venerdì 30 ottobre 2015

HO VOGLIA DI MASCHERARMI



L'ho chiamato che è una settimana che non ci sentiamo.


"Ci vediamo stasera?", dico.


Pensavo di scendere al solito locale, senza proporre nulla di diverso per una volta.


"Adesso mi informo su cosa fanno in giro. Magari c'è qualche festicciola, CI TRAVESTIAMO! Ho voglia di mascherarmi...", mi dice.


"Tu hai voglia di mascherarti sempre...", e sappiamo entrambi che lo scopo finale è pornografico/trombereccio piuttosto che carnevalesco.


"Ti faccio sapere piú tardi!", pieno di entusiasmo.


Io mi ero dimenticata che era Halloween.
Cazzo mi metto?
Immagino che potrei restare vestita come sto fino a stasera, invece di cambiarmi, e spacciarmi per quella che sono.
O mettere una giarrettiera sulle calze che indosso, e infilarci una pistola giocattolo.
Faccio la gangster.
La sigaretta in bocca ce l'ho giá in dotazione, metto il Dior rosso sulle labbra e sto a posto.

UNINTERESTED



L'ho beccata anche ora mentre rientravo a casa in macchina.
Con quel "here" che canticchio insieme a quel "I ask myself what I'm doing here, oh here".
Sempre più forte, dopo averlo sussurrato.
Sono così, mi entusiasmo, mi infiammo, quando canto, quando lavoro, quando tutto.

Gli ho parlato delle perplessità con il tipo impegnato.
Il mio amico dice che forse non gli ho dato ad intendere che ho un interesse.
Che dovrei sbilanciarmi.
A parole.
Io però non sono capace di spiegarmi a parole.
Un paradosso, no?
Scrivo fiumi di parole e altrettante e più ne verso quotidianamente, parlandole.
Posso sbilanciarmi fisicamente, questo si.
Questo è in mio potere, nelle mie capacità.
Non parlo di quello che sento, non faccio sproloqui.
Non ne ho fatti mai.
Mi esprimo fisicamente.
Con la musica, e la scrittura.
Con i gesti.
Con le parole non sento di dover spiegare certe cose.
Posso mettere da parte qualche resistenza fisica, intrattenermi negli sguardi, evitare di sottrarmi, e, all'opposto, avvicinarmi di proposito.

E vediamo che diamine succede.
Che magari non succede nulla.
Nemmeno che mi avvicino.

E accada quel che accada, in fondo, che mi importa?

Cosa ho da perdere?
E soprattutto, cosa voglio guadagnarci?

Non riesco a guardare le situazioni sotto un profilo di stretta perdita e guadagno.
E' la vita.
Ed è una.

Cosa posso perdere?
Un amico?
Ne ho altri.
E la sua amicizia non è indispensabile.
Cosa posso trarne?
Un rifiuto netto?
Una trombamicizia a tempo determinato?

Nulla, in ogni caso, se rimango impantanata nel dubbio.

Magari è un idiota come gli altri.
E qualche sospetto che mi trattiene non nego di averlo.

Boh, non ho altro cui pensare, forse, e mi va di cazzeggiare con questo pensiero.
Domattina, al risveglio, dopo la solita notte agitata e piena di tormenti inutili, avrò certamente cambiato già idea.


giovedì 29 ottobre 2015

ACQUA DI FONTANA



Sono tornata a a casa e ho aperto il rubinetto della cucina mettendoci sotto il bicchiere per riempirlo.
Non bevo che acqua di fontana, comprarla mi sembra 'na cazzata.
Che poi sa di plastica, e c'è a chi piace, ma a me fa seriamente disgusto.

Ho tirato via il bicchiere e prima di portarlo alle labbra ho notato che l'acqua era torbida.
Manco un bicchiere d'acqua quando torno a casa da lavorare?

Ho aperto un bianco, che dovevo fare?
Dovevo morire di sete?
Come se mi mancassero le scuse per assaltare l'alcol...

Solo che tra poco esco a fare una bevuta con un amico, quindi mi sarei risparmiata di uscire già brilla da casa.
Cioè, brilla si fa per dire.
Brilla di più la lampadina della cucina nella stanza.
Io non brillo da un po', ho questa assurda resistenza all'alcol.
A tutto.
Qualcuno ha deciso che debbo resistere pure all'apocalisse, nel caso arrivasse.
Deve rimanerne uno solo, e quell'uno, sulla faccia della terra, devo essere proprio io.
Avranno sorteggiato, tra tanti nomi, il mio.
CFA a caratteri cubitali.

Vorrei sentire qualcosa, ma non sento nulla.
Nulla che possa essere ricondotto alla sfera della realtà.

Però no.
Sto mentendo.
Qualcosa provo.
La sento che cresce dentro e risale dalla gola strisciando sino alla punta della lingua.

Una sete boia.

E quindi, esco per una bevuta, certo.

Una bevuta d'acqua, innanzi tutto.


MACCHIE SOLARI



Oggi ho pranzato dai miei, e mio padre a tavola ha detto una cosa a nonno.


"Cosa?", ha risposto con estrema strafottenza.


"Non è che non ha sentito, non è che non ha capito... È che proprio non gliene frega un accidenti di nulla!", ho detto guardando mio padre.


Siamo scoppiati a ridere.


È la tara di famiglia, questa strafottenza.


Certe caratteristiche le perpetuiamo nel tempo e nelle generazioni.


Solo che mentre in nonno è rimasta intatta, si è preservata nel tempo, la mia è stata smussata.


L'ho smussata io, per scelta.


Ho notato da un po' che mi stanno uscendo le stesse macchie sul viso di papá e nonno, sembrano lentiggini.


Mi ci sono giá affezionata.















mercoledì 28 ottobre 2015

THE DAYS




E ancora, me li ricorderò questi giorni come mi ricordo quelli che li hanno preceduti?
Avranno lo stesso sapore amaro, o si saranno addolciti, nel tempo, al pari degli altri?
Sarò ancora incazzata domani?

Sto rivedendo una cosa, questi giorni, su dvd, che ho visto tempo fa.
Il protagonista, tormentato dai propri demoni, alla fine se li ritrova davanti in carne ed ossa.
E lo massacrano.
Anzi, no, va da solo incontro ad una morte truce.
Molto poetica, ma comunque sanguinolenta e truce.
Non ce l'ha costretto nessuno, c'è andato per saldare una sorta di conto in sospeso con se stesso.

Io quella fine lì non la voglio fare, di questo sono sicura, ma mi sembra comunque di indirizzarmi in quella direzione.
Come se i piedi si muovessero da soli.
E la testa li seguisse a ruota senza porsi domande.

Dove diamine è finita la mia razionalità?
Era incredibilmente salda.
Era lì, un attimo fa...




QUANDO VIENE GIU' IL CIELO E LA COLPA E' LA MIA



Mi sono incazzata da morire con una persona che ce l'ha con me per cose fantastiche e fantasiose.
Talmente fantastiche che è come assumere che se piove è colpa mia.
Da quando in qua ho poteri tali da intervenire sul cielo e sugli agenti atmosferici?
Quand'è che ho sponsorizzato i miei poteri paranormali, quelli con i quali intervengo sul corso degli eventi della vita, modificandoli a mio piacimento?
Ero capace di spostare e aggregare le nuvole con un battito di ciglia e nemmeno lo sapevo, ma guarda un po'!

"Io non sto neanche bene, questo periodo...", dice.

Ed io che mi sono operata e ho temuto di avere un tumore del cazzo come dovrei stare, allora?

Certo, ma non lo sa nessuno questo, a parte voi che leggete e un numero di persone che posso contare sulle dita di una mano.

Fuori di qui e per chiunque resto l'animale da battaglia, quella che tanto casca sempre in piedi, che non ha mai bisogno di una mano di aiuto, quella cui dare addosso all'occorrenza perchè se vuole para il colpo, o al massimo se lo lascia scivolare addosso, quella con cui gli altri hanno sempre una giustificazione per comportarsi di merda, e dalla quale tutti hanno la pretesa che sia una signora sempre.

Ora basta.

Sono stanca di giustificarmi per cose che non ho fatto e l'ho invitata a definire insieme questa cosa una volta e per tutte.

Mi ha accampato l'ennesima scusa.

Ed io mi sono incazzata ancora di più e ho insistito, e ha ceduto.

Dovremmo vederci a breve e come va va, intendo chiuderla qui.

Ne ho davvero piene le scatole, non sono più disposta a tollerare queste stronzate.






I MESSAGGI CHE SCAPPANO DI MANO, MALEDETTI...





Ero vicino al camino, a bruciare del cartone da imballaggio per levarlo di mezzo evitando di produrre inutili rifiuti, e a scaldarmi bellamente con la fiamma, quando mi si sono annebbiati i neuroni, gli ormoni hanno preso il sopravvento e ho scritto a un tipo.
In realtá stavo pensando anche alla nuova biancheria che ho preso per il letto, che è un peccato godermela da sola.
Gli ho chiesto quando ci vediamo.
Spero il messaggio "ho voglia di vederti" lanciato tra le righe sia chiaro.


Non puó succedere nulla.
Eppure mi va di vederlo.
E non mi va solo di vederlo.
E la scrittura stupida di circostanza e logistica ne risente.
Tanto a breve non è possibile incontrarsi.
Ho tempo di ripensarci mille volte.
E nel frattempo avró giá smontato le nuove lenzuola dal letto per metterne altre.
E i neuroni avranno avuto la meglio sugli ormoni.



martedì 27 ottobre 2015

SCARABOCCHIANDO



Queste giornate pen(s)ose non passano, se non sul mio cadavere resuscitato a nuove vite.
Passo accanto al mare, ma quasi non lo guardo.
Mi ci soffermo blandamente, da lontano, con la coda dell'occhio, distratta.
Scarabocchio barchette a vela e il loro strampalato riflesso su pezzi di carta stracciati, riciclati per la scrittura a mano.

Mi sento un riflesso anche io, 
sbiadito,
scarabocchiato alla stessa maniera.

Di cosa davvero non lo so.


LA FESTA DEL CIOCCOLATO


Il mio personalissimo dramma personale è che vado a fare la spesa a ora di pranzo e a ora di cena, quando esco da lavoro.
E quindi affamata, incazzata, scoglionata, di fretta ed esausta.

Ieri sono incappata nella festa del cioccolato.
Il corridoio principale dell'iper era pieno di cioccolata di ogni tipo e dei primi panettoni.
Ho comprato baci fondentissimi, tavolette fondente e pistacchio, tavolette fondente e arancia, varianti di yogurt al cioccolato, i grisbì al cioccolato (signora Matilde, mi hai ucciso tu e tutte le tue prelibatezze).

Per rendere l'idea, anche lo shampoo che uso da un po' è al cacao.

Di questo passo, potrei pensare seriamente di avviarmi una coltivazione, per quanto ne consumo.

ACCOLLI VARI ED EVENTUALI



Se ti dico che non reggo la gente che si accolla, non dovresti accollarti.
Mi pare ovvio.
E no, non è ovvio.

Vuoi venirmi a trovare il giorno x?
Per prima cosa, chi ti ha invitato?
E poi, chi ti ha detto che ho voglia di trascorrere una serata intera con te?
Da quali messaggi fisici, non fisici, subliminali hai colto un interesse che mi pare ovvio non ci sia?

Non ci sono, mi spiace, ho già da fare.
Allora possiamo fare un altro giorno, dici?
Se una risponde che poi si vede, mi pare ovvio che non ha la minima intenzione di organizzare nulla.
Se ti dice che ci vediamo insieme ad altri amici - conditio sine qua non - e non da soli, è perchè non ha voglia di vederti che in compagnia di altra gente.


Io ho difficoltà a spiegarmi, credo.
Non contento mi ha pure mandato un messaggino insulso.
Gli ho risposto mille ore dopo tagliando a corto, e immediatamente mi ha riscritto.
Non ho più risposto.
Non ho più tolleranza per le perdite di tempo e per quello e per chi non mi interessa.
Tiro uno strappo immediatamente, non esiste più nemmeno il tempo concesso dalla troppa educazione.
Anche perchè essere educata significa che mi ritrovo la gente che si accolla.

"Il tipo ti sta guardando da tutta la sera... non te ne sei accorta?", dice un'altra.
Si, me ne sono accorta, non sono scema, ma non mi interessa.
E' palese che non c'è trippa per gatti, che posso farci?
"Sai, a volte le persone bisogna conoscerle un po' più a fondo...", insiste.
Certo, difatti io conosco più a fondo le persone che mi interessano, non quelli che non suscitano nemmeno l'entusiasmo che provo quando torno a casa la sera e in frigo non c'è niente, ma nel freezer è rimasto qualche surgelato da fare in padella, il che mi consente di sopravvivere a stomaco pieno sino all'indomani!

Non vivo di amori platonici, se non c'è chimica possiamo al più farci una chiacchiera, diventare amici se condividiamo qualcosa, ma per quale ragione dovrei organizzare il mio tempo per vedere persone che non mi interessano?








domenica 25 ottobre 2015

IN FASE DI DISPERSIONE



Sta andando che mi disperdo.
Esco, giro, mi dileguo.
Mi allontano di brutto.
Ogni occasione utile è quella giusta.


E mentre sono in treno alzo gli occhi su un tipo che staziona alto e robusto sulla striscia di corridoio che separa il lato destro dal sinistro dei sedili e mi rendo conto che sei tu.
Non è possibile.
Il mento, la bocca, gli zigomi, gli occhi.
Mi viene voglia di alzarmi per andargli vicino.
Sei tu.
E non puoi essere tu, non sei tu, e ne sono cosciente.
Eppure mi compari davanti nelle vesti di un tale qualunque che non sa nemmeno di somigliarti.
Lo osservo e il taglio degli occhi, il modo in cui piega la bocca nel chiuderla, mi lasciano pietrificata.
Lo osservo sconvolta pensando, ancora una volta che non puoi essere tu.
Il treno arriva al capolinea e lascio che si allontani verso la sua destinazione, prendendo la mia strada.
Non riesco a sganciarmi da certi ricordi con garbo, ma con dolore.
Un dolore che non riesco a buttar giú.


E dovrei infilare un uomo nuovo nel mio letto, a questo punto, anche solo per tamponare un po' questa solitudine che mi sta divorando a morsi.
E piú ci penso, più mi sembra un'idea folle.
Piú ci penso, piú l'idea di una condivisione con una persona scelta a casaccio mi fa orrore.
Piú ci penso, piú riconosco che se sto sola, ancora, è perchè ci voglio stare.


E nulla, continuo a disperdermi.
Sono ancora in treno, e sto tornando.
Domattina si lavora.
Ma domani sera no.
Domani posso disperdermi altrove, se voglio.
E non voglio altro.

venerdì 23 ottobre 2015

CERTI SCATTI RUBATI



Cosí, mentre ero affaccendata in cose impegnative, qualcuno mi ha rubato uno scatto.


"Ti piacerà...", prima di mostrarmelo.


Me ne sono innamorata, è a dir poco magnifico.


È davvero curioso osservarsi attraverso gli occhi degli altri.
Notare le caratteristiche peculiari che vengono colte, della propria personalità.
La forza, quella lí che conosco bene, di immediata comprensione, come non lo è la mia fragilità.
La osservo mentre esplode letteralmente nella foto, e arriva sino al mio petto, come un colpo di pistola.
Perché questa forza è la mia dannazione e mi uccide, anche se al tempo stesso mi salva da tante cose.
Se potessi scegliere non saprei scegliere.
Le mie fragilità riesco ad abbracciarle solo in rari casi.
Quando qualcuno le abbraccia con me.
Quando qualcuno se le prende a cuore.
Un quando che non accade di frequente.
Un quando che è legato, ad oggi, ad un solo nome.











giovedì 22 ottobre 2015

GIRANDOLE DA HONG KONG



"Guarda un po', c'è qualcosa di nuovo qui, del movimento, una macchia di colori accattivante che prima non c'era..."
"In effetti, il verde è bello, quelle piantine che germogliano e ogni tanto fioriscono, e ogni tanto portano frutti, ma un po' di colore ci voleva!"
"E guarda come sbrilluccica al sole! È una gioia per gli occhi!"


Nel frattempo, dietro il vetro del balcone chiuso comincia a battere una mano, e una voce ovattata esclama: "via, maledetti pennuti!".


"La nostra ospite ci sta intrattenendo di nuovo con i suoi vocalizzi fastidiosi e quel modo di gesticolare cosí poco elegante.."


Parte un sonoro vaffanculo dall'ospite.


"Si stancherà mai di importunarci impunemente a casa nostra?"
"Non lo so, ma francamente me ne infischio..."






Oggi all'iper mi sono comprata una girandola per infastidire i piccioni che razzolano allegramente sul mio balcone.
Il dialogo immaginario che mi sono prefigurata nella mente é quello sopra.
Se qualcuno ha la possibilità di schiacciare il pulsante del "pronto intervento neuro", si senta pure libero di farlo.


Tanto non sapete da dove vi scrivo...





ASSESTAMENTI LENTI



Al rientro dal week end mi chiede l'amicizia su fb un tale.
Stesso cognome di una che conosco, un paio di passioni rilevanti in comune.
Sono stata in giro, ho conosciuto gente, magari non me lo ricordo.
Gli ho accettato l'amicizia.
E sfogliando la sua bacheca proprio non mi è venuto in mente chi fosse.


Gli ho scritto in privato che l'avevo aggiunto credendo di averlo conosciuto nei giorni precedenti, ma proprio non ricordavo. E ho aggiunto un "chi sei?".


Non mi ha risposto e ho visto che mi ha rimosso dagli amici.


Non è la gente ad essere turbata, sono io.
Sono io la nota stonata, quella che non capisce, quella che ha un modo di fare forse fuori da questi tempi moderni, sotto certi profili.




Alla domanda "stai bene?" di questi giorni ho risposto di si.
Poco convincente, si vede.


Mi sono svegliata ieri con il suono della sveglia nelle orecchie, il cielo plumbeo che filtrava tra le fessure della serranda calata quasi sino a terra, e non ricordavo cosa dovessi fare.
Dove dovessi andare.
Mi sono alzata percorrendo il solito tragitto per la cucina, scalza e infreddolita, per preparare la caffettiera blu.
Mi è sembrato un giorno come tanti, come gli altri, identico agli altri.
Stamattina ho ricalcato il copione allo stesso modo.
Non ricordavo dove dovessi andare, in genere nel letto rifletto sul tragitto da fare e su come incastrare alla perfezione ogni impegno, e ho occupato il tempo della riflessione in un sonno buio e senza pensieri.


Detesto questo tipo di abitudine.
Detesto quello che mi passa per la testa.
Detesto star sveglia e pure dormire.
Non riesco piú a dormire che poche ore ogni notte, non ho tanta voglia di mangiare.
Ieri ho pranzato con del the e dei pasticcini di pasta di mandorla.
Neanche stessi a dieta.
Ho dimenticato la spazzatura nel cofano della macchina, ieri.
Me la sono portata a lavoro.
Insieme alla spesa che ho fatto oggi e non ho fatto in tempo a portare a casa.
Mi devo appiccicare un post it sullo schermo del pc per ricordare un paio di cose.
Ho posticipato un paio di appuntamenti a domani, oggi mi sento stremata.




"Tutto bene?", di nuovo.
E "si, a lavoro procede tutto bene", come se la mia vita coincidesse con il lavoro integralmente.
Il malditesta non mi molla.


C'è qualcosa che sento è radicalmente cambiato, in me, e probabilmente questa è solo una fase di assestamento.


Continuo ad annoiarmi con la gente.
Della gente.
Mi disturba essere fagocitata dai turbamenti degli altri.
Mi indispongono le intromissioni non legittime.
Mi chiedono di organizzare cose a casa, ma io non ho voglia di condividere i miei spazi fisici e mentali con nessuno, ora.


Fatta eccezione per il mio piccolo spazio di pixel liquidi e blu.

mercoledì 21 ottobre 2015

PIÚ CORTO, PIÚ INTENSO



Ho scorciato un altro po' i capelli.
Ho ripreso il colore.


"Non voglio esagerare con il taglio, sennó sembro una ragazzina..."
"Vogliono tutte il taglio che le ringiovanisca, perchè a te non va?"
"Perché voglio dimostrare gli anni che ho.
Perchè ho gli anni che ho..."


Nel contempo mi raserei pure.
E non posso concedermelo.
E comunque ci starei male.


Mi piacciono gli esperimenti sui capelli che ho fatto ultimamente.



martedì 20 ottobre 2015

MANCO PER...



Dopo aver punto nel vivo l'autostima del tipo di qualche post fa, mi ha risposto piccato per iscritto, sciorinando nozioni tecniche e un gergo specifico che, dato il livello davvero infimo del suo lavoro, avrà scopiazzato in malo modo da internet.
Addirittura, mi ha consigliato di concentrarmi su alcuni punti, per il mio lavoro, e di evitare di fare cose etc... senza averne visto nemmeno uno.
Una valutazione a priori, fantasiosa e non richiesta, come se avesse preteso di descrivere il colore dei capelli della mia trisavola senza nemmeno averla vista in foto.
Non contento, l'ho incontrato dal vivo, e quando gli ho detto di aver partecipato ad un evento specifico sull'argomento, mi ha risposto con una presunzione ed una sicumera che mi hanno fatto raccapriccio.
Nello specifico, ha detto che certi eventi servono solo a vendere prodotti, senza esserci nemmeno mai stato.
Io l'ho trovato davvero formativo, ed anche emozionante, visto che è stata invitata una personalità del settore che ha esposto i suoi lavori, discutendone con la platea che pendeva dalle sue labbra.
Me compresa.
Mi vengono i brividi a ripensarci, quanto il contatto che si è stabilito con l'autore sia stato intenso, quanto mi abbia emozionato e stimolato.
Invece per il tipo, che sa giá tutto pur essendo dilettante, e sa come opero io, senza avere mai visto nulla, è giusto relazionarsi con la puzza sotto il naso e sminuendo senza ragione il prossimo/i prossimi.
Al solito, sono stata troppo signora nel dargli una risposta precisa, ma garbata.
Gli dovevo dire che non mi piace quel che fa.


Mi ha chiesto di andare ad eventi di altro genere insieme, ora.


Vorrei usare nuovamente il garbo che mi connota, ma non so bene come esprimere il concetto "manco per il cazzo".


Dovrei decisamente mettere da parte l'educazione, ecco.


lunedì 19 ottobre 2015

DEMONI



Che poi tutti siamo vittime inermi dei nostri demoni.
Sembra così poetico crogiolarsi nel tormento, ma non lo è affatto.


E stasera i soliti paragoni sconci si affacciano alla mente.
I demoni sorridono e fanno capolino nella stanza.
Ho un po' di tachicardia.


Ho bisogno di una sigaretta.
Di un pianto, se potessi piangere a comando.
E invece no.
Vince il fumo.
Vince nessuno.


Non vinco io, mai.



GUIDANDO



Stavo tornando da lavoro, stamattina, sulla strada che costeggia il mare.
Un percorso di circa 40 km che culmina nella bellezza mozzafiato delle curve a strapiombo sul blu, che coincidono con uno dei miei circuiti personali.
Ho superato le solite macchine sulla destra, a velocità sostenuta, in sicurezza.
Una macchina di queste, dopo il sorpasso, ha cominciato a correre dietro la mia per raggiungermi e superarmi a sua volta.
I soliti uomini complessati che non tollerano che una donna li superi.
Dopo poco l'ho superato nuovamente, perchè adagiatosi in una guida meno sportiva, e mi ha di nuovo raggiunto, accelerando come un matto, per superarmi.
Macinati diversi chilometri in questo modo, arriviamo ad un bivio dove si imbocca una sorta di scorciatoia.
Il tipo mi supera, mette la freccia, poi le quattro frecce, rallenta, mi aspetta, lo lascio svoltare proseguendo sulla strada maestra.
La scorciatoia è valida in piena estate, con il traffico che blocca la via principale, ma nel resto dell'anno non ha ragione di essere praticata, tanto piú che è stretta e a doppio senso.
E le quattro frecce non le ho capite.
Percorro altri 15 chilometri, godendomi serenamente certi scorci che adoro, ormai ad un passo da casa.
Un cretino mi si piantona al centro della strada a due corsie, lasciando che la luce gialla del semaforo diventi lentamente rossa.
Ho smadonnato.
Al rosso, si è spostato sulla destra, lasciando che mi mettessi accanto.
Ha suonato un paio di volte il clacson prima che mi girassi.
Mi fa segno di abbassare il finestrino e mi chiede, sorridendo come un idiota, se secondo me i carabinieri prima della galleria avessero piazzato un velox.
"Scusa?", ho detto perplessa.
"Prima della galleria, c'era quella pattuglia...", insiste.
"Non ho idea...", realizzando solo in quell'istante che era il tipo della vettura che ha tirato con la mia per chilometri.
"Allora speriamo bene...", continuando a sorridere.


Scatta il verde e filo via.
Lascio che mi superi per seminarlo e non lasciargli intendere la mia direzione.


Se volessi inventarmi ogni giorno le cose che mi accadono per davvero, avrei problemi a fantasticarle così.




E comunque mai che incontrassi un tipo realmente interessante, per la miseria...









ONESTAMENTE



Una persona che conosco ha chiesto la mia opinione su un lavoro che ha fatto.
L'ho trovato mediocre, scontato e brutto.
Gli ho fatto degli appunti con molto garbo, dice che non si aspettava tanta competenza.
Dirgli onestamente quello che pensavo, cosí come ho scritto sopra, non mi sembrava educato, e non mi va di essere sgradevole e cattiva.


Non ho piú voglia, peró, di essere incoraggiante con gli altri.
Nessuno lo è con me, in generale, salve rarissime eccezioni.
Il colmo quando, per mero incoraggiamento metto un "like" su richiesta a certe cose che non meriterebbero nemmeno di arrivare alla vista degli occhi o alle orecchie, per quanto sono noiosi copia-incolla privi di originalitá e pure mal costruiti, e ritrovo quelle stesse persone ad elogiare pubblicamente la propria bravura.
Ad aspettarsi che tu vada agli eventi che organizzano.


Basta incoraggiamenti a chi non li merita e si monta pure la testa.


Se una roba fa schifo, fa schifo.







CERCAMI QUANDO CAPITI DI QUI



Eccola la richiesta, reiterata proprio ora.
Gli ho risposto di no.
E gli ho sorriso con uno smile demente ed atono.
Abbiamo cazzeggiato con messaggi cretini per un po'.
Smettila, no smettila tu, come i bambini.
Gli ho detto che resto ferma sul no e buonanotte.
Fa finta di non crederci, mi saluta, mi bacia con uno smile altrettanto demente.


Io voglio tirarmi fuori prima di caderci dentro.


Non sopporto l'idea.


E nello stesso tempo vorrei cascarci dentro e prendermi quello che viene.


Non ho la pretesa sia l'uomo della mia vita, non ho aspettative.


Non riesco a capire se mi frega e in che termini.


Ho bisogno di seguire il mio corpo piú che la mia testa.


Mi sembra giusto metterla a tacere un attimo e ripristinare le sue funzioni, sopite da un po'.




Tornare lí ha sempre questo effetto, su di me.
Non dovevo.
Ho voluto, con una strafottenza tale che mi destabilizza.
Con l'incoscienza che nessuno immagina.
E con la coscienza di farcela ogni volta.


Mi fa male.
È stato doloroso come mai.
E invece di piangere ho riso.
Del tipo che mi ha detto "ti accompagno io", delle facce losche, del traffico, dei motorini che si infilano tra le macchine come se fossero nuvole, o fantasmi, e potessero passarci attraverso, delle urla di strada, del gesticolare indemoniato della gente, di me che guido con la radio accesa e le dita che tamburellano il volante.


Di me che sono un disastro, da un po', che non ha nulla di adorabile.

domenica 18 ottobre 2015

AMICIZIE CHE INVECE NO



Questa storia continua, come certe situazioni che non sono io a creare, e non so che fare.
Continuo ad opporre amicizia.
Non mi svelo, ma sono molto cosciente del fatto che non è affatto amicizia, la mia.
E, probabilmente, se nel linguaggio sono molto accorta, al contrario di lui, immagino che qualche atteggiamento fisico tradisca la mia volontà.
Me ne rendo conto quando gli sto vicino, il mio corpo si avvicina in modo spontaneo al suo, e immediatamente mi ritraggo.
Provo attrazione, ma è qualcosa a livello più fisico che mentale.
C'è qualcosa, nel suo modo di fare e di pensare, che mi infastidisce, ed altro che invece trovo estremamente accattivante, che mi stimola e mi rilassa al tempo stesso.
Questa sua curiosità nei miei confronti, e di quello che mi appassiona, il modo in cui mi guarda mentre mi ascolta, mi colpisce.
Continuo a conoscerlo, ed è una conoscenza così graduale che sembra quasi sul punto di esplodere, ogni volta, salvo contenerla in un modo che fisicamente fa quasi male.
O quanto meno è frustrante.
Mi obbligo a salutarlo in anticipo, andando via poco prima di imboccare la soglia senza ritorno del resto della notte, che può ridursi anche ad amabili chiacchiere.

E lui continua a cercarmi, a parlare di me alle persone, e a chiedere quando non ci sono, ad aspettarmi... insomma, un casino che sta diventando imbarazzante.

Per me, mica per lui che ha la ragazza.

Nel contempo, mi fa riflettere il fatto che se avesse voluto solo togliersi lo sfizio di farsi un'avventura, con me, avrebbe potuto cogliere più occasioni.
A meno che non sia io a fantasticare su una realtà completamente diversa da quella che mi figuro.
Sono io a travisare tutto quel che accade, che fa, che dice?

Non so davvero che pensare, e nel dubbio evito di sbilanciarmi, di cercarlo, salvo rare occasioni, evito di bere senza ritegno per non perdere il controllo, mi sgancio quando mi sta troppo vicino.

E per evitare ancora di più, mi sono defilata, recentemente.
E si è svelato, forse un po'.
Forse, perché tante affermazioni si prestano ad essere interpretate, e l'interpretazione dipende sempre dal punto di vista.
Che in questo caso è il mio.
Perchè di questa situazione nessuno conosce, a parte un'amica cui una mezza volta ho detto qualcosa.

Dovrei darci un taglio definitivamente.
E lo ammetto, non ci riesco.











LOST IN ENNE



Mi sono messa in viaggio con un forte malditesta.
Avevo dormito appena tre ore, la notte precedente.
È stato tutto fantastico, ben oltre le mie aspettative.


E poi mi sono allungata altrove, e la giornata poteva finire in un'altra giornata a seguire, in dinamiche vecchie, ma nuovamente da esplorare.
Da aggiornare.
E ho deciso di andare via.
Il malditesta non mi mollava.
Non ricordavo i nomi delle strade.
Mi sono orientata a senso.
Mi sono persa e ho pensato di continuare a perdermi per un po', convinta che avrei ritrovato senza problemi la strada per andare via, come poi è stato.


Ho imboccato qualche vicolo di quelli dove ogni manovra va calcolata ad arte, ma io ho guidato lí diverse volte, e tutto mi sembrava molto piú piccolo e inoffensivo.
Qualcosa di conosciuto, di familiare, anche se in parte dimenticato.
Sono figlia adottiva di quella cittá, delle sue contraddizioni, dei suoi malesseri e della sua arte di arrangiarsi e saper campare.
E questa cosa non riesco a spiccicarmela di dosso, anche se da tempo vivo altrove e mi è capitato di vivere in altri luoghi completamente diversi.


"Torna", mi sento dire da un lato.
"Torna" mi scrive qualcuno dall'altro.


Io non posso tornare a nessuno, a parte i luoghi.
Ed è un tornare a me stessa, alla mia identitá, alle vite da gatto che ho già speso e che quasi nessuno conosce.
Tutto qui.
Posso confidare nel fatto di perdermi per un istante, ma so esattamente chi sono e dove mi trovo.


Ovunque vado, è raro che non mi senta a mio agio come a casa.


Ovunque torno sento il cuore che si appesantisce per i ricordi e che fa ostruzionismo ad incamerarne di nuovi.


Ed è questa la lotta che intraprendo ogni volta con me stessa.


"Sei capace di sopravviverti?", mi domando.
Sono capace?
Guardando alla sopravvivenza degli ultimi anni sembrerebbe di si.
All'apparenza è tutto magnifico.
È dentro che qualcosa si è spostato, un equilibrio che non ritrovo piú.
Una parte di quella che ero che non c'è piú, andata distrutta.
Eppure sono qui, ancora, e viva, e vivo.
Come lo sono sempre stata, come ho sempre fatto.







venerdì 16 ottobre 2015

E COSÍ L'HO PORTATO FINALMENTE A CASA



Sono uscita prima da lavoro e mi sono precipitata al negozio di musica dove avevo lasciato l'elettrica per la muta delle corde (ed altri aggiustamenti) e il fender.
Il tempo di attesa è stato piacevolmente allietato dalla musica suonata da un pianista di livello e dalla freschezza del ragazzo che lavora lí.


Ho infilato tutto in macchina e, arrivata sotto casa, mi sono caricata per le scale la chitarra sulle spalle, e l'amplificatore tra le braccia, ben stretto.
Non sopportavo di perdere tempo a fare due viaggi.
Mi sono accesa una sigaretta mentre lo spaccottavo.
Mi è sembrato Natale.
E non il Natale qualsiasi che festeggio da anni, ma quello di quando era bambina.
Ecco, mi sono sentita una bambina con il giocattolo nuovo e tanto atteso.
Il regalo perfetto.
E ho chiesto informazioni per prendere lezioni di chitarra, pure.
Ci voglio provare, almeno.
Ho solo da imparare.
Voglio suonare le mie cose e lo voglio fare bene.



BUONANOTTE CON GLI OPPORTUNISTI E BUONGIORNO CON LE GIUSTIFICAZIONI



La giornata di ieri è terminata con una serie di messaggi ricevuti, nell'ordine da:
- chi mi preannunziava che nel week end è qui e gradisce la mia compagnia, pensando di prenotarla (e naturalmente, per motivi che non occorre precisare, se lo scorda);
- chi mi lusinga tentando di ottenere info utili;
- chi mi chiede cose che non è lecito chiedere, dopo avere giá ottenuto la massima disponibilità;
- chi mi chiede come sto per sciorinarmi i suoi malanni.


La giornata di oggi è cominciata, invece, con le solite giustificazioni fasulle di chi pensa che gli altri siamo stupidi.
Per quanto mi riguarda, ognuno puó scegliere di vivere di realtá o menzogne, ma io non sono la coscienza nè il padre confessore di questa gente, perchè mi dovrebbe interessare ricevere serie di scuse a colazione, perchè mi affliggono cosí con problemi personali che esulano completamente dal lavoro?


Mi sono tirata indietro da un'altra situazione che era una palese presa in giro.
Una sorta di operazione di spremitura.
Come se raccogliessi i soldi sugli alberi e non avessi altro da fare che spenderli a cuor leggero per gli altri invece che per me che me li sudo.
Ho mandato un messaggio di in bocca al lupo e di auguri, comunque, e non ho ricevuto uno straccio di risposta.
Debbo pensare che l'educazione si attivi, in certe persone, solo quando metto mano al portafogli?
Quando sono signora?
Ecco perchè debbo centellinare ancora di piú le mie azioni e la mia presenza.
Per non dare adito al pensiero che sia talmente buona da tollerare tutto.
O peggio, che sia dovuta, questa tolleranza.


Ieri uno che conosco, alla domanda "a che tipo di uomo puó piacere una donna simile?", riferita ad una schifosa serpe locale, mi ha risposto che è una molto attenta a curarsi, che ha tanto tempo libero (perchè fa finta di studiare e lavorare), è piena di soldi (di mamma e papá) da spendere, è primadonna...


Queste sono le qualitá di una donna del genere, e per questo piace.


È lei ad avere problemi, o chi resta colpito da tutto questo?


Io l'ho allontanata da parecchio, il tempo di conoscerla, da amica.


La corte di uomini (amici che provoca costantemente e cui lascia credere ci sia la possibilità che prima o poi accada qualcosa) che si tiene intorno è ancora lí, invece.













mercoledì 14 ottobre 2015

IRONIE DA QUATTRO SOLDI



E ci sta tutta che sono un po' permalosa e polemica, questo periodo.
Se tale posso considerarmi perchè non tollero più certe cazzate.
Tipo proporre una cosa figa per il week end e sentirmi rispondere in modo idiota.
Vuoi venire, bene, non vuoi venire, mi dici di no.
Come se io rispondessi da cafona quando mi propongono qualcosa: aderisco se interessata, sennò rifiuto e ringrazio, comunque, per la gentilezza.

Ti perdi in inutili ironie da quattro soldi, nelle solite retoriche domande e affermazioni?
Allora scusami se non ho voglia di starti a sentire e ti rispondo a tono.
Mi sono scocciata abbondantemente.
In che senso, mi chiedi.
Nel senso che non lavoro per una agenzia di intrattenimento per morti viventi, che se vuoi continuare a fare quello che fai ogni week end, nel solito circuito di locali, con la solita gente, lamentandotene tutto il tempo senza fare nulla per muoverti, sei libero di farlo, ma io non ti propongo più nulla.
Che poi guido io, la mia macchina, senza chiedere il conto del carburante che metto, come fanno buona parte delle persone, in questa zona.
E si scocciano pure di essere trasportati altrove gratis, vogliono essere pregati.
Io mi domando se la gente assurda la conosco tutta io.
Non riesco a concepire come si possa vivere così, e mi domando pure perché io non vivo così, cosa ho che non va per non uniformarmi a questi comportamenti.

Sai che c'è, ci vado da sola.
Conosco gente nuova.
E se non conosco nessuno non devo nemmeno sprecare fiato in parole.

SONO IL RAGAZZO DI PRIMA



A lavoro, passa un tipo.
Poi va via.
Senza salutare, ché l'educazione, questa sconosciuta, non è mica per tutti.
Dopo poco sento citofonare.
"Sono il ragazzo di prima...", dice la voce.


La voce del sessantenne uscito dalla porta senza salutare.


Questi uomini che mangiano pane e autostima, a colazione, non si rendono conto che l'etá anagrafica ha un suo percorso prestabilito e che non c'è nulla di vergognoso nell'invecchiare, ma molto di ridicolo nel pretendere di rimanere eternamente ragazzi.


Come quelli che passano il tempo a sbavare dietro le ventenni, ignorando le trentenni o le coetanee, in generale, perchè ritenute giá vecchie, o piú pretenziose, o meno gestibili.


O perchè hanno questa pretesa assurda di trovare un compagno, invece che un trombamico.


Come quelli che mi rimorchiano pensando che sia una giovinetta, salvo arretrare quando svelo la mia età e la professione che svolgo.


Nascono infanti, certi, e muoiono intrappolati nella permanente ed eterna fase dello sviluppo, senza sviluppare mai.


Mi domando se paleseró gli stessi scompensi quando rughe piú profonde solcheranno il mio viso e i capelli diverranno completamente bianchi.


Solo che se penso ai capelli bianchi, mi vengono in mente mille modi di acconciarli.


Come da bimba mi immaginavo di diventare un certo tipo di donna, cosí adesso immagino la signora che diverrò se avró la fortuna di invecchiare.


E non mi dispiace la figura che si delinea nell'immaginazione.


È una signora esile, i capelli bianchi e composti, gentile ed elegante (voglio sperare), la grinta di sempre che le sbrilluccica nelle pupille vive.











IL FENDER



A lavoro, stamattina, avevo tempi d'attesa un po' estremi.
Mi sono allungata, quindi, al negozio di musica.
La scelta era tra Marshall, Fender e altre marche e sottomarche.
L'ho visto da lontano, bellissimo, sull'ultimo ripiano della stanza degli amplificatori.
"Lui... Vorrei provarlo", e ho lasciato che lo prendesse, me lo mettesse a terra con la stessa cura e delicatezza che si riserva alle creature fragili o degne di rispetto, agganciasse il cavo dell'alimentazione e il jack, cominciando a spiegarmi le innumerevoli funzioni fichissime, e poi ho cominciato a buttar lí due accordi e i soliti pezzi mi sono scivolati via dalle mani.
Anche quel vecchio pezzo dei Marlene.


L'ho preso.


Ne ho provato altri, ma nulla da fare.
Quando prendo un colpo di fulmine sono irremovibile, è la mia condanna.


Ho speso una somma ragionevole e me l'ha pure scontata.
Una follia se rapportata a quanto guadagno e a quello che mi occorre con piú urgenza.


Ma non me ne frega niente.


Sono troppo contenta!
E lui è bellissimo!
Ha un suono caldo e profondo, accende l'aria, anche con le mie note stonate.
È fantastico come davvero pochissimi oggetti che posseggo.
Ed io detesto possedere cose, ho sempre l'impressione di esserne io posseduta, e non mi va, cerco di legarmi agli oggetti materiali il meno possibile, li trascuro, li dimentico.
Ma con lui si è giá stabilito un rapporto fisico e intimo, come quando scelsi l'elettrica, proprio lei in mezzo alle altre.
È un tipo di rapporto viscerale, come gli strumenti sono un'estensione naturale del corpo e di tutto quello che contiene e che non troverebbe altrimenti espressione.
E un rapporto che c'è e fa parte di me anche se sono una musicista mediocre, un'autodidatta appassionata che non sa nemmeno leggere la musica.



martedì 13 ottobre 2015

COME VOLEVASI AMARAMENTE DIMOSTRARE



Gli ho risposto, per civiltà, poco fa.
Trascriverei la conversazione, se non violassi la privacy di qualcuno.
O il copyright, dipende dai punti vista, se si voglia dunque interpretare questi scritti virtuali quali esternazioni della propria individualità, nell'ambito della sfera della riservatezza, o se si voglia piuttosto considerare tutto questo un dialogo precostituito, frutto di prove, tentativi ed esercitazioni per giungere alla conversazione perfetta per ingannare e perdere il proprio tempo e quello degli altri.
Mi ha detto di avere a lungo pensato di scrivermi e di essersi deciso solo ora, dopo quanto... un attimo... devo fare il conto... dunque... circa un mese e mezzo.
Un mese e mezzo!
Il come stai costituisce l'immancabile preludio alla lunga e non richiesta spiegazione di come sta lui.

Non c'è stato nulla, con questo tipo.
Nulla di nulla.
O non aveva genio di approfondire la conversazione dal vivo con me, o è abituato a fare il prezioso.
E quindi mi sono defilata.

Adesso se vuole agganciarmi di nuovo dovrebbe correre.

Ma capisco la difficoltà di accennare anche solo un passo in chi è abituato ad essere pescato nello stagno che abita.

Neanche a dirlo, l'ho liquidato subito.

E dicendogli pure che di quello che mi stava scrivendo avevamo già chiacchierato.

Mi ha augurato una buona serata e non mi è andata la cena di traverso.

Devo dedurne che ha presunto fossi sul serio impegnata a fare altro e non che volessi tagliare a corto con lui.

Sono sempre troppo educata e convincente io.



PERCHÈ SEI USCITA DA TUTTO?



Eccone un altro, in riferimento ad insulsi gruppi nei quali sono stata inserita e dai quali sono uscita.


Mi sembra ovvio che mi sono stufata di essere propositiva e cortese con chi è morto dentro e pure maleducato.


Non mi fanno ridere certe cose, non apprezzo la volgarità di certe foto, la mediocrità di certi video.


Non capisco chi vive di questo, invece di vivere della vita vera.


Non voglio piú inquinare il mio cellulare e la mia vista con certe porcherie.


Non voglio passare il tempo a cancellare cose inutili dal cellulare.


Mi sembra ridicolo dedicare anche un post a un fatto del genere, ma mi sembra sempre di essere la pecora nera, quella strana...

MI RICORDO CHE ESISTI



Improvvisamente ricordo che esisti.
Mi ricordo di te, che se fossi passata per caso nel mio paese mi avresti certamente chiamato per invitarmi a uscire, come ti avevo chiesto di fare.
Evidentemente non sei passata, o non hai avuto tempo.


Mi va di scriverti, allora, perchè in questo momento non ho nulla da fare e mando messaggi random a persone registrate nella rubrica.


La mia autostima è ai minimi storici, e ho bisogno che una donna qualsiasi mi risponda con cortesia ed educazione, che sia incoraggiante - e tu sei magnifica in questo! - e che mi faccia credere di averla in pugno senza far nulla, semplicemente battendo le dita sul cellulare invece di sbatterla contro un muro, dal vivo.


Troppo complicate le cose dal vivo, meglio messaggiarsi, conoscersi per mesi da dietro uno schermo di cellulare e cecarcisi vicino, e prendere gradevoli radiazioni, invece che infilarsi in macchina e percorrere una distanza di 10 minuti e parlare dal vivo, guardarsi negli occhi, toccarsi, decidere di tornare a casa insieme dopo una serata piacevole trascorsa insieme.


Dai, cosa aspetti a rispondermi?
È così tanto tempo che non ci sentiamo, tu ed io!
Perdiamo tempo insieme a parlare di inezie per iscritto e a mandarci faccine stupide!




Non ho nemmeno voglia di leggere il suo messaggio.
Posso rispondergli al limite quando esco da lavoro.
Di andare a farsi fottere, tipo.







AI MIEI PIEDI




"Se non ti apprezzavo così tanto come amica, ti avrei fatta cadere ai miei piedi..."
"Scusa?"

Perché conosco solo deficienti?

lunedì 12 ottobre 2015

TRENI MODERNI E PENSIERI A VAPORE



Le cuffiette nelle orecchie, sono salita sul treno, convinta a non chiamare nessuno per dire "Hey, oggi sono qui, vediamoci".
In realtà, sono stata poco bene ieri (volevano portarmi al pronto soccorso, ma non ho ceduto all'esagerazione degli allarmismi), e non sapevo se era il caso di calarmi nel pieno dei rapporti sociali, stamattina.
Al solito, ho ceduto, perchè quando mi attivo mi dimentico di stare male, e pure della fame e della sete, finchè non porto a termine quel che devo fare.
E quindi ho pranzato con un paio di amici, raggiunti al termine di una delle mie passeggiate preferite, in mezzo a turisti estasiati dalla bellezza circostante e sbadati all'inverosimile (uno mi è cascato davanti agli occhi, rotolando rovinosamente a terra dal marciapiede), venditori di aste per i selfies, souvenirs e paccottaglia varia.

Ho incontrato poi delle persone per lavoro e ho raccolto una serie di apprezzamenti a livello professionale che mi fa enormemente piacere, ma non so quanto sia fatto per mera lusinga o per effettiva stima.
Certo è che ho avuto modo di farmi conoscere in più occasioni, non mi sono mai tirata indietro anche di fronte a cose più complesse, e sono sempre stata disponibile.
Ho notato una crescente curiosità nei miei confronti, anche a livello umano.
Oggi mi hanno presentato l'unica dello staff che non avevo ancora avuto modo di conoscere.
Mi ha detto di avere già sentito parlare tanto di me.
E' stata davvero molto gentile.

Si può essere lupi solitari, correre da soli, sul lavoro, ma un minimo di collaborazione è indispensabile per la stretta sopravvivenza.
E poi non si sa mai cosa la vita possa portare, e dove.

Sono passata in un negozietto che adoro a vedere l'argento.
Ha queste vetrinette deliziose piene di gioielli, artigianato etnico, per lo più.
E, visto che ho spaiato un paio di cerchietti (bellissimi, comprati a mare, che facevano pendant con l'anello), perchè me n'è caduto uno nello scarico della doccia, ne ho comprato un altro paio, diverso.
Mi ricordano i tempi punkabbestia dell'università, qualche vita fa, quando avevo qualche piccolo piercing qua e là, e cerchietti sparsi, e altre robe così...
Quando mi sentivo dire "come farai quando comincerai a lavorare?".
Ho fatto che a lavoro sono impeccabile, mentre fuori mi concedo il lusso di stare easy.
Per i miei amici è il contrario.
Me ne fotto, sostanzialmente, di quel che può pensare la gente, la stessa gente che ammutolisce quando mi becca al lavoro e a stento mi riconosce, la gente che non ha mai nulla di interessante da dirmi.
Vorrei me ne fottesse qualcosa, di quel che pensa, vorrei che certe critiche dememenziali - "hai comprato questo vestito al mercato per una manciata di euro (cosa spregevolissima)?", Questo gioiello è davvero bigiotteria (che cosa disdicevole)?, "La tua macchina ha una botta, un graffio, si illumina questa spia e quest'altra, portala da un meccanico/carrozziere (non ti vergogni, cristo santo, di guidarla in queste condizioni?)!", "Come puoi difendere gli immigrati (maledetti!)?", "Come può non interessarti cosa hanno mangiato a colazione Renzi, Salvini, Marino e compagnia bella, e delle loro pregevoli esternazioni?", "Come puoi non condividere il verbo che dispensa santo Gramellini (santo subito!) su ogni fottuto articolo e immagine che passano in tv o sul web?", e via discorrendo - minassero la mia autostima, le mie certezze, vorrei che la superficialità e la presunzione prendessero il sopravvento nel mio modo di vivere, ma niente, non ce la faccio.
Vorrei vergognarmi della miseria che spendo per vestirmi, di tutti i problemi che ha il mio stupendo macinino, e di tutte le cazzate che per gli altri sono fondamentali nella vita.
Torno a casa, invece, puntualmente, che non me ne fotte proprio niente.

Sono rientrata in treno, ancora una volta, spedita verso casa.
E, ancora una volta, il treno è stato rallentato dai ritardi e dalle sofferenze patologiche della linea ferroviaria.
I miei pensieri a vapore sono più veloci di questi treni moderni, eppure riescono a convivere nel medesimo viaggio.
Anche se è raro che mi riportino sempre a casa.




domenica 11 ottobre 2015

DI SCAZZI ALLA CHITARRA E SOGNI LUCIDI



Credo mi abbiano sentito sin sulle stelle della notte che ruota sopra il soffitto del palazzo, stasera.
Sono rientrata a casa, ho posato le borse, e ho raccolto la chitarra dal divano dove la lascio a riposare quando non la uso.
E ho ripreso un paio di vecchie cover, che ogni volta mi escono diverse.
E di nuovo Janis e Jeff, con le parole che mi esplodono nella bocca e sussultano in modo diverso ad ogni respiro.
E poi è uscita questa melodia nella quale risento dell'influenza degli ultimi pezzi che ho ascoltato, sono uscite di getto le parole, nella tua lingua, nelle parole che solo tu puoi comprendere, ma che nemmeno ascolterai mai.
Ho preso il blocco e ho scritto una pagina di scazzi, di quelli che si tuffano nel gorgo dell'impotenza e del dolore facendo giocose capriole.

Non avendo trovato chi mi ripara l'ampli rotto, è il caso che con i prossimi soldi che arrivano ne compri uno nuovo.
Ho bisogno del suono dell'elettrica.
Di alzare il volume altissimo.

E' un periodo un po' turbolento, non riesco più a dissimulare questo fatto.
Credo di non poterne più.

sabato 10 ottobre 2015

RIATTIVARSI



Giro di messaggi e chiamate.
Giro di scuse, perché ho appeso, inesorabilmente, tutti, dal primo all'ultimo.
Nessuno si è offeso, tutti hanno capito, pare.

Appuntamenti per stasera, ai quali mi devo imporre di non mancare, perché stare in casa non è salutare.
Anche se piove.
Anche perché a me l'acqua piace in tutte le sue forme.

Ho qualche ora per convincermi, e per costruire la parvenza di civilizzazione che ho perso ieri, quando sono rientrata a casa da lavoro, diventando una casalinga disperata alle prese con cucina, pulizie e bucato.

Nello specchio, senza trucco, i capelli legati, quasi non mi riconosco per quella che sono, ma vedo alla perfezione la bambina che ero.
Irrequieta allo stesso identico modo.
E potrei portare in giro questa faccia senza truccarla stasera.
Gli occhi nudi, senza imbarazzi, e ben aperti.


LA COPPIA MULTIETNICA E IL MONDO DEL LAVORO



La compagna di un mio caro amico è straniera.
Lei è fantastica, a dir poco: piena di interessi, solare, iperattiva, parla cinque lingue, o sei, non ricordo.
Si sono incontrati in città, dove lui vive e lei si è trasferita, un po' di tempo fa, per dare una svolta alla propria vita.
Si sono innamorati, e adesso convivono in un appartamento delizioso, arredato in stile nordico.

Mi ha raccontato di come abbia prima trovato impiego presso una grande multinazionale, con sede alle porte della città, e di come abbia, inizialmente fatto la pendolare ogni giorno, con turni massacranti, per raggiungere il luogo di lavoro, riuscendo infine a cambiare per un posto davvero prestigioso, nel cuore della città.

Non contenta, considerato che il fine settimana aveva tanto tempo libero a disposizione, e lui lavora, è andata a cercarsi un altro lavoro, di tipo diverso, per avere la possibilità di avere a che fare con le persone e girare la città per conoscerla meglio.
Ha dunque deciso di fermarsi in un posticino, a ridosso della zona centrale, che organizza tour per i turisti.
Il colloquio di lavoro si è svolto, da come me l'ha raccontato, più o meno come segue:
"Buongiorno, mi chiamo X, ho letto fuori che siete in certa di personale..."
Il tipo le ha chiesto un paio di informazioni salienti, tipo di dove fosse e quante lingue parlasse.
"Perfetto, sei dei nostri"
"Vi occorre il mio curriculum? Devo..."
"Hai da fare domattina?"
"No"
"Allora cominci domani con un gruppo di turisti del tuo paese"
"Ok"

Ecco, magari si è trovata a passare al momento giusto nel posto giusto.
Magari è stata solo fortuna.
Però, da italiana che si è rimboccata le maniche, io capisco alla perfezione per quale ragione sia stata presa immediatamente:
1. Ha chiesto senza presunzione e senza pretese un posto di lavoro;
2. E' andata di persona e si è presentata con garbo, educazione e compostezza;
3. Le è stato affidato un lavoro in linea con le abilità umane e linguistiche delle quali effettivamente dispone;
4. Non ha presentato un cv nel quale ha alterato sensibilmente le proprie capacità per accaparrarsi un colloquio;
5. E' stata immediatamente disponibile a lavorare sin da subito;
6. E' stata puntuale, precisa, ha svolto il proprio lavoro senza lamentele.

L'atteggiamento che riscontro invece in molti altri - non tutti, sia chiaro - nella ricerca di un lavoro e nel proporsi, è questo, ma magari mi sbaglio:
1. Sono bravissimo/a e questo lavoro mi è dovuto;
2. Parlo fluentemente inglese, perchè ho fatto finta di studiarlo a scuola e so dire come mi chiamo;
3. Parlo fluentemente la mia lingua madre, l'italiano, anche se non sembra da come mi esprimo, dalla cadenza marcata e dagli errori ortografici che faccio quando scrivo;
4. Domani è troppo presto per cominciare a lavorare, ho bisogno di tempo per metabolizzare questa decisione, devo riflettere sull'idoneità della busta paga, che poi, sia chiaro, non mi trattengo mica cinque minuti di più, se serve, quando stacco: stacco!, sennò mi paghi pure gli straordinari;
5. Se arrivo in ritardo e non sono preciso/a, è perchè c'era traffico, sono stato poco bene, ho i miei problemi, mi è morto il gatto, la mia fidanzata è gelosa, dovevo accompagnare mamma a fare la spesa, etc. etc.
6. Non ho alcuna esperienza, ma mi è dovuto un lavoro che ne richiede, invece, e no, non sono disposto a fare un po' di gavetta, voglio tutto e subito;
7. Il fine settimana non voglio lavorare, voglio uscire.

Prima di iniziare a lavorare dove lavoro, il mio posto era stato coperto da diverse persone.
Da una, che ha retto circa un paio di settimane, salvo poi scappare.
Da uno che ha mollato, dopo diversi mesi, perchè è riuscito a farsi assumere presso una grossa azienda a fare tutt'altro.
Da un altro, che ha retto per un anno, prima di trasferirsi altrove.
Poi sono arrivata io.
E sono diversi anni, ormai, nel corso dei quali sono stata affiancata anche da altre persone, la cui gavetta è stata alleggerita sensibilmente dal mio atteggiamento collaborativo e solerte, ma che ciononostante hanno mollato perchè non ce la facevano.

E' dura la ricerca di un lavoro, non che non lo sia, ma di alternative allo stare a casa ce ne sono.
E avere coscienza delle proprie capacità e del tipo di lavoro per il quali si è portati, aiuta sensibilmente nella ricerca.



venerdì 9 ottobre 2015

INSOMMA...



... Non ho voglia di uscire nemmeno stasera, ma dopo la tagliata con patate fritte mi butto in doccia e mi preparo per andare a fare un giro.
Anche se sono in forse con me stessa.
Sono poco comunicativa, poco accomodante, non aggregante.
Non riesco ad offrire la compagnia solita.
Mi spiace, ma piú che barricarmi in casa per evitare disastri non so fare.
Il livello della mia tolleranza si è esaurito, è rasoterra, non sopporto nessuno.
Non ho voglia di sopportare nessuno.
Mi manca l'ossigeno.


Un'amica mi ha detto oggi che questa sorta di apatia è dovuta ad una giustificata carenza di stimoli esterni.
Non è cosí.
Non solo, almeno.
Ho sempre trovato lo stimolo in me stessa, e ora mi sento spenta.
Riesco a dare spazio solo al fastidio.
E provo fastidio per tutto.


Ho appena scottato la tagliata e non ho nemmeno potuto spremerci un limone sopra.
Detesto mangiare la carne arrostita senza limone.
E senza patate.
Mi sono aperta un Chianti, ho comprato le sigarette, fuori piove, ed io potrei anche risparmiarmi di uscire.
Perchè uscire?
Per fare cosa, di diverso?
Nessuno è mai disposto a dissociarsi dalle abitudini del fine settimana, cui si attiene religiosamente.
Per andare dove?
Nessuno ha mai voglia di muoversi di un metro dai soliti locali.
Per parlare di cosa?
Dei soliti pettegolezzi?
Per sentirmi dire sempre le stesse cose, sempre con la stessa intonazione?
Io non ho piú voglia.
Stasera, in particolare, non ho voglia.
Saranno state queste settimane di intenso lavoro.
Sará che ho riflettuto a lungo su alcune questioni, mio malgrado.
E che, forse si, la scala delle mie prioritá è mutata, ancora una volta.
Come non prenderne atto?
Perchè devo essere comprensiva con gli altri e con tutte le cazzate che fanno, quando con me nessuno si sforza di andare oltre la superficie di un sorriso di circostanza?
Lo stesso che indosseró stasera, se esco.
E che non ho voglia piú di indossare.





giovedì 8 ottobre 2015

SOTTOLIO E UN SARDO


Metti che queste settimane di lavoro sono state di una ferocia tale che più che vivere stai sopravvivendo.
Metti che in casa non c'è nulla da mangiare, tranne le sfoglie fresche di lasagne, in frigo, che non userò, di questo passo, e acciughe sottolio.
Sgombro affumicato sottolio pure.

E la roba più fresca che c'è è mezza ciabatta alla quinoa rossa di tre giorni fa.
Che io l'adoro, però a quanto pare alle formiche, che in genere assaltano il pane appena mi assento per un giorno intero, fa schifo.

L'ho tostata e ci ho messo su il formaggio e le acciughe.
Il resto l'ho guarnito con lo sgombro.
Il tutto innaffiato da un vino sardo.
Una cena da regina, insomma.

Oggi ho incontrato una persona con cui i rapporti si sono incrinati, da un po', per motivi che non dipendono da me, ma addebitati alla mia persona.
E' una cosa che mi dispiace moltissimo e forse ho l'occasione di sanarli.
Non mi va di fare la sostenuta e la distaccata, anche se ho ragione.
Vorrei che l'equivoco si chiarisse in modo definitivo.

Sono circa tre sere che cerco di finire di vedere "Cast away", ma il rumore del mare mi concilia il sonno in modo fantastico, e svengo dopo una manciata di minuti.
Stasera ci riprovo.

Casetta è sottosopra.
Il caos regna sovrano.

Continuo ad incontrare gente stralunata, al lavoro.
Oggi un tipo che conosco di vista mi guarda entrare dalla porta d'ingresso e dice: "che sogno..."
"Scusi?", dico.
"No, ma che ore sono, ho un sonno...", dice, guardando fisso l'orologio senza più alzare gli occhi dal quadrante.
Erano le 10,00 circa.
Il tipo avrà circa 50 anni, o su di lì.
Sono andata oltre perplessa.
Perchè si comportano così?
In che modo sono io a dare adito a certe situazioni?

Ho perso seriamente le speranze di trovare gente interessante, qui in zona.

Mi domando se arriverà mai il giorno in cui incontrerò qualcuno che sarà importante, nella mia vita, e se abbandonerò il blog, o tornerò a leggere i deliri che vi ho raccolto.
Se li rileggerò con simpatia o con orrore.
A volte mi chiedo se sia sul serio terapeutico per me, esporre tutto quello che mi passa per la mente qui, dove nessuno (o quasi) mi conosce dal vivo.
Perchè si, c'è qualcuno che mi conosce anche dal vivo, e che ogni tanto viene a leggermi.
Non sono così in incognito come vorrei.

Sono quasi del tutto scomparsa da whatsapp e fb.
Ho ricevuto messaggi in cui mi chiedono se sia tutto ok, e a me pare di si.
Ogni giorno medito la fuga, nulla di diverso dal solito.
E sto aspettando che il fondo viaggi portafogli si rimpingui un po' per decidere bene dove andare, prossimamente.

Ho chiesto al dottore se debbo fare qualcosa per i segni dell'intervento.
In realtà sono talmente piccoli e insignificanti che non mi frega granchè che mi resti la cicatrice.
Eccola, la mia sciatteria, in tutta la sua evidenza, il menefreghismo patologico nei confronti di me stessa.
Eppure mi sono lasciata convincere a chiedere dalle amiche che "fai qualcosa sennò ti rimangono i segni", "il mio dermatologo ha detto che dovevo massaggiarli", e "io ci ho messo la crema", "io ho usato delle garze" di non so cosa.

"Non devi fare niente, spariranno nel tempo, rimarranno delle macchioline impercettibili. E poi, anche se dovessero rimanere, sarai bellissima comunque", mi dice il dottore.
Che è un amico, questo non l'ho mai precisato.
Proprio il rapporto che abbiamo mi ha consentito di dargli fiducia per l'intervento.
E a modo suo vuole essere incoraggiante, ma io non ottengo mai una risposta come si deve per i miei interrogativi.
Eviterò di prendere sole almeno fino all'estate prossima.
Però che strazio, davvero.
Non so se ce la faccio.










mercoledì 7 ottobre 2015

LA GIORNATA ATROCE TIPO


Sveglia all'alba.
Doccia e shampoo ad occhi ancora chiusi.
E' fantastico insaponarsi a senso, mentre ci si sveglia.
Neanche il tempo di un caffè, afferro le borse, volo per le scale, ed è già tardi.
Quaranta chilometri circa di viaggio in macchina per arrivare a destinazione.
Venti dei quali percorsi tra sorpassi e doppia fila.
Pure trenta, voglio essere onesta.

Arrivo e c'è lei, quella gran troia priva di scrupoli con cui devo avere a che fare per lavoro.
Ho il voltastomaco, come ogni volta, e mille pensieri per la testa, perchè c'è anche il suo scagnozzo, che non perde occasione per importunarmi.
Lei, la lurida, con il suo sporco lavoro, ed i suoi agganci e la sua posizione, ed io, la pulita, quella che si è fatta da sola, e che ha un'etica che a molti pare che manchi, non abbiamo molte cose in comune.
A livello professionale c'è un abisso.
Lei non ci prende proprio.
Eppure, nonostante ciò, va avanti alla grande.

Ebbene, stamattina il suo lavoro è stato palesemente disprezzato da chi lo doveva valutare, ed è emerso invece tutto quello che ho fatto io, studiando al millimetro ogni minima mossa.
Roba che se sbagli di una virgola sei fottuto.
E lei è fottuta, o almeno così pare.

Sono rimasta a bocca aperta, estasiata, non ho quasi detto una parola.
Queste sono le volte in cui il lavoro mi ripaga di ogni sofferenza e sacrificio fatti, e in cui rifletto sul fatto che questo paese riserva sempre sorprese per chi si impegna.

Finito lì, dovevo volare altrove per altre faccende di lavoro.
Chiamo mio padre per farmi riprogrammare la strada (è più ferrato di un navigatore) per giungere in tempo a destinazione.
Quaranta chilometri di autostrada e circa cinquanta di tortuosa strada statale.

"Vai piano", dice.
"Sto arrivando", dico, oltre la soglia dei 140.

Il mio nemico mi sorride, appena arrivo.
Sa chi sono, sa chi è mio padre, l'aveva già individuato prima del mio arrivo, sa che non la spunterà con me, e che se piscia fuori dal vaso gli rendo il colpo con furia cieca.
Mi si tromberebbe volentieri, almeno così pare, e dunque ci gioco, su questa simpatia.
Che pensasse quello che gli pare, quando lo guardo dritto negli occhi e mi sorride inebetito.
Io devo raggiungere i miei obiettivi, e lui è un mero strumento.
E non nego che è un bel tipo, convinto e spavaldo, quindi il gioco mi riesce facile.
Mi chiama per nome, ogni volta, e non so nemmeno dove l'abbia imparato e perchè lo ricordi, ma la confidenza con la quale lo pronuncia mi fa sorridere.
Io ricordo il suo cognome, ma il nome, lo ammetto, talvolta lo dimentico.
E' il mio difetto di fabbrica, non ho memoria per tutto.

Al ritorno offro un passaggio a delle persone che ho conosciuto in circostanze particolari, tempo fa.
Uno dei due cerca di individuare la mia situazione sentimentale.
Gli dico che sono single.
Mi dice che il cognato, che ha qualche anno più di me, ed è un bel ragazzo, è single pure lui...
Il resto è vagamente immaginabile.
Dice che vuole metterci in contatto, farci conoscere... se non mi offendo.
Non mi offendo, no, cosa ho da perdere?

E quindi, non si sa quando, mi aspetta una sorta di piccolo appuntamento al buio.

Che in realtà non mi interessa.
A me non interessa più nulla, mi sento svuotata.
A tratti arrabbiata.
Persa, con nessuna voglia di ritrovarmi.

E non capisco perchè tutti siano così solerti nel cercarmi un potenziale compagno.
Io da sola non sto affatto male e non ho voglia di mettermi accanto un chiunque che non mi interessa, solo per non stare da sola.

Come posso spiegare meglio questo concetto?




martedì 6 ottobre 2015

Every Day Is Exactly The Same



Domani mi attende una giornata parecchio faticosa.
So dove comincia, ma non dove nè come o a che ora va a finire.
Stasera, quindi, non posso uscire nemmeno a prendere un sorso d'aria.
Anche se mi hanno appena contattata per dirmi che fanno una sessione di passeggiata veloce sul lungomare, dopo cena, per cui se mi libero, a una certa, potrei mettere la tuta e prendere la via del mare.
Mi aiuterebbe a sciogliere un po' di tensione per domattina.

Ho l'impressione che ogni giorno che arriva non sia mai tanto diverso da quello che lo precede, da un bel po'.
Non c'è nulla che mi entusiasmi particolarmente, oscillo tra la noia e la noia.
E il cioccolato, ovviamente, che ammetto un pochettino, almeno lui, mi entusiasma.

Ho voglia di fumare, ma non ho comprato le sigarette, stasera, per mantenere il vizio sotto controllo e non lasciarmi sopraffare.
Non sono una fumatrice accanita nè voglio diventarlo, e mi piace concedermi tutto quello che voglio senza rimanerne schiava.

Vorrei concedermi una relazione nuova, vorrei edificare sulle macerie del passato, ma la portata di quel "vorrei", probabilmente, non è abbastanza intensa.

Come non lo è quella delle sensazioni che provo.

Ma tra le macerie, dove sono, rischio di continuare a scavare sino allo stremo delle forze, ed è forse questo ciò che sto facendo.

Con la consapevolezza che non c'è nulla che debba essere ancora portato alla luce.

E che quel che è sepolto deve rimanere lì.



lunedì 5 ottobre 2015

IN TRENO CON I CARTONI ANIMATI



Per rientrare da Roma ho preso il treno.
Il vagone era pieno di cartoni animati.
Qualcuno ha riposto spade di legno nello spazio sovrastante, dove io, più umilmente, ho messo una borsina nera da viaggio, con dentro i miei effetti personali.
Accanto a me si è seduta una donna che ho subito individuato come la madre del cartone animato seduto di fronte a me: una bambina con un vestito di plastica bianco e verde, con fiocco sul petto, e parrucca dai lunghi capelli viola.
La donna ha passato la totalità del proprio tempo ripartendosi tra un centinaio di telefonate a un tipo dal nome romantico, per informarlo compiutamente di ogni metro percorso dal treno, e mini conversazioni monotematiche con altri passeggeri, su quanto i suoi figli fossero amanti del Giappone e di tutto ciò che questa grande nazione produce in termini di fumetti, cartoni animati e gadget di ogni sorta.
Lo diceva con un orgoglio tale, che mi sono sentita abbastanza fuori luogo quando ho pensato, tra me e me, che il Giappone è una grande nazione anche per altre ragioni e che fosse quanto meno singolare che una madre si sentisse così piena di soddisfazione per la passione sfegatata dei figli nei confronti dei cartoni animati e di tutto quello che ruota attorno a questo mondo.
Quasi che questa cosa richieda un'abilità particolare per la quale esaltarsi.
"Tieni, ammamma, leggi il tuo fumetto!", ha detto alla figlia, a un certo punto, cacciando fuori dalla borsa un libricino colorato.
"Vuoi toglierti la parrucca? No?", ha continuato.
I circa quaranta gradi all'interno del vagone non hanno convinto la ragazzina a togliere la parrucca, che ha continuato a soffrire in un composto silenzio, le mani adagiate soavemente sul grembo coperto dal vestito sintetico colorato, gli occhi persi nel vuoto, completamente immedesimata nel proprio personaggio sognante del mondo dei cartoni animati.
Mi sono sentita la strega cattiva.
La stronza disillusa.
Quella che, invece di avere genitori comprensivi, ha sofferto un'infanzia difficile, nella quale lo studio veniva prima di ogni altra cosa, ed i cartoni animati erano relegati a passatempo privo di meriti particolari.
Quella che non capisce non il fatto che certi cartoni animati possano essere accattivanti, o certi film di animazione (quelli di Miyazaki su tutti) degli autentici capolavori, o che possa essere divertente partecipare ad eventi nei quali ci si traveste, ma quanto questa passione possa essere totalizzante per taluno, al punto da rimanerci quasi intrappolato dentro.
Poi penso alla mia passione per la musica, per le foto, per l'arte e per i viaggi, e a quanto siano significativi di quella che sono.
Sono intrappolata anche io nelle mie passioni?
Probabilmente non corre alcuna differenza, alla fine.
E magari è meglio viaggiare in compagnia di gente allegra e travestita da cartone animato, che di gente spenta ed atterrita dal fatto di pendolare avanti e indietro dalla città per meri motivi di studio o di lavoro.
La mia comprensione, però, termina qui.
E questo è quasi sicuramente un mio limite.





IL PUSHER



"L'uso di questa sostanza bla bla bla... L'uso di quest'altra invece bla bla bla..."
A fronte dell'interessante conversazione (o monologo, secondo i punti di vista), ho chiesto se le conoscesse proprio tutte le sostanze dopanti & co.


"Certo, è il mio mestiere!", con orgoglio.


"Fai il pusher?", domando.


"Ma certo che no! Lavoro in palestra!", serio e quasi irritato.


Ho questo problema, con l'ironia che mi connota: non tutti la capiscono.
Quello che soprattutto non lascio intendere in modo evidente, è quanto trovi noiose certe questioni.
Tipo la roba che uno prende e le proteine che assume per pompare i muscoli in palestra.
Non me ne po' fregá de meno, eppure è il cavallo di battaglia di molti.
Soprattutto quando capita di mangiare alla stessa tavola.
Nel senso che io vedo cose tipo carne, pesce, verdure, pasta, dove qualcuno vede solo proteine, carboidrati, grassi e zuccheri.
Questo modo di intendere il cibo mi fa profonda tristezza.
E mi annoia, come troppe persone, ultimamente.
Mi è capitato di dirlo anche ad alcuni amici cui voglio bene.
Che arrivo fino ad un certo punto, con tutti, ma che poi non resisto, che mi scontro con cose che non mi appartengono, che mi annoio di sentire il solito circuito di lamentele sterili dalle quali nessuno ha la minima intenzione di uscire pur avendone la possibilità.
Sono talmente splendidi che mi dicono pure che ho ragione.
Ed io mi sento una merdina perché rimarco certi modi di fare che a me non appartengono, ma a qualcuno si.
E non ci va stretto dentro, ci sta bene.


Quella che non sta bene sono io.







domenica 4 ottobre 2015

CARTOLINE DALLA CAPITALE











La reflex è rimasta a casa, insieme a tutto il resto, per cui ho dovuto far lavorare il cellulare che si inceppa ogni due minuti.
Un delirio che non mi è pesato come al solito.
La luce ed i colori erano tali che non si è reso necessario nessun tipo di aggiustamento, ma credo sia abbastanza palese.
Ho conosciuto nuove persone, passeggiato da turista, con occhi entusiasti e curiosi.
E sono contenta di avere sempre luoghi ai quali tornare, e persone alle quali tornare.
Anche se mi manca sempre qualcosa, ovunque mi trovi.
Anche se ho sempre questo disperato bisogno di muovermi altrove.





venerdì 2 ottobre 2015

ALLORA VADO



"Ci ho riflettuto e ci vediamo domani", gli ho scritto.
Sarebbe stato fantastico andare giá stasera e partecipare all'ape-International al quale sono stata invitata, ma esco da lavoro intorno alle 20.00 e stasera avevo dimenticato di avere un mezzo impegno.
Nulla che mi interessi particolarmente.
Nessuno, nemmeno.
Peró ho detto che andavo e mi spiace mancare alla parola data.
In piú non avevo voglia di fare le corse per arrivare in tempo.


Gli ho detto che ci vediamo nel pomeriggio.
Quando avró consumato un po' di suola a passeggiare sul lungofiume, mangiando un panino alla salmoneria, dopo aver fatto visita ad un negozio etnico che sembra un bazar, ed alla feltrinelli che ha l'angolo caffè sulla piazza dove passeggia il mondo.


Questo, naturalmente, non lo sa.
Se gli dicessi che arrivo per pranzo mi sequestrerebbe per portarmi in un posto dove si mangia bene.
Ed io ho bisogno invece di stare un attimo da sola, a godermi la libertà dei miei passi, senza costringermi ad alcuna conversazione.
Una sorta di ritiro spirituale di una manciata di ore, in mezzo al casino del mondo.


Quando vivevo lí, quando la mia pausa pranzo era la passeggiata turistica a piedi da un luogo di lavoro all'altro, quando pensavo in prospettiva a come si sarebbe evoluta di lí a poco la mia vita, avevo la stessa inquietudine.


Mi sentivo egualmente costretta e bisognosa di un cambiamento, quello che ho poi intrapreso.


A volte mi domando quale sia davvero il cambiamento che porterebbe pace ai miei pensieri, e non so darmi risposta.


Non riguarda solo il lavoro, non i rapporti umani.


Riguarda me.


Di cosa diamine ho bisogno per darmi pace, per assestarmi?











IO PORTO IL PESCE



E poi esci da lavoro e ti ricordi che hai fame e che devi fare la spesa se vuoi nutrirti di altro oltre che del fumo, e quindi vai in pescheria, dove lavora un ragazzo che è sempre tanto gentile, e che per vie traverse ha agganciato delle amicizie in comune per uscire insieme una sera.

Che non capisci se lo fa, anche lui, per solitudine, per compagnia, per simpatia, o per cosa.

E arriva la solita proposta tra le righe, che è curioso di assaggiare la mia cucina, il mio crudo, che si potrebbe organizzare una cena insieme o qualcosa del genere, una volta, di quelle volte che è il caso a doverlo stabilire, o in cui dovrei essere io a rompere gli indugi facendo un invito.

"Io porto il pesce", dice.

Cosa gli si risponde, a uno che ti propone di portarti il pesce a casa?
No, perchè a me stava scappando da ridere, e con estremo garbo ho dirottato la conversazione altrove.
Mi sembrava da stronza dirgli esplicitamente che invece di pensare a portare il pesce su invito mio, avrebbe potuto cacciare le palle e farmelo lui un invito a cena, e magari cucinare anche per me.

"Poi una volta di queste, magari, organizziamo una cena", ho risposto.

Se voglio mangiare del pesce, me lo vado a pescare io, e lo voglio fresco, e libero, e di mare aperto.
Del pesce che ingrassa nelle vasche degli allevamenti, che aspetta il nutrimento gettato dall'altro, invece di aprire la bocca e procacciarselo da solo, non so che farmene.





GIORNI STRONZI




Ceri giorni ci si sveglia un po' così.

E si va al lavoro, e quello che ti ha proposto ad oltranza, tra le righe, di intraprendere qualcosa con lui, mentre lui ha già intrapreso da tempo una relazione con un'altra, viene e ti scarabocchia per divertimento personale il foglio che stai scrivendo, per catturare la tua attenzione.
Come i bambini.
E a te stanno anche sul cazzo, i bambini dispettosi.
E quindi, con calma serafica, e un sorriso accennato, lo guardi e gli dici che questo suo modo di fare è indice di frustrazione.

Ha battuto immediatamente la ritirata.

E continui a lavorare, e mentre con la tua praticità agevoli il lavoro di due incapaci che vorrebbero farti perdere tempo utile, si avvicina un altro, di quelli che pensano di poter prendere per il culo il mondo, compresa te, nonostante l'ultima volta che ci ha provato, malamente, sia stato rimesso a posto.
E tu, all'affermazione che quelli del tuo paese sono...
Cosa, pezzo di idiota?
Dritti, capaci, meglio di te e di tutti quelli che stanno attaccati a inutili campanilismi, in una nazione dove siamo tutti italiani, mentre io vi reputo appartenenti alla stessa razza di cretini, indifferentemente dal Comune di residenza?
Cosa, P E Z Z O  D I   I D I O T A, gli scandisci bene con gli occhi guardandolo in silenzio da dove sei seduta.

L'ultima parola gli è rimasta aggrappata alla gola e l'ha deglutita senza pronunciarla.

Non contento, ha cercato di attaccarsi ad un altro argomento di scarso interesse.
Gli ho fatto presente che è una cosa che non conosco, e che nemmeno mi riguarda.

Se n'è andato a farsene i fatti suoi, come era preferibile facesse sin da principio.

Arriva lei, con cui ho discusso in precedenza su una questione di lavoro sulla quale cerca di spuntarla, ma sulla quale non la spunterà.
La differenza tra chi si studia la lezioncina a casa, sapendo di avere le spalle coperte, e chi, invece, se la gioca con l'arte dell'improvvisazione, che ha imparato per sopravvivenza, gestendo volta per volta ogni tipo di imprevisto, sapendo che non potrà chiedere aiuto a nessuno e che se tutto va male casca a culo per terra, è abissale.
E no, stamattina non l'ha spuntata, e quando le ho detto che non avevo voglia di discutere per la milionesima volta delle stesse cose, devo averglielo detto con parecchia convinzione, perchè è rimasta muta.
Muta.

Ed un'altra, che ci ha provato, forse, se può considerarsi un provare la cedevolezza con la quale non è riuscita a ribattere nulla di quello che le ho detto, ha immediatamente desistito.

Ho ringraziato, poi, uno che mi ha praticamente tolto la sedia da sotto, mentre stavo per sedermici.
Uno che è abituato, essendo Lord del magnifico e popoloso regno di StoCazzo, a prendere posto comodo come se gli fosse dovuto, perchè questo mestiere lo fa solo lui, mentre gli altri sono stronzi di rango inferiore.
Certo.
"Ciao, che fai, mi freghi la sedia da sotto?"
Si è scusato, imbarazzato, e si è alzato.
"Non preoccuparti, sono abituata a questi gesti di cortesia..."


Credo di dovere infilare un tappo in bocca, oggi.
E due alle narici dalle quali esce fuoco.
E' possibile avere anche un filtro per selezionare quello che penso prima di dirlo?



giovedì 1 ottobre 2015

UN PACCO DI GRISSINI APERTO


Sono tornata a casa da lavoro, il tempo di accendere una sigaretta, di riempire mezzo calice di vino, e di assaltare un pacco aperto di grissini salati.
Non ho voglia di cucinare nè di mangiare.
Non ho avuto voglia nemmeno di fare la spesa.
Ho un po' d'uva, dolce da far schifo.

Da domani metto le scarpe chiuse, fa un po' fresco, sarà la pioggia battente.

A pranzo ho mangiato un panino in un posto sul mare immerso nella vegetazione.
Ho buttato addosso una felpa con il cappuccio sul vestito da lavoro e via, ho camminato per un po' sotto la pioggia, incurante di tutto, prima di raggiungere un posticino al coperto e affacciarmi sul blu metallico del mare.

Ho sentito un amico e gli ho detto che forse vado a trovarlo nel week end.
Devo cambiare un po' aria.
Dice che mi aspetta, anche se glielo faccio sapere domani stesso.

Ed io sono qui che tentenno, che vorrei fottutamente schiodarmi da qui, ma al tempo stesso vorrei rannicchiarmici in silenzio.

E non è da me rispondere "vorrei" ad un "vieni".
Non è da me questo tentennare.
Poi penso che cazzo rimango a fare qui, nel week end?
Quale sorpresa saprà portarmi, che non possa già prevedere vanificandone l'effetto.

Mi rompe anche ascoltare la radio, stasera.
Che poi all'improvviso passano i Beatles con un pezzone e non mi rompe più.

E fuori tuona e vedo i lampi rischiarare il buio in lontananza e mi viene voglia di un bagno caldo.

Ho le pile scariche, come l'orologio appeso sulla parete, fermo alle tre meno un quarto dell'altro giorno.

Solo che le mie pile scariche non fermano il tempo della mia vita, che continua ad incedere sicuro nonostante le mie, di incertezze.

Se fossi certa come lo scorrere del tempo, probabilmente, mi stuferei anche di quello.
Mi sentirei meno spaesata, però.
Forse.

E mi tornano in mente discorsi da letto, di quelli che dovrebbero rimanere lì e invece frullano in testa:
"Sei come mia sorella, lei dopo un po' si stanca di tutto e di tutti..."
"Io di te non mi sono mai stancata. Mai"

Chiacchieravo oggi con un'amica.
Secondo lei la passione iniziale, nei rapporti, si spegne nel tempo, è inevitabile.
Io non riesco a concordare con questo assunto.
Ci sono amori che nascono in un istante e si esauriscono come un fuoco di paglia, immediatamente.
Altri che, dopo la passione iniziale, arrivano gradualmente a mutare e spegnersi.
Ed altri ancora, in cui la passione iniziale si evolve nel tempo, restando viva, rinnovandosi, senza affievolirsi mai.

E non so nemmeno perchè mi vada di scrivere di queste cose, perchè oggi, perchè ancora oggi.

Ho bisogno di tenere la mente impegnata, non il corpo.
Il corpo si stanca presto.
E la mente, per quanto si stanchi, non ne ha mai abbastanza.
Che follia...

Una follia che non riesco a gestire, come la stanchezza del corpo.