martedì 27 dicembre 2016

OGGI CHE C'E' IL SOLE


Oggi che c'è il solo sono uscita dal letto e ho ripreso i rapporti sociali soliti come nulla fosse.
Dovrei lavoricchiare, ma non ho molta voglia.
Cioè, per niente.
Avvio la colonna sonora della giornata, partita male.
Che però può finire meglio, che ne so.
Io non metto mai limiti alla provvidenza, anche se non ci credo e ragionevolmente non dovrei confidarci.



lunedì 26 dicembre 2016

LA RADIO E IL LIBRO


Una delle cose più disdicevoli, per qualcuno, è non alzarsi dal letto per un giorno intero.
É indice pure di depressione.
Sarà...
Non essendo Natale, oggi, e non avendo impegni mangerecci con la famiglia, mi sono concessa un digiuno sabbatico (con l'eccezione di un pezzetto di pandoro buttato giù con il secondo caffè) a letto.
Un peccato mortale, considerata la giornata primaverile appena tramontata al di là delle tende chiuse della finestra.
Perché alzarsi, in fondo, quando si può scegliere di rotolarsi tra le coperte calde, riservando al resto del mondo quella punta di disprezzo che merita?
Non ho nemmeno la remora morale che è Natale, visto che è Santo Stefano.

Ho recuperato le cuffiette del cel per mettermi la radio in viva voce in camera da letto, e un libro il cui protagonista fa il mio stesso mestiere.
Stessa età è stesso mestiere, peraltro, del protagonista di un altro libro che ho già letto.
E le coincidenze non si fermano qui, ma mi scoccia scriverne.


L'ORTICARIA SOLITA, MA UN PO' PIÙ INTENSA


L'altro giorno ero al mare, rivolta verso la spiaggia, al telefono, mentre aspettavo un'amica per un caffè.
Sale un tipo, dalla spiaggia, con il cane, che mi sorride a trentadue denti.
Mi sono girata dall'altro lato, complice il cattivo umore che volevo tenere per me.
Mentre ero al telefono mi si è avvicinato per salutarmi.
Non l'ho riconosciuto.
Uno di quegli amici di amici che ti presentano una volta e poi rimuovi, mentre loro ti mandano a dire per interposta persona che ti trovano carina.
Nel darmi un bacio sulla guancia libera dal telefono, si è avvicinato insieme al cane.
E niente, sbadatamente gli ho pure pestato il cane.

Tramite l'amica in comune, è riuscito a "estorcere" (io volevo andare altrove, e quindi ho vissuto questa deviazione programmata come una palese estorsione: non giudicatemi, sono particolarmente antisociale, in questi giorni, e non ho voglia di sforzarmi a trattenermi con chi e dove non mi va) una bevuta serale in un locale al paesello.

Ho trovato atroce la sua compagnia.
Ho trovato insopportabili le sue attenzioni.
Le conversazioni in generale, e gli argomenti in particolare.
E non ha fatto nulla di ignobile, anzi.
É stato cortese e di compagnia.
Solo che io non volevo compagnia, e ho avvertito questa insopportabile pressione, e volevo solo tornare a casa.
Trascinata nell'ennesima inutile conversazione che mi ha annichilita, ho detto che volevo andare via.
Che non ne potevo più.
Per la stanchezza.
Potevo dire per la noia e lo strazio, ma sarei stata gratuitamente cattiva e non mi ha dato ragione di esserlo.


Ieri sera ho beccato altri due soggetti che - complice l'alcol, l'euforia natalizia o qualunque altra cosa si siano calati - si sono letteralmente fiondati per venirmi a salutare, e trattenermi con discorsi inutili e noiosi.

Mi é venuta l'orticaria.

Me ne sono tornata a casa straziata.

Ometto per noia l'incontro di Natale che sapevo sarebbe avvenuto.

Se questo è quello che mi aspetta questo periodo, parto con tutto il piede fuori uso.

Non ce la posso fare.

sabato 24 dicembre 2016

LA SECONDA SERATA DEL NATALE



Noi che abbiamo famiglie problematiche alle spalle siamo quelli che la sera di Natale con i familiari stretti, se non strettissimi, mangiano in modo sbrigativo e si tengono in forma, non dovendosi sottoporre a strazianti cene e pranzi eterni, con i piedi sotto la tavola.

Che poi la rabbia te lo accelera in una maniera formidabile il metabolismo.

Soprattutto quando ti obbliga ad alzarti da tavola prima ancora di finire di mangiare.

Noi delle famiglie problematiche siamo quelli che dei Natali passati ricordano i litigi, i drammi, i piatti e le porte sbattute, i pianti a dirotto, il momento del dolce come l'attesa fase conclusiva della tragedia greca puntualmente consumatasi dinanzi agli occhi impotenti.


Tutto nel corso del tempo si è affievolito.

Si invecchia.

E quindi, noi delle famiglie problematiche, gli scappati di casa che sono pure amici storici che si ritrovano a Natale nello stesso paese, abbiamo gli stessi impegni, agli stessi orari circa, e confidiamo nella seconda serata per un brindisi come Cristo comanda, magari accompagnato da una stupida canzoncina natalizia, di quelle che annientano ogni pensiero, ed ogni durezza.



venerdì 23 dicembre 2016

CAFFÈ E PANDORO


La colazione tradizionale del Natale.
La mia personale tradizione natalizia, non so quelle degli altri, ma so per certo che tutti ne hanno, approssimativamente, una.
Compro questo Pandoro, sempre della stessa marca per l'affidabilità (ne ho provati altri, ma mi sembrano di cartapesta e si sciupano dopo poco, mentre a me deve durare).

Sto facendo questi sogni, queste notti.
Un miscuglio più o meno indefinito di persone che hanno fatto parte della mia vita.
Di cui mi rendo conto non mi importa più nulla.

Stanotte ho sognato di allontanarmi.
Di rifugiarmi in un luogo da sola.
Mi hanno rubato la bici con cui scorazzavo per strada e macinavo chilometri.
Non per delinquenza locale, ma per minare la mia possibilità di fuggire.
Ho preso una stanza d'albergo non distante dal luogo in cui mi sono ritrovata a piedi.
Il cellulare non prendeva.
Nella stanza, è entrata una donna con fare arrogante, avvertendomi che ero in pericolo.
E non avrei avuto scampo.
L'ho messa alla porta e sono rientrata nella stanza.
Dalla porta finestra sono uscita su questo cortile interno.
Il cellulare non funzionava.
Mi sono sentita braccata e messa all'angolo.
Mi sono incazzata, e conscia del pericolo, mi sono barricata nella stanza.
Al termine del sogno, stavo ancora escogitando come mettermi in fuga.
Ho aperto gli occhi nel momento in cui uscivo nel cortile.
Pronta a correre forte.

Riflettendoci, mi rendo conto che queste sensazioni non sono positive.
Che c'è un disagio che non riesco a comporre.
Che in parte dipende da me, in parte da questa situazione nella quale mi trovo.

giovedì 22 dicembre 2016

PRIMO GIORNO SENZA



Di così tanti giorni senza, ma non così distanti.
E la distanza mi pare nebbia da attraversare alla cieca.
Acqua da asciugare sulla pelle nuda, da assorbire, fino a riempimento.

Sono qui, dall'altro capo della distanza, ma non distante.
Non assente.

UNA STAZIONE, UN TRENO, UN'ALTRA STAZIONE, UN AEREO



Le contingenze sono fatte della stessa sostanza delle stazioni dei treni, hanno il suono dei passi svelti, la forma delle valigie.

Le mani nelle mani, nei giorni ficcati dentro le ore e fino all'ultimo minuto.

Io non lo so che cosa accadrà.

Non sono padrona del tempo e dello spazio in modo assoluto, ma solo in un senso vagamente relativo e pure discutibile.

Io non posseggo niente, figuriamoci se posseggo qualcuno.

Certo, eravamo belli, abbracciati tra i cappotti ingombranti, alla stazione, davanti la carrozza in partenza.

Eravamo belli, e chissà se lo saremo più.

martedì 20 dicembre 2016

Don't Wait


Se l'attesa valesse l'impresa.
Se l'impresa fosse, di suo notevole.
Se le armi a disposizione fossero armi di distruzione di massa.
Se della massa, a noi, in fondo, non ce ne fregasse niente, ma di noi stessi si.
E quella massa, di fondo, fosse invece la nostra.
Se il posticipare dovesse necessariamente soppiantare l'hic et nunc, cui sono avvezza.
Se le ipotesi fossero molto più valide di tante presunte certezze.
Se il dato di fatto confortasse in modo compiuto l'elaborazione fantastica.
Se vivessimo un mondo ideale, senza tutte queste insopportabili ed insopprimibili ingerenze.

Se il cielo dorato che rischiara il mondo fuori dalla finestra, brillasse nella mia mente della stessa luce, illuminando le perplessità e sciogliendole, saprei allora cosa fare, con al soluzione in tasca.

Le mie tasche, però, sono vuote.



ANTIPASTI FRUGALI E PRANZI DAI MIEI


Dopo una mattinata di lavoro sono approdata dai miei per pranzo.
In cucina, ho visto la pentola sul fuoco.
"Ma', che fai per pranzo?", scoperchiando, tra i vapori e i profumi, la sacra pentola del sugo.
"Polenta. Però devo andare prima a prendere tuo padre, che è rimasto a piedi con la macchina", ha risposto, infilando la porta sulle scale.
Ho tagliato una fettina di pane, e l'ho ricoperta di sugo.
Per assaggiare, mica altro.
Una volta assaggiato, ho ritenuto di dovermi convincere con un secondo assaggio.
Alla quarta fetta di pane, ho deciso di smettere, perché a me la polenta piace, e rovinarmi l'appetito non mi sembrava il caso.
Mi sono seduta, ho acceso la tv sul canale delle notizie mondiali a rotazione, e ho visto una busta, sul ripiano, piena di mandorle sgusciate.
Probabilmente mia madre vorrà farci un dolce...
Ho dimezzato la busta di mandorle prima di rendermi conto dell'accaduto.
Sto riflettendo se dare la colpa a mio nonno o a mio padre, nel frattempo ho nascosto la busta nel mobile per evitare di dare giustificazioni mentre mangio la polenta, e dissimulare così l'arco temporale nel quale inserire la commissione del fatto per risalire al colpevole.

Sono ancora qui, seduta su una seggiola affamata, al freddo e al gelo, in attesa che i miei genitori tornino e si metta a preparare la polenta.

lunedì 19 dicembre 2016

... E PER IL MIO STOMACO


Volevo partire, lo volevo veramente, ma... ho un piede fuori uso.
Non posso camminare.
Non per molto.
Niente sport.
Niente passeggiate.
Niente tacchi, se non per pochissimo.

Un cazzo di niente, insomma.

Ma i ballerini come fanno?

Insomma, io quando penso a qualcuno che fisicamente fa sacrifici da pazzi, a livello fisico, mi vengono in mente loro.
Penso a quei piedi massacrati.
L'equivalente della spremuta di meningi che mi ha accompagnato nei momenti più duri della vita, almeno a livello fisico, per quanto ugualmente stancante, mi pare diversamente impegnativa.
Mi piacerebbe forgiare i miei piedi come ho forgiato le mie meningi, ma la vedo dura, soprattutto ora, che sono inabile pure a camminare.

Mi piacerebbe danzare come FKA TWIGS.

Mi fa male il piede pure da seduta.



martedì 13 dicembre 2016

COME IL SALE



L'aria è carica di elettricità e sale.

Come quando la salsedine ti si appiccica sulla pelle scoperta, ma è fresco, e all'orizzonte ci sono nuvole nere che piovono sul mare, tirando dritto verso di te.

Voglio tuffarmi nella notte, ma scelgo le possibilità che offre il giorno.

Forse dovrei ritrattare con me stessa e scegliere invece la notte.

Sono combattuta.

E alquanto sfinita dal combattimento.

Ho voglia di partire.




domenica 11 dicembre 2016

COSE NATALIZIE


Precettata, ho fatto l'albero a casa dei miei.
Nulla di particolare: dei rami secchi infilati in un vaso, e vestiti a festa con qualche addobbo e le lucine.

Ho visto un'amica che non vedevo da tempo.
Non l'ho trovata molto in forma, ma non sono voluta scendere nel dettaglio.
Ognuno è libero di fare, della propria vita, ciò che vuole.
Accettandone, poi, le conseguenze prevedibili.

Un'altra amica mi ha raccontato di avere subito delle pressioni da un suo ex.
Con la scusa di volerle fare un regalo, si è fatto aprire la porta di casa, ma è stato tutto un pretesto per infilarsi con la prepotenza di nuovo nella sua vita.
Ha creato pretesti strani, e la situazione è degenerata.
Ha dovuto chiamare la polizia.

Tra alti e bassi, ho dovuto tollerare delle questioni che mi hanno abbastanza infastidita.
Spero di allontanarmi qualche giorno.
E di tirare una boccata di ossigeno.

venerdì 9 dicembre 2016

ANCORA QUI, IMMERSI NELL'ORA



Le ragioni forti, folli, fottutamente dirompenti, mi hanno travolta e mi hanno scossa.

Non mi hanno annientata, però.

Non posso avere il pieno controllo della realtà che mi circonda, ma ho la pretesa di influenzarne il corso.

E a mio modo lo faccio.

Consapevolmente, quanto inconsapevolmente.

Lo faccio.

Lo farò.

Imperterrita.


Stamattina c'era un gran sole, il color smeraldo del mare contro la roccia, lo sbrilluccichio del sole sul suolo bagnato di acqua sporca, gli occhi negli occhi di corpi che affondano in se stessi sino a confondersi.



giovedì 8 dicembre 2016

"MI HA CONTATTATO UN AMICO PER DIRTI CHE TI HA LASCIATO UN MESSAGGIO"



Così mi scrive un'amica.
Controllo allora su fb.
Un messaggio che non ho letto, perchè non ho mai accettato la richiesta di amicizia.
Ed il messaggio, recuperato nella casella delle richieste, testualmente recita:

"scusa se ti importuno con la richiesta d'amicizia, ma ti ho notata in qualche foto con X e Y (amici in comune) e non ho potuto fare a meno di notare la tua bellezza. Mi vergogno un po', ma non potevo fare a meno di farti questo complimento. Mi hai affascinato."

Mi arrivano messaggi singolari da un po', tipo questo e similari, e richieste di amicizia ad oltranza.
Più d'uno per dirmi che sono bella.
E questa cosa mi imbarazza abbastanza, e mi fa pure un po' ridere.
Che io bella - per davvero, non per modestia e nemmeno per falsa modestia - non lo sono mai stata.

Altri messaggi, di persone che non si conoscono tra loro, per dirmi, testualmente, di nuovo:
"ti ho scritto solo per dirti che sono un tuo fan".
Qualcuno ci ha tenuto a precisare che non era una scusa per rimorchiarmi, che è felicemente fidanzato, ma mi apprezza.
Anzi, testualmente:
"sappi che quando penso a una veramente figa, in gamba, intelligente e bella, mi vieni in mente tu.
sono felicemente fidanzato, non è per fare il cascamorto, giuro, ma ci tenevo a dirtelo".
Il che, se facessi la rockstar, avrebbe un senso...
Solo che io non sono una rockstar, e nemmeno un'artista, nemmeno una personalità di spicco qui al paesello o a livello nazionale.
Mi limito a copia-incollare citazioni o frasi che mi piacciono, la musica che ascolto.
E poi scrivo ciò che penso.
E quello non lo copio-incollo da nessuna parte.



"Da che ti conosco, mi contatta gente con la pala, su fb..."
"Bavosi..."

Porelli, mica sono tutti bavosi.
Alcuni sono in gamba.
Altri sono simpatici.
Di nessuno, fondamentalmente, mi frega molto.






martedì 6 dicembre 2016

LACONICA



Capita anche a me.
Forse più di frequente fuori di qui, ma poi nemmeno.
Lascio i pensieri fluire, ma rimangono imbrigliati nella testa, e si attorcigliano.
Ho aggiunto nuovi pezzi al puzzle, ma il disegno è lungi dall'essere vicino al termine.


LO SCORPIONE BIANCO



In sogno, ho visto il disegno di uno scorpione sul muro, inchiodato alla parete.
D'improvviso il disegno ha cominciato ad animarsi.
Lo scorpione bianco ha cominciato a divincolarsi dall'immobilità della parete, e si è dileguato.

Il timore di essere punta si è esteso al tempo di un attimo.
L'ho cercato, prima che si dileguasse, ma è sparito.