domenica 28 febbraio 2016

"DI UNA DOLCEZZA UNICA"


Diciamo che ho storto la bocca.
"bella", invece, ho riso.
Ho anche ringraziato, educatamente, in modo composto.

Quale introduzione migliore per una donnina come la sottoscritta?
A riprova che l'esteriorità si oppone energicamente a quello che c'è dentro l'involucro.

Mi è stata data l'occasione di parlare, e l'ho colta.
Mai una volta che mi tirassi indietro, ma loro non potevano saperlo.
E nell'arte dell'eloquio e dell'improvvisazione mi presto volentieri.
Forse volevano mettermi alla prova, non lo so.

E quindi, al solito, aprendo bocca, ho disintegrato ogni preconcetto.

Immagino che la parola "dolcezza" verrà ampiamente rimossa dall'assortimento di aggettivi che utilizzeranno la volta prossima per introdurmi.

Trovo sempre stimolante misurarmi con platee di interlocutori sconosciuti.
Mi diverto a vedere come cambiano le espressioni del viso, come la scioltezza legata alla convinzione che sia "una ragazzina" venga eradicata in favore di un "ma chi  cazz'è questa!".


- "Allora, me la sono cavata?"
- "Beh, considerato che non sapevi di dover intervenire, e ti hanno tirata in ballo all'improvviso, sei stata concisa e persuasiva"
- "Hai presente quando ero ragazzina e mi riconoscevano per strada perchè ero tua figlia? Non sarò contenta finchè la gente non ti fermerà per strada riconoscendoti perchè sei mio padre..."

Dicono che colpisce il mio entusiasmo.
Il mio modo di parlare, senza inflessioni.

Io voglio solo vivere in un mondo migliore.



DON'T WRITE ME BACK



So, why you write me, if you don't want to write me back?
Why you asked me, if you're not interested on my answer.
Just to know that I'm alive, falling in this little piece of life I chose to fall in, in this painful loneliness?
The same that you chose?
Who forced you?
What's wrong with my freedom?
What makes it so attractive?
You can't resist on the doubt burning in your heart?
What's wrong with us?


Il vento caldo spinge contro le imposte, prevaricatore.
E tu sei lontano, nel tempo e nello spazio.
Non sei qui, ed è già una scelta.
Non sei qui, dove ammacco tasti su una tastiera inerme.
Non sei qui, dove instauro relazioni gelide ed insignificanti, dove scoparmi una pietra mi lascerebbe meno tristezza e avrebbe meno il sapore di un inganno.

E non puoi pretendere di far sentire la tua presenza, perché è solo un abbaglio, uno scintillio insulso, cui non voglio più cedere.


NOIA, COMPAGNA MIA



Mi succede da un po' questa cosa.
Mi annoio quando esco.
Mi annoiano le compagnie.
Mi annoiano i vecchi inganni e i fantasmi che continuano a bussare alla mia porta.
Mi annoiano gli ex.
Mi annoiano anche gli amici.
Mi annoia fb e tutte le boiate che le persone che conosco ci scrivono.
Boiate immonde, copia-incolla pallosi, battute che non fanno ridere nessuno, il calcio, il sarcasmo da quattro soldi.


Era meglio quando la gente stava zitta, quando non aveva tutti questi strumenti per urlare al mondo la propria idiozia.


Talvolta temo di disimparare l'italiano, leggendo le frasi vigorosamente sgrammaticate che vengono pubblicate quotidianamente.


Quello che mi turba di piú, in ogni caso, é questa noia che non riesco a scacciare, da un po'.
La noia per ció che vedo e che sento costantemente.


Forse stasera era meglio rimanere a casa a guardare un film.



sabato 27 febbraio 2016

LA CONFUSIONE DEI SOGNI



Certe connessioni vengono a trovarmi la notte, da sempre, quando torno sui luoghi dell'esistenza che poteva essere e non è stata, a visitare appartamenti e piazze di paesi di una geografia immaginaria che si sovrappone a quella reale.

Ho visto la tua schiena distendersi nuda, bianca e splendida, le braccia tese verso il cielo, e così la voce, piegata ad una rappresentazione teatrale che cela la tua reale essenza, tramutandola nello stereotipo cui hai aderito per le tue ragioni.

Mi hai lasciato prendere parte a questa recita come una spettatrice critica, noncurante della mia sensibilità.

La nebbia amplia la distanza sino a spezzare ogni contatto, e la nebbia copre ormai tutti i miei ricordi e le mie sensazioni.

Non ho più il diritto di farci affidamento, su quel che provo, perché non esiste più, si è dissolto come un'aspirina effervescente in un bicchiere scheggiato, da ingerire senza graffiare il labbro, per curare i propri malanni.

E stamattina su whatsapp è comparso un messaggio che non c'entra nulla, o forse si.

Forse c'entra tutto.

Talvolta mi chiedo se sono il fulcro involontario di una rete di connessioni, quelle che ho instaurato sinora.

E del perché abbia scelto la parte più difficile da rappresentare, senza scendere a compromessi con me stessa.



venerdì 26 febbraio 2016

IL PUNTO ESATTO IN CUI CADO





Quello che mi domando é se sono colpevole di aver dato adito, non negando la mia presenza quando richiesta, rispondendo ai messaggi che ricevo con cadenza quotidiana, acconsentendo a dei caffé.


Mi domando se il mio modo professionale di pormi, o amichevole, sia riuscito a sovrapporsi al linguaggio non verbale con cui comunicano gli occhi.


E mi pare evidente che cosí non sia stato, perché nonostante non vi sia stata una parola fuori luogo, nonostante non mi sia tradita, non mi sia sbilanciata, non sono riuscita a mettere a tacerli, questi occhi.


E quindi ogni giorno mi presto volentieri a rispondere cordialmente a quelli che sono pretesti per vedersi o tenersi semplicemente in contatto.


Per sapere cosa faccio.


Che vita faccio.


L'insoddisfazione di quest'uomo rispetto alla propria condizione mi arriva in tutta la sua gravità.


E lui mi piace, anche se non dovrei consentirgli margini di alcun genere, perchè é impegnato, e in modo serio.


Senza dare apparentemente adito, in realtà lo sto dando, consentendogli di farsi strada nel conoscermi sempre meglio.


Ed ecco, dunque, come lo spiego...
Sento fisicamente l'impulso di scappare, anche se mi attrae.


Ho voglia di una sigaretta.







SCIVOLANDO



Ho aperto il portoncino sotto casa, stasera, e l'aria calda mi ha investito.




Piove e la consecutio temporum é appena saltata.


Rientrando a casa, l'asfalto lucido di pioggia a cui fare attenzione ha attratto completamente la mia attenzione.


Oggi é successo un orribile incidente, e mi sono passati mille pensieri, utili e futili, per la testa.


La luce verde del semaforo é scivolata a terra, allungandosi sul manto stradale, trascinandosi sotto la macchina in movimento.


La luce rossa dei freni della macchina che mi precedeva si é sovrapposta allo splendore del verde, che si é spento nel giallo.


Sono arrivata a casa, e fa caldo.


Tolgo gli stivali, i jeans e la maglia leggera, strucco il viso dello smog e del make up quotidiano, e della maschera che suo malgrado ha indossato.


Mi sembra di avere vent'anni e a volte cento.
E talvolta entrambi insieme.

giovedì 25 febbraio 2016

VA BENE?





Da circa un anno non riesco a definire una questione lavorativa che ha preso in carico un tale, investito per grazia divina e calci in culo di una competenza che richiede capacità di cui non dispone.


"Devo sentire Tizio, ora mi sono scocciata!"
"In bocca al lupo! Io ci ho litigato e l'ho sfanculato", mi dice il collega che ha avuto a che farci prima di me.


Gli sto facendo pressioni da mesi, e quando non sa fare qualcosa mi risponde stizzito "non lo so, devo chiedere qua, là, devo studiarmi la cosa, COME FACCIO!!!", attaccandomi ogni volta quasi il telefono in faccia.


Trattandosi di un uomo che rasenta la soglia dell'anzianità, noto professionista locale, all'inizio ho ritenuto di non essere particolarmente insistente e di non replicare.


Ho cambiato politica, da un po', perchè mi ha ucciso seriamente la salute e non lo reggo piú.


Gli ho detto, quindi, palesemente, che la questione si é trascinata troppo a lungo e che ho l'esigenza di chiudere tutto e a strettissimo giro, cercando di essere di polso nei limiti della cortesia.


"Del resto penso si sará stancato anche lei di passare tutto questo tempo al telefono con me, neanche fossimo fidanzati!", gli ho detto.


Ha riso.


Peccato non fosse una battuta.


In ogni caso, questa cosa, insieme a circa dieci ulteriori telefonate, l'ha convinto ad attivarsi.


Ho verificato personalmente, andandomi ad informare presso la persona con cui diceva di avere interloquito.


E gliel'ho detto.
Avrà inteso che non mi fido e che se non gli metto il fiato sul collo non si muove.
E che é preferibile un po' di fiato sul collo che le mani addosso, perchè tra poco mi ci porta.


Al solito, oggi, nel tentare di chiudere anticipatamente la telefonata ha cercato di liquidarmi con un estenuante e sufficiente "va bene, va bene, va bene".


"Va bene?" ho detto.


Ha mangiato la foglia e mi ha dato una risposta piú civile.


Ne ho piene le palle di avere a che fare con gli imbecilli, mica no.





QUELLI CHE VINCONO FACILE



Al lavoro, parliamoci chiaro, ci sono certi cui piace vincere facile.
Un "certi" che coincide con "buona parte degli altri".
Il facile discende dalle scorrettezze, dall'illegalità e pure dall'immoralità cui ricorrono per calpestare il prossimo e portare a casa la pagnotta che non si meritano.
La peculiarità di queste persone é che hanno costruito una carriera sulla loro presunta bravura, quando invece sono dei miserabili che vivono di espedienti da sempre.
Fanno sparire cose, ad esempio.
Ieri sono stata un'ora a cercare fisicamente questa cosa che non si trovava: nulla da fare.
E, fatto sconcertante, la persona a vantaggio della quale questa cosa é sparita, ne aveva conoscenza.
Il che, ovviamente, non é giustificabile, considerato che non poteva saperlo, prima di effettuare congiuntamente la verifica, salvo essere l'autore della sparizione.
Questa persona é un collega e ha un nome grande "COSÌ".


Io trovo vergognoso che certe persone abbiano avuto vita facile, sinora, nel campare in questo modo e che abbiano costruito la loro professionalità su queste basi.


Ed é mio dovere morale pizzicare con l'ago certi palloni gonfiati.











mercoledì 24 febbraio 2016

L'ESTRO APPLICATO A MECCANISMI RIGIDI





Oggi, al lavoro, ho insinuato un tarlo affamato in una solida convinzione.


Comunque vada, ho fatto il possibile e l'impossibile, e per quanto stanca, sono tornata a casa soddisfatta.


E adesso vado al cinema a vedere "Perfetti sconosciuti", sperando di non crollare dal sonno sulla poltroncina rossa della sala.

martedì 23 febbraio 2016

DETERMINATA



È la parola della settimana.


Una partita aperta da giocare, in un campo che decisamente non é il mio, ma che presenta delle indubbie affinità.
Le mie doti relazionali sono messe a dura prova da un confronto cui non posso sottrarmi.
Il mio percorso personale è il mio biglietto da visita.
Sono stati prescelti Agnelli sacrificali il cui sangue non vedo l'ora di veder scorrere.
Potessi sollevare con la mia mano il pugnale al cielo, prima di infliggere il colpo, lo farei, ma non c'è bisogno di sporcarsi le mani direttamente
Ho colpi da rendere, e duri, e puri, e non mi servono scontri fisici per assestarli.


Io ci sono, questo é il messaggio.
Determinata e pronta.




Oh, naturalmente ho dovuto precisare a tutti che la notizia non era che sono incinta e nemmeno che ho trovato l'amore.
Non ho vinto la lotteria.
Solo che da una donna ci si aspetta spesso che le notizie con la "N" siano prettamente inerenti la sua collocazione all'interno di ruoli predefiniti nella famiglia o nella coppia.


"Le donne sono destinate a fare le madri", mi ha detto qualcuno l'altra sera.
"Ma non tutte le donne sono madri", ho risposto.
E non tutte le donne si limitano solo a fare le madri.
Non me ne vogliate, l'apparato riproduttivo ce l'abbiamo tutte, al netto di problemi di infertilità o di altro genere.


Ci sono donne che non aspirano a dare un senso alla propria vita soltanto diventando madri o indossando un abito bianco.
Ci sono donne che non campano sulle spalle di un uomo, che non delegano le proprie responsabilità e decisioni ad altri, per incapacitá, debolezza, o perché semplicemente vittime di una soggezione mentale, o di retaggi culturali rispetto ai quali non riescono ad emanciparsi.
E rispetto ai quali, spesso, non si ha voglia di emanciparsi.


Ci sono donne che si mettono in gioco, nella società, in modo diverso, in ruoli riservati in via privilegiata agli uomini, anche, e senza sponsor maschili.


Ed ecco, io ho la convinzione di appartenere a questo modo diverso.


Intraprendere certi discorsi sul blog é quanto mai riduttivo e questo non é un post che inneggia al femminismo.
Sto cercando di ritagliarmi un ruolo da gestire alla pari con questi uomini che fanno gruppo, e mi accolgono tra di loro con il sorriso spianato e piacione, senza conoscermi ancora, soffermandosi sull'apparenza mansueta e pacifica che indosso nel tempo libero.
Non ci sono donne, in questo frangente, in questo settore, con le quali instaurare un rapporto alla pari, per quanto mi riguarda.
É desolante.
Ci sono ruoli che, in questo profondo sud dai contorni medievali nel quale vivo, spettano per definizione agli uomini, mentre le donne restano di contorno, il loro peso é prossimo all'insignificante, o piegato ad interessi maschili, o da questi manipolato.


Dovessi fare una lista di ció che trovo inaccettabile in questo paese, non basterebbero due giorni di scrittura fitta e senza interruzioni.


E proprio perché la scrittura é tanto bella e potenzialmente altrettanto rivoluzionaria, se vivessimo in un paese sufficientemente alfabetizzato e in grado di comprenderla, ma inidonea, all'atto pratico, ad incidere sulla mentalitá corrente, sto delineando la mia presa di posizione su alcune questioni che mi premono.


Mi sto muovendo.


Mi sto organizzando.


Mi sto aggregando.


Male male che va, avró fatto un'esperienza nuova e gettato un seme.


Non riesco piú ad accettare che mi sia imposto un sistema che non mi appartiene.
Voglio invece che il mio sistema diventi la regola anche per altri.
E per farlo, devo mettermi a tamburo battente, scardinare il sistema corrotto che appesantisce la mia esistenza, contrastandolo.


Dall'interno.











































domenica 21 febbraio 2016

SE ASPETTI UN PO' ANDIAMO VIA INSIEME



Credo non abbia inteso la portata del no.
É un ragazzo in gamba, ma non mi interessa.


Qualcuno da un po' di giorni non si fa sentire, invece.
Lui la portata del no l'ha compresa.


Ho conosciuto un tipo ad una festa.
Mi ha cercata su fb l'indomani, mi ha scritto e mi ha inviato un link con un pezzo di un artista che piace ad entrambi, che non conoscevo.
Ho visto il messaggio dopo parecchi giorni, e mi sono scusata.
Non ho Messenger.
Non me ne frega davvero niente di stare collegata notte e giorno ad applicazioni di messaggistica.
Mi stufa la gente che mi scrive e che mi trascina in conversazioni, tutto sommato noiose, invece di invitarmi a prendere un caffè.
Mi stufa chi pretende di conoscermi per messaggi.
Una follia!
Alla quale non voglio prestarmi.

















venerdì 19 febbraio 2016

NONNA C'È



L'ho chiamata per dirle che stavo passando per un caffé.


Mi ha risposto che cominciava ad avviarsi per aprire il cancello.


Dieci minuti circa per trenta metri di percorrenza dalla sedia vicino al camino alla strada.


"Nonna, mi vuoi lanciare le chiavi, facciamo prima? Tra poco devo tornare a lavorare... Sennó scavalco..."


Certo, un conto é scavalcare da giovincella e un conto ora, vestita di tutto punto, le scarpe con il tacco.


"Come stai?", vedendola vistosamente zoppicante.
"Aspetto che Gesù Cristo mi si prende!"
"Credo che a questo giro ti tocca saltare il turno. Devi dire a Gesù Cristo tuo che hai da fare con tua nipote, ora. Ho una notizia da darti..."


Nonna c'è.
È ufficialmente assoldata nella squadra che sto mettendo in piedi.
E a Gesù Cristo adesso ha chiesto nuovo vigore per le gambe che non le reggono, e forza per stare in piedi.
Si é entusiasmata come una ragazzina e si è attivata nello spazio temporale che precede l'immediato.
Praticamente mi ha messo il pepe al culo mentre sorseggiavo il caffè.
"Ancora non hai finito il caffè? Andiamo!", togliendomi quasi la tazzina di mano.
Tanto impeto giuro che non me lo aspettavo.
Mi ha trascinata sotto la pioggia ("ti prendo un ombrello!" - "ho il fazzoletto in testa" - "no nonna, ce l'hai al collo!" - "fa niente, é pioggerella!") sciorinando verbalmente il brainstorming che l'ha travolta per l'attività della quale l'ho incaricata.


Mi ha sorpresa, lo ammetto.


Mi viene da piangere.


Posso concedermi solo occhi fastidiosamente lucidi davanti al pc, mentre lavoro.











"SONO CON TE"



Non importa il tipo di legame che mi lega ad alcune persone.
Non importa il nome, gli interessi che sempre vengono in gioco, non importa quanto io possa essere equa e giusta nell'agire, non importano le buone azioni né la riconoscenza.
Importa quanto ci si vuol bene e ci si rispetta.
Importa quel gruzzolo di entusiastico "io sono con te".
E la commozione con la quale lo accolgo.


Nell'arco di una settimana ho preso delle decisioni importanti, che cambieranno il prossimo futuro, legandolo a delle incognite che non sono in grado di sciogliere adesso.
Non ho nulla da perdere, solo da imparare.
Nuovi campi da esplorare nei quali mettermi alla prova.


"Gli uomini di casa sono con me? Siamo compatti?" ho chiesto alle generazioni di uomini di casa che precedono la mia.
Pare che sono con me.
Credo di averli fomentati un po'.
E ho anche subdolamente ricattato mio nonno "del resto, se non sei con me ti chiudo i rubinetti del vino...", considerato che gli verso di nascosto dai miei mezzi bicchieri di bianco, rosso e quanto altro capiti a tiro.
Se divento vecchia e nel frattempo prolifico, i miei nipoti saranno miei complici in parecchie magagne...


"Sei con me?", ho chiesto al mio ex, ad un paio di amici, ad un collega, ad un altro...
Sono con me, dicono.
Ognuno in modo diverso, per questioni diverse.
Questa é la dimostrazione che non sono una donna che non deve chiedere mai, ma che ha imparato a domandare.
Qualcosina, mica tutto.
É giá un enorme progresso.


E dunque mi sento meno sola ad affrontare tutto questo, anche se mi aspetta una fossa di leoni.


Devo stare attenta a muovere ogni passo.


Nulla di nuovo.


Solo tante cose diverse da imparare


Come "Buena vista social club" in lingua madre, sottotitolato in tedesco, che sto guardando nel letto.


Chi cazzo l'ha mai studiato il tedesco?


A dirla tutta, mentre io studiavo le mie materie, perfezionando l'esposizione ad alta voce, all'universitá, la mia compagna di stanza ripeteva in tedesco le sue lezioni.


Delle sere, quando ci mettevamo a letto, tentava di insegnarmi qualche parola.


I numeri, ad esempio.


Come se i miei rapporti con la matematica non fossero giá complicati...


Vabbé, sto divagando sul tema.


É stata una giornata intensa, complicata, e mi sto riempendo di brufoli.
Devo ringraziare i biscotti al burro inglesi che mi ha regalato il mio ex, e dei rimasugli di cioccolata che avevo nascosto al lavoro da Natale e che avevo dimenticato.
Ho addentato persino il carbone zuccheroso della calza.
Si sará abbondantemente avariato.
Lo so.
Non mi fa onore.


"Cosa ci fa questa cosa qui?", mi chiede un collega al lavoro, osservando un fermacarte di ispirazione "boteriana", consistente in una cicciottosa donna nuda adagiata su se stessa in una posizione tra il fetale e l'erotico.


"Ah... Non lo so. Pensavo ce l'avessi messa tu per fare allusioni sul fatto che sono una mangiatrice accanita di schifezze e che sto ingrassando. Ti stavo aspettando al varco, ti ho concesso il beneficio del dubbio. Altrimenti saresti giá finito in un lago di sangue...", ho detto, ironica, ma seriosa.


Mi ha risposto che sará stata la donna delle pulizie.


Ci devo credere?









giovedì 18 febbraio 2016

NON SARÒ MAI UNA PERSONA OTTIMISTA





Una delle certezze granitiche che avevo da ragazzina era quella di avere una vocazione innata al pessimismo.


Non che non vedessi il lato bello della vita, ma non sono mai stata un'inguaribile ottimista.


Con il tempo ho affrontato difficoltà atroci.
A livello personale.
A livello economico, pure.
Con la mia famiglia.
Non ho visto luce per un bel po'.


E lí forse é cambiato qualcosa.


Quando non vedi la luce, la cerchi come un assetato l'acqua, ed anche uno spiraglio attraverso il quale filtra il sole diventa un'opportunitá che si ha la responsabilità morale di cogliere.


Ho cominciato a valutare la possibilità di guardare il mondo sotto altri punti di vista, e l'ottimismo é diventato una scelta che é andata gradualmente ad opporsi a quella fatta di rinuncia a priori.


Il buio non può essere a priori valutato come l'unica alternativa possibile.


Nel gioco delle statistiche e della matematica, si sviluppano chances di ogni tipo.


E dunque al pessimismo cronico si é alternato un ottimismo indotto.


É un po' funziona.


Non saró mai un'ottimista di quelle da poter gareggiare e vincere alle olimpiadi dell'ottimismo, ma qualcosa in me é cambiato.


E certe giornate cosí cosí non posso lasciare che costituiscano il pretesto per rinunciare a priori a pensare che un esito positivo sia statisticamente possibile in ogni caso.


Fortuna audax adiuvat.


Ancora oggi.


E spero sempre.





DI POLITICA, ARMADI E FASSBENDER





E così, nel mezzo del cammin di questa settimana, mi sono ritrovata sull'uscio del solito locale a parlare di politica, unica fumatrice, con gli amici.


"Ma cos'é quella roba laggiú, sotto la porta di casa tua?"
"Un armadio"
"E chi ce l'ha messo un armadio im strada?"
"Io, sto aspettando che qualcuno se lo prenda. A qualcuno di voi puó servire?"
"Lo prendo io!"
"Allora domani..."
"Vediamo se riesco a caricarlo in macchina stasera!"
"Hai una macchina grande, non un furgone..."


Questi apprezzamenti gratuiti sulle dimensioni della mia auto mi addolorano.
Ci farei entrare una casa se potessi viaggiare con gli sportelli e il portabagagli aperti...
Domani devo inventarmi un sistema per portarmi quell'armadio a casa.
Sempre se qualcuno non se lo carica stanotte.


Sono tornata a casa, ché domattina devo lavorare.
Sto guardando, nel letto, un film con Fassbender.
Ora, se qualcuno di voi, gentili lettori, somiglia a Fassbender, ha lo stesso piglio deciso, quelle stesse rughe di espressione, quel sorriso da spaccargli la faccia, gli occhi sfacciati, é pregato di contattarmi in privato.
Sono disponibilissima a due chiacchiere davanti a un caffé.
In italiano, parlato con voce profonda, preferibilmente, e suadente.
Possibilmente senza famiglie e figli a carico.


Solo uomini liberi.







mercoledì 17 febbraio 2016

DI TRADITRICI



Una coppia consolidata, la loro.


Stanno insieme da diversi anni, progettano di sposarsi e prolificare...


Lei é la classica brava ragazza, quasi angelica, e ci tiene molto a preservare questa immagine.


Lui ha scoperto che lei ha conosciuto un tipo - sposato con figli - con cui sta intrattenendo rapporti di natura scopereccia.


Non é la prima volta che accade, ma la volta scorsa ci é passato sopra.
Lo sappiamo solo io e lui, e la mia opinione di lei era giá sensibilmente cambiata da allora.
Mi ha fatto abbastanza pena il suo comportamento, e ho dato pieno sostegno morale a lui, che é un amico e non merita certamente di ricevere certe azioni basse.




Non é semplice chiudere certe storie, ma quanto vale tenersi accanto una persona scorretta e disonesta come compagna?


Secondo lui ha una doppia personalità.
Secondo me finge bene.
Con lui, con me, con altri amici, con tante altre persone.


E da amica gli ho consigliato di guardare oltre, perché con una persona del genere non se ne vede bene.


Puó capitare di incontrare un'altra persona mentre si ha giá una relazione.
Di innamorarsi.
Quello che non capisco é come si possa mandare al macero una relazione per l'ebrezza di un'avventura fine a se stessa.
Perché questo é il caso.
E perché, se l'insoddisfazione é tale, si preferisce rimanere incastrati in un rapporto che si é esaurito.
Perché condannarsi all'infelicitá.
Perché approfittare schifosamente di chi invece prova dei sentimenti, tenendoselo per compagno, e mentendogli.


Questo lo trovo abominevole.







MANI FREDDE, CUORE CALDO



Il lavoro è diventato pretesto per vedersi fuori dai soliti luoghi del lavoro, in giorni non lavorativi, o circa.
Il giorno non lavorativo e i miei impegni personali hanno costituito pretesto per un passaggio in auto altrove.
Il viaggio è stato abbastanza lungo per chiacchierare di questioni lavorative e personali.
Si è complimentato per come ho inquadrato alcune questioni, per dei punti di vista che gli ho offerto.
Mi ha afferrato una mano, mentre guidava, con la scusa che la sua era fredda e voleva gliela riscaldassi.
Ho cercato di scherzarci su.
"Sei morto? Questa mano è di ghiaccio!"
Mi ha accarezzato la mano buona parte del tempo, riafferrandola quando la sottraevo, guardandomi con quegli occhi incantevoli.
Ed io ho continuato a fare la finta tonta.

Oppure sono una pazza visionaria che scambia gesti banali ed innocenti per approcci.

E' un bel tipo, è stimolante, e anche nel confronto professionale tiene il passo.
C'è un piccolo impedimento.
Il suo, guarda un po'.
E' un uomo impegnato.
Che novità, vero?

Come al solito, gli uomini impegnati sono gli unici disponibili su piazza.
Quelli che si propongono più spudoratamente.

Mi fa incazzare il fatto che il mondo vada all'incontrario.
E che il massimo che posso aspettarmi da quest'uomo è una storia clandestina, con tutti i limiti del caso.



martedì 16 febbraio 2016

ANIMA MODERNA



"E' andata bene. La reazione è stata sorprendente. I rapporti non si sono incrinati, non sono stati messi minimamente in dubbio, nonostante le innegabili conseguenze che la mia scelta comporta"
"Davvero?"
"Si, ben al di là delle mie aspettative"
"Se anche fossi arrivata ad un punto di rottura, sono convinto che saresti andata avanti per la tua strada comunque..."

Ed è vero.
Avrei tirato dritto per la mia strada, quella che sto percorrendo con piedi di piombo in mezzo alla neve.
Una fatica atroce, ma è la mia strada, me la sto spianando da sola.
Non posso farmi da parte per farmi passare gli altri avanti.
E non posso più tirarmi indietro rispetto a certe possibilità che ho la capacità di sviluppare e che lascio inespresse.
O la va o la spacca, al solito.
Quel che è certo è che spaccherò in ogni caso, e questa è già una certezza non da poco.


lunedì 15 febbraio 2016

QUESTA COSA DEL MIO EX MI STA SFUGGENDO DI MANO



Sono andata a prendermi un caffé da lui perché dovevo parlargli di una cosa e lui stava dipingendo una porta e non poteva muoversi.


Sotto casa ho incontrato i suoi, che non vedevo da tempo e sono sempre in formissima.


La mamma non mi aveva riconosciuto e ha esclamato un significativo "ah" con un gran sorriso.


Eh...


Credo pensi che abbiamo una relazione.


Mi é sembrato inopportuno precisare che non é cosí: ci penserà lui.


Peró una cosa non sono riuscita a trattenerla, sulla madre.


"C'é una cosa della quale mi sono sempre rammaricata, da che ci siamo lasciati... Non ho mai chiesto una cosa importante a tua madre...", gli ho detto.


"Che?"


"La ricetta di quel piatto X che preparava per cena la sera e con cui facevamo merenda anche il giorno dopo..."


"L'ha perfezionata nel tempo! L'hai vista poco fa, perché non gliel'hai chiesta?"


"Non mi sembrava il momento... Insomma... Ho avuto vergogna..."




Tutte le mamme dei miei ex, eccetto una, erano delle grandi cuoche.
Mentalmente le associo a delle pietanze ben precise.


É quasi inquietante questa cosa.


E probabilmente non avrei dovuto dire questa cosa e alimentare fantasiose fantasie, ma non vedo l'ora di avere la ricetta.



















AI BLOCCHI DI PARTENZA





Nel ventaglio di reazioni possibili ne avevo valutate a sufficienza.
Non tutte.
Non questa.
Non tutte queste.


Cristo, queste non sono mere reazioni, sono veri e propri riscontri positivi.


E per quanto sorprendenti, non mi sorprendono affatto, perché so di essermi aperta un varco a livello personale e lavorativo, con le mie sole capacità.
So di meritarmelo, ecco.




Siamo ai blocchi di partenza, in fase di riscaldamento.


Ed io sento l'adrenalina scorrere sotto pelle, i muscoli tutti pronti allo scatto.


E questo scatto faró di tutto affinché sia spaziale.









domenica 14 febbraio 2016

PALLONCINI ROSA





Sono stati giorni intensi.
Giorni di lavoro, di stimoli, di mani calde e fredde che si intrecciano per condividere il calore, di possibilità nuove da percorrere.
Giorni che mi hanno trascinato via da qui e un po' anche da alcune mie posizioni.


Mi sono svegliata e il pavimento della stanza era coperto di palloncini rosa, quelli del piccolo party della sera prima.


Ho dormito molto poco.
Ho bevuto a sufficienza.
Ho conosciuto nuove persone, rivisto altre cui sono sinceramente affezionata, programmato di organizzare quanto prima un'escursione in montagna per avere l'occasione di stare insieme.


Mi sono affacciata su un po' di azzurro.
E non mio malgrado, ma per mia scelta.
Una scelta che apre spiragli e aspettative.


Oggi é un giorno nuovo.



venerdì 12 febbraio 2016

UN VENERDÍ AZZURRO



Ci siamo visti ancora, abbiamo passato una serata insieme a chiacchierare, a suonare, bere the, ascoltare musica.


É bello passarci del tempo assieme, ma la cosa finisce qui.


Non provo nulla di nulla.


Stamattina mi ha ringraziato per messaggio, ma io non ho capito per cosa.


Comincio a rallegrarmi del fatto che non ci sia nessuno, nella mia vita, e del fatto di non essere innamorata, nemmeno piú dei ricordi, perché mi concede di essere quella che sono senza ansie.
Senza pesi.
E perché mi consente di osservare con luciditá la mia condizione.


Oggi é una giornata particolare, a modo suo.


Devo lavorare, ma di meno e in modo piú piacevole, laddove "piacevole" é riconducibile ad un paio di occhi azzurri.


Devo imparare una cosa nuova, pure.


Devo andare a trovare degli amici che non vedo da un po'.




Ho notato un atteggiamento strano da parte di alcune persone.
Al limite del risentito.
É sempre cosí quando non concedi agli altri di fare di te quel che vogliono, o di usarti come una pedina sulla loro scacchiera.
O quando, semplicemente, dici o scrivi quel che pensi.
Senza contare che quel che pensi non é la bibbia ed é lontano dall'essere anche una veritá granitica e inconfutabile, ma riguarda solo il preciso istante in cui esprimi quel pensiero.
Cosa c'é da prendersela?


Sono riuscita a mettere delle distanze, di nuovo, e sto meglio, in compenso.


Io da sola ci sto bene.


E, riflettendoci, l'altro giorno, ho realizzato che le cose piú belle, gli incontri migliori, sono sempre accaduti quando ero da sola.







mercoledì 10 febbraio 2016

CHIAMAMI, CHE ARRIVO SICURO





Mi ha contattato un tipo, oggi.


Uno un po' esaltato che ho conosciuto l'estate scorsa e che qualche volta é venuto in zona - non é di qui - e abbiamo preso qualcosa da bere insieme ad altri amici.


Finché il fatto di essere invitato non é diventato quasi una pretesa, ed il fatto di venire una sorta di grazia concessa.


Finché la cosa non é esplosa sul gruppo whatsapp, che é di colpo rimasto muto, e da allora - mesi - é restato in silenzio.


Ebbene, mi ha scritto che gli sono venuta in mente per una cosa, che sono la persona che fa al caso suo.


In un italiano approssimativo, ha cominciato a parlare di foto e video sul mare.
Possibilmente, quando c'é vento.
Senza soggetto, perché era implicito che si stesse riferendo a se stesso.


E chi dovrebbe avere l'onore di partecipare a realizzare questa idea che sa di autoerotismo, dietro l'obiettivo, e ritrarre i suoi guardi intensi rivolti verso il mare in tempesta?


La sottoscritta!


Che domande!


Come ha fatto a maturare un'idea simile mi sfugge.
E non c'é alcuna correlazione con il tipo del post precedente, non si conoscono, e quelle foto sono rimaste sul cellulare.
E non c'é un rapporto di amicizia, e non c'é interesse.
Nulla.


Gli ho chiesto se gli servissero per uno scopo preciso.
Mi ha risposto che é uno sfizio che vuole togliersi.


Di nuovo, non capisco cosa c'entro io.


E no, non mi presto ad una roba simile.


Non gliel'ho detto chiaramente perché mi sembrava di sparare sulla croce rossa.


Potevo chiedergli, in effetti, se si fosse drogato, prima di scrivermi, ma ho il serio dubbio che la droga non c'entri davvero nulla.





RITRATTI IN ROSSO



Mi si avvicina, e mi chiede di guardare il suo cellulare.
"Sei stata tu a fare queste foto?", mi chiede.
Riconosco, nel tipo sbarbato che scorre le immagini sfiorando lo schermo con un dito, il tipo con la barba cui ho fatto dei ritratti con il cellulare di un amico la scorsa estate.


Eravamo al mare, e quando li ho raggiunti per l'aperitivo, lui era giá lí, abbigliato in modo abbastanza bohémien, e, senza essere invasiva, gli ho fatto una serie di ritratti.


L'amico che abbiamo in comune, del cui cellulare ho usufruito per gli scatti, glieli ha girati, a distanza di tempo.


Poi non ci siamo incrociati piú.


Voleva dirmi grazie di persona.


Sono belli, estemporanei ed esotici, questi scatti.
I colori sono vividi, e le pose naturali.


E pensare che sono stati rubati al tavolino di un italianissimo chioschetto sul mare, davanti a un peroncino.





ANDIAMO A CORRERE AL MARE



Ho finito abbastanza presto di lavorare, stamattina, e mentre rientravo a casa l'ho chiamato, d'impulso.


"Andiamo a correre al mare, ti va?"


Mi ha risposto di si con la solita accondiscendenza entusiastica.


É passato a prendermi con il giocattolino d'epoca, mi ha chiesto se volessi guidare da subito, e, ovviamente, ho risposto di si.


Immagino mi brillassero gli occhi.


Mi sono ricordata della splendida 500 che guidavo da neopatentata, con la capotte dalle guarnizioni ingottite dalle quali si infiltrava l'acqua quando pioveva, che mio padre ha venduto perché secondo lui mi ci sarei ammazzata, prima o poi.


Considerato che le feci raggiungere i 110 km/h su una delle discese con pendio piú ripido della zona (potrei mappare i punti piú favolosi delle strade, tra pendii, curve e rettilinei, da qui a un raggio di 100 chilometri ad occhi chiusi), sfruttando l'accelerazione di circa 1 km sulla strada ad alto scorrimento, debbo riconoscere che non avesse tutti i torti.


Insomma, mentre abituavo piede alla frizione e ai tempi del cambio (4 marce malridotte contro le mie abituali e prestantissime 6) mi spiegava di un problema banale alle puntine che avrebbe dovuto sostituire.


Siamo arrivati ad un semaforo, prima di una discesa ripida per il mare.


L'auto si é spenta.


La cosa figa di queste auto é che, comunque, le rimetti in moto senza chiamare il carroattrezzi.


Abbiamo ridacchiato e gli ho chiesto di scendere a dare una spinta.


É sceso e ha cominciato a spingere mentre ero al volante.


C'era una leggera pendenza e da solo non riusciva.


"Accosta a destra e facciamo passare le macchine!", mi ha detto, mentre i conducenti delle macchine incolonnate dietro di noi si fulminavano con le mani sui claxons.


Sono scesa, una mano a spingere, con l'altra giravo il volante per indirizzare la macchina a sinistra.


"Stai andando a sinistra! Accosta a destra, le macchine dietro stanno suonando..."


"Lasciale suonare! Ci buttiamo di qui e la rimettiamo in marcia!"


Abbiamo spinto per scarsi 10 metri, sino all'imbocco della strada.


Spingere un'auto in tenuta da lavoro e sui tacchi non é una delle cose piú comode del mondo, questa cosa va detta.


Mentre finivamo di spingerla, e lui esponeva le sue perplessitá, siamo arrivati sull'inizio del pendio della strada in discesa, gli ho detto di non preoccuparsi e di saltare dentro.


"Ma tu ce la fai a prendere subito lo sterzo e frenare, se serve?", mi ha chiesto.


Sono saltata dentro senza fiatare, una mano sullo sterzo, l'altra sul freno a mano, se non avessi trovato immediatamente i pedali.


Ho inserito la seconda mentre lui entrava dal lato del passeggero, e ho lasciato che la forza d'inerzia ci spingesse giú per la strada.


La macchina si é rimessa in moto da sola e senza contraccolpi.


"IUUUHUUUUUUU", ho urlato.






Mi diverto cosí.
Le macchine sono i miei giocattoli preferiti.















IL NEMICO, DA SOLO



Ho dato sfogo alla fantasia e ho "costumizzato" me stessa con quel che avevo.
Sono partita dalle orecchie e da lí ho sviluppato un'idea.
Gradevole, a quanto pare.
L'ansia dell'ultimo minuto é stata produttiva.


Sono andata al locale e ho raggiunto i miei amici, travestiti di tutto punto e bellissimi.


E lí ho trovato anche lui, uno dei miei ex amici, da solo, in attesa degli altri, che non sono mai arrivati.


Ho lasciato che si intromettesse nella conversazione con degli amici in comune, ma poi mi ha travolto con argomenti che hanno a che fare con il lavoro.


E con un paio di orecchie in testa, mi é sembrato quanto mai fuori luogo.


Di una noia mortale.


Ho scippato lo stetoscopio ad un tale e gliel'ho offerto, invitandolo a cercare il battito del suo cuore.


"Non lo sento", ha risposto.


"Perché non ne hai uno", gli ho detto.


La differenza tra lui e me é che io non ho bisogno di un insulso e nutrito gruppo di sostegno per dire la mia o far valere le mie ragioni.


C'era il fotografo a scattar foto, e ne ho fatta una anche con lui, invitando un'amica nel ritratto.


"Sta da solo, poverino, facciamo una foto anche con lui", mentre seduto in silenzio ci osservava a distanza ravvicinata.


Mi ha guardato con gli occhi sgranati e ha esclamato "Allora tu ce l'hai un cuore!".


"Certo che si. Sono io l'unica ad avere un cuore, qui", gli ho risposto guardandolo negli occhi belli.


Sono andata via poco fa, allo scoccare della mezzanotte, perché tra poche ore ho la sveglia.


La porta di casa si é aperta regolarmente.


Nel senso che ho infilato la chiave e ho girato, e tutto é sembrato a posto.


Quando sono uscita, stasera, ho chiuso la porta alle mie spalle, con il mazzo di chiavi di casa mia, dei miei, della macchina e del motorino, dalla parte di dentro.


Sono andata a chiamare il vicino, il padre del bambino demoniaco che tormenta il mio riposo con i suoi sbattimenti, e l'ho trovato giá nel pigiama di topolino (o qualcosa di similmente antierotico), alle 22.00, gli occhi mezzi chiusi, per avere un aiuto.


"Ho il duplicato dai miei, ma ho lasciato dentro anche le chiavi della macchina" gli ho detto.


"Prendi la mia macchina, vai dai tuoi e prova a mettere le chiavi da fuori...", ha proposto.


Ero in ritardissimo e i miei probabilmente, giá a letto.


"Proviamo a sfondare la porta, domani la sistemo".


"Sicura?"


A occhio e croce, ho valutato che non c'era il blocco sulla parte inferiore del lato sinistro della porta e che al piú si sarebbe spaccata solo sul punto in alto, dove c'era il fermo.


Ha funzionato.


Con un colpo secco é saltato il fermo dal legno dove aggancia il ferro della porta.


Perfetto.


Ho recuperato la vite che era volata a terra e l'ho rimessa con il cacciavite, bloccando il fermo della porta come nulla fosse.


"Sei stata fortunata..."


Ogni tanto gira bene.


Domani peró devo rinforzare la porta che non é esattamente antiscasso, e inventarmi un congegno che ne garantisca la sicurezza dall'interno.


Dall'esterno mi frega relativamente.


Non c'é nulla da rubare a casa mia.


Vivere da soli ha un che di avventuroso che talvolta, sinceramente, mi risparmierei.


Il vicino mi guarda con un timore reverenziale che mi fa ridere.


Neanche tenessi una pistola alla cintura.


Mi sembra di essere uno sceriffo nel far west, talvolta.


L'equivalente dell'uomo di casa, dell'uomo che non ho a casa.


Un destino votato alla solitudine, insomma.

















martedì 9 febbraio 2016

ANIMALI URBANI



La piovosa serata carnevalesca comincia tra poco.
Raggiungo un amico in un localino che ha organizzato una serata in maschera.
Lui, naturalmente, si é mascherato.
E dovrei mascherarmi anche io.


La scelta é tra una mascherina, un paio d'orecchie, una parrucca.
Ognuna di queste cose richiede un travestimento diverso, di cui non dispongo.


Non posso colorarmi i capelli di rosa, perché domattina lavoro e il colore potrebbe non andare completamente via con lo shampoo.


Pazienza!


E si, anche se, come Halloween e Natale, é pieno di gente che sproloquia sulla festa, e specificamente sul fatto che molti indossino maschere e si travestano ogni giorno, a me non dispiace il Carnevale.


Non ci vedo nulla di male nell'uscire con una mascherina, per una sera.


Non riesco a fare l'altezzosa, la sdegnata, non mi sento gratuitamente disfattista, sgradevolmente sarcastica.


É Carnevale, ed io ho voglia di uscire e nessun motivo per rimanere a casa o per lamentarmi.


Anche se non so ancora da che diamine travestirmi.









DEDICHE POSTICIPATE





"Ho trovato in un cassetto le tue poesie, quelle che stampammo per partecipare ad un concorso. Vorrei che mi ci facessi una dedica!"


"Ma io ad un concorso non ci ho mai partecipato... E non sono una scrittrice, e dubito lo diventerò. Che te ne devi fare?"


"Mi piacciono, le ho rilette e le trovo ancora splendide, e vorrei che mi ci facessi una dedica personale, tutto qui..."


É stato, al solito, lusinghiero trascorrerci del tempo insieme.
Ricorda tanti dettagli della vita insieme.
Ricordi che hanno il sapore di punti fermi, perché lo erano, quanto oggi non lo sono piú.
Io ne ricordo altri che invece ha rimosso, dai quali emergeva sin da allora la mia profonda irrequietudine.


Gli ho risposto che puó togliersi dalla mente che gli faró una dedica, perché del resto cosa deve farsene?
Portarsele nella tomba, quelle poesie?
O sbatterle in faccia ad altre donne, rimarcando quanto fosse una pilota-poeta la sua ex?


Ne abbiamo riso insieme e nulla.


Io vorrei le bruciasse quelle cose che ho scritto.
Che non sono nemmeno poesie, ma versi estratti a mano da dentro, con la furia di chi non sa aspettare che escano fuori in modo naturale.
Cose che appartengono ad un'altra vita, che ho lasciato andare.







lunedì 8 febbraio 2016

DI COSE CONTORTE



E quindi mi ha contattato per sapere che facevo e gli ho chiesto se gli va di berci una cosa stasera.


Non fa una piega, giusto?


E mi ha risposto di si, pieno di entusiasmo.
E a me tutto questo entusiasmo... Come dire... Tutto questo entusiasmo mi smonta, perché non me ne frega niente.


E nel contempo cedo, probabilmente per noia.


Ti passo a prendere, mi ha detto.


Immagino si aspetti che guidi io, mi porta la macchinina carina di proposito.


Ed io ho esigenze basilari da soddisfare, al momento, la fame in primis, e un appuntamento di lavoro a momenti...


Sarebbe meglio evitassi di rispondere ai messaggi, per un po'.


Sono troppo volubile ultimamente.







QUELLO CHE VUOI, DA CHI NON VUOI



Lui é uno di quelli che si son fatti da soli.
Uno positivo ed entusiasta della vita.
Uno che ha fatto di un hobby un lavoro.
E questo lavoro, per il tempo che gli occupa, gli consente anche di viaggiare.
Oltre che di avere tempo per vivere e di che vivere senza troppe preoccupazioni.


Lui é quello che mi chiede come sto per sapere sul serio come sto.
Mi chiede di uscire.
Mi passa a prendere, salvo non voglia uscire con la mia macchina.
Mi offre da bere, ma cede se insisto per offrire io.


Mi ha proposto di prendere la macchina e partire insieme nel week end, per destinazioni magnifiche a due passi da qui.
O qualche centinaio di chilometri piú in lá.
Il genere di cose che faccio giá di mio, insomma, e per cui ho sempre difficoltà a trovare una compagnia ideale.


É pieno di buon senso, adora il mare, é un musicista mancato, e strimpella, come me.
E come me adora il bricolage e la creativitá applicata alla materia, estendendo le sue abilità a mobili di casa, barche, auto.


É curioso del mondo che lo circonda.


Ha un livello culturale superiore alla media delle persone che incontro, parla un ottimo italiano, e scrive, anche, bene.
É cortese, civile, galante senza forzature, socievole.
É uno di quelli che ti fa fare sempre bella figura, se ti accompagna in giro, ad una cena, sul lavoro, ad una serata tra amici.


Mi ha proposto di fare una serata a casa, di cucinare per me.
In cambio avrei dovuto portare un dvd cui sono abbastanza feticisticamente legata, tanto da non prestarlo, se non per una visione in mia presenza.


É abbastanza tempo che qualcuno non cucina per me.


L'ultimo risale a ormai oltre un anno fa.
Aveva pescato un bel tonno, l'aveva pulito, abbattuto, e messo in un contenitore per portarlo a casa mia.
Dovevamo mangiarlo accompagnato da un vino che gli avevo portato da un viaggio all'estero.
Solo che io adoro il pesce crudo e sono impaziente, e pretesi di mangiarne un po' cosí, dalle sue mani.
"Somigli ad un gatto", mi disse, con i suoi occhi felini.
Puó darsi che del gatto abbia l'indole, un po'.


Dov'é la correlazione tra i due?


Ho avuto una storia con entrambi, con il primo molti anni fa.
Ed il secondo é molto amico del fratello del primo.
Ed il primo, che non vedevo da tempo, adesso cerca di insinuarsi nella mia vita, di ritagliarsi una possibilità che potrebbe certamente giocarsi, se non fosse che io non provo alcun interesse.
Zero.


Il secondo, per cui provavo un sentimento viscerale, é letteralmente sparito da che ci ho chiuso i rapporti.


I sentimenti non si piegano al calcolo.
Se dovessi calcolare matematicamente l'opportunità di una frequentazione, dovrei accogliere a braccia aperte quella che mi si propone, oggi.
Solo che io in matematica sono una frana.
Comanda lo stomaco.
Ed in questo frangente non sento nulla, solo silenzio.


Immagino, invece, che se dovessi per caso incontrare, lontano da qui, il secondo, al lavoro, a prendere lo stesso ascensore, lo stomaco si riattiverebbe immediatamente, ma sono solo congetture.


Film che si innestano su fantasie che trasposte nella realtá equivarrebbero a consentire di calpestare le mie decisioni prese molto dignitosamente, e quindi lascio che restino tali.


Ipotesi irrealizzabili di quel che poteva essere e che non sará mai piú.


É vero, incontro persone quotidianamente, qualcuno direttamente, qualcuno indirettamente, palesa interessi cui non do spazio.


Non é per giocare, che mi ci intrattengo, e nemmeno per tenere alta l'autostima.
É che non innamorandomi, mi avanza tempo.


Quel che ho capito é che certamente non sono fatta per una vita convenzionale.
E non lo dico mentre vivo una relazione, cosí, per darmi un tono a spalle coperte.
Lo dico mentre mastico la solitudine e pago pegno per le mie scelte opinabili.
Tutto il resto é ipocrisia.
O amore, per chi é in grado di riconoscerlo e curarsene come si deve.


E oggi va così, che quello che vorrei, mi viene offerto da chi non mi interessa.


Per questo non posso accettare.

ALLEGRA E MOLESTA SENZA SCUSE



Com'è che si usa dire?
Che è colpa dell'alcol?
Non ho mai perso la lucidità al punto da diventare un'altra persona.
Mai al punto da fare cose che non volessi fare.
O da dire cose che non volessi dire.

Ero allegra.
Questo si.
L'incazzatura mi era passata, e alla fine ho risposto "sono qui".
Mi ha raggiunto, come nulla fosse.
Ho continuato ad essere allegra, perchè, in fondo, non avevo ragione di essere triste.
Ho brindato all'inizio della serata con bollicine rosa, ho continuato con un rosso corposo, poi una birretta, un bianco secco, e poi un cocktail fresco, a metà tra vin brulè e sangria.
Si è informato su quel che avessi bevuto e mi ha fatto l'elenco con dovizia di particolari.
Come se non tenessi il conto a mente da sola.

Le nuove scarpe fighe le ho indossate sotto un bel vestito, a viso quasi completamente nudo.
"Raggiungiamo gli altri con la mia macchina?", ha proposto.
"Andiamo", ho risposto.
Ho cominciato a cazzeggiare con la radio e questa cosa, probabilmente, ha costituito fonte di estrema molestia, visto il fastidio con il quale si è rivolto ad un certo punto.
Gli ho chiesto, data l'estrazione catto-bigotta, se volesse mi fermassi su radio Maria, allora.
Se volesse recitarsi un Padre Nostro.
Ho allungato le gambe sulle sue gambe, e anche questo gesto lo ha lasciato perplesso.
In effetti è una parte del mio corpo con la quale non ha molta confidenza, a differenza dei centimetri quadri del mio viso e della pelle delle spalle che certi vestiti lasciano scoperta.
Ho riso tutto il tempo.
Anche quando poi ho messo i piedi sul cruscotto, allungando i tacchi affilati contro il vetro del parabrezza.
Si è arrabbiato, credo, considerato come mi ha intimato in modo poco autorevole di non rovinargli la macchina.
La gente poco autorevole ha poca presa su di me, mi piace chi mi tiene testa.
Ho continuato a ridere.
Non ho fatto altro tutto il tempo.

Se non hai le palle di inchiodarmi contro un muro, per carità, non cominciare proprio a giocare.
Non giocare a metà, non con me.
Perché quando gioco, come quando studio e quando lavoro, come quando mi metto in testa di fare qualsiasi fottutissima cosa, nella mia vita, lo faccio seriamente.
E vado fino in fondo.

Al "vado via" che era un "andiamo insieme", è seguito il mio "resto qui", che era un franco "puoi andare anche a fanculo, stasera".

Avevo certamente qualcun'altro che si è reso disponibile ad accompagnarmi alla macchina che avevo lasciato altrove.
Molto disponibile, è questo che mi pare di capire da qualche settimana a questa parte.
Sapevo di andare a colpo sicuro.
Le mie molestie, in macchina, sono state tollerate decisamente meglio.
"Ti accompagno a casa", mi ha proposto, perchè, poverina io, avevo bevuto troppo.
Solo che io non sono il tipo che deve trovare la scusa dell'alcol per acconsentire a che qualcuno l'accompagni a casa.
Non mi cerco scuse, perché non mi piacciono.
"Ho smaltito tutto, sto bene, torno a casa da sola...", ho replicato.
E non per essere spaccona, ma perché questa è un'abilità che fisicamente posseggo, di reggere l'alcol meglio di molti.
"Allora vediamo se hai realmente smaltito. Guida tu la mia macchina", dandomi le chiavi.
Non mi ha nemmeno fatto mettere in moto che ha cambiato idea e ha sfilato le chiavi dal quadro.
Questa cosa mi ha indispettito furiosamente.
Ho ripreso la mia macchina e sono volata a casa.
E oggi mi ha scrivacchiato per sapere se il rientro fosse andato bene, se fosse tutto ok.
Di vederci in giornata, in serata...
Vederci, in ogni caso, questo il messaggio di fondo.

E mi ha scritto anche qualcun'altro per dirmi che ha sistemato una macchina molto carina, e che voleva passare a prendermi per farmela guidare.

Avevo detto di si ad entrambi, in verità.
Avevo anche un altro paio di appuntamenti, in giornata.
Mi sono defilata alla grande.
Sono rimasta a casa dei miei a guardare film sul divano.
A strapazzare i gatti.
E adesso rientro a casa.
Non fosse per altro che mia madre mi ha appena avvertito che sono le due e se non resto a dormire qui non ci sono altre ragioni che mi trattengono.

Reggo abbastanza l'alcol e dormo poco.

Reggo tutto troppo.

Ecco tutto.




domenica 7 febbraio 2016

SADO-CARNEVALE





Quello che mi lascia sempre perplessa, con il passare degli anni, é come certe persone intendano il carnevale.


Da come si travestono, sembra debbano partecipare al rodeo del sadomaso o alla fiera di paese del porno.


Forse sono solo io che non ci capisco piú nulla, che dovrei allinearmi al gusto che imperversa nelle strade, ma per me la sensualitá é qualcosa di piú sottile, di meno sfacciato, di poco volgare.


Il travestimento é un gioco che non si esaurisce nella sfera erotica.


E guardando le foto che imperversano su fb oggi, direi che sono fortemente controcorrente.





TI ACCOMPAGNO A CASA



No.
Me ne frego di quanto ho bevuto, degli alcol test su strada, della galanteria.


Smaltisco l'alcol come nemmeno un uomo.


Lasciatemi perdere.


Non ho bisogno di essere accompagnata a casa.


Sono giá arrivata.


Se quel "giá" desta preoccupazioni, io non voglio discuterne.


Su quei "sei appena partita..." io non devo giustificazioni.


Sono arrivata a casa, nel disordine che ho lasciato, reso volutamente non accogliente per nessuno, salvo me.


Non ho voglia che qualcuno, ora, mi riaccompagni a casa.


Voglio guidare la mia macchina e arrivate nel mio letto da sola.





sabato 6 febbraio 2016

MESSAGGI IN RITARDO




Il messaggio dice che oggi è qui.
Il messaggio di ieri.
Ops, non sono stata tempestiva nel leggerlo, 'nnaggia!

Gli sarà arrivato il mio, di messaggio tra le righe, invece, che non me ne frega un accidenti di niente?

Il suo messaggio dice che ci vediamo stasera.
Certo.
Contaci.

Sono già pronta.

Sto mentalmente affilando gli artigli, sulla poltrona al sole, mentre accarezzo il gatto rosso, con il sangue da strega che riaffiora sulla pelle, sotto questi raggi caldi.




FACCIAMO COSE INSIEME



Avevo inteso bene il senso sin da principio.
La mia risposta, piena di delicatezza, é stata no ad ogni proposta, o al massimo di si ma alle mie condizioni.
Perché non voglio quello che altri stabiliscono per me.
Soprattutto quando con questi altri non si stabilisce una connessione che per me valga la pena approfondire.


All'ennesima richiesta di fare cose insieme ho opposto che vedevo degli amici, questa sera.
Di raggiungermi, se voleva.


Ad una risposta affermativa iniziale é seguito un "non riesco a venire" dell'ultimo secondo.


Non ho motivi per preferire di passare il mio tempo con una persona che non mi interessa se non fino ad un certo punto, rinunciando a stare con i miei amici.


Rinunciando a fare le mie cose in generale.


Perché "facciamo cose insieme" io l'ho proposto piena di pudore a qualcuno con cui c'era qualcosa e mi sono frequentata per diversi mesi, l'ultima volta.


E mi sono pure sentita rispondere "io non posso offrirti niente di piú...", ragione per la quale ho chiuso i rapporti.


Mi ritrovo oggi a posizioni invertite, con qualcuno con cui nemmeno c'é stato nulla, che ha la pretesa ci sia qualcosa, che pensa di poter disporre di me e del mio tempo.


E nonostante la cortesia che gli ho usato, sembra quasi risentito.


Non si puó pretendere nulla quando non c'é reciprocitá nei sentimenti.
Non si puó obbligare una persona a provare qualcosa che non sente.
Non sono queste le cose per le quali offendersi.





venerdì 5 febbraio 2016

ESTIRPARE



Eravamo nel mio giardino sul mare, immersi nel verde umido del sottobosco, al quale l'avevo introdotto, come si introduce una persona alla parte piú intima di sé.
Era quello che effettivamente gli avevo concesso, di accedere fino in fondo ai sentimenti che provavo, di leggerli per quello che erano, di affondare le mani nella consistenza soffice della loro immaterialitá.
Ad un certo punto si é abbassato per estirpare una pianta.
Per portarla via dal mio giardino, dove volevo rimanesse preservata e vivesse secondo le stagioni e le ragioni della natura.
Gli dissi che non volevo la prendesse, di rimettere quelle radici nella terra, perché era lí che quella pianta apparteneva.
E lí volevo, in qualche modo, continuasse ad appartenere a me.
Le mie richieste rimasero inascoltate e la pianta finí ad appassire in un vaso a casa di mia madre, cui graziosamente l'aveva regalata.


L'ho sempre detestato per questo gesto.
L'ho amato da morire, per il resto.
Dolorosamente.




Davanti ad un caffé, un'altra persona cui ho dato accesso ai miei sentimenti piú profondi, in passato, mi parlava, qualche giorno fa, di quanto si sentisse affranta dalle affermazioni di alcuni, rispetto al fatto che, durante delle immersioni, si limitava ad osservare il fondo marino, senza depredarlo di ogni creatura incrociasse la sua strada.
La frase specifica che ha usato per esprimere questo concetto mi ha molto colpita.
L'ho apprezzato, certamente.
Il suo modo di sentire coincide in buona parte con il mio.


L'ho amato, ma poi a un certo punto non piú.
E ho lasciato che si facesse un'altra vita, senza avanzare rivendicazioni di sorta.




Queste persone, radicalmente diverse l'una dall'altra, hanno fatto parte di fasi diverse della mia vita.


La loro evoluzione é stata così lineare.
Cosí prevedibile e scontata, sotto diversi punti di vista.
La mia pure, sulla carta, é stata estremamente lineare, all'apparenza.
In realtá non lo é stata affatto.


Mi domando se estirpare ricordi dal giardino della memoria possa liberarmi, in qualche modo, da certi pensieri nei quali rimango invischiata, o se averli presenti a me stessa e dandogli acqua, non sia in fondo anche bello vederli fiorire e sfiorire quando cambiano le stagioni.


In questo momento prego per la desertificazione del suolo della memoria, nulla di meno.


Voglio vedere formarsi delle crepe, dimenticare anche la remota possibilità che possano attecchirvi le radici di qualsivoglia arbusto.


Estirpare non mi sembra piú un gesto vigliacco, ma necessario.



IL DIRITTO DI DORMIRE





Dopo giorni di lavoro e di affanni, sono riuscita a tenere la mattinata del venerdí libera.
Sono rimasta a letto a dormire.
All'alba sento un odore acre di bruciato che mi sveglia.
Resto a letto.
Dopo un po' sento suonare alla porta.
Ho pensato che fosse strano che alla vicina fosse cascato qualcosa sul balcone: sono mesi che é meno distratta, anzi non lo é piú!
La cura del "i tuoi panni moriranno sui miei balconi, perché non mi beccherai a casa MAI per recuperarli" ha funzionato.


Difatti non era per i panni, ma per me.
Ha chiamato mia madre per avvertirla che c'era puzza di bruciato nel palazzo e la mia macchina é parcheggiata giú, e non rispondo alla porta, e avrei potuto essermi addormentata con il camino acceso.
Ed essere morta.


Per un giorno che non vado a lavoro, l'unica spiegazione plausibile é che sono morta.


Vabbé...


A parte questi film improbabili sulla mia persona, possibile che l'unica mattina della settimana che riesco a ritagliarmi non ho il diritto di rimanere a dormire?


Possibile?


Mi sono dovuta alzare per controllare che uno sbalzo di tensione non avesse bruciato qualche elettrodomestico.


Ho mal di testa.


E mi é venuto anche il ciclo, per non farmi mancare nulla.


Ancora non so se ho quell'appuntamento di lavoro, dopo pranzo.


E ci devo andare figherrima.


E sono tutto tranne che figherrima stamattina.















giovedì 4 febbraio 2016

IPOTESI DI FUGHE SEMI-ROMANTICHE





Questa cosa del "ti passo a prendere" mi sta sfuggendo di mano.


"Vengo con la mia macchina", ho risposto al primo, che voleva passarmi a prendere a casa.


Non ho ancora ben capito il giorno che dovremmo vederci.
Per evitare equivoci, gli ho detto di chiamarmi quando parte, due ore prima.


Ho risposto che sarei scesa con la mia macchina anche all'altro, che voleva portarmi non si sa dove a prendere "il" caffé, oggi, non un caffé qualsiasi.


"Devo tornare a lavorare, ho scarsa un'ora di autonomia".


Si é presentato, gli occhi screziati di verde, sorridente come sempre.


Ed io volevo dirgli "cazzo hai da sorridere sempre?".


Ho tenuto per me questo piccolo gesto d'affetto.


Il suo entusiasmo nei confronti di ogni cagata della vita mi ha sempre dato sui nervi, indispettendomi.


No, non sono normale e non sto bene, ne sono cosciente.


Non ho voglia di farmi portare da nessuna parte.


Da nessuno.









mercoledì 3 febbraio 2016

STAI PROPRIO BENE...





Me lo ha detto a voce, senza staccarmi gli occhi di dosso.


Me lo ha scritto, non contento, qualche ora dopo, per messaggio, per ribadire il concetto.


Mi ha appena comunicato di avere fissato un appuntamento di lavoro nella zona dove abito, compatibilmente con i miei impegni, sui quali si é premurato di informarsi, chiedendomi di esserci.


Effettivamente sto gongolando.






"Cazzo mi metto per andare a lavoro stamattina? C'é quella gonna che é riemersa dalla sedia l'altro giorno, mentre tentavo di mettere ordine in camera da letto... Mi domandavo da un po' che fine avesse fatto, in effetti... Non é esattamente fresca di bucato, ha pure qualche piega, ma indossandola si stirerá da sola. Puó andare. Segna un po', ma che fa, trattengo un po' la pancia... Cazzo ci metto sotto, peró? Tutte le calze sono sporche... Quelle che ho messo ieri possono andare anche oggi, suvvia... E sopra, cazzo mi metto sopra? É tardi e mi sto ancora vestendo... Magari una camiciola. Questa bianca. Ecco... Cos'ha l'anta di questo armadio che non si chiude? Cos'é quella roba scura? Ah, la camiciola dal taglio discutibile con una macchiolina sopra la spalla che non metto piú... Da dove é cascata? Non l'avevo messa irrimediabilmente via? Magari la metto al posto della camicia bianca, la infilo nella gonna a vita alta che mi risolve il problema del taglio, e la macchiolina resterá sepolta sotto la giacca. É tardissimo e ho parecchia strada da fare... Non faccio in tempo nemmeno a truccarmi... Vabbé per una volta posso andare al lavoro senza nemmeno un filo di trucco. Chi se ne accorge?"


Si, stavo proprio bene oggi.







IL NON SENSO DELL'ATTUALITÁ DELLE COSE



Questo affiatamento tanto naturale manca dell'elemento piú importante: l'attrazione fisica.


E per me é fondamentale.


Mi viene l'angoscia a pensare di avere a che fare in modo piú intimo con qualcuno dal quale non mi sento attratta in modo accecante.


Sono una creatura semplice, fatta di istinti primordiali.


Punto.

martedì 2 febbraio 2016

COME DEVO FARE?



"Pronto?"
"Ciao c.f.a., sono Tizio!"
"Tizio chi?"
"(nome e cognome)"
"Non ho capito chi sei, ma dimmi...", perché era chiaro fosse una telefonata di lavoro.
Ha capito di dover contestualizzare dove e come ci siamo conosciuti e mi ha spiegato la ragione della telefonata.


"Grazie... Grazie davvero! Sei stata gentilissima!"
Quando mai non lo sono.


Come vorrei alzare anche io il telefono e consultare il libro delle risposte formato c.f.a.


Funziona solo per gli altri.

SCAPPATA VELOCE E CONTROPIEDE





Ci ho riflettuto per un po'.
"Gli scrivo o non gli scrivo che sono qui?", e la risposta che mi sono data é stata "certo che no".
E non gli ho scritto.
E non l'ho visto.
E ho pensato a lavorare.


Ero abbastanza turbata di mio per altre questioni attinenti al lavoro e quando ho finito e mi sono all'incirca rasserenata, gli ho scritto "Ho appena finito, ci vediamo per un caffé?".


Il tempo di scrivermi che era impegnato, ma che se mi trattenevo potevamo vederci dopo, che ero giá con il piede a tavoletta sull'acceleratore.
"Sto andando via...", che era l'equivalente di uno scappare via veloce.


Il dettaglio non gli é sfuggito.


Ho accampato una scusa valida.


E ho rilanciato per un altro caffé.


Spavaldo, ha risposto di si, contento di fare colazione in bella compagnia.


"É lo stesso per me", ho risposto prendendolo contropiede.


Si é autoliquidato con un saluto rapido.


Sono solo caffé.
Nulla che valga la pena di approfondire, al momento.
Non ho intenzione di abbandonare la mia libertà infilandomi nelle gabbie di altri.
E non mi serve alimentare la mia autostima, non é ai minimi termini.

lunedì 1 febbraio 2016

L'OLIO MERAVIGLIOSO



Ero in aeroporto, in anticipo sull'imbarco di oltre mezzora, e mi sono messa a girovagare nel duty free.


Mi spruzzo addosso di tutto, nei duty free.


Arrivata alla colonnina di una nota casa francese che utilizza prodotti naturali ed estratti con tutti i crismi per mantenerne le qualitá peculiari quanto più inalterate possibile, ho trovato quest'olio per il corpo e l'ho spruzzato sul dorso della mano per provarlo.


Si é asciugato in un attimo.


Il profumo persistente mi ha accompagnato per i restanti venti minuti, durante i quali mi accarezzavo con goduria il dorso della mano sul viso per testarne la tenuta.


Sulla confezione c'era scritto 48h di idratazione.


Ho comprato l'olio meraviglioso e da un mese circa lo uso un paio di volte la settimana sul corpo con effetti straordinari.


Da qualche giorno ho deciso di usarlo anche sul viso.


É una cosa mmmeravigliosa.


L'ho pagato un tantino, ma vale sul serio ogni euro speso.


E questo profumo, mamma mia, mette appetito.


***




Oggi, di rientro dal lavoro, invece di tirare dritta a casa, ho girato verso il centro commerciale.
"Devi, diamine! Posticipa la fame!", ho pensato.
Devo comprare un paio di scarpe versatili, da usare per il lavoro, ma anche nel tempo libero.
Un paio di stivali neri con un tacco accettabile per slanciarmi e per camminare e correre, all'occorrenza, nella giungla urbana.
E pure per arrampicarmi sugli alberi, se serve.
No vabbé, per dire.
Una cosa sobria, insomma.
Un'utopia, praticamente.
Ho trovato solo stivali improponibili, tranne che per il mondo che imperversa qui fuori, dove carnevale la fa abbastanza da padrone per buona parte dell'anno.


Morale della favola, a un certo punto gli occhi mi sono caduti su un paio di scarpe fichissime iperscontate buttate in un angolo a patire la solitudine.


Ho subito solidarizzato con la loro condizione, e mi sono sentita moralmente obbligata quantomeno a provarle.


Le ho prese.


Sono costate esattamente un terzo di quello che ho pagato per l'olio.


Non ci posso andare al lavoro, no.


Sono abbastanza sexy da inchiodarci un cuore vivo con un sol colpo.


E abbastanza rock.


Tremendamente.


Giá le adoro.


Fanculo il lavoro.


Porteró a consumazione le francesine da battaglia.











IMPARO A RESPIRARE



Mi sono rassegnata ad essere una creatura acquatica destinata ad adattarsi ad una dimensione terrestre.
Sto imparando a respirare mentre imparo a cantare.
Una fatica immensa.
Un gioco di muscoli, esercizi di apnea, il diaframma che é un palloncino che si gonfia e si sgonfia, il controllo del mio corpo in autogestione.


Mi esercito in macchina mentre vado e torno da lavoro.


Sono curiosa di sapere come sará tra una settimana.
Come sará tra un mese.
Se imparare a respirare possa portarmi giovamento.

PELO E CONTROPELO





Si sa, la gente mormora.
Talvolta ci si trova travolti da illazioni e pettegolezzi fantasiosi cosí, tra capo e collo.
Per il divertimento di qualcuno.
O perché é l'unico strumento per tagliare le gambe di chi corre veloce, per qualcuno.
E tutto questo mentre si lavora a testa bassa, senza santi in paradiso, contando solo sul sacrificio e l'impegno.


A certi incapaci figli di papá proprio non scende che qualcuno possa tenergli testa senza possedere i medesimi presupposti di base, quali, tra tutti:
- una consolidata stabilitá economica alle spalle, ereditata dai propri predecessori, che garantisce una discreta serenitá anche quando tutto va male;
- il lavoro di mamma e\o papá, ottenuto senza lo sforzo di procacciarselo da soli o crearselo da zero, e senza mettersi alla prova in un ambiente diverso da quello familiare;
- gli agganci giusti per tenersi in piedi.


No, proprio non ci riescono a stare di prenderla al culo - e scusate il francesismo, ma quanno ce vó ce vó - da chi é semplicemente piú in gamba di loro, e li scavalca pur non partendo dalla stessa linea di partenza.


E quindi si sprecano le illazioni su presunte scorrettezze o magagne che questi figli di nessuno farebbero - nello specifico la sottoscritta - per campare.


Quando, poi, gli spregevoli che agiscono per scorrettezze e nell'illegalitá, non riuscendo a reggersi su due gambe e in piedi nemmeno con i vigorosi calci in culo che li palleggiano da che sono nati, sono proprio loro.


Appena ho sentito serpeggiare l'illazione - direttamente e indirettamente rivolta nei miei confronti - ho taciuto, facendo finta di nulla, per avere tempo di riflettere.


É stata riproposta e sviluppata.


Ha prodotto conseguenze inique e vergognose.


Mi é salito il sangue alla testa.


Lo sentivo mentre pompava nelle tempie, la notte, nel letto, impedendomi di dormire.


Ho sentito il peso della mediocritá e della vigliaccheria sotto il quale mi sono sentita calpestare ingiustamente.


L'indomani mattina, mentre guidavo per andare a lavoro, sentivo la rabbia montarmi in corpo, insostenibile.


A questo punto, ho canalizzato la rabbia, ho preso la questione per i capelli e ho fatto pelo e contropelo alla persona che ha sprecato considerazioni fuori luogo sul modo in cui, loro malgrado, emergo e sopravvivo in questo merdoso mare di merda che é il mondo del lavoro nell'italica penisola.


Gliel'ho fatto sul lavoro, in un confronto alla pari, di quelli dove non ti puoi nascondere dietro il nome che porti, ma devi dimostrare di avere la capacità effettiva di competere con chi ti é davanti.


Messo a nudo, come non si aspettava, ha dovuto tacere.


Non prima di avere balbettato, essere diventato paonazzo, arrabbiarsi, inghiottire la disfatta a bocca storta.


La realtá dei fatti ha brillato nella stanza, dove sono calati l'imbarazzo ed il silenzio.


La mia personale disapprovazione, il disgusto che provo, sono emersi tra le righe delle parole precise e pulite che ho usato.


Prima di spendere una parola fuori luogo nei miei confronti - questo deve essere chiaro - bisogna pensarci bene.


E realizzare di non farlo.


Perché la lama con la quale posso fare pelo e contropelo é abbastanza affilata da tagliare le gole.