venerdì 30 settembre 2016

DI BLACK LIST




Non è mia abitudine bloccare la gente sul cellulare o altrove.
Però effettivamente la black list è un ottimo strumento per guadagnare tempo e salute.
Tempo perchè te ne fanno perdere con chiamate e messaggi del tutto inutili.
E salute perchè questi contatti sono spesso pure fastidiosi.

Mi arriva uno squillo da un numero che non ho in rubrica, stamattina.
Richiamo, e lo faccio con l'altro numero (avendo la doppia scheda).
Ha fatto finta di non riconoscermi, non mi ha detto chi era, mi ha quasi attaccato il telefono in faccia.
Mi ha mandato un messaggio per chiedermi scusa, che stava aggiornando la rubrica, e che seguivamo insieme un corso anni fa.
Anni e anni e anni orsono.
Sono Tizio.
Come se fosse l'unico uomo sulla faccia della terra con quel nome e avesse lasciato un ricordo memorabile.
Mi ha chiesto se mi sono sposata.
E poi se passo a trovarlo.
Che magari passa a trovarmi lui.

No, non gli ho dato spago, è suonato.

Non gli ho nemmeno risposto più.

È il motivo per cui non aveva l'altro numero, e per cui io, dopo averlo bloccato sul vecchio cellulare, ho cancellato il numero.

L'ho inserito nella black list insieme ai vari numeri dei centralini da cui mi chiamano per propormi le offerte migliori della mia vita tutta.

Più si va avanti negli anni, più chi ha disturbi di salute mentale resta solo e si appiglia ad ogni cosa per stabilire un contatto.

Mi spiace, ma a parte la profonda pena per la loro condizione, non provo altro.

Come per l'altro tipo malato di mente, che stalkerizza ogni cosa che respira, e pretende di interferire con prepotenza nelle esistenze altrui senza averne titolo.

L'altra sera ha scritto su fb una cosa delirante, che poi l'indomani ha rimosso.

Del tipo che lui si sente solo e ha cercato di catturare la nostra attenzione in ogni modo, ma niente, e quindi ce ne saremmo dovuti andare tutti affanculo perchè siamo stronzi.


Quando c'erano i manicomi, ci finivano pure i sani, ma oggi che non ci sono più, è davvero pieno di matti in giro.

E i peggiori, spesso, sono quelli non acclarati, professionisti megalomani pronti a danneggiarti se li respingi, ragazzi che vengono spronati a frequentare così di ogni genere, con la pretesa che vengano premiati per lo sforzo, e che si inseriscano in mezzo agli altri.

Il confine sottile tra l'emarginazione e l'autopreservazione spero si evinca bene da quel che scrivo: i disturbi mentali di certi soggetti, non se li possono accollare gli altri.

Non me li voglio accollare io.

Soprattutto quando degenerano in comportamenti molesti o aggressivi.
















giovedì 29 settembre 2016

SMETTETELA DI TRASFERIRVI ALL'ESTERO


E smettetela di dirmi "c.f.a. mi vieni a trovare?".

Perchè io lo sapete che ci vengo.


Un'amica si trasferisce in Africa per lavoro.

Io ho già individuato il periodo giusto per andare a trovarla.

"Sono tutti molto wild, ti troveresti bene!"

Certo.

La mia vita smarrita nelle lande selvagge chiede solo nuove terre da esplorare...

Se penso all'idea che di me hanno i miei amici mi viene da ridere.

Vedono lo straordinario nel mio ordinario.

Io vedo solo molto ordinario.

Un ordinario che talvolta mi mette l'orticaria e me lo fa andare stretto.


martedì 27 settembre 2016

LA FOTO CON L'ORSO



Da bambini, mio padre ci portò in vacanza on the road in ex Jugoslavia.

Luogo insolito, lo riconosco, e un tipo di viaggio che sicuramente non è per tutti.

Ai bordi di una strada, uno zingaro si faceva pagare per fare la foto con un orso bruno che portava al guinzaglio.

Senza museruola, ovviamente.

E il guinzaglio era attaccato all'esile e denutrito braccio dello zingaro.

Considerato lo slancio con il quale socializzavo con ogni forma animale, da bambina - che ho mantenuto in età adulta - mio padre mi ha fatto fare la foto con l'orso.


Questo ricordo ci è tornato in mente l'altro giorno e ne abbiamo riso.



Mi reputo estremamente fortunata per essere sopravvissuta alla scellerataggine dei miei genitori.

Se sono sopravvissuta a loro e all'orso, posso sopravvivere anche ad altro.

LA VERITA' E' CHE SONO IN ALLARME


Per domani, che è una giornataccia.
Sono preoccupata.
Cerco di non farmi travolgere dai brutti pensieri, e nel frattempo raccolgo tutta la forza, il coraggio e le palle che mi servono.

Dovrei riposare, dormire.
Immagino che stanotte mi farà, invece, compagnia qualche film sul pc.

Mentre scrivo ascolto Jeff Buckley, che mi rilassa e mi ricorda quanto sia evanescente e breve l'esistenza, ma intensa, sempre.

Ho lavorato al meglio, ho fatto il possibile e l'impossibile, per essere impeccabile, e affinchè anche altri, in questa squadra, lo fossero.

Si combatte contro il diavolo ed i suoi emissari.

Ho paura.

E sento l'adrenalina che mi scalda la pelle e mi accelera nei movimenti, sento ogni singolo sorso d'aria che respiro dalle narici, e le parole he mi attraversano per scorrere sin qui, sulla carta azzurra e gelida nella quale immergo i miei pensieri.

Quelli che rendo imperscrutabili a chi incontro ogni giorno.

E nulla, ho messo l'ansia al guinzaglio.

Spero non scappi, da qui a domani.






WALLS



Probabilmente, per ogni muro che si abbatte, altri se ne alzano.
E questa cosa che ci sarà sempre un muro da abbattere, in fondo, è stimolante.
Non c'è strada che non meriti di essere percorsa ed esplorata.
E' sceglierne una sola che è difficile.

Volendo suddividere la vita in cicli, oltre che in giorni e attimi, sono giunta obiettivamente al termine di un ciclo, qualche mese fa, e ne ho iniziato un altro.
In un silenzio apparente, ma in un tumulto interiore notevole.
Pensavo peggio.
Avevo mille timori, ma li ho superati, in buona parte.
Ne ho altri, che forse supererò, o forse non supererò mai, e resteranno a farmi compagnia vita natural durante.

La libertà di poter cominciare ogni giorno qualcosa di nuovo è cosa buona.
Lo sarebbe ancora di più se non mi scontrassi con le prigionie ed i fallimentari tentativi di fuga altrui, i cui percorsi si intersecano con i miei.

Ho deciso di seguire un piccolo corso per conseguire un'abilitazione che può tornarmi utile sul lavoro.
Per un prezzo irrisorio, in una struttura universitaria, a contatto con chi dovrebbe poi decidere di passarmi del lavoro, se sarò abile ad instaurare rapporti di cordialità e collaborazione.

Se sarò in grado di farmi conoscere e riconoscere.

Se mi sarà data l'opportunità, ovviamente.

La vita, sebbene in divenire, si incardina sul passato, matura nel presente.

E non riesco a guardare con sospetto ogni forma di evoluzione che mi travolge.

La accolgo a braccia aperte.

In modo istintivo, senza forzature di sorta.



HOW ARE THE THINGS GOING?


"Ciao C.f.a.,

Come vanno le cose? E' passato così tanto tempo... 
Sono venuta in Italia, a giugno, con degli amici.
Abbiamo fittato una villa in Costiera, e volevo venissi ai nostri parties, ma non sono riuscita a ritrovare il tuo contatto.

Avevo scritto anche a Effe chiedendole il tuo numero, ma non ha letto per tempo.

Non so se ricordi le nostre chiacchiere, quando mi hai parlato di X, che dopo l'operazione ha perso la vista ed io ti parlai della mia amica Y che ha condotto uno studio su questo soggetto.

Presenterà il suo lavoro ad una conferenza a Roma, quest'anno.

Verrà con il marito, anche lui è medico.

Non parla italiano, ma un po' di francese.

Se riusciste ad incontrarvi e conoscervi sarebbe carino.

E se non stai frequentando nessuno e vede quanto sei carina, di sicuro ti presenterà qualche dottore, con l'occasione.

Hope yo see you soon!

Love"





I miei lovely amici all around the world.





REAZIONI CATTIVE SPONTANEE



Lui è il tipo sgradevole con cui, a causa di amici in comune con cui entrambi usciamo, sono costretta ad avere a che fare.

Ed è mia abitudine essere gioviale, aggregante ed educata, anche con chi non lo merita.

Salvo correttivi che sto applicando ai miei comportamenti per evitare che la mia disponibilità venga saccheggiata dagli opportunisti.

Insomma, mi ero ripromessa di ignorarlo.

Di evitare di parlarci.

Ci sono finita seduta vicino, una sera, per caso.

La scollatura del toppino, con l'ausilio del push up, gli hanno estorto un sorriso ebete per buona parte del tempo.

A un certo punto mi ha fatto notare che era entrato nel locale un tipo di quelli che suonano roba tipo piano bar, o non so che, in zona.

Un tipo che - ma guarda un po'! - non gli fa simpatia.

"Guardalo come passa come un divo! Magari si aspetta pure che ci alziamo per chiedergli un autografo!"

"Per quanto sei fan, mi sembra strano che non ti sia strappato i capelli che ti restano in testa, al suo passaggio"

Ho visto chiaramente quanto si è incazzato alla mia battuta.

Sono abituata a scherzare tranquillamente sulla faccenda "capelli che cadono" con gli amici calvi, ma lui, che è pure suscettibile, immagino non abbia gradito.

E poi, lo ammetto, gliel'ho detto con sufficienza.

E con una cattiveria che ha nutrito con i suoi atteggiamenti fuori luogo e sgradevoli, perpetrati mentre io continuavo ad essere gentile ed educata.

Tant'è.

Un modo di rimediare a questo rapporto non c'è, perchè con certe persone non c'è modo.

E a me spiace di essere uscita fuori cattiva come non sono, ma potevo decisamente far peggio.

Non mi gratifica fare cattiverie, almeno in questo, nella misura applicata, è stato fortunato.

NEL GIARDINO IMMAGINARIO, DOVE ALLEVO LE TIGRI



Mi chiede se mi serve un giardiniere.
Perchè ho vinto un giardiniere fantastico.
Per il mio giardino immaginario?
Non ce l'ho il giardino.
Allora ho vinto una tigre.
Ma chi sei, Sandokan?
Dice che se non mi vanno bene le tigri, si offre come schiavo.
Solo che io non apprezzo alcuna forma di schiavitù, non lo voglio uno schiavo.
Prima che la conversazione prendesse una piega più sprucida ho abbandonato senza nemmeno salutare.

Uno sano di mente mai.





GLI INTEGRALISMI E QUELLO SGRADEVOLE SENSO DI SUPERIORITÀ



Il titolo è già un post.

Se sostengo un'idea è perchè in questo esatto momento (non ieri, non domani) la ritengo valida.

Se qualcuno ha un orientamento diverso, ma l'idea che sostiene è valida, non dovrebbero esserci problemi a sostenerla ugualmente.

È una questione di onestà intellettuale.

Eppure, l'adesione a determinati integralismi, non consente di condividere un'idea, seppur valida, sostenuta da chi, per un motivo o per un altro, non appartiene al gruppo che sponsorizza la medesima idea.

La coesione, che fa la forza, viene costantemente pregiudicata dalla separazione e dall'esclusione determinate da chi si chiude nell'integralismo ottuso, vantando con arroganza un'assoluta superiorità

A me gli integralismi fanno ride'.

Ecco tutto.

lunedì 26 settembre 2016

LE PERSONE CHE HANNO DA FARE MENTRE GLI STRONZI LAVORANO



Abbiamo appuntamento per lavoro, nel pomeriggio, da settimana scorsa.

Mi manda un messaggio per sapere se ci possiamo vedere prima.

No, rispondo, perchè devo terminare un altro lavoro urgente.

Mi ha mandato dieci messaggi di "Allora alle 5", "Ma alle 6?", "Alle 6.30 non si può fare?", "Alle 7.30 allora".

Perchè lei, che è casalinga, ha un funerale nel pomeriggio e si scoccia di andare prima, si scoccia di andare dopo, quindi lascia per ultimo l'appuntamento con me.

Come se io non avessi altro da fare che aspettare lei, o non fossi stanca, alle otto di sera, o non avessi il diritto di tornare a cena a casa ad un orario decente.

In fondo cosa vuoi che sia lavorare, per chi non fa un cazzo dalla mattina alla sera.

"Non puoi andare adesso?", chiedo.

Che domande faccio, pure io?
Adesso le donne campate riposano, o guardano programmi di spessore alla tv mentre oziano sul letto o sul divano, mica come le stronze che faticano perchè non le campa nessuno!

Pure io faccio il bucato, la spesa, cucino, faccio vita sociale, eppure devo pure faticare, guarda un po'!

Non posso incastrare i miei impegni di lavoro con l'unico impegno della tua giornata, mi spiace.

"Allora domattina!", mi fa.

No, forse non ci siamo capiti: io LAVORO, non sto a tua disposizione, che mi incastri tra un funerale, una spesa al Conad, o una sessione di shopping al centro commerciale.

Al primo che scrive che anche fare la casalinga o la mamma equivale a fare un lavoro, verrà risposto parecchio male.

Qua le casalinghe le facciamo tutte, e qualcuna si paga pure casa e bollette da sola.

Ci sono mamme che lavorano sodo, invece di rifugiarsi in modo esclusivo nella dimensione materna, perchè inabili a fare qualunque altra cosa nella vita.

Finiamola con l'accondiscendenza nei confronti di chi non ha fatto altro nella vita che accollarsi ad un uomo per farsi campare, o che usa la scusa dei figli che assorbono tempo ed energie per sottrarsi ad ogni tipo di impegno e sentirsi giustificata per ogni mancanza.

Perchè queste persone, alla fine, ti guardano pure con disprezzo, come se a te mancasse qualcosa, e non a loro che hanno vinto, nella vita, perchè si sono sposate e hanno fatto figli, mentre tu, non avendo trovato l'amore (e non avendo scelto la via dell'opportunità e della convenienza) ti sei trovata comunque un lavoro.

Mi rifiuto di stare a disposizione di donne del genere, che hanno diritto a riposarsi davanti alla tv, il pomeriggio, mentre io alzo il culo e vengo a lavoro.

E si, mi girano le scatole di avere a che fare con persone ridicole, credo si sia inteso.













IT'S BEEN A LONG TIME



Apro la mail, e trovo una sorpresa bella, oggi.

Mi ricordano che il mio posto nel mondo è proprio qui, dove poggio i piedi e, nel contempo, ovunque decida di portarli.

La solitudine ben spesa, riflettevo ieri sera, non è altro che il nirvana dell'autodeterminazione.


domenica 25 settembre 2016

AI MATRIMONI DELLE FIGLIE DEGLI ALTRI



Il disappunto che si legge tra le righe non riguarda me, ma i miei genitori.
Vengono e veniamo invitati ai matrimoni degli altri da sempre, come ospiti.
Forse li mette a disagio più del dovuto, questa circostanza.
Non capiscono per quale ragione non abbia un uomo accanto, ormai, da un po'.
Perchè non desideri sposarmi.
Perchè i matrimoni e la prole altrui non mi stimolino a fare altrettanto.

Non c'è alcuna forma di eroismo nello scegliere di sposarsi.
Nemmeno nel fatto di rimanere single.
L'atto di coraggio maggiore è quello di dare seguito ai propri istinti e sentimenti.
Di rispettarli.
Tutto qui.
E se non trovo l'amore, difficilmente posso obbligarmi a frequentare qualcuno con il solo scopo di non rimanere da sola.
O per lo sfizio di indossare l'abito bianco e spendere tanti soldi per organizzare un matrimonio.
Nel contempo, non ho nulla contro il matrimonio nè contro chi si sposa.
Ho degli amici che ai matrimoni hanno deciso di non andare più.
Io sono tra quelli che, invece, ancora vanno e gioiscono per chi nella vita ha scelto di fare un passo importante, legittimandolo attraverso le tradizioni e i riti che gli appartengono.

"C.f.a., e tu quando ti sposi?", mi ha chiesto uno al tavolo degli invitati.
"Probabilmente mai. Non a breve, in ogni caso"

E la domanda è sempre la stessa, chiunque la ponga.

"Come è possibile che una come te stia da sola?", come se fossi un animale raro, appartenente a questa categoria in estinzione fatta di un sottoinsieme di "quelle come me", di cui non si capiscono bene i contorni.

"Non posso forzarmi a mettermi un uomo accanto, solo per non rimanere da sola. Se capita di incontrare qualcuno bene. Se non capita, va bene lo stesso", ho risposto.

Ho aggiunto anche che é difficile trovare una persona in gamba e perbene, perchè la maggior parte delle persone è marcia.

Si, ho usato proprio questa parola, e mi suonava male in bocca, mentre la pronunciavo, ma è stata quanto di più corrispondente a realtà potesse venirmi in mente.

Quanti, di quelli che si sposano stanno insieme per davvero?
Quanti durano?
Non è questione di sopravvivere al matrimonio.
Si tratta di prendere atto di ciò che si vuole dalla vita, e indirizzarsi in quella direzione.

Detto ciò, il matrimonio è stato di una sobrietà estrema, l'evoluzione naturale di una vita condotta insieme.
L'equilibrio precario di problemi e disagi che si realizza in ogni nucleo familiare che si unisce, tramite gli sposi, ad un altro, ha retto alla grande.

Ho mangiato tanto pesce crudo e tanti dolci.

Ho mancato i confetti.

E la bomboniera.

Al contrario dei miei, che le collezionano da sempre, io non ho nemmeno un mobile da dedicar loro.

Di suppellettili, a casa, non ne ho molti, ma preferisco quelli di viaggio a quelli di matrimonio.
















giovedì 22 settembre 2016

I do feel lucky because I met you



Gli ho detto che questa me la segnavo e la usavo.
Ed eccola, copia-incollata.
Il pane a chi non c'ha i denti.
Mettiamola così: lui è pane bianco, ed io sono un'integralista dell'integrale con cereali.
I miei denti non gradiscono la mollica soda e la crosta croccante e abbronzata.

No, non posso raggiungerti in aereo, sto lavorando.

Non ti avrei raggiunto ugualmente, anche se non stavo lavorando.

"Non preoccuparti. Verrò io lì!"

Eh, ma chi t'ha invitato?


mercoledì 21 settembre 2016

DI COME SPENDO I SOLDI



Mi ero ripromessa di non riempire casa di cose.
Invece ci sono cose ovunque.
Cose che mi servono per vestirmi (incluso equipaggiamento tecnico) e viaggiare fondamentalmente.

Ho esplicitamente chiesto agli amici che invito a pranzo o a cena di smetterla di regalarmi accessori per la cucina: non so dove metterli, e no, davvero, non mi servono, non li voglio, so affettare patate, pomodori e uova da sola, di farmi le carote alla julienne me ne frega un tubo, e con un coltello ci posso intagliare, all'occorrenza, un cocomero.

Gli unici accessori graditi sono quelli per il vino, ivi inclusi vestitini e buste termiche per tenere fresche le bottiglie a tavola.

Per il resto ogni cosa che lava, asciuga, affetta, rotola, sbatte è bandita.
Più che considerare la compagnia di un robot da cucina, valuto la possibilità di prendere un compagno peloso.
Sono una casalinga degenere, lo so.
I miei fornelli artisticamente incrostati di caffè sono lì a ricordarmelo ogni giorno.

A breve dovrei ricevere dei compensi per del lavoro svolto.

Mi sono partite in automatico le dita sulla tastiera, a digitare volagratis, easyjet e ryanair.
Generalmente apro google maps modalità mondo, e suddivido idealmente la ricerca in tre aree geografiche: Americhe, Asia/Australia, Europa/Africa.

E niente, quando penso a cosa fare dei soldi che guadagno il collegamento con "dove vado?" è immediato.

Invidio profondamente chi lavora per rifarsi le tette, il naso, i connotati in generale, per comprarsi gli stivali o il cappottino da 400,00 euro, o farsi capelli e peli ogni settimana, i massaggi, la palestra, la spa, l'auto nuova...

No, non è vero.

Non li invidio per niente.

Ieri una tipa in carne, in un negozio, mi fa "oddio, tutte che parlano di dieta, 'ste clienti...".
"Beh, io no... volevo solo ritirare la cosa che ho ordinato"
"Certo, tu non hai bisogno di dieta, avrai un metabolismo ottimo!"
"Corro dalla mattina alla sera. Non credo sia merito del metabolismo..."

E conoscere a menadito i programmi che trasmettono in tv non significa avere un cattivo metabolismo, ma cattive abitudini.

Basta alzare il culo dalla sedia o dal divano, in ogni caso, per accelerarlo.




martedì 20 settembre 2016

OGNUNO AL SUO POSTO




Mi contatta a ora di pranzo.
A ora di cena.
Nel week end.
Su whatsapp.
Su fb.
Mi chiama.
Ogni giorno.

"Ti pregherei, considerato lo scrupolo con il quale sai che sto seguendo il lavoro, di non contattarmi con questa frequenza, non è necessario", gli ho scritto.


***


Ho incrociato l'inquilina del piano di sopra.
La madre del bambino posseduto dal demonio.
Neanche lei ci va scarsa.
"Volevo chiederti una cortesia..."
"Cosa?"
"Di abbassare un po' la voce, perchè quando sono a casa ricevo anche telefonate di lavoro. E si sente la tua voce dal piano di sopra. Si sente pure dall'altro capo del telefono..."
Stamattina mi sono svegliata in un silenzo a dir poco paradisiaco.
Speriamo che l'esorcismo duri.


***


Ho del lavoro da fare che mi inquieta.
Perchè mi porta parecchie preoccupazioni e rogne.
Credo dovrò tutelarmi per tempo, che se mi trovano fatta a pezzi in un fosso, quanto meno indirizzo le indagini verso il colpevole.


***

Sono stanca e ho bisogno di un posto dove stare.
Un posto metafisico, perchè di luoghi reali ne ho già a sufficienza.
Un posto che sia fatto di carne, ossa e sentimenti.


lunedì 19 settembre 2016

VINTAGE E EPICO



Tra i film che rivedo sempre volentieri c'è Point Break.

Un film d'acqua e d'adrenalina.

Sempre così dannatamente accattivante.

E non oso scrivere i mille pensieri che mi passano per la testa quando lo guardo.

Che sono sempre quelli.

E sono belli.




DOMENICHE DI PIETRA



Non avrei sopportato di passare una serata fuori ad annoiarmi anche stasera, lo ammetto.
Ne ho passate diverse, ultimamente, e non intendo più forzarmi ad uscire solo per prendere una boccata d'aria.
Non ho voglia di incontrare alcune persone nemmeno per sbaglio, mi mettono di cattivo umore, mi tolgono la voglia di vivere.
Le selezioni che si fanno, con le persone da frequentare, non sono mai abbastanza.

Ieri sera, con gli amici single,abbiamo scherzato sulla tipa che si sposava.
Giovanissima.
Sembrava avesse vinto alla lotteria.
Cosa, poi, non si sa.
Il numero di coppie che conosco, che so per certo non si tradiscono, si è, negli ultimi anni, ridotto ad uno.
Beati loro!
Integerrimi e santarelline sono, tra gli insospettabili, i peggiori.
Tutti vivono privandosi di vivere, come animali in gabbia, per mantenere le apparenze che tradiscono, di nascosto, nei letti degli altri, o nelle macchine nascoste in angoli bui, o in alberghi da quattro soldi.
Online, pure, progRammando incontri anche soltanto virtuali, per trovare rifugio da una realtà che non li appaga.

E gli altri siamo anche noi.

E quindi, la questione che emerge, come ogni volta, è sempre la stessa.
Per quale ragione, noi single, non cediamo alla convenienza di un rapporto di coppia stabile?
La scelta è ampia: è pieno, all'occorrenza, di uomini e donne che si presterebbero a stare con noi.

Per quale ragione, per buona parte di quelli che restano single, la fedeltà è una circostanza sulla quale non si riesce a cedere?
Perchè basterebbe cedere su questo puntino, e tutto sarebbe estremamente semplice.

Ho seriamente il timore di oltrepassare la soglia dello sconforto e di raggiungere uno stato di rassegnazione che mi mette i brividi.

Vorrei invece sentire qualcosa di diverso dal fastidio quando conosco qualcuno che puntualmente non si sa comportare, pensa pure di potermi prendere in giro come fossi una stupida, con la pretesa di portarmisi a letto schioccando le dita.

Vorrei fosse semplice evitare.

E vorrei avere qualcosa di bello da raccontare, ma a parte qualche storia da nulla, e qualche corteggiatore che non gradisco, i miei sentimenti sono fermi alle relazioni del passato.

Un passato che si allontana sempre più, e che dimentico, rimanendo ancorata soltanto ad alcuni ricordi.


Ci sono dei sogni ricorrenti che sto facendo da un bel po'.

Sogno un luogo collocato nella geografia dei ricordi, un luogo che esiste nella realtà, nei suoi contorni ben definiti, e che conosco a memoria, ma che diventa un non luogo che dipingo a mio piacimento in sogno, caricandolo di colori che non ha.

Di colori che vedo e conosco solo io.

Che immagino, probabilmente.

Sogno una persona, il cui volto è quasi del tutto svanito dalla mia coscienza.

Lo sogno inconsistente, lontano, la miopia sgrana i suoi connotati, ogni volta di più.

E quando mi sveglio, al mattino, resto imbrigliata in quel dolore per un po'.

Nemmeno l'amaro del caffè riesce a calciarlo via.

L'inconscio rimugina su qualcosa che il conscio ha ampiamente superato.

O forse, devo supporre, pretende di avere superato.

E' una sorta di boicottaggio involontario.

Un rifugio?

Vado a pizzicare i punti deboli, forse per rendermi conto che sono viva, che non è vero che sono diventata un pezzo di pietra da far rotolare giù da una montagna, o da far rimbalzare sulla superficie dell'acqua.

Non sono pietra, ma sento questo tipo di consistenza che mi opprime.

Vorrei alleggerirmi, e mi risulta quanto mai difficile.



domenica 18 settembre 2016

E DI SABATO SERA INCONCLUDENTI



Ho passato mezza giornata al mare, a ristabilire i miei equilibri psicofisici, e ho raggiunto a nuoto una spiaggetta nascosta, che si forma solo quando c'è bassa marea, e un pregresso moto ondoso l'abbia abbondantemente rimpinguata.

Mi é sembrato di stare su un'isola deserta, le rocce ricoperte di vegetazione alle spalle, la spuma bianca delle onde davanti agli occhi, e strisce di blu e smeraldo che si intrecciavano all'altezza dell'orizzonte.

La spiaggia era soda e compatta, come sempre, dopo gli acquazzoni.

È la spiaggia di un primo bacio, di tanti anni fa.

Ho ripreso la bici per tornare a casa prima che venisse a piovere, ma poi non ha piovuto, e mi sarei trattenuta di più, ma ormai avevo invitato degli amici a pranzo.


Di mille luoghi dove andare, ieri sera, la scelta obbligata si è ridotta, al solito, ad una.
Perchè poteva piovere, questa la scusa.
Sono arrivata nel parcheggio ed era talmente pieno che mi è sembrato strano non avessero parcheggiato pure sugli alberi.
Mentre aspettavo che un auto uscisse dal parcheggio, mi si è accostato un tale in una gran bella auto.
"Ciao!"
Ho pensato mi avesse scambiato per qualcun'altra, e ho strizzato gli occhi per metterlo a fuoco.
"Non ti ricordi di me, vero? Sono Tizio!"
Tizio mi ha agganciato su fb, tempo fa, e mi ha estorto un caffè.
Un bel ragazzo, di buona famiglia, con un'ottima posizione, un ottimo lavoro, la casa già pronta per trasferircisi con una moglie a caso e cominciare a prolificare perchè s'è fatta 'na certa.
Ho cercato di essere quanto più carina possibile nel chiedergli di scansarsi che sennò mi fregavano il parcheggio per cui stavo aspettando.

Ho raggiunto gli altri al locale, il tempo di prendere da bere e ha cominciato a piovere.

C'era un addio al nubilato, con la solita promessa sposa con il velo bianco in testa, il corteo di amiche schiamazzanti, fiumi d'alcol e un malcapitato che è stato spogliato.

L'entusiasmo e le grida ci hanno letteralmente travolti, qualche tavolo più in là.

Mentre appuntavano una cosa a penna sulla schiena del tipo denudato, ho proposto di segnargli, per gioco, il numero di un nostro amico.

Mi hanno presentato un tipo che non mi ha tolto gli occhi di dosso da che è arrivato al locale.
Sono stata invitata a dichiarare le mie intenzioni dalla amica in comune ("cosa ne pensi? Ti piace? Ti può interessare? È un bell'uomo, è single..."), e mi sono sottratta dicendo che non mi attrae, non mi interessa.

Nemmeno lo conosco, cosa dovrei dire?

Dovevamo andare da un'altra parte, ma a causa della pioggia, abbiamo trovato chiuso.

Ho deciso di rientrare a casa.

Intrattenermi in strada, davvero, mi è sembrato insopportabile.

Stasera, come ieri, qualcuno opporrà problemi a spostarsi per via del maltempo.

E no, non è un problema che si può aggirare cambiando compagnia.

È una malattia di cui soffrono tutti.















sabato 17 settembre 2016

DI INSIGNIFICANTI BEVERDÍ



L'allerta maltempo, al solito, tocca la mia zona sotto forma di acquazzone estivo.
Questo non consente di pianificare spostamenti anche brevi con la cricca di amici abitudinari.

Ci siamo incontrati nel solito circuito bevitorio serale, per fare due chiacchiere.

É arrivato il tipo strampalato che manda messaggi cui non rispondo.

Mi ha chiesto di fare colazione domattina, e qualcuno ha risposto per me che dormirò.

Mi annoia tutto, ultimamente.

Sbadiglio e voglio tornare presto a casa.

Mi sembra che le serate si arenino sempre negli stessi posti, e con la stessa gente, dopo poco, non c'è molto di nuovo da dire.

Quando ero altrove non era così.

Quando la compagnia era altra, stavo bene anche quando stavo male.

Ora mi sembra solo di galleggiare nel limbo di una solitudine estrema, dalla quale fatico a raggiungere la terraferma di una socialità appagante.

Ecco il punto: non mi sento appagata.

Non riconosco questo ambiente come mio, e non condivido la rassegnazione e il disfattismo.

Mi ha contattato di nuovo il ventinovenne che mi ha agganciato su fb.

Anni di differenza, e fosse solo una questione di età!

Abbiamo fatto esperienze opposte, nella vita sinora.

Le nostre posizioni non sono conciliabili.

Probabilmente è la mia posizione a non potersi incastrare con quelle degli altri.

A loro è sufficiente uscire, e rispettare il copione di un passo che segue l'altro fino a raggiungere un posto vicino e conosciuto dove bere qualcosa e chiacchierare di questioni insignificanti.

A me non è mai bastato, e vivo la quotidianità qui come se vi fossi confinata.

Non sono esattamente una degna rappresentante dell'ottimismo.

Oggi ho comprato un paio di nuovi occhiali da vista.

Non ne avevo realmente bisogno, quelli che ho non li uso quasi mai, si può dire che sono nuovi, ancora.

"Da quanto tempo non fai una visita?"
"Oltre dieci anni..."
"Da quanto tempo non compri dei nuovi occhiali?
"Oltre dieci anni..."
"La tua vista non è peggiorata, in questo lasso di tempo..."
"Non ho usato spesso gli occhiali, questo mi ha consentito di esercitare gli occhi costantemente"
"Soffri di qualcosa?"
"No..."
"Pressione alta, diabete?"
"Nulla"
"Prendi medicine?"
"No"
"La tecnica che hai usato è stata valida. Gli occhi sono a posto e non c'è necessità di aggiungere dei gradi. Rifaccio le lenti come quelle che hai"

Quindi adesso ho un paio di occhiali nuovi fighi che userò al posto degli altri quando avrò genio.

Ovvero solo ogni tanto, quando vado al cinema, al teatro, e quando guido di notte su strade che non conosco.





giovedì 15 settembre 2016

PIENO DI GENTE TURBATA


Settembre fa male alla gente, come gennaio.
Sono mesi feroci, di rientro allo stress lavorativo.
Come se fosse naturale accollarsi la parte fastidiosa e pesante del vivere.
Come se fosse questo a coincidere con le responsabilità.

Questo pessimismo strisciante, l'insoddisfazione permanente, la frustrazione, ci accomunano tutti, in misura diversa.

Non conosco chi ne vada completamente indenne.

Di mio, devo lavorare come un animale, ma ho rinviato qualcosa, questi giorni, perchè non sono stata granchè bene.

Oggi sto meglio, ma non ho voglia.

Fa caldo, tanto che bisognerebbe trascorrere il tempo al mare, non controvoglia al lavoro.

Se la vita è fatta per essere vissuta, e in qualche modo bisogna pur lavorare per campare, tutti questi compromessi non mi sembrano accettabili.

Non mi sembra accettabile la burocrazia incalzante che mi obbliga per ogni tipo di operazione - anche quelle che non faccio - a dichiarare per tempo, a depositare per tempo, a giustificare per tempo, ad impugnare per tempo.

A pagare, costantemente.

E non mi sembra nemmeno accettabile gestire sempre i fottuti problemi della gente per due spicci miserabili.

Essere sopraffatti dalle responsabilità, in un paese che ha la pretesa di definirsi civile, senza ottenere una contropartita soddisfacente, è davvero ben lungi dall'essere accettabile.



DA QUANDO MIO PADRE HA COMPRATO IL CINEMA...



... aka il mega televisore per il salotto, ho ripreso a guardare un po' di tv dai miei.
C'è troppa offerta per la mia domanda, questa è la prima osservazione.
A me basta un film gradevole, ma fondamentalmente mi annoiano un po' tutti.
Quindi, anche se guardo la tv, faccio cose al cellulare.
Tipo ora, che ci sono le audizioni di X Factor su un canale, che sono divertenti, però dopo un po' mi stufano e mi distraggo.

Non posso nemmeno fermarmi a dormire qui, stasera.

Le zanzare mi sbranerebbero viva, sul divano.

Si, c'è la mia vecchia stanza, ma a me piace dormire sul divano.

Vado, prima che si faccia l'alba davanti al cinema.



mercoledì 14 settembre 2016

"20MILA EURO DI SPESE LEGALI"



Una vicenda ignobile, che sta rimbalzando da un sito ad un altro, di pagina in pagina, spiattellandone ignobilmente il nome e la foto in prima pagina, in evidente spregio alla volontà della vittima di esercitare il diritto all'oblio.

Oltre il danno, la beffa?

No.

Oltre la beffa, di nuovo il danno.

La donna è stata condannata - si viene a sapere ora - a versare VENTIMILA EURO (20.000,00 euro!!!) in spese legali alle controparti, per la rimozione dei video che la umiliavano, e di tutti i commenti beceri di contorno.

Dove non ha potuto la vergogna, credo, ci ha messo il suo carico l'afflizione determinata da una decisione altamente discutibile.

Quasi a voler infliggere un ulteriore punizione, in termini, stavolta, economici.

Devi pagare perchè quel che hai fatto è deprecabile.

Se sei donna.

Se eri uomo, eri uno buono.

Difatti, non vi sono uomini coinvolti, in questa tragedia, che siano stati condannati ad una gogna mediatica o a pagarne le spese.

E se un'indagine deve essere fatta, che si estenda al perchè sono state liquidate delle spese legali di tale importo, a carico di una donna che è stata l'unica parte lesa dell'intera vicenda.






Il link dell'articolo sulle spese legali è qui sotto.


http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/16_settembre_14/morte-tiziana-aperto-fascicolo-procura-istigazione-suicidio-6b322ee8-7a52-11e6-b1b6-f8ccc6c532c4.shtml



TUTTO BENE ECCETTO L'ANSIA


Qualcosa si muove in modo sotterraneo.
Mi sfugge.
Mi inquieta.
Si materializza in ansia.

Certi giorni vado strettissima, certi giorni soltanto stretta, nella dimensione quotidiana fatta di lavoro adrenalinico e vita privata e rapporti sociali privi di stimoli significativi.

Gli amici stranieri scrivono sempre qualcosa di interessante su fb, cercano compagnia per andare a festival musicali, o per campeggiare nella natura.
Gli amici italiani sono un misto di autocommiserazione e giudizi universali e processi alle intenzioni al mondo intero.

E dunque lo studio, il lavoro, la scrittura, suonare, cantare, dipingere, i lavori di fai da te, la fotografia, gli impegni di tipo sociale e politico, i viaggi, e qualche avventura di poco conto, non mi sembrano niente di che.

Il fatto di fare già "così tante cose", secondo qualcuno, non coglie il mio punto di vista, che è quello di non fare mai abbastanza.

Mi manca sempre qualcosa, e vorrei tanto essere scontata e scrivere che si tratta dell'amore, ma so per certo che la mancanza che avverto non è legata solo a questa circostanza.


LA MACCHINETTA DEL CAFFÈ ELETTRICA DA METTERE SUL COMODINO


Comincia già il toto regali (auto regali) per Natale.

In questa valle di lacrime, arrivato settembre è calato l'inverno.

Non per le temperature, ma negli stati d'animo, che non è che poi l'estate siano più di tanto solari.

Più che riflettete il cambio di stagioni, a questi gli rimbalzano, sono sempre uguali...

Dicevo, siccome che è ormai inverno, a parte il solito viaggio, ho in mente di regalarmi un oggettino del desiderio che allieterebbe il grigiore di certi risvegli.

La caffettiera sul comodino.

Roba che devo solo stendere la mano per prendere la tazzina e portarla alle labbra.

Magari me la compro prima di Natale.

"Dovrebbe esserci anche quella con il timer!", mi dice un amico stasera, davanti a una birra, nel solito locale dove facciamo spesso sempre le stesse chiacchiere.

Perfetto! Sarebbe fantastico non dovere aprire gli occhi nemmeno per piguare un bottone, svegliarsi con l'aroma del caffè da sotto le coperte.

"Oppure trovati un uomo che te lo porti a letto al mattino, il caffè", mi suggerisce.

Mi sembra un'opzione valida, ma non passibile di essere calcolata.

Non prendo le misure ad ogni uomo che conosco per trovare il meno peggio e non stare più da sola.

Non posso inventarmi un uomo che non c'è.

E per il caffè pazienza, la caffettiera da comodino viene incontro ad una parte significativa delle mie esigenze basilari.

Mentre andavamo via, abbiamo salutato un'amica seduta ad un tavolino di un locale, con il proprietario, che conosco.

Mandò, qualche mese fa, delle richieste sconce ad una mia amica, che, perplessa dalla volgarità, non gli ha più nemmeno risposto.

Ha fatto lo splendido un po' con tutte, invano.

Da lontano l'ho visto in piedi, dietro di lei, seduta, a massaggiarle la schiena.

Mi ha fatto abbastanza tristezza.

Magari si sono trovati, entrambi.

Per stanotte...






lunedì 12 settembre 2016

DI VIDEO CHE...



Il pezzo è quel che è.
Può piacere, non piacere, fare schifo, fate voi.
A me non dispiace.
E adoro il video.
E' la rappresentazione esatta di quanto mi sento sola in mezzo la gente.
Di quanto sono brava a dissimulare.
E del casino nel quale mi trovo, anche quando non me lo cerco.
Con meno alcol e meno dita in bocca.
Senza la sbornia finale.

Sono tempestiva rispetto ai casini.
Arrivo puntuale che è una meraviglia.
O una maledizione.


IN CAMPAGNA ELETTORALE



Per qualcuno la campagna elettorale è finita, ma per altri no.
Qualcuno, con il referendum si gioca il culo.
A livello nazionale e pure a livello locale.

Ed è uno spasso leggere le puttanate che scrivono per tirare acqua al proprio mulino.

Chi ce crede poi?

A parte chi è obbligato a sostenere certe posizioni perchè ha firmato cambiali da onorare, intendo, e suo malgrado deve far finta di crederci e sponsorizzare qua e là le profonde e nobili ragioni delle proprie posizioni?

La Costituzione, quando si impara a leggerla, è sempre troppo tardi.

Basta poco, davvero poco, per passare da cittadini a sudditi.

Ed è un rischio che non penso si possa correre nemmeno paventando ipotesi remote.


DELLA CITTÀ E DI NUOVE PROFESSIONALITÀ


Di nuovo, l'idea mi sfiora.

E ne ho parlato, la prima volta, l'altro giorno, con qualcuno in grado di capire e darmi un consiglio serio.
Che mi ha detto di andare.
E di andare anche da qualcuno, in particolare, se voglio, a nome suo.

E ne ho parlato stasera, con l'amica il cui futuro sarà in questa città, a breve.
Di come però non riesco a vedermi a fare quel che faccio qui.
O a fare quello che facevo lì.
Del tipo di professionalità sul quale vorrei puntare.
Occasionalmente, per testarne la fattibilità.
Part time, per mantenere quel che ho costruito.

Ho una necessità fisiologica di trovare nuovi stimoli.

Stimoli che il paesino non può darmi.

Devo fare qualcosa e devo decidere urgentemente cosa, perchè è già settembre inoltrato.

Il che, se penso a tutto quello che ho fatto fino ad oggi, dagli studi al lavoro, dai passatempi di ogni genere - inclusi gli sport - ai viaggi, quasi fa ridere.

Non c'è nulla che mi soddisfi, c'è sempre questo margine di insoddisfazione, la curiosità di passare ad altro che mi divora.

Mi sento incalzata dal tempo e riconosco che non è solo fame di vivere.

Perchè il senso di sazietà, a un certo punto, dovrebbe inebriarmi, e invece no.

Sono affamata come un lupo.

E non so decidere, di nuovo, che direzione prendere.






domenica 11 settembre 2016

CON IL MASSIMO DEI VOTI



Un'amica ha superato un concorso pubblico con il massimo dei voti.
Stasera si esce per festeggiare.
Anche se altri suoi amici ci aspettano ad una festa che sinceramente fa pena.
E non ci passerei nemmeno a pagamento, ma non posso sottrarmi.

Un'amico mi aveva invitato a cena a casa di una amica.
"Mi spiace, ma io non mi autoinvito a casa della gente".
C'è rimasto un po' male, ma lui non c'entra.
"Non è la prima volta che organizza qualcosa a casa e a me non dice nulla", e non gliel'ho detto per fare polemica, è una mera constatazione.
Quando le interessava il mio ex, per agganciarlo, mi invitava e mi chiedeva espressamente di dirlo anche a lui, appena organizzava una cena.
Certe persone sono quel che sono, ed io non ci tengo a coltivare rapporti di opportunità.
Di opportunità per altri, poi!

Mi piacerebbe, quindi, prepararmi per la serata, e vestire il mio stato d'animo di allegria, ma la vedo dura.
Nondimeno, camufferó questo fastidio che non va via con un sorriso smagliante, perchè la mia amica è stata grandiosa, e merita di festeggiare come si deve.
Spero di fare toccata e fuga a questa festa demmerda, e di andare altrove.

Se devo stare in mezzo ai soliti fattoni bivaccanti per più di 10 minuti, ho idea che la serata fuori casa sarà molto breve...


DOMENICHE DA BUTTARE



Preso il caffè, ma che noia.
Pranzato dai miei, mi sono arenata sul divano.
Da iperattiva ci soffro.
Mi scrive per chiedermi come sto.
E come devo stare?
Bene.
Quando ci vediamo?
Mai più.
Ever?
Ever.
Mi chiamano per una questione di lavoro.
Si, di domenica.
È lavoro, non posso turarmi indietro.
No, non è stacanovismo.
Ho bisogno di aria, ma non ho voglia di uscire.
Sono elettrica, ed essendo acqua, brucio.
Sono le 18.00 ora, e mi sembra notte fonda di un giorno inutilmente speso.
Non ho voglia di andare a cena con gli altri.
Non ho voglia nemmeno di raggiungerli dopo.
Non ho voglia di far nulla di nulla.

LIBRI FARAONICI



Il sabato sera registra, stasera (e non per la prima volta), l'apatica anomalia che mi vede ciondolare tra casa dei miei e casa mia.

Ho guardato un po' di tv, dai miei, ma dopo poco mi è venuta l'angoscia e ho spento.
Che diamine è diventata, la tv?
In un film che stavo guardando, ad un certo momento, hanno stuprato una donna semiconsenziente a turno.
Ho cambiato canale, e in questa trasmissione stavano affrontando problemi legati a errori chirurgici.
Gente rovinata dalle proprie scelte azzardate, e da errori umani di altri.
Ho cambiato canale, ho trovato un altro film, e nulla: stupro con sevizie ai danni di una donnina esile.
Ho cambiato canale, e due tipi stavano parlando di problemi legati alle dimensioni dei loro peni.
Sono tornata sui canali "istituzionali", e ho beccato un programma di approfondimento sulle sette sataniche e sui modi in cui fidelizzano gli adepti.
Un argomento interessante, se vogliamo, data la diffusione enorme in alcune aree della nostra nazione, e che fu trattato, in passato, anche in quel magnifico programma che era "Una notte in questura".
Finchè non sono arrivati i dettagli raccapriccianti.
Gente che si taglia, gente che s'appende nei boschi e quanto altro.

Ho desistito.

A me lo splatter non piace, non adoro l'esaltazione - nemmeno in forma artistica - della violenza verso altri o verso se stessi.

Ah, ho dimenticato: c'era pure un film (o un telefilm) recitato in napoletano da pseudo malavitosi, SOTTOTITOLATO!

Ora si usa così?

Sottotitoliamo i dialetti italiani?

Per un popolo che a malapena parla e scrive in italiano, mi sembra ecessivo.

Forse la finalità è didattica, e mira proprio all'insegnamento della lingua italiana, veicolato da sceneggiati di non altissimo livello.

Non saprei, ma ho spento la tv, sono tornata a casa e ho scelto una pila di libri (alcuni da cominciare, altri già avviati) da leggere a letto.
Solo che la lampada da lettura mi si è fulminata, e l'altra fa più buio che luce.

Quindi, visto che è tardi e ho poca luce, il prescelto è un libro su magagne egizie, con i soliti faraoni di mezzo, rivisitati in chiave moderna.

Cioran no, è tardi.
Nemmeno Nietzsche, chè tanto sono già arrivata da sola e abbondantemente, al di là del bene e del male, questi giorni.

Sento addosso il calore di un abbraccio che non posseggo, e che non mi manca.
Eppure lo sento, persistente come un profumo, sulla pelle.
Non vuole andar via.



sabato 10 settembre 2016

SOLO UN CAFFE


Mi contatta, esordendo con "fino all'altro giorno eri all'estero, ora vedo le foto che sei in Italia, ma non qui!", cui ho risposto che si, ero già rientrata e che si, ero in giro altrove, in quel momento, ma sarei rientrata in serata.

Il suo "quando torni ci prendiamo un caffè" si aggiunge ad altre prospettazioni di fantomatici caffè che non sono mai accaduti.

Ci tengo a precisare che è lui che mi contatta, è lui che propone caffè, è lui che poi resta annientato da non so cosa e non riesce a concretizzare con un invito serio.

Aggiungendo, ad esempio, un dove e un quando, al caffé.

L'ultima volta gli ho risposto di chiamarmi in settimana, per il caffè.

Che mi avrebbe fatto piacere, sbilanciandomi per incoraggiarlo.

Sparito.

Forse si aspettava che gli dicessi di presentarsi a casa, a prendere il caffè?
Che avevo già la machinetta sul fuoco e la biancheria intima più sconcia addosso?
Il problema nella comunicazione è che io non so leggere tra le righe?
Un tempo circolava una vignetta sulle donne.
Si=forse, no=si, forse=no, e roba del genere.

Oggi se un uomo ti propone per tre volte di vedersi per un caffè, e poi si dilegua, scatena sulle prime sconcerto, sulla seconda disappunto e noia.
Alla terza pensi che è matto.
O che non hai colto un messaggio più profondo.


Mi contatta oggi, chiedendomi "come va?".
Prima di rispondergli, mi sono allegramente dedicata ai cavoli miei per circa cinque ore.

Mi ha proposto di vederci per un caffè.
Di nuovo.
Una cosa patologica, allora!

Gli ho risposto che di caffè, finora, ne abbiamo solo parlato, ma che non ne abbiamo mai presi.
Che ogni volta, poi, è sparito.

In un inaspettato scatto d'orgoglio, mi ha proposto allora di vederci domani.

Quindi domani, forse, riesco a prendere questo caffè.

Al quale non intendo dedicare, in verità, molto tempo.

A meno che non se lo guadagni.






venerdì 9 settembre 2016

LE DUE E TREDICI MINUTI DI NOTTE


Ora quattordici.
Ed io non ho ancora deciso un accidenti di quel che devo fare domani.
Ho finito di leggere "L'ombra del vento" di Zafon, di cui avevo già letto "Marina.
Ha una scrittura che risente di mille condizionamenti letterari e cinematografici, ma che si sviluppa in modo autonomo, e crea questa sorta di vortice dal quale si viene risucchiati sino a riemergere alla fine del libro, con la nostalgia addosso.
Domani che diamine devo fare?

Sembra facile, non lo è affatto.

Tra una manciata di ore devo decidere se fare la spesa e organizzare un pranzo nel migliore ristorante della zona - casa mia - oppure se scovare un posticino a due passi da qui, ma fuori dal mondo, dove il cibo sia accettabile, o ancora se preparare finger food e panini e organizzare un pi nic, immersi nella macchia mediterranea a ridosso del mare.

Se piove, l'ultima ipotesi salta a priori.

La prima ipotesi, invece, porta conseguenze che con la cucina hanno poco a che fare.

La seconda è quella che mi dovrei imporre, ma che non esclude in radice il fatto che non abbia ordinato e pulito casa per niente.

Si sente il profumo di pulito da fuori il portone.

Ed è meraviglioso che il dubbio mi abbia indotto a sistemare casa, che altrimenti sarebbe rimasta nell'anarchia fino a Natale.


....


Sopraggiunto il sonno, la pubblicazione è saltata.

Mi sono svegliata abbastanza presto, stamattina, ho finito di sistemare casa, mi sono fatta una doccia rapida e ho messo il mio olio meraviglioso.

Indecisa tra le varie opzioni, alla fine sono andata a prendere del pesce fresco, pensando che se l'unico ristorante della zona dove mi sarei fermata volentieri a mangiare fosse stato chiuso, solo allora avrei cucinato a casa.

E potrei scrivere che sono passata sul mare e che il locale era aperto.

Che quindi la giornata è trascorsa in modo tranquillo, senza ripensamenti.

Non è andata esattamente così.

Ho cucinato un risotto pazzesco.

Da "per me solo un pugnetto di riso", siamo passati a buona parte del contenuto del wok.

Sono una discreta cuoca, di quelle che badano, all'occorrenza, anche alla composizione cromatica degli ingredienti, nel misurare accostamenti e quantità.

Oggi il tema era nero con gradazioni di rosa.

Un tema improvvisato all'ultimo secondo, perchè il ristorante era chiuso ed il tempo incerto per fare un pic nic, e quindi le circostanze si sono messe di traverso per mandare all'aria i miei buoni propositi.

...

È venerdì sera ed io non me ne ero accorta.
Ho una serata davanti che non so ancora come e con chi la voglio trascorrere.
So per certo, soltanto, che uscirò vestita come sto, perchè non ho voglia di prepararmi.
E di truccarmi.

Mi sono distaccata.
Questo è evidente.
Solo che io mi guardo dall'interno, e quel che è evidente per me può sembrare altro.
O non sembrare nulla.

Di mio, non sento dolore.



















mercoledì 7 settembre 2016

LA VOCE CHE INCIAMPA NELL'ERRORE



Un errore consapevole e atteso.

Un errore cercato e desiderato.

Un errore, punto.

Come altro definirlo.

Bello così, senza speranza e senza futuro, ma con un presente vivo.


***


Ho deciso cosa fare di questi capelli.

Hippie foreva!


***

Mi ha agganciato uno street artist figherrimo su Instagram.

Mentre io mi preparavo per venire a lavoro, nel pomeriggio, lui era in giro a meditare su come fare per entrare dentro un antico edificio abbandonato della città.

Sembra uno scherzo, davvero, ma non lo è.






IL BUON SELVAGGIO



È vero che nelle mie invocazioni al cielo, ad una non meglio specificata entità sovrannaturale, ho chiesto di mandarmene uno selvaggio e libero come me, lo ammetto.

Però, vedere la foto dello straniero che ho conosciuto in viaggio, con i capelli lunghi, a cavallo, in qualcosa di molto simile ad una prateria, lontano dall'urbanizzazione e pure dalla sua ombra, m'ha messo un po' d'angoscia.

Sembra un indiano d'America estemporaneo.

Ma c'è di più.

La sua tenuta da cavallerizzo, corredata da calzature, abbastanza lontane dall'essere appropriate.

Ebbene, in foto sta cavalcando con le crocs ai piedi.

Giuro.

LE CROCS!

Mi è venuto in mente il mito del buon selvaggio, come saremmo tutti se non fossimo corrotti dalla (in)civilizzazione.

Solo che lui - che, per carità, è figo pure con le crocs a cavallo - ricopre, in questa piccola favola il ruolo del buon selvaggio, mentre io quello della corrotta.

E quindi mi sento di dover correggere il tiro, nelle richieste che rivolgo all'entità di cui sopra: selvaggio è figo, davvero, ma io sono una donna italiana, abituata a standard anche piuttosto modesti, va bene anche un po' meno selvaggio.

Non deve per forza cavalcare animali a piedi quasi nudi, non serve, davvero...

Peró grazie del pensiero, eh!

martedì 6 settembre 2016

A VOLTE CI PENSO A TORNARE IN CITTA'



Tipo oggi, che ho scorso, per caso, degli annunci di lavoro, mentre cercavo altro.

E sono affiorati alla memoria gli anni in cui non avevo ancora idea di cosa significasse fare questo lavoro, gli anni in cui la gavetta è stata alienante, frustrante, disturbante.

Gli anni in cui alle difficoltà effettive si sommavano incertezze e preoccupazioni di ogni sorta.
Preoccupazioni che oggi non si sono dissolte (al contrario delle incertezze su me stessa, su quanto potessi essere in grado di sostenere l'ambiente), ma che affronto in modo diverso.

Sarei pronta a mollare questa dimensione umana e rilassata che mi sono ritagliata e guadagnata qui al paesello, per rituffarmi di nuovo nella vita cittadina?
Nel marasma di eventi e di gente, nel degrado, nello smog, nelle distanze atroci, nei ritardi congeniti?

Ricominciare da zero avrebbe un senso?
Per il lavoro, per la socialità cui non sopporto più di sottopormi, per me stessa?

Mi sembra di non trovare mai pace, e questo prescinde dai luoghi, che sono tutti splendidi.
Il problema è che i luoghi li fanno soprattutto le persone, ed io continuo ad andare strettissima in questi luoghi fatti di persone che non mi somigliano.
Cui non appartengo.

Ho letto tre annunci sul portale di riferimento.
Ognuno di questi annunci richiede una competenza diversa, in settori diversi, nessuno nel quale non mi sia già ampiamente cimentata, nessuno del quale non abbia una discreta padronanza.
La tentazione di inviare il mio CV e di farmi un colloquio è allettante.
Una sorta di piccola sfida con me stessa.

Nel contempo, l'idea mi fa anche tristezza.
Tra i nomi degli annunci, ce n'è uno particolarmente altisonante che ricordo bene.
Se ricerca personale, vuol dire che nessuno, nonostante il prestigio, regge o ha retto sinora.
Ricordo pure che uno che lavorava per lui era etichettato "cane da padrone".

Ed io ho voglia di finire a fare il cane da padrone rinunciando alla mia autonomia professionale?
Per cosa poi, per un futuro incerto quanto quello che ho davanti?
Per arrivare la sera alienata a casa, dopo dodici ore di lavoro sottopagato?
Lavorare dodici ore al giorno, tutti i giorni, per consentirsi di comprare cose costose nei ritagli di tempo, bruciando l'esistenza a correre qua e là, o impacchettandola tra quattro mura?

La via di fuga dalla dimensione che mi va stretta non può essere questa.
L'ho già sperimentato.
L'autonomia è tutto.
Inebriante e adrenalinica, è qualcosa che ti fa sentire viva e padrona di te stessa.
E' la libertà.

Ci sono altre ipotesi che dovrei sviluppare e percorrere, a livello lavorativo.
Ci penso spesso, a come mettere a frutto certe capacità, delegando ad altri le operazioni materiali.
Comincio a comprendere a pieno quello che qualcuno ha provato a trasmettermi.
E questo è il passo che debbo fare.
Il volo che debbo spiccare, senza il rischio di cadere.
Anche se non so bene come fare.

E' da studiare.

Quanto al tornare in città, è un'ipotesi che per certi versi scarterei a priori, per altri non vorrei.
Una via di mezzo è inviare questo benedetto CV e dare impulso ad altre cose.
Che non si sa mai, poi, dove ti portano.













lunedì 5 settembre 2016

TAGLIO E COLORE



Devo decidere cosa fare di questi capelli.

Ricrescita si, ricrescita no.

Si porta, mi rispondono tutti.

Capelli naturali o capelli tinti?

Tinta stai bene, mi dicono.

Perchè al naturale faccio cagare, scusate?

Tinta sei più luminosa, rispondono evadendo la domanda.

Riprendo questo colore o lo cambio?

Stai bene hippie così, mi dicono senza considerare che l'estate è finita e sono già rientrata al lavoro.

Lunghi o corti?

Tutti propendono per il lungo, stile maria maddalena.

Quindi, ricapitolando, i miei amici e i miei cari, in generale e unanimemente trovano che la mia dimensione ideale sia questa, anche fuori stagione.

Devo ancora spulciare il web per farmi un'idea su come gestire taglio e colore per andarci anche a lavoro.

Ogni suggerimento è ben accetto.

MAYBE I DON'T, MAYBE IT'S ME



- "Guardati: hai chiuso un matrimonio che non funzionava e hai intrapreso senza problemi relazioni con altre donne, in modo serio. Lascia perdere quelle che non hanno funzionato, quella attuale funziona. Ti sei messo in gioco..."
- "Ho avuto anche fortuna"
- "Mi domando se oltre la fortuna, a me manchi la predisposizione che hai tu. Nel cimentarti in altre storie, nel farti piacere altre persone, e nella pazienza necessaria per costruire qualcosa"
- "Hai fatto bene a chiudere, non ci pensare"
- "Me lo sono chiesto se fosse il caso di cimentarmi in un'attesa. Perchè certe cose richiedono tempo. E impegno. Solo che io esigo correttezza, e che correttezza potrei aspettarmi da chi non ce l'ha? Non è una questione di tempi che non coincidono, ma di presupposti che mancano"

E per quanto uno ci possa tenere, per quanto si possa star bene, manca sempre qualcosa.
Ed è lo stimolo in più.
Quel qualcosa in più che non ti fa sentire un numero nella massa di intercambiabili, ma la prescelta di qualcuno che hai scelto.

Io non voglio far numero, voglio essere lettera.



domenica 4 settembre 2016

E VOCI ALLEGRE AL TELEFONO



Mi ero raccomandata di essere serio e non mancare l'occasione.
E gli ho mandato per messaggio un in bocca al lupo.
Siccome è un po' testa di cazzo, l'ho chiamato per sapere come era andata, visto che non mi aveva fatto sapere nulla.
"Ho posticipato ad oggi. L'appuntamento è tra poco", mi ha detto, e mi sono un po' scocciata, e gli ho fatto un mezzo appunto, e gli ho rinnovato l'invito a chiamarmi.

Silenzio per due giorni.

Stavo leggendo, la lampada puntata verso il muro, sdraiata sul letto in pigiama, ed è suonato il cellulare.

"Ohhh che stai a fa?"
"Sto a casa..."
"Ma veramente? A far che?"
"Parliamo prima di cose serie! Come è andato il colloquio? Sento una voce allegra, spero bene!"
"Si, tutto bene, mi dovrebbero assumere a breve"

Mio cugino è un po' un fratello.
Siamo cresciuti insieme tra nonna e bisnonna, e ci diamo una mano quando serve.

"Come hai fatto con i materassi, che io non ci sono stato?"
"Mi sono caricata il nuovo per le scale, tirandolo su per i gradini per i lacci con cui l'avevo legato. Il vecchio l'ho trascinato giù, e devo smaltirlo"
"Domani ti aiuto io! Alle 8 sono da te!"
"Non ti sembra un po' presto?"
"Alle 9 sono da te"
"Va bene, ci vediamo alle 9.30 da me"
"Ma adesso che fai? Sul serio stai a casa?"
"Se sei in giro, mi infilo la tuta e scendo al mare, facciamo un po' di sport"
"Sto andando a fare un giro a ... a bere una cosa..."

E no, l'alcol non mi motiva a sufficienza per abbandonare il letto, stasera.
Lo sport si, ma il bere no.
Non ho voglia.

Affondo gli occhi, finchè non si chiudono, di nuovo nelle pagine del libro.

Domani devo anche lavorare.


UN TRAMITE PER COLLEGAMENTI E PAROLE


Questo mi fa sentire, il fatto di riversare qui tanti pensieri.

Vorrei uscire, stasera, ma mi annoia il solo pensiero.

Mi annoiano la compagnia scontata, i discorsi già sentiti, l'alcol e il fumo delle sigarette.
Mi stufa sapere che incontrerò sempre le stesse facce, le stesse occhiate, nelle medesime vesti mentali di sempre.
Non c'è via di fuga, in questo piccolo delirio conosciuto.

Ieri sera ho declinato l'invito a raggiungere altri amici e conoscenti, perchè non avevo stimoli sufficienti per non tornare a casa.
Si, ho risposto per davvero così.
Era passata la mezzanotte, e trascorsa una serata piacevole e senza intoppi.
Ho pensato che tutto quello che poteva avvenire dopo l'avrebbe guastata.
Volevo preservare il risveglio da eventuali brutti ricordi della sera precedente.

E quindi tentenno in attesa che arrivi un messaggio.
Guardo la tv, a casa dei miei, ma non mi svuota la testa, non mi distrae.
Aspetto la cena, ma non ho fame.

Potrei tornare a casa e continuare la lettura di uno dei libri che sto leggendo, e incorniciare delle foto e una locandina,  ascoltare musica, farmi un bagno e accendermi due candele.

Fa caldo, ancora, per fare un bagno caldo.

Non ho voglia di muovermi da qui.

Non ho nemmeno voglia di dormire.

Oggi non mi sento energica nè ottimista.
Non mi sento propositiva.
Non ho nemmeno voglia di raccontarmi che se esco e prendo arua mi sento meglio.
So acosa vado incontro, se esco, e continuo ad essere più che titubante.

Il divano dei miei mi sembra l'alternativa migliore che questa giornata, ormai finita, possa offrirmi.

PERSONAGGI IN CERCA DI ATTENZIONI


"Non lo so se gioco..."
"Io non so giocare..."
"No, dai, non mi va di giocare!"
"Uffa, se proprio devo..."

A me la gente che deve farsi pregare, neanche a dirlo, non piace.
E lei, peraltro, ne ha fatte di cose per cui non mi piace, a parte farsi pregare per fare la squadra al biliardino.

È stato un continuo di gridolini e sbuffi, che nemmeno una creatura di due anni.
"Cieffeaaaaaaaa, aspetta!", "e Tiziooo daiiiii, non si fa!" finchè non ha finito l'appello chiamandoci tutti, lamentosamente, per nome, ad ogni azione.

La pallina bianca si è arenata all'improvviso in un punto del campo, davanti ai suoi attaccanti, di fronte alla mia difesa.

"Oddio, e adesso cosa faccio! Come faccio!" hanno incontrato i soliti "colpisci", "tira 'sta palla", "qual è il problema a tirare?".

Qualcuno scherzando, ha afferrato la stecca al posto suo, rendendogliela subito.

"Eddai!" su "Eddai!", alternati da "nooo" e "aspettate" hanno fatto da colonna sonora al film della pallina bianca bloccata sul campo da gioco, davanti alla mia difesa.

L'ho spinta con il dito e ho ripreso il gioco.

"Cieffeaaaaaa noooo, ma non si faaaaa", ed è ricominciato l'appello.

Le ho risposto in modo simpatico, ma brusco.

È finito l'appello.


Considerato che ogni volta che gioco con questi amici, chiunque sia il mio compagno di squadra, vinco, e considerato che, a parte un paio di loro che mi dicono che sono bravissima, che me lo riconoscono, gli altri (uno in particolare) se ne vengono con cose del tipo "eh però X (stracciata a più riprese) è più brava", temo mi sottrarrò alle prossime occasioni.

Non è per qualcosa, ma di avere a che fare con persone che si sentono lese a riconoscere se sono più brava di loro in qualcosa, mi stufo.

Non sono una psicanalista, non devo avere comprensione dei complessi e delle frustrazioni degli altri, e trovo sgradevole essere sminuita, o sentirmi dire cose spiacevoli e fuori luogo.
Trovo sgradevoli certi modi.
Che, naturalmente, non hanno riguardato solo il biliardino.



"Pensi che non abbia notato come lui ti risponde, ogni volta? I toni che usa?"
"Non so, sinceramente, per quale ragione si comporti così. Non credo di avergli fatto nulla..."
"Non lo so nemmeno io. Siete entrambi miei amici, e mi disturba e mi dispiace vedere come ti risponde, ogni volta. Mi sto mantenendo per non sbottare, ma se capita l'occasione gliene parlo"
"Non sei tu responsabile dei suoi comportamenti"
"No, ma non tollero che ti metta a disagio quando si sta insieme. Fa delle uscite fuori luogo"
"Finora gli ho risposto a tono e l'ho messo a tacere. Non ti nego che alla prossima uscita che farà, sarò cattiva"

Credo che la mediocrità e l'idiozia vadano arginate, anche in malo modo, se occorre.
Non voglio rendemi corresponsabile di certi modi di fare, lasciando correre.

















sabato 3 settembre 2016

"MIO MARITO"



Fino all'altro giorno eri la protagonista assoluta della tua vita da single, ti dedicavi al lavoro, ai tuoi interessi, avevi un'opinione su tutto.

Oggi che sei sposata, ogni frase comincia con "mio marito".

Un uomo che fa cose, dice cose, pensa cose, e vive la sua vita, in funzione della quale vivi la tua.

Poi arrivano i figli.

E le frasi che hanno per soggetto "mio marito" si alternano, sempre di più, a quelle con soggetto "mio figlio".


Superata una certa età, puoi essere stata un'artista, aver vissuto all'estero, aver viaggiato ovunque aprendo i tuoi orizzonti, avere esplorato i confini della sessualità, fino al punto da intraprendere relazioni con ambo i sessi, ma devi rientrare in te, trovarti un uomo e prolificare.

Questo è il retaggio culturale insopprimibile di parecchie donne, ancora.

E se una campagna per la fertilità - che è stata fatta coincidere con il messaggio indirizzato per lo più alle donne "spicciati a far figli, chè il tempo passa!" - ha attecchito in questi termini, nel nostro paese, è perchè fa leva su una mentalità che nel 2016 è ancora difficile estirpare.


HO CAMBIATO CELLULARE



L'avrò detto almeno una ventina di volte, recentemente.
Una mezza verità per giustificare che ho perso un numero.
Perché non l'ho trascritto sul nuovo cellulare.
Perché non mi andava.

"Ah, si, nemmeno io ce l'ho più, me lo vuoi ridare, così ci sentiamo per domani sera (che avrò sicuramente altro da fare)?"
Sconsolata gliel'ho dato, chiedendogli di mandarmi un sms con il nome.

Ha preferito farmi lo squillo.
Ed è comparso il mio nome sullo schermino del suo cellulare.
"Ah, ma guarda, l'avevo il tuo numero..."

Mi ha mandato un sms che si poteva risparmiare, a notte fonda.

Perchè la gente deve dar fondo al lato più insulso di sè nell'avere a che fare con me?

Questo rimane un mistero.

La scusa "ho cambiato cellulare" che ho usato per delicatezza, non funziona.
Ho provato anche con "mi scocciavo di registrare di nuovo tutti i numeri" e "ho cancellato parecchi numeri", più dirette, come scuse.
Niente da fare.
Forse pensano che scherzi, ma io son seria.

Se un numero non ce l'ho più é perché non mi frega.

Serve il disegnino?


venerdì 2 settembre 2016

LA DIFFICOLTÀ A CONTESTUALIZZARE



L'altro giorno il fertility day, con dei manifesti che sembravano vignette.
Oggi Charlie Hebdo, con delle vignette che non sono manifesti.

E si può certamente esprimere il proprio disgusto per una vignetta che può essere, per qualcuno, e legittimamente, di cattivo gusto, ma non si può prescindere dalla denunzia che la stessa contiene, che non ha nulla a che vedere con il tabù "i morti non si toccano".

C'è una marcata difficoltà dell'italiano medio a contestualizzare gli eventi che accadono e a ricondurli nell'ambito di pertinenza.

Non si riesce a distinguere la politica dalla satira, la realtà dalla fantasia, le cose importanti dalle inezie.

Ci sono stimoli costanti, dai quali siamo bombardati ad arte, attraverso i media, volti a dirottare altrove la nostra attenzione, generando sdegno, alimentando sentimenti di rancore, frustrazione.

E che tengono i nostri stati emotivi sotto scacco.

In questi giorni è passata - molto in secondo piano, quasi in un sussurro - una riforma che incide sul sistema giudiziario nostrano.
Le norme procedurali avveniristiche (e discutibilissime), dopo una prima approvazione, sono state stralciate.
È passata, dunque, solo - solo! - la proroga degli incarichi a magistrati della vecchia guardia, ed il provvedento che consente di inserire mille nuove unità all'interno degli uffici, attingendo a graduatorie interne varie, quindi senza dare spazio a nuove leve a mezzo concorso, e rivisitando secondo criteri non meglio specificati, l'organico e le competenze necessarie per far fronte ai nuovi ruoli che verranno assunti.
Ho appreso oggi del fermento tra le fila dei magistrati entrati con i recentissimi concorsi, rispetto al nuovo assetto imposto dalla riforma, che pospone nel tempo i loro diritti e le loro aspettative.

Mentre discutiamo di orologio biologico e di sisma all'italiana, qualcuno ce lo mette al culo.

Vorrei che il buon senso fulminasse le persone e accendesse una lampadina nelle loro teste.

Questo desiderio, che non posso sottoporre a mezzo preghiera ad alcun Dio, perché non credo, rimarra lettera morta e mi relegherà a vivere confinata nell'enclave del distinguo, nel regno di chi fatica a contestualizzare gli eventi e le circostanze come invece dovrebbe.



PER FARE UN TAVOLO CI VUOLE IL LEGNO



In realtà si può fare con mille materiali diversi, ma io lo voglio di legno.
Per la cucina.
Quello che ho attualmente l'ho costruito recuperando una tavolaccia di legno laccato, cui ho montato le gambe.
La tavolaccia è però sottile, e il colore non mi soddisfa.

E quindi ho recuperato, per la modica cifra di € 19,00, un piano da lavoro in legno già trattato, delle dimensioni giuste per farne un tavolo, che è spesso almeno tre volte di più, cui monterò a breve le gambe.
Il che, sebbene sembrerà banale, comporta una scelta difficile: monto le gambe in modo classico, comprando il legno che mi serve al fai da te, oppure scelgo un altro altro tipo di supporto?

In realtà ho visto un tavolo cui, al posto delle classiche quattro gambe (squadre o cilindrice, di metallo o di legno), porta due cornici di legno robusto, che reggono il piano.

L'idea è semplice e d'effetto, e mi piacerebbe riprodurla.

Non so esattamente quando, perchè ho mollato la tavola di legno in fondo alle scale, e mi serve un volontario che mi aiuti a caricarmela sulle scale.

Per me è un po' pesante.

Alla peggio, appena lo incrocio, per caso, precetto il vicino di casa...


giovedì 1 settembre 2016

DI VIDEO ESPLICATIVI DI STATI D'ANIMO CHE DEBBO CONTROLLARE



Avevo scritto del perchè l'ho bloccato, oggi, su whatsapp.

Del perchè non intendo più concedergli il potere di disturbare il libero scorrere della mia esistenza con i messaggi insulsi in cui mi chiede di vederci.

Poi ho smadonnato, ho accartocciato virtualmente la bozza e l'ho seppellita nella relativa casella, che è diventata ormai il cimitero delle bozze: è pieno di lapidi che titolano le cose più atroci!

Non voglio che questa faccenda trovi uno spazio più definito nel mio angolino blu.

E' una faccenda da accartocciare e seppellire, al pari di una bozza.

Perchè è quel che è, in fondo.

La bozza di una relazione che non può essere.