.


Abbiamo parlato di musica buona parte del tempo, e vorrebbe coinvolgermi in un progetto musicale che ho trovato particolarmente accattivante.


E che coincide con quello che ho in testa da un po' e non posso mettere in atto con il chitarrista con cui suono, causa evidenti divergenze di vedute su certa musica e su quello che in generale si considera musica.


Devo prima fargli sentire la mia voce, in ogni caso.


Vedremo se si fa sentire.


Anche perché poi stanotte siamo finiti all'apertura stagionale di un locale ed io, che sono a pezzi, ho pensato bene di non regolarmi con l'alcool, e quindi ho quasi collassato e sono sparita dalla festa e gli hanno detto che mi sono sentita male e ha provato a chiamarmi mentre ero in macchina che me ne andavo e non gli ho nemmeno risposto.


Credo di dovergli almeno un memessaggi di scuse...




E mentre scrivevo qui gliel'ho scritto, questo messaggio.
E dopo l'invio mi è arrivato un sms che ha provato a chiamarmi.
Quando?
Due minuti prima del mio invio.
E quindi l'ho chiamato.
E abbiamo chiacchierato un po'.
E riso pure.
Ché mentre stavo scalza sulla spiaggia, ripiegata su me stessa, a sentirmi male sperando che nessuno se ne accorgesse, avevo pure uno vicino - un amico di altri amici di qui, che vive parte della sua vita in Inghilterra ed è mezzo bruciato - che mi parlava in inglese misto ad italiano.
"Metti i piedi in acqua", "do you want something, some water, ti vado a prendere un bicchiere? E dai? Lo vuoi? Su, basta che lo dici ed io vado...".
Volevo morire.
E prima toglierlo dal mondo, ma non avevo la forza di rispondergli, figuriamoci di alzarmi da terra e menargli.
"No. It's ok... Si, acqua... No dai c'è fila, lascia stare...".
Non potevo rispondergli "vai via e lasciami sola", l'avrebbe presa a male.


Perché mi devo fare il problema per gli altri pure quando sto morendo?


Ho infilato i piedi nell'acqua, e in un attimo mi sono sentita meglio.


L'acqua di mare è una di quelle certezze incrollabili sempre.


Non mi sono fermata un attimo ieri e alla fine, come sempre capita, ho buttato un occhio al cellulare e mi sono sentita male.


Devo spingere un po' di roba nel buco nero che alberga nella mia memoria e chiudere questa partita.


Terminata con un pareggio.


Nessuno ha vinto.


Nessuno.


E se devo stringere i denti e dare una direzione a tutto questo, stavolta la darò.


E sarà feroce.


Perché sono io ad essere la più forte, anche quando cado.
Anche quando si cade insieme.
Con la premura di non trascinare altri nei miei abissi, e di salvaguardare sempre chi vi casca con me.


E ieri ero sola.
In mezzo al delirio della folla e dei miei inutili pensieri, a badare al resto del mondo non lasciando trapelare nulla.


È una maschera questa?
È essere adulti?
È la mia tecnica per accantonare la negatività, il mio non incentivarla, questo non volerla mostrare che qui, dove rifugio parole scritte e inconsistenti, o forse troppo pesanti.


Nemmeno tutte quelle che mi spingono dallo stomaco, che altrimenti mi si indirizzerebbe al manicomio.




"E ora come ti senti? Meglio?"
"Si, meglio. Ieri non mi sono fermata un attimo. Avevo la testa incasinata per fatti miei, non dovevo bere quel goccio di rhum con te, dopo il vino..."
"Non l'hai nemmeno finito!"
"Vero... Ti saluto ora, ho una telefonata di lavoro che mi sta arrivando sotto questa e devo rispondere..."
"Ok, ci sentiamo presto allora..."
"Va bene... Ciao!".





sabato 16 maggio 2015

PIOVE E MALETIEMPO FA



"Un'impermeabile ce l'hai?", le ho proposto.


Tuffo fotografico nella natura a ridosso del mare.
A fotografare i goccioloni di pioggia che si posano su fiori e foglie.
Ché lo scintillio del cielo plumbeo nell'acqua che si aggrappa agli aghi di pino o alle ragnatele del bosco, o al giallo delle ginestre e al bianco delle roselline selvatiche, ai ciclamini in fiore, rende anche in bianco e nero.


Dovrebbe rispondermi a momenti...


Non so dove ho messo i miei stivaloni da pioggia tatuati con "I ❤ NY".
Ci sono sempre le vecchie Adidas da battaglia, nel caso...

venerdì 15 maggio 2015

LO SCHIUMA PARTY



Devo avere esagerato un po' con il bagnoschiuma nella vasca, stasera...


La schiuma è montata all'improvviso come panna.


Il letto mi sembra il miglior luogo, adesso, cui abbandonare i pensieri.
Tra poco questa giornata si spegnerà.
E sarà come non fosse mai esistita.
O passerà ad essere semplicemente materia per sogni.









LA FACCIA DISTRUTTA E LA MASCHERA INTEGRA



Non ho dormito, stanotte.
E ho saltato un paio di pasti.
Mangerò stasera, se non crollerò dal sonno, appendendo tutti gli appuntamenti presi virtualmente.
Non ho granché voglia di chiacchierare.
Le relazioni sociali possono attendere, in questo momento.
Non sto pensando in italiano, non riesco a gestire la mia lingua, mi affatica.
E voglio conservare questa sensazione per un po', finché dura.


Mi sono allungata altrove prima di arrivare all'alba al lavoro.
I miei limiti fisici sono abbastanza sotto controllo e restano insuperati.
Certamente li metto a dura prova, ma la superano ogni volta questa prova.


Con gli occhiali da vista da sfigata, chè di notte non ci vedo bene a guidare, che non utilizzo in altre occasioni, sono arrivata al lavoro.
Il viso stanco, il trucco sfatto, gli occhi a pezzi, il resto pure.
L'allergia ci ha messo il suo a devastarmi ulteriormente.


Mi sono trascinata in un bagno, scansando per quanto possibile con educazione tutti quelli che nel percorso mi hanno dato a parlare, per mettere su un accenno di maschera prima di aprire le comunicazioni al resto del mondo.


Il make up è la salvezza ultima per le situazioni disperate, tipo quella di stamattina.
La maschera, sul lavoro, è necessaria.
Questione di sopravvivenza.
E perché non tollererei di dover rispondere a domande che cercano di indagare nella mia vita privata.


Ripristinata una facciata accettabile nel bagno privo di specchi, ho trovato qualcuno ad aspettarmi.


Ho accordato un caffè.


È arrivata prevedibile una proposta di vetro, tra le righe.
Di quelle condite di mille complimenti, mai fuori luogo come stamattina.
Ivi inclusi quelli più sfacciati.
Che all'alba un pochettino danno pure allo stomaco, già compromesso di suo.


E no, non posso proprio accettarla.
Mi sembrava di essere stata esageratamente chiara già la volta precedente, ma per qualcuno proporsi in modo sempre più sofisticato equivale a giocare una partita a scacchi che non vincerà.


Ho scelto una pausa di solitudine con me stessa.
Lavorerò.
Tanto.


Sono rientrata a lavoro e mi è stato offerto un altro caffè.


Avrei accettato pure una flebo di caffé, stamattina, s'è capito...


Ho salutato uno da lontano che mi ha sorriso in modo strano.
Dopo poco mi è venuto vicino per dirmi che non mi aveva riconosciuta.
Certo, mi trasformo per un paio d'occhiali.
Un'altra persona.
Tanto è vero che ha ritenuto di fare dibattito con altri per esprimere il suo apprezzamento per il look di stamattina.
Giuntomi telefonicamente alle orecchie poco fa da altro collega con cui ha inteso condividere commenti un po' beceri.


"Ti avranno vista più umana, stamattina...", mi dice un'amica.
Un'umanità che seppellisco sotto una maschera sorridente e rassicurante.
Integerrima e pulita.
Che resiste agli assalti inquinanti e fuori luogo di certi bombardamenti.


Tutti si accostano per afferrare qualcosa.
Non è uno scambio, ma un furto, nulla di più, costante, alla mia persona.


Non ho più voglia di sentire più nulla.


Vorrei che i cialtroni del mondo smettessero di approcciarmi.


Non fosse per altro che non so per quanto ancora riuscirò a non sfancularli in malo modo.



























giovedì 14 maggio 2015

NEXT TIME



Next time we'll be older, but not old.
And this is the only thing I need to tell you before you leave.
And you know the reason why I can tell this.
It's because of the portrait I hide somewhere, growing old in my place, while I run in this crazy, sick and ritarded world, wasting time.
That's what I exactly do.
So young as I am.
Like eighteen years ago.
Same little girl, trying to escape this little world and these little persons.











TORNI GIÀ AL LAVORO?



Si.
Devo.
I'm gonna make money.
Da oggi ancora di più.


Mi fa male ovunque e le mie prospettive di sonno guardano al sabato.


Grazie allergia.
Grazie.
Mi sento soffocare a tal punto e sto cosí male che una, stamattina, mi voleva quasi chiamare un'ambulanza, al lavoro.
L'affanno.
Porca troia.
L'affanno!!!
E non posso nemmeno morire che ho impegni da rispettare!


Però ho preparato un tiramisù con lo strega, ieri sera, per il pranzo di oggi, che davvero era buono.


Ne ho presi tre pezzi.


Per sedare l'affanno e distrarmi un po'.


Mi hanno voluto regalare le sigarette.
Solo che non fumo quasi più!
Mi sembrava scortese dirlo, e quindi ho accettato il regalo con un gran sorriso.
E le fumerò.
Appena passa questo maledetto affanno.


Sto male che vorrei stendermi a letto.


E invece sono davanti allo schermo de pc.
Il caffé davanti.
Il tempo sino alle 20.00 da occupare proficuamente.









mercoledì 13 maggio 2015

CERTI INVITI DELL'ULTIMO MINUTO



Quale risposta poteva essere più appropriata che un no?


E poi perché invitarmi?


Dico, perché?


Cosa c'entro?


Perché vuoi che c'entri, in qualche modo, nelle tue cose?


Perché cerchi la mia attenzione?


A me francamente non importa.







DI VESTITI CHE LASCIANO SPAZIO ALL'IMMAGINAZIONE E TURBANO MENTI BIGOTTE



Il mio tubino color cipria/carne, neanche attillato, al ginocchio, senza spacchi, senza scollatura profonda, ma anzi, anche vagamento accollato, ha suscitato lo sdegno di un manipolo di colleghi, l'altro giorno.


Sono uscita dalla stanza all'improvviso e li ho trovati con in bocca un apprezzamento molesto sul mio abito.


"Non è trasparente, però...", con un tono altisonante da giudizio universale.
Però cosa, i tuoi occhi hanno immaginato il corpo muoversi sotto il vestito e questa cosa ti ha turbato?


Li ho guardati, nel mio decoro silenzioso e indifferente, scivolando oltre, perchè impegnata a lavorare.


Non pago, il tipo attempato ha continuando dicendo che a lui hanno insegnato a vestirsi in un certo modo per andare a lavorare, e che altra cosa è quando ci si veste per andare a ballare.


Come se io andassi a ballare abitualmente.


Come se poi mi vestissi così per andare a ballare!


Che per me ballare è pogare a un concerto rock o dondolarmi in vestitoni hippie ad eventi reggae o similari.


Mi aspettavo cacciasse, da un momento all'altro, una croce nella speranza di incenerirmi.


E l'unica che avrebbe, forse, preso fuoco, era la tipa che gli era accanto, con un paio di scarpe con plateau alte 18cm, in tinta con la maglia grigia attillata con lo spacco sulla schiena nuda, sopra dei pantaloni neri tirati sulla pelle al limite ultimo dell'elasticizzato che nemmeno un leggins aderisce in quel modo sulle pacche del culo.


Sono io, certamente, quella priva di buon gusto, tra loro.


Avrei potuto zittirli in un secondo, ma perché mettermi a discutere di vestiti in un luogo, quello di lavoro, dove discuto di argomenti ben più interessanti?


Ho conquistato il loro silenzio attonito poco dopo, difatti, discutendo di ben altro.


Non ci metto poi molto a distrarre l'attenzione dal vestito, quando comincio a parlare.


Non tutti sono bravi a dare fiato alla bocca allo stesso modo.


E se qualcuno si sente imbarazzato perché intuisce la forma del mio fondoschiena sotto il vestito, invece di mettersi sulla difensiva e trovare un caprio espiatorio nell'abbigliamento "non consono" alla impennata degli ormoni assopiti e logorati dal ménage familiare, farebbe meglio a sfogare diversamente le proprie frustrazioni perbeniste.


Io non c'entro niente.


Il mio vestito nemmeno.







FUORI IN CINQUE MINUTI





I miei giorni spericolati stanno per terminare.
Non ho messo nulla, per iscritto, di tutto quello che mi è passato per la mente.
Troppa roba.
Troppo peso da espellere che accumulerebbe altro peso nell'espulsione.


Vado, che sono in ritardo per almeno tre appuntamenti.
E meno male che uno di questi è telefonico.


E non ho voglia di dormire, anche se sono stanchissima, ma di combattere.


Come una leonessa.


Come un'instancabile, feroce, stavolta, ed affamata leonessa.









PIOGGIA DI POLLINE



Nel mezzo del niente, in una tempesta di polline, ho guidato il doppio della strada per la metà del tempo.


Nuovi circuiti.


Il viso in fiamme.


La gola pure.


Non riesco a smettere di piangere.


Sarà questa fottuta allergia fuori da ogni previsione.


E da ogni controllo pure.


Saró io, che non mi spaventa attraversare la terra, il cielo, il mare, le tempeste di polline, all'occorrenza.


Sarò io.


La ragione per cui.


Sono io.


Che mi schianto soffice come polline sul parabrezza di una macchina che sfreccia con violenza su una strada che non conosce.


Che non importa nulla.


Che non importa nulla più.


Che ho mille carte, ancora, da giocare.


Che lo stomaco fa male.


Che le vie respiratorie hanno deciso di dare forfait.


Che la voce urla, alta.


E poi profonda.


Come non mi appartenesse, mentre scivola via nella notte, nel tentativo di sovrastare il rumore delle ruote che aderiscono all'asfalto.









lunedì 11 maggio 2015

A BITE OF LIFE





Tanto è arrivare a sfiorare il cielo.


Sentirsi quasi creature ultraterrene mentre si tira un morso sentito alla vita e ci si inebria, con gli occhi immersi nella luce del mondo.


Senza curarsi di niente e nessuno, se non di se stessi, perché non esiste altro di altrettanto importante.


Il tempo ha un modo bizzarro di spiegarsi, talvolta.
E di spiegare le cose, pure.


Sopravvivere a se stessi ed affrontarsi, ma bonariamente, non da nemici, era questo cui puntavo.


Ho sentito di non volermi fare ancora la guerra su certe questioni.


Di non volermele trascinare nella tomba, per quel che vale.


E per quanto valgono.


Ho scollegato certi luoghi da certi ricordi, ricollegandoli a nuovi eventi, esorcizzando un velato timore che mi assaliva talvolta, di essere rimasta schiava di un pensiero da sconfiggere prima che mi soffocasse.




In quanti posti sono di casa?


Se questa cosa meraviglia gli altri, meraviglia ancora di più me.


Ho gettato radici ovunque.


E non sono io ad appartenere ai luoghi, ma questi ad essere divenuti parte di me, della mia storia.


E voglio continuare ad attingere a questa geografia magnifica, alle mappe che ho disegnato, perché è lí che abito.


E lì mi sento a casa.












venerdì 8 maggio 2015

PICCOLI MONDI RIPIDI









La premura di sistemare la macchina per il week end risiede nel fatto che mi sono organizzata una piccola fuga.
Parto stanotte.
Tra una manciata d'ore, per l'esattezza.
E dovrei dormire, ma davvero non riesco a lasciarmi andare alla stanchezza.
Mi sono presa un paio di giorni da lavoro.
Roba da matti di questi tempi.
La mia vita è fatta annche di follie pazzesche, di quelle che ti fanno sorridere quando guardi indietro.


E dunque parto, ad attendermi un road trip in parte orientativamente organizzato, in parte all'avventura.
L'unico limite è quello temporale.
Arrivo dove mi porta la macchina e la compagnia, e poi torno.


Mancherò da queste pagine virtuali.


C'è un piccolo mondo ripido che ho tutta l'intenzione di scalare.



























PROPOSTE DIRETTE E RIFIUTI SPIETATI





Sono andata a recuperare la macchina, nel pomeriggio, ancora dal meccanico da che si è fermata.


L'aiuto meccanico è un ragazzetto dal viso giovine giovine e gli occhi dolci dolci e belli, nella tuta eternamente sporca di lavoro.


Mi fa tanta tenerezza, quindi rispondo ai sorrisi con sorrisi gentili.


Dopo un annetto di timidi saluti, siamo passati a qualche procinto di conversazione negli ultimi tempi.


Oggi, incoraggiato dall'assenza del capo meccanico che stavo attendendo fuori l'officina, mi chiede se ho qualcuno, un fidanzato.


Gli ho risposto di no.


"Allora posso propormi io?", mi dice.


"... Sei un po' troppo giovane, quanti anni hai?", gli rispondo, a tono.


Non ha voluto rispondermi.


Nel frattempo è arrivato il meccanico che mi ha detto che è tutto ok.
Che il mio macinino sta bene.
E mi ha fatto dono di un prodotto magico, che si spruzza nel motore e fa ripartire la macchina.
"Cos'è questo prodotto miracoloso?", chiedo con gli occhi a cuoricino.
"Un spray per pulire il cruscotto", risponde vergognoso.
Giuro che non sto scherzando.
Giuro che ho assistito al miracolo in presa diretta.


"Papà, il meccanico mi ha fatto ripartire la macchina con uno spray per pulire il cruscotto... Mi ha presa in giro???" chiedo telefonicamente all'esperto di motori di casa.


"No, era serio...", e ha cominciato a spiegarmi come e perché la macchina sia ripartita.


Miracoli della scienza.
E degli spray che servono a pulire i cruscotti!





















giovedì 7 maggio 2015

DI SCARICA BARILI E LAVORI MAGISTRALI









E dunque è accaduto che mi abbiano scaricato un barile pesante addosso.
E un tempo irrisorio per indirizzarlo verso un rotolamento sostenuto autonomo.


"Hai fatto un lavoro magistrale, non ho osato metterci mano. Ti sto chiamando solo per dirtelo!", mi dice poco fa.


Avrebbe dovuto metterci mano, invece.
Non era lavoro che spettava a me.


E riconoscere con sorpresa quanto valgo sul lavoro, mi conferma che ero considerata solo come un bel faccino da pizzicottare affettuosamente come si fa con i bimbi.





























martedì 5 maggio 2015

IL CASINO DI CASA



L'ingresso di casa è inagibile, al momento.
Spero di non inciampare domattina, sulle cose accalcate qua e là, incluso un materasso da portare altrove, dopo essermi alzata ad occhi chiusi per andare a preparare il caffè.


Entro due giorni tutto questo deve finire.


Entro due giorni sgabuzzino n. 1, quello ufficiale, sarà parente prossimo di cabina armadio, mentre sgabuzzino n. 2 tornerà ad essere camera per gli ospiti.


Ho pulito il balcone, poco fa.
Dopo avere spazzato e raccolto tutto con la paletta, ho buttato qualche secchio d'acqua.
Si lo so che è una pratica che non si addice al decoro di una casalinga per bene, ma sono nata per altre cose, io, e s'era fatta 'na certa.


Non posso fare l'alba a lavare a terra, devo andare a lavorare!


Mi sono usciti i calli alle dita per quanto ho spruzzato con lo sgrassatore.
E preferisco decisamente quelli sui polpastrelli che mi vengono quando strimpello la chitarra.


Ho passato aspirapolvere e lavato a terra in tutta casa.


Il disordine regna sovrano.


I panni sopra la sedia hanno assunto una forma mastodontica e minacciosa.


Non ce la farò mai.


Domani chiamo la donna delle pulizie, mi arrendo...







DI ALTEZZE PROFONDE





L'infinita gamma delle scelte è alla mia piena portata.


Quale scelta sceglierò, alla fine?


Non lo so.


Non so se talvolta la scelta coincide effettivamente con una scelta precisa o con una non scelta codarda.


Io che codarda non sono e mi faccio male arrivando anche al limite dell'autolesionismo psichico.


Il cuore mi è sceso nello stomaco e lì galleggia e pulsa.


Da lì interagisce.


Da lì reclama e si rivolge a profonde altezze, scalandole.


Mi domando se punterò mai la bandierina sulla vetta o se rimarrò seduta a mezza strada ad ammirare il paesaggio a un soffio da me, ancora vicino e tangibile, nei suoi colori e nelle forme distinte.





GLI ESITI



E dunque sto bene.


Non sto per morire, a meno che non mi caschi una regola in testa ora che esco da lavoro.


Ho il resto della giornata per digerire la buona notizia e alleggerirmi un pochettino.


Sono stata in ansia tutto questo tempo ed ora puff, tutto svanito.


Sto bene.



lunedì 4 maggio 2015

IL MEZZO RIMORSO



Non ho rimorsi, ad oggi, eccetto forse un paio.
Mezzi rimorsi, nulla di intero.
E me lo ricordo meglio quando uno di questi mezzi rimorsi torna a bussare alla mia porta, che è solo un mezzo rimorso.
In questa travagliata esistenza merito di stare sola se non trovo una persona come si deve, e non a chiacchiere da quattro soldi, ma sul serio, del che la mia vita è una chiara dimostrazione.
Perchè la mia compagnia, il mio cervello, la mia ironia, il mio corpo, il mio savoir faire non ho voglia di condividerli con chi non ha saputo fare che scelte di mera convenienza, o vive di sfigatissimi luoghi comuni, in aderenza alle pressioni sociali.


E poi se per me il rimorso è a metà, per qualcuno, nella specie, temo sia pieno.


Non voglio essere l'ancora di salvataggio di chi sprofonda nel mare nelle scelte sbagliate che ha fatto nella vita.


E se c'è un margine di correzione, per quello che si è fatto male in passato, e non ci si indirizza in quel senso, per quanto difficile, vuol dire che si sceglie qualcosa di meglio.


La sicurezza.


Che per qualcuno equivale ad un'assicurazione sulla vita, mentre per me, in assenza delle condizioni ideali, equivale a morte certa.


Non voglio logorarmi guardando indietro e pensando di avere fatto delle cazzate.


Non le ho fatte.


Erano scelte, fondate su ragioni precise la cui validità regge ancora oggi.


Per me, che ho una scala di priorità diverse da chiunque altro conosca.























QUALE PARTE DEL "Non posso intrattenermi oltre, devo terminare urgentemente un lavoro" NON RISULTA COMPRENSIBILE?



Il collega anziano e rivoluzionario passa a trovarmi al lavoro, omaggiandomi delle sue solite pubblicazioni, e intraprendendo conversazioni e cercando consensi per una questione di stampo politico che mi tocca da vicino.


"Non sono d'accordo. Non ho intenzione di complicarmi la vita per portare avanti una questione di principio che, allo stato di fatto, non ha alcun senso tenere in piedi".


"Parli per egoismo personale!".


"No, parlo a ragion veduta, perchè si porrebbe uno stretto problema di ordine logistico che non ho alcuna intenzione di affrontare".


"Non è logistica! È egoismo!", continua imperterrito.


"Non ho il dono dell'ubiquità. Non intendo scindere il lavoro che attualmente faccio in un unico luogo, scegliendo di andare a fare una parte delle cose che faccio già in un altro posto distante chilometri. Ora mi scusi, Ma devo terminare urgentemente del lavoro. Non posso dedicarle altro tempo", ho risposto ferma.


Mi ha chiesto di fargli fare una telefonata.
Gliel'ho fatta fare, nella mia stanza.
Il tempo che ha urlato per telefono (è anziano, e i suoi timpani non sono piú quelli di una volta, e nemmeno i miei, ormai) sono stata a braccia conserte davanti al pc.


È tornato per chiedermi altre cose.


"Non saprei. Mi scusi, ma non posso dedicarle altro tempo, sono agli sgoccioli con del lavoro".
È rimasto nell'altra sala ad attendere un altro collega, giocando con un mazzo di chiavi che fa concorrenza a quello di San Pietro e al mio, facendolo cascare più e più volte a terra.


Finché non è tornato di nuovo, chiedendomi perché il collega si stesse attardando, e con chi, perché, se la terra è tonda o quadrata, e altri bla bla bla.


"Provi a bussare!", gli ho detto.
"Posso?" mi chiede continuando con convenevoli inutili che non sono da lui.
"Deve".


Con tutta la pazienza del mondo, io non posso fare le ore piccole al lavoro per fare da dama di compagnia a chi non ha dove passare la giornata, non ha con chi chiacchierare, e sta bellamente in pensione dopo avere vissuto gli anni d'oro guadagnando fior di quattrini senza consumare più di tanto le meningi.











domenica 3 maggio 2015

IL PRIMO BAGNO DELLA STAGIONE



Fuori stagione (eppure, giuro, è estate!), la spiaggia si vive modalità isola deserta.


Quel particolare tratto di spiaggia dove adoro andare, almeno, il cui accesso - discese ripide e salite brusche - per molti è proibitivo o troppo faticoso.


Distesa al sole, con un sorriso ebete stampato sulla faccia rilassata, gli occhi chiusi, ho sentito la mia amica che mi chiamava, ad un certo punto.


"Hey c., c'è qui un tipo che chiede se vogliamo giocare a racchettoni..."
"Certo!", e mi sono riallacciata il costume scattando in piedi.
Dopo venti minuti circa di colpi, di cui buona parte a vuoto per riprendere la mano, è arrivato il fiatone.


"Scusa, io mollo, ho il fiatone. Grazie!", dico al tipo, rendendogli il racchettone di legno pesante.


Ero talmente accaldata che mi sono lanciata in acqua a fare un bagno, e non ho accusato per nulla il fatto che fosse un po' fredda.


Dopo un paio di bracciate sono uscita, e ho ripreso posto sul telo.


Sono riuscita ad abbronzarmi senza scottarmi, il che mi consente di indossare i primi vestitini leggeri senza splendere di bianco e verde di sotto.


I capelli sono sempre più biondi.


Non vedo l'ora che arrivi il prossimo week end...

IL NUOVO SOGGIORNO





Ho trovato un copridivano che calza a pennello.
Per la modica cifra di 65 euro, adesso, ho un divano bellissimo in casa.
Senza contare che mentre sollevavo la mia parte di divano per salire le scale, è arrivato il figlio molto alto e robusto del vicino che mi ha scansata e mi ha detto con un sorriso sicuro "lascialo a me".


"Ma grazie!", e ho mollato il divano a terra.


Quando l'ha sollevato, ho visto chiaramente l'espressione di fatica inaspettata e negli occhi ho letto un "li mortacci tua, ma pesa!".


In effetti pesava.
Sarà che sono abituata, da che vivo sola, a salire e scendere mobili, e spostarli in casa.
Se poi gli egiziani si sono ingegnati a costruire le piramidi, mi pare il minimo riuscire a portare un mobile su per le scale senza fare troppe storie.
Se fosse stato un blocco di pietra sarebbe stato più problematico...


Insomma, siamo arrivati in cima alle scale, io dietro di loro tra i vari "uff", "abbassa", "fermati", "gira", "quante scale mancano", e entrambi si sono congedati.


Nessuno di loro mi ha maledetta apertamente per avere usufruito della loro manodopera.


Tutto preventivato, lo testimonia un post di un po' di giorni fa.




Il mio soggiorno ha decisamente un altro aspetto.
E il divano è comodo, profondo, dalla forma graziosa, classica, senza fronzoli, ci si può dormire, da soli o in compagnia, davanti al camino acceso d'inverno, e leggerci un libro e suonarci la chitarra...
Insomma, un ottimo acquisto!


Domani tocca alla cucina e alla camera da letto.
E al bagno.
Piccoli aggiustamenti e montaggio di pezzi, spostamenti di mobili.


Ho ripristinato l'uso di una stanza da letto e liberato metà sgabuzzino, che diventerà quanto prima una cabina armadio.


"E poi rimani senza sgabuzzino?", mi ha detto la mia amica.
Non voglio accumulare roba inutile.
Non mi serve uno sgabuzzino.
Al piú uso la cantina.
Metto un armadietto fuori al balcone.
Sarà quel che sarà.
I Will survive!







sabato 2 maggio 2015

VENGO AD AIUTARTI



Le ho mandato la foto del mobile che devo infilare in casa, abbastanza illustrativa delle condizioni pessime in cui versa, al piano sottostante.


Il che implica 4 braccia forti X 2 rampe di scale = 'na faticaccia!


Devo sgombrarlo della robaccia che ha sopra sotto e dentro, pulirlo e decidere se farci una passata di impregnante o lasciarlo grezzo cosí.


Trattandosi di un mobile da sala da pranzo anni '70 circa, con specchio annesso, e vetri scorrevoli che coprono la parte centrale sottostante, tra i due sportelli cui mancano pomelli e chiavi (mancano i pomelli anche al cassetto, ed io ho 4 pomelli decorati a mano che comprai da Anthropologie, di cui due uguali e due diversi tra loro, uno dei quali è identico ai due che ho montato al cassetto dell'armadio e... Sembra un rebus matematico, rileggendo. E la matematica è al di fuori delle mie competenze. Mi sa che i pomelli mi tocca comprarli), stavo valutando di togliere i vetri e inserire due cesti squadrati.


Il mio vicino robivecchi l'altro giorno mi ha regalato due abat-jours azzurrine, con la base in legno.
Ha sentito che dovevo andare all'Ikea a comprare il divano, e me ne ha offerto uno alla modica cifra di € 50,00, usato, ma in ottime condizioni, con letto integrato e base estraibile con doghe di legno.
Invece di andare da Ikea macinando chilometri, e tutta la fatica del montaggio, spendendo il triplo, avrei questa soluzione a portata di mano sotto casa.
Che mi darebbe pure una mano a salirlo per le scale, e mica è poco.


Il problema è che non mi piace il colore.


Quindi la missione di oggi comprende la ricerca di un copridivano.
Se lo trovo come dico io, spendendoci una sciocchezza, il divano è mio.











IL SEGNO DEL COSTUME



Scendere a mare bianca come il latte e rientrare a casa con il segno del costume, che meraviglia!


Non sono riuscita a fare il bagno, l'acqua era gelida, ma cristallina.


E la sabbia calda, ma non rovente, calpestabile a piedi nudi senza ustionarsi.


E dopo una giornata di mare il viso è già cambiato, sembra piú luminoso, disteso.
Ed il profumo del doposole tra le lenzuola è impagabile...


Sono belle certe giornate, passate a non far nulla di che, solo a godersi la natura, il mare e la compagnia.











venerdì 1 maggio 2015

GLI IMPEGNI DEL GIORNO



Arriva il messaggio mentre sono ancora tra le coperte.
"Mare?", mi scrive.
"Certo!", rispondo con un occhio chiuso e uno aperto.
"Dove andiamo?", mi chiede.


La sottoscritta fortunella - ebbene si - è in condizioni di scegliere dove andare al mare, e come lei chiunque, qui.
Se sotto casa, spiaggia o scogli, o baia.
Se un po' piú in là, spiaggia immersa nel movimento cittadino, mare cosí e cosí.
O ancora piú in là, dove l'acqua è piú blu e il paesaggio è piú bello.
Oppure nel piccolo angolo di paradiso a oltre mezzora da qui.


I chilometri non mi spaventano.
La scelta ricade sul posto piú lontano, ma più figo.


"Macchina? La mia? Che è più corta?", mi chiede.
I problemi di parcheggio sono pazzeschi, qui.
"Meglio il motorino. Il mio è senza assicurazione. Il tuo?", le chiedo.


Abbiamo forse un mezzo appuntamento per l'ape in spiaggia un po' più in là, più tardi.
Qualcuno da avvisare e coordinare se vuole raggiungerci.
Un nuovo copricostume da testare.


Sempre belli gli impegni dei giorni di festa, quando l'obiettivo comune è il mare...



C'È SEMPRE UNA CANZONE CHE MI RIPORTA A CASA, LA SERA



È quella che passa in radio mentre guido per rientrare a casa.


Sola, le dita che tamburellano sul volante, la voce che si spiega senza pudori, le mie rivisitazioni e personalizzazioni che prendono forma e appunto mentalmente per la trasposizione su chitarra strimpellata alla meno peggio.


La serata multietnica - carina, di sole donne - è appena terminata.
In anticipo, per quanto mi riguarda, perché oltre non riuscivo proprio a trattenermi.
La stanchezza mi trascina via, questi giorni, sulla strada di casa.


La domanda che mi mette ansia, da un po', è se voglio una cosa a tal punto da superare certi non posso.


Se gli impedimenti che mi hanno impedita sono realmente tali o c'è un ostacolo piú profondo.


Sotto entrambi i punti di vista, l' impossibilità mi sembra ampiamente superabile.
Lo voglio?
Certi momenti la risposta è netta e precisa.
Altre volte non concordo con me stessa e mi distolgo con furia dall'idea.




È questo che vuoi?
Si.
E questo si mi esce sicuro e diretto.
Perchè il tempo porta risposte.
Anche quelle che hai davanti agli occhi e metti da parte perchè sono faticose da digerire.
O talmente complesse da non riuscire a comprenderle pienamente sul momento.
Solo che con il tempo subentrano altri impedimenti.
E saresti disposta a superarli?
Per quel che vale si.


Se non fosse per quella voce che si alza dal fondo del cuore e dice: aspetta un attimo peró...


Credi di essere così forte?
Lo sono.
Non è la forza che determina la risposta positiva, ma certamente incide.