domenica 31 gennaio 2016

MI VANNO STRETTI I RAPPORTI



Un po' tutti.
Anche quelli che funzionano.

Mi vanno strette le vecchie e le nuove conoscenze, le opinioni scontate, le dinamiche conosciute.
Mi va stretta l'erudizione quanto l'ignoranza spicciola.
Non ho voglia di stare a casa e nemmeno di uscire.
Se esco ho voglia di tornare, e se torno a casa poi mi viene voglia di uscire.
Questa volubilità non so fino a che punto mi appartiene.
E se questa instabilità me la sono in parte cercata, perché insofferente, non credo sia del tutto colpa mia.

Mi rendo conto di cercare quotidianamente qualcosa o qualcuno con cui prendermela per sfogare una rabbia che appartiene solo a me.
Nessuno se ne rende conto, perché quel che scrivo qui appartiene alla mia interiorità, mentre l'esteriorità è sempre molto composta e civile, rispettosa, anche se rabbiosa.

Ho instaurato rapporti intellettualmente soddisfacenti, altri meno, altri di affetto incondizionato.

Nulla che però mi soddisfi.

Nulla che riempia i miei giorni.



sabato 30 gennaio 2016

FeMiLi Dei



L'accanimento mediatico io non lo capisco.
Mi disturba.
L'unica cosa che riesco a leggere, tra le righe del disprezzo e dell'imperante sarcasmo rivolti nei confronti di chiunque manifesti il proprio pensiero - diritto costituzionalmente garantito - e il proprio orientamento, é l'intolleranza.
Ed é generalizzata, questa intolleranza.
Riguarda quelli che partecipano al family day, riguarda quelli che fanno manifestazioni in maschera avanzando i diritti degli omosessuali o delle coppie di fatto, quelli che sono per l'accoglienza e l'integrazione a tutti costi, e gli xenofobi convinti.


Non capisco per quale ragione una coppia di fatto debba chiedere il riconoscimento di diritti.
L'istituto giuridico ad hoc esiste, da parecchio, e si chiama matrimonio.
É il matrimonio a dare copertura legale alla coppia di fatto costituita da un uomo e una donna.
Mi sfugge seriamente e da principio quale margine residui in tale discussione, per speculazioni di altro genere.


Non capisco per quale ragione si invochino a casaccio diritti garantiti dalla Costituzione, pretendendo nel contempo di calpestarne altri.
Come se avessero tutti la presunzione di stabilire il rango delle norme e dei principi che contengono, secondo il tornaconto personale.
Non é la Costituzione a parlare di alcuni temi, sviluppati nel codice civile, attinenti al matrimonio e alla famiglia.
Il principio di eguaglianza richiede di non operare differenze tra le persone per ragioni di razza, sesso, orientamento politico o religioso, tra gli altri.


Chiunque punti il dito contro il prossimo, riempendosi la bocca di articoli della Costituzione letti in modo distorto e tendenzioso, si rende ridicolo proprio alla luce di quanto sancito dall'art. 3, nel quale viene espresso il principio di eguaglianza.


Non ci vuole molto a leggere una manciata di righe, ma mi rendo conto che la comprensione dell'italiano scritto, ai giorni d'oggi, non sia per tutti.


E stante la chiarezza del testo, non mi sembra necessaria nemmeno una formazione giuridica specifica per intenderlo.


Detto ció, io credo che la legge, per una volta, sia molto piú avanti rispetto all'arretratezza medievale che affligge molti di quelli che prendono la parola in merito ad argomenti quanto mai delicati.


La risposta c'é giá, a livello giuridico.
É lí, alla portata di tutti.
L'ignoranza generalizzata, tuttavia, ne impedisce la lettura.
É su questa che si fonda il potere di chi ci governa.









venerdì 29 gennaio 2016

DOMATRICE DI CIRCO





"Senti tu... Hey tu, sto parlando con te! Hai intenzione di togliere di mezzo questa roba o devo mettermi con la frusta in mano ogni volta, con te, l'altro inquilino, mio cugino e tutti gli altri?", dico all'inquilino molesto che appoggia le sue cose nei miei spazi, approfittando della mia cortesia.


"Si si, la tolgo", sorridendo come niente fosse.


"Non voglio trovarla quando torno. E sono seria. E non voglio piú incazzarmi. Se dovevo stare tutto il tempo con la frusta in mano con la gente, stavo al circo a fare la domatrice".


Si, lo so.
Sono un'arpia.
Cerco di portare la rabbia nei binari dell'ironia per evitare spargimenti di sangue e mi sembra giá un ottimo risultato.




E nulla, mi é scappato anche a lavoro.
Ero seduta a fare le mie cose, quando ho ricevuto una telefonata e mi sono allontanata 1 minuto.
Sono tornata che la mia borsa era stata spostata alla meno peggio, ed il mio lavoro buttato su un lato. Sulla sedia un omuncolo appesantito dalla maleducazione senza ritegno.
Ho preso le mie cose, in silenzio, e ho continuato a fare il lavoro in piedi, a un soffio da lui.
Mi guardava attento mentre disprezzavo la sua mancanza di rispetto nell'avermi fregato la sedia da sotto e buttato il mio lavoro senza cura da parte.
Davanti a me un altro omuncolo seduto sull'unica altra sedia, intento a cazzeggiare con il telefonino.
Ho finito di fare le mie cose, e "due uomini seduti e nemmeno uno che mi abbia offerto di sedermi".
Il tipo che si era seduto al mio posto ha risposto ad alta voce e in modo abbastanza cafone che non c'era bisogno di fare polemica.
Che poteva cedermela lui la sedia.
Nel frattempo ha continuato a rimanere seduto, palesando l'assenza di intenzioni reali a fronte di quelle verbali palesate.
Io ho sorriso e ho detto che ormai non faceva nulla, che avevo finito.
E lí solo cominciate le giustificazioni non richieste.
Che non ero anziana.
Non avevo handicap...
E che dunque non ha ritenuto di dovermi far sedere.
Gli é sfuggito che sono una donna mestruata, la cosa piú evidente di tutte.


E che quindi si, ho decisamente piú ragioni, rispetto agli uomini, di voler stare seduta.


E se non ce l'hanno spiegato quelle poverette delle mamme o quelle sfigate delle compagne, a questi signori, mi prendo la briga di dirglielo io a gran voce.


Se nella piccola crociata per la civilizzazione riesco anche in minima parte nel mio intento, sono contenta.

























giovedì 28 gennaio 2016

PERSONAGGI SHAKESPEARIANI





Per ragioni di lavoro ho avuto a che fare con un tipo il cui nome é stato tratto da un'opera di William Shakespeare.


Stamattina, in relazione al medesimo lavoro, e per puro caso, ho avuto a che fare con un altro tipo.


"Otello", si presenta.


Invece di personaggi a caso, si puó avere, tante volte, un Macbeth formato Fassbender?


No, cosí, per dire...


Stasera dovrei vedere un amico.
Peró ho detto anche ad un altro di beccarci piú tardi.
E uno mi ha chiesto di vederci.


Tutti solo amici.


É un periodo che frequento malvolentieri le donne.


Mi hanno scocciato certe dinamiche.


C'era un gatto magnifico, dove lavoro, oggi.
Non l'ho mai visto qui intorno.
Mi sono affacciata sulla porta-finestra e l'ho chiamato, accovacciandomi verso terra e tendendogli la mano.
Mi ha risposto con un miagolio dolcissimo, fissandomi con gli occhi blu e venendomi incontro.
Mi piacciono molto i siamesi.
Ho tuffato le mani nel pelo morbido, finché non l'ho lasciato andare da dove era comparso.


Quando mi trovai davanti un lupo, anni fa, feci la stessa cosa.
Prima di sapere che era un lupo cecoslovacco di proprietà di un uomo che stava sopraggiungendo.


Ecco, io di fronte a tanta fierezza non riesco a provare paura.


Mi sento attratta.


Sento l'istinto, ogni volta, che mi fa muovere i passi in direzione di quello che dovrebbe rappresentare il pericolo da cui fuggire.


Mi capita anche con le persone, non solo con gli animali.


E non é mai un pericolo.


Mai.


É una sensazione talmente fisica che potrei rintracciarla in corrispondenza del centro del corpo.


Che non é il cuore, non é lo stomaco.


É collocato tra i due, forse, non saprei.


Qualunque cosa sia, la sento lí.


E non la sentivo da un po', e me ne sono ricordata cosí, perché un gatto siamese é passato a rubare una coccola da una sconosciuta che era assorta in noiose faccende di lavoro.













mercoledì 27 gennaio 2016

TANTO AMICI E TANTO BELLI



Mi arriva una foto su whatsapp.
"Ma bella! Mi ricordo quel giorno!"
La mia amica, il mio amico ed io al mare, sotto il lido, in costume e spensierati, un giorno di un'estate di diversi anni fa che sono venuti a trovarmi.


Ggiovini gggiovini!


Ho girato la foto all'amico con la seguente didascalia: "due freschezze e un fantasmino".
Lui, mezzo straniero, bianco come la neve, che non si abbronza mai, al massimo gli prende un po' vita l'incarnato sotto il sole estivo, mi ha maledetto al volo.
"Se vuoi ti abbronzo con Photoshop!", e mi ha maledetto di nuovo.
"Dillo che sono bellissimo!", e gli ho risposto che si.
Effettivamente é bellisimo, con una esse sola.


No, non é vero.
Quando ci si vuol bene si é belli.
Tutto qui.
E io ho certi amici bellissimi.





SCIACQUETTE



E alla fine, anche se potevo risparmiarmelo, senza starci molto a pensare sono uscita con il mio ex.


Nulla di impegnativo o equivoco.


É bello parlare senza filtri e senza poter essere fraintesi con qualcuno che mi conosce cosí bene.


Qualcuno cui non devo spiegare chi sono.


"Avrei dovuto sposare te...", mi ha detto a un certo punto, tra il serio ed il faceto.


Solo che io, quando l'ho lasciato, é stato perché, molto onestamente, non lo amavo piú.


E il matrimonio e l'abito bianco non sono mai appartenuti al mio immaginario di donna, se non in modo meno convenzionale, e solo in relazione ad un paio di persone che ho amato e con le quali sarei voluta invecchiare.


Lui non é tra queste.


Mi ha offerto la cena e una conversazione piacevole, condita di considerazioni piene di buon senso, aneddoti, ricordi, musica, letteratura.


Mi ha chiesto di rivederci, ché gli fa piacere.
E a me non dispiace, perché é un'ottima persona e di ottima compagnia.
Lo é sempre stato.


Mi ha mandato poco fa un messaggio e sono scoppiata a ridere, davanti al pc:
"ho un pensiero che mi gira in testa da ieri sera... Tutte le sciacquette che ci sono in giro non arrivano a farne una di c.f.a"
"Sei serio?"
"Serissimo..."


Boh, e vabbé, che dire...
Grazie.
É bello essere apprezzati.







lunedì 25 gennaio 2016

DEGLI EX E DELLE LORO EX



Dopo l'ex che si è sposato e ha prolificato, che alle remore mosse da tutti sul nome scelto per il figlio, ha risposto "a c.f.a. sarebbe piaciuto, e voi non capite nulla", ecco un'altra chicca da parte di un altro ex.

Dice che l'ex con cui si è mollato non sapeva guidare.
E che le diceva sempre che io, invece, ero una pilota.
Incidente stradale.
Lei alla guida della macchina di lui.
"Se ci fosse stata c.f.a. avrebbe saputo cosa fare e avrebbe evitato l'incidente".

Immagino che lei mi abbia maledetto in tutte le lingue.
Senza nemmeno conoscermi.
Scusa, io non c'entro nulla, davvero.
Neppure penso di meritarla tanta considerazione.


Risentirlo mi ha fatto venire in mente tante cose.
Provo affetto, ci siamo voluti bene.
Ci si rispettava.

Dice che ha preso una macchina nuova e abbastanza potente e non vede l'ora di farmela guidare.
Contento lui...
A me può far solo piacere.



:))))



Last but not least, un mio ex storico che si é separato mi ha appena estorto il numero su fb.


Ok.


Pure tu, a tuo rischio e pericolo.


É sempre gratificante quando qualcuno di cui non ti frega un accidenti di nulla si interessa a te.


La ciliegina sulla torta di questo week end che, finalmente, é terminato.







COME ESTORCERE UN NUMERO DI TELEFONO





Mi chiama l'amica dell'amico del mio amico, cui ho dato il mio numero appena ieri, per vederci per l'aperitivo.


Il numero gliel'ho dato perché l'amico del mio amico ha tanto insistito, e l'amico di raccordo tra tutti non c'é.


Alla fine mi ha estorto il numero anche lui, con una serie di scuse stupide.


Per altri aperitivi, cinema, teatri, di tutto di piú.


Per avere un contatto.


Ok.


Come vuoi.


A tuo rischio e pericolo.

domenica 24 gennaio 2016

RESOCONTO PER COSE DETTE E, MI AUGURO, APPRESE



1.

Non farmi la morale.
Io non la vengo a fare a te, non la faccio ad altri, tu non devi sentirti autorizzato a farne.
La linearità della questione non necessita di un disegnino di accompagnamento.

Tutto quanto è successo nel week end non accadrà più.
Non dirmi che non capisci, perché è tutto estremamente chiaro, e se a te piace nasconderti dietro un dito, mi costringi a spezzarti il dito per farti uscire allo scoperto come mamma t'ha fatto.
E potrebbe non essere un bello spettacolo.

Non esprimere giudizi in termini di esattezza o erroneità rispetto alle opinioni che esprimo.
Io non ho la presunzione che la mia opinione sia giusta e la tua sbagliata.
Se rispetto ad alcune opinioni che non condividi mi dici che sbaglio, presupponi per principio di essere dalla parte del giusto.
E se non è presunzione questa, qualcuno dovrebbe sbattermi in faccia l'estratto di un qualsiasi dizionario di italiano che confuti questa definizione.
Mi riservo di leggerla e di cambiare idea all'occorrenza.

Non farmi i conti in tasca su quello che posso permettermi di comprare.
E' estremamente sgradevole.
Ed è da cafoni parlare di soldi, che siano propri o altrui, con persone con cui non si ha un rapporto particolarmente confidenziale.
Ed io questa confidenza non te l'ho data.

Non infilarmi in categorie precostituite, non appartengo ad un insieme preciso, ma fluido, in costante trasformazione.
Se ti sfugge questa sottigliezza, commetti un errore grossolano.

Non mettermi in bocca parole che non dico, potresti pentirti di dover ascoltare poi le precisazioni che mi costringi a fare.

Non dire che mi conosci.
Non sai assolutamente nulla di me.
E dubito saprai molto altro oltre la piccola parte sulla quale ti ho consentito di affacciarti.


Ci vediamo.
Significa, oggi, che non ci vedremo più.
Mi sembra evidente.
E se per te non è evidente, problemi tuoi.


2.

Considerato l'ennesimo ed inopportuno atto di scortesia gratuita che mi hai riservato, con molta franchezza ti dico che non ci sarà una prossima volta.

Viva la franchezza, mi dici.

Sempre viva, certo, la mia.

Insieme ad altre qualità che posseggo e che abbraccio amorevolmente,



UN GRAN BEL FINE SETTIMANA




Ho due braccia, due gambe, un cervello funzionante e una personalità fuori dal comune.
Sono intera.
Sono viva.
E sarà stato un fine settimana di merda - in procinto di concludersi - ma è tutto sommato qualcosa cui posso sopravvivere.
Ho sopravvissuto a cose peggiori.
Sono migliore di queste sensazioni spiacevoli che provo.
Sono una persona migliore delle pessime persone che incontro.
E non intendo abbassare il mio livello e diventare peggiore solo perchè altri lo sono.

Ho appena fatto una scelta sbagliata.
Tant'è.
Non morirò di questo.

sabato 23 gennaio 2016

LA TERZA OPZIONE





E dunque ho deciso che alla fine stasera gratificheró il mio ego sostenendo apnee epiche nell'annegamento alcolico, e blaterando di cose colte con un uomo impegnativo che potrebbe anche essere interessante a livello chimico se non portasse i capelli pettinati come si portavano nei dipinti dei signorotti d'altri tempi.


Una frase cosí lunga e cosí priva di punteggiatura non l'ho mai scritta, suppongo, io che vado spesso a capo.


É che proprio non ce la faccio a interrompere il flusso dello sproloquio, in questo momento né a ricamarci su o a prendere delle pause con me stessa.


Sono una fottuta impaziente e sono incazzata.


Cerco di resuscitare il lato zen che tanto mi placa, ma non sento segni di vita.


Signora rabbia, te ne prego, solo stasera e poi va' via.







DI THE





Tolto un dente, ne esce un altro da togliere.


Mi ha scritto di vederci.
A colpo sicuro.
La sicurezza non so dove la trova, perché dovrei fornirgliela io, ma non c'é traccia alcuna.


Vediamoci, mi scrive di nuovo.
Cosa proponi, chiedo io.
Che lo so cosa vuole, era solo per metterlo un attimo spalle al muro.


Un the, ha risposto a distanza di ore.


Certo.
Un the, arravogliati sul divano di casa mia o casa tua.
Mentre cazzeggiamo con le chitarre e discutiamo di politica e questioni esistenziali, di film e letteratura.
Accattivante.


E quello che sarebbe stato un no deciso fino a qualche ora fa, adesso diventa un cazzo di si.


Ok, vediamoci.


Vada per il the, vada per tutto quello che ne consegue.


Portiamo un po' di inutile disordine in queste giornate incazzate.
Tante volte il disordine spiazza l' incazzatura.
Tante volte mi distraggo.
Tante volte mi dimentico il resto.



SUL TOGLIERSI IL DENTE



Non fa nemmeno male.
Lo tiri via in un attimo che nemmeno te ne rendi conto.


Ed eccolo il dente.


Un misero dentino da latte che pure la fatina dei denti lo snobberebbe.


Roba che lo prendi e lo butti via con una noncuranza che non l'avresti detto mai.


La stessa con la quale dici "ciao ciao" a voce e con le dita delle mani che fluttuano nell'aria all'indirizzo preciso di qualcuno.


La stessa con la quale domani avró un impegno.


La stessa con la quale avró impegni da qui all'infinito.


Questo ha di buono il togliersi il dente.


Mettere punto a situazioni che non vale la pena tenere in piedi.

venerdì 22 gennaio 2016

UN BRINDISI ALLA STRAFOTTENZA





Butteró una magliettina a crudo, addosso, sopra un pantalone e dei tacchi alti tanto da raggiungere l'altezza che mi occorre.
Strati di lana superflui a go go per tenermi calda.
A viso nudo, con un filo di trucco, brinderó in cattiva compagnia alla strafottenza preordinata della serata che mi aspetta.
O la va o la spacca.
Oppure va e spacca.
Sarebbe un lieto fine, per una volta.
Oppure non vado e mi spacco altrove.
Il che costituisce pur sempre un altro lieto fine.
Posso sempre appendere, all'ultimo secondo, per fare qualcosa di interessante altrove.
L'alternativa puó esserci, se mi va di portarla ad esistenza.


Sono una stupida senza pazienza.


Se ci fosse un club dell'impazienza, ne sarei la fondatrice.
Ed ecco perché non esiste.


Dovrei mettere un punto a tutto questo sproloquiare, ma proprio non riesco a rinunciare a questa inoffensiva valvola di sfogo.









E DI RAPPORTI CONTROVERSI CON IL FUMO E CON LE PERSONE





Seduta con la tazzina del caffé in mano, la radio accesa, gli occhi puntati sul movimento rapido delle lancette dell'orologio della cucina, riflettevo sul momento esatto, se ce n'é uno, in cui da Alice mi sono trasformata nel Bianconiglio.
Corridore fenomenale e perennemente in ritardo.
A quando la trasformazione in Regina di Cuori?
Stanno germogliando i presupposti, oggi, per diventare una persona cattiva domani?
Il passaggio é giá avvenuto e non me ne rendo conto?


Driiiiiiiiin.
"Pronto c.f.a., come stai?"


Di merda.


"Tutto bene, e tu?"


"Bene! Ci tenevo a sentirti! Stavo verificando la tua posizione per vedere se era tutto a posto, e ho visto che ti hanno assegnata alla supervisione di un carissimo amico.
Per qualsiasi problema o perplessitá chiamami, li risolviamo", con il suo accento caldo e deciso.


Ci siamo conosciuti per telefono.
Non so nemmeno che faccia abbia e mi farebbe piacere saperlo.
Si é preso a cuore la mia situazione, é una delle tre o quattro persone a conoscerla nei minimi dettagli.
Ed io mi sento grata, perché in una giornata controversa, in cui seduta al tavolo della cucina stavo valutando di scendere al bar a comprare le sigarette che non compro dalla scorsa settimana, ho ricevuto una buona azione che forse nemmeno merito.
La gentilezza disinteressata non é da tutti.
Non é per tutti.





PERDITA CONTROLLO DELLA RABBIA IN CORSO



Ho raggiunto il limite di saturazione massimo, temo.


Ho bisogno di affacciarmi a mare, sto boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.


Vado a ingurgitare qualche pasticca di magnesio, se quelle che ho nel cassetto in cucina non sono scadute, e a ristabilire l'equilibrio di sali minerali e vitamina c nel mio corpo, intanto.


Non si puó stare sereni tutto il tempo, ma questa rabbia me la risparmio.


Non ha senso.


Immagino che questo chiarisca la mia posizione rispetto a questa sera e quelle che seguono.


É sempre un bene quando si chiariscono le idee.

"NEL LETTO, ASPETTO OGNI GIORNO UN PEZZO DI TE, UN GRAMMO DI GIOIA DEL TUO SORRISO..."



Stamattina non lavoro.
Avrei dovuto dedicarmi alle faccende di casa, e invece mi sono seppellita sotto le coperte caldissime.
Ho visto che é quasi mezzogiorno.
Devo alzarmi, nutrirmi, lavarmi, vestirmi.
Decidere se preparare il viso a fronteggiare i rapporti sociali, o lasciare che i capelli lo coprano per buona parte, risparmiandomi questa fatica.


Sto aspettando che sia venerdí da martedí.
Ed ora vorrei fosse solo sabato mattina per rimanere a letto e non avere impegni di lavoro da rispettare nel pomeriggio.


Ho un paio di cose da fare, forse, stasera, e questa voglia di rimanere a casa che non é da me.


L'antibiotico mi ha abbastanza abbattuto, ma in compenso la gola si é risanata, posso deglutire.


Sono pur sempre raffreddata, il che é positivo.


Mi piace la mia voce quando sono raffreddata, é piú profonda, piú attraente.


Mi disturba di meno ascoltarla.


Ieri sera sono uscita con degli amici.
Ci siamo incontrati nel solito locale dove, probabilmente, ci incontreremo anche stasera.
Non si sa bene con chi, perché, chi c'é e con quali intenzioni.
Oh, piú d'uno ha deciso di essere qui nel week end.
Io vorrei dare forfait al mondo, ché non ho voglia di vedere nessuno.


Immagino che tutto verrá da se quando nel tardo pomeriggio riceveró i soliti messaggi.
Magari non ne ricevo nessuno.
O magari chiudo le comunicazioni via whatsapp, come sto facendo da che sono partita.
Le alternative si sprecano.







giovedì 21 gennaio 2016

RADIOHEAD AL PRIMAVERA SOUND



E mi rode troppo il culo che in questo momento non ho nessuno con cui andare.


Sono queste notizie, poi, a farmi riflettere su quello che voglio in generale e quello che mi tocca in sostanza.


Voglio cominciare a frequentare un uomo impegnato che deve dar conto alla compagna che ha volontariamente scelto di ogni minuto di tempo che passa altrove?
Sono uomini, questi, che rubano tempo al tempo, che non possono prendere impegni di sorta.
Che non possono non rientrare a casa la sera e figuriamoci se possono venire a Barcellona con me a vedere i Radiohead.


D'altro canto gli uomini liberi non sono disponibili.
Proporre loro un week end fuori o un festival musicale li fa sentire con le spalle al muro, significherebbe implicitamente pretendere un impegno cui loro non vogliono cedere.
O almeno questa é l'interpretazione che qualche uomo single che ho frequentato negli ultimi anni ha opposto quando ho proposto di fare qualcosa di carino assieme.
Anche il piú propositivo ha avuto la gioia di vivere di un moribondo che chiede di morire al piú presto.
Probabilmente sono sfortunata, scelgo male, le solite cose che devono farmi riflettere su quanto femmine debosciate e sanguisughe senza scrupoli siano accasate, mentre io sia ancora ostinatamente singola.


Morale della favola, per andare a vedere i Radiohead devo convincere qualche amico, e l'unico che ama Tommaso quanto me ci va, giustamente, con la compagna.


E nulla, questa cosa é una di quelle per cui mi dispiace di non avere trovato una persona con cui condividere le cose belle della vita.



QUANDO SI É STANCHI DI TUTTO



E poi il caso vuole che certe certi piani vengano scombinati dalle contingenze.


E dunque gli ho detto che ci saremmo visti, stamattina, se capitava di incontrarsi.


Mi ha chiamato per chiedermi dove fossi.
Avevo il cellulare in mano, stavo rispondendo ad un messaggio, quindi ho aperto subito la telefonata.
"Sono qui...", e ho specificato dove.
"Ti raggiungo in un attimo", e cosí é stato.
Ero presa dalle mie cose, seduta, assorta sulle parole che stavo leggendo, quando mi sono sentita osservare, e mi sono girata.
Era lí, dietro le mie spalle, che mi guardava in silenzio.
"Ciao", e ci siamo baciati sulle guance.
Lui mi é parso trattenersi oltre il dovuto vicino i miei capelli, ma forse l'ho solo immaginato.
Mi ha chiesto una cosa, mentre ci incamminavamo, e gliel'ho raccontata, allegra.
Quando gli parlo mi ascolta in silenzio e gli occhi sorridono.
Ha degli occhi fuori dal comune, e anche una bella bocca, il labbro solcato sul lato da una piccola cicatrice che lo rende sensuale.
Ci conosciamo da tanti anni, eppure ci stiamo conoscendo solo ora.
Oggi lui ha qualche ruga in piú, e anche dei capelli bianchi.
Io suppongo di essere rimasta come ero, a parte un piglio piú deciso.
Davanti ad un caffé mi ha confidato di essersi stancato di fare questo lavoro.
Di essersi stancato un po' di tutto.
Ha insistito affinché intraprenda un percorso lavorativo parallelo, che potrebbe portarmi utili.
Sicuramente la dritta é buona.
Si é anche proposto di darmi una mano a livello tecnico, laddove dovessi incontrare difficoltà.


Ci vedremo a stretto giro, in ogni caso, per un'altra questione che con il lavoro ha poco a che fare, e che ha molto a che vedere con lo svago.


Vuole venire a trovarmi, é questo il punto.


E a me fa piacere.


Dubito di essere in grado di nascondere fisicamente quando mi fa piacere qualcosa, quindi immagino abbia inteso.


E dunque questo.


Lascio che le cose semplicemente accadano, assaporandole nel loro svolgersi temporale e temporalesco.















mercoledì 20 gennaio 2016

EFFE É INCINTA ED ELLE SI É SPOSATA



- "Dai! Di chi?"
- "Del marito!"
- "Davvero?"
- "Ebbene si..."


Effe era di quelle fidanzate da sempre con un tipo senza infamia e senza lode, con dignitoso e rassicurante posto statale.
Tanto un bravo ragazzo, lui.


Ogni corso universitario o post universitario era terreno di caccia per storie parallele ed emozionanti, per lei.


Dopo gli studi, ogni ufficio nel quale é passata é divenuto luogo di ulteriori intrallazzi con uomini giá impegnati.


Il presupposto dell'essere entrambi impegnati rendeva entusiasmanti gli incontri e li permeava di una leggerezza pari solo all'assenza di qualsiasi pretesa ulteriore dell'uno verso l'altra.


All'appuntamento con il matrimonio é seguito, dunque, quello con il figlio.


Dopo tanto tempo che si sta insieme, bisogna sposarsi.


Dopo un tot che si é sposati, bisogna prolificare.


Poi, eventualmente, ci si trova un amante per occupare piacevolmente il tempo.


Per qualcuno é cosí.


- "lo sai che siamo noi a non avere capito nulla nella vita, vero c.f.a.?"
- "lo so bene"
- "pretendiamo di innamorarci, mettiamo da parte la ragione e il calcolo..."
- "... E non accettiamo di invischiarci in qualcosa di diverso da una grande passione"
- "Anche Elle si é sposata, hai visto?"
- "Visto. Da che si é sposata ha smesso di pubblicare scempiaggini su fb"
- "Il ragazzo é un bel tipo... Cosa ne pensi?"
- "Non lo conosco personalmente, ma che tipo di uomo puó avere sposato una come lei?"


Come fai a sposarti una che ha il quoziente intellettivo di un fagiolo bollito?
Sul serio, come fai?
Trovi attraente l'idiozia?
O, molto piú superficialmente, l'involucro che lo contiene?
Un involucro sorretto da mille impalcature e altrettante finzioni?
Manca solo un palcoscenico ed é quasi teatro.


- "il tipo, quello di cui ti ho parlato, mi ha scritto delle cose (segue lettura per telefono)"
- "si sente il rumore del casino nel quale ti stai cacciando sin da qui"
- "pensi l'abbia incentivato io?"
- "no, affatto... ma..."
- "non ho intenzione di tirarmi indietro, quel che accade accade"


L'anno é appena cominciato con un beato "num me ne po' fregá de meno", perché interromperlo adesso tornando al vecchio e rispettoso andazzo?









CONTRORICETTE



D'ora in avanti questa sará l'etichetta che connoterà i post nei quali sciorino i miei gusti culinari e le mie ricette contro o contro ricette, per chi é single, sbadato, spiantato, scocciato e quanto altro finisce in "ato", ivi compreso lo iato evidente con la cucina tradizionale e quella piú innovativa.


Questa é cucina di salvataggio, per la stretta sopravvivenza.


Lascia gioire gli occhi quanto lo stomaco, senza troppe pretese.


Il tutto tarato per una persona, con dosi da pesare ad occhio e secondo il proprio personale gusto.


E dunque, senza vergogna, questi gli ingredienti da reperire in casa per quella che é appena diventata la mia personale controricetta di vellutata/zuppa con funghi:


- mezza busta di funghi, da reperire sul fondo del congelatore, dove la memoria l'ha dimenticata. Rientra nell'ingrediente l'estrazione per disseppellimento sotto altri alimenti non meglio specificati e altrettanto dimenticati;


- una patata di medie dimensioni, da tagliare a dadini piccini;


- cipolla, of course, e quanta se ne vuole, tanto semo single, non dovemo bacia' a nessuno dopo cena. E se non semo single, un q.b. mi sembra onesto;


- latte, di che genere fate vobis, io uso quello intero e fresco che dura piú giorni, ma suppongo che per chi ha intolleranze, allergie, patemi d'animo o quanto altro sull'uso del latte di muuucca, possa andar bene di qualsiasi altro tipo, incluso quello di origine vegetale;


- farina, e vale lo stesso discorso del latte: io uso spesso quella 00, che ho letto e sentito in ogni dove essere a dir poco demoniaca, se non Satana in persona. Mettiamola cosí, ho stretto un patto col diavolo, a tavola, ma é una scelta personale, come per il latte, che non inibisce la possibilità di scegliere altro.


Ho messo la fida pentola rivestita all'interno di ceramica sul fuoco e ho soffritto un po' di cipolla in olio d'oliva.


Ho aggiunto funghi e patate, fatto rosolare un attimo, e poi ho aggiunto acqua per far cuocere.


Durante la cottura ho schiacciato le patate.


Quando si é asciugata l'acqua e si é formata una sorta di crema di funghi e patate, ho aggiunto un po' di demoniaca 00, e poi il latte.


Ho continuato a lasciar cuocere sino a raggiungere una densità accettabile, ho aggiunto del parmigiano, ho messo nel piatto e ho pensato che magari un pizzico di curry poteva esaltare il tutto.


Le spezie rientrano tra i gusti personali.
C'é chi le adora, chi le detesta, chi le usa con moderazione, quasi solo per profumare alcuni piatti.
Nell'ultima categoria rientra la sottoscritta.


Ebbene, ho mangiato tutto con estremo gusto, e sono ancora viva.


Credo sottoporrò la nuova controricetta agli amici, appena organizzo una cenetta invernale a casa.







DI PROPOSTE E DI CASINI





Io lo so bene che é un gran casino.
Un gran bel casino, mica no!
Per una serie di ragioni che, al solito, mi consentirebbero di scriverci un romanzo.
Mi domando se le cose piú pazzesche mi capitino per sbaglio, per scelta o per sfiga.
A onor del vero, sono la poesia e l'adrenalina a guidarmi.
Non ho altre risposte per giustificare lo slancio che provo quando qualcosa mi interessa.
O qualcuno.


E dunque ho risposto che ci saró.
L'occasione che si crea é per lavoro, ma la scelta di crearla é umana.
E a lui non serve il mio aiuto e a me non serve urgentemente di imparare qualcosa di nuovo.


E nemmeno ad entrambi serve compagnia per questioni che possiamo spicciarci da soli, sul lavoro.


Questa occasione é un'ipotesi da realizzare, per capire a quali conseguenze puó condurre, oltre quelle giá note.





IL LATO POSITIVO DELL'ARRANGIARSI





Ho pensato che aggiungere dello zenzero in cucina fosse un esperimento fattibile.
Se i carciofi vengono immersi in acqua e limone per non annerire, e quell'aroma agrumato, in qualche modo, migra nei piatti, un abbinamento calzante potrebbe avvenire anche con lo zenzero.
E quindi l'ho grattuggiato in cottura sui carciofi che stavo preparando nel brodo per il risotto.
Il risultato é stato che non ho avuto il tempo di fotografare il piatto e postarlo qui - avrei tanto voluto! - perché l'ho mangiato.
Che fosse commestibile non c'é dubbio.
Che fosse buono é una questione di gusti.
Secondo il mio gusto era abbastanza gradevole da sperimentarlo nuovamente, affinando la dose di zenzero da aggiungervi.


Tolto il cibo, stamattina mentre facevo il bucato e mi colava il naso per il raffreddore, ho spalancato la finestra del bagno per far entrare il sole, ed era primavera.


Ci credereste? Dopo una manciata di giorni che é inverno, compare all'improvviso la primavera che a breve verrá.


E da lí all'estate sará un volo.


"Come stai? Hai preso l'antibiotico?"
"Si, ma'. Ho preso pure l'altro stamattina... Non mi sento granché meglio. Non respiro bene, il male alla gola é sempre lí..."
"In che senso hai preso l'altro? Era uno!"
"Eh, non sono riuscita a prenderlo dopo 12 ore esatte, ma dopo 15..."


Dice che dovevo prenderlo dopo 24 ore questo antibiotico qui.
Che non é quello che finisce con la ics e qualcosa, ma l'altro con la zeta che si prende ogni 12 ore.


Dunque, se arrivo all'estate, sará un volo.


Stasera latte caldo e miele.
Sempre se non esco.
Se non ho la febbre.
Non so nemmeno se é il caso di andare al lavoro, in queste condizioni.
Ieri ho perso un po' di sangue dal naso.
Immagino sia perché non ho abituato il corpo ai cambi di temperatura, quest'anno, come ho fatto nei tre precedenti.
Ecco a che serve temprarsi.
A non incorrere nella possibilità di sbagliare a prendere i farmaci che non si prendono mai!







martedì 19 gennaio 2016

I GIORNI CHE STO MALE



Lo rileggeró cosí, questo post, se mai accadrá di rileggerlo.
Gli starnuti non mi danno tregua, il mal di gola mi ha stroncata, é una fatica deglutire, non posso nemmeno cantare alla chitarra.
Canto in macchina, comunque.
Sussurro.
Cazzate, urlo.
Per questo non mi passa.
Oggi ho fatto ciao allo zenzero e ho dato il benvenuto all'antibiotico per sanare le vie respiratorie.
Solo che dovrei svegliarmi alle 5.00 per prendere il prossimo.
Se lo prendo alle 8.00 cambia poco.


Lo rileggeró cosí, questo post, nei giorni in cui il malumore e la nostalgia saranno ormai dimenticati.
Non oggi, che sono andata a rivedermi una piccola registrazione sul cellulare dove si sente la tua voce.
E mi riprendi, il mio telefono tra le mani.
E rido, e salto sui pesci che nuotano sotto di me.
E dico una frase stupida.
E vengo verso di te.


Rileggeró con noia questo post, ripensando alla telefonata di stasera con un caro amico che non vedo da un po'.
Lui sul tapis roulant in palestra ed io davanti a un piatto di pasta.
Smaltiamo in modo diverso la pressione della solitudine.
"Com'é possibile che tu sia ancora single? Sei anche diventato un ottimo partito..."
Dice che non lo sa.
E non me lo spiego nemmeno io.


Ricorderó questo post per l'insolita solerzia con la quale un tipo ha fatto l'inverosimile per sistemarmi una faccenda di lavoro.
É il tipo molto in gamba e molto impegnato che incontro spesso, e che non mi deve assolutamente nulla e che dovró ringraziare.


Rileggeró questo post pensando al dubbio che lo sosteneva in vista del fine settimana.
Un appuntamento, o qualcosa del genere, sulla carta, ed un progetto di fuga solitaria nella mente.
E la veritá, sul fondo, che brilla.
Non sono presa.
Non riesco ad incaponirmi per qualcosa che non ritengo poi così valido.
Cosa dovrei fare, picchiare l'istinto?
Dargli due sberle e costringerlo a retrocedere?
Non uso questo tipo di violenza a me stessa.









I RICORDI SONO UNA FARSA...



... Ed io non voglio piú esserne una vittima consapevole.


Siamo quel che siamo oggi, la parvenza di quel che eravamo ieri e non saremo piú.


E non sopporto piú questo vincolo stretto.


La vera libertà è quella dai ricordi, ed io non mi sono ancora, sotto questo profilo, del tutto emancipata.

lunedì 18 gennaio 2016

COSE CHE NON VOGLIO SAPERE, MA CHE DEVO SAPERE



Considerato che sono la depositaria dei peggiori fattacci altrui, stasera un cliente mi ha fatto l'upgrade per telefono di vicende passate alle cronache locali, con tanto di doppia lettura sottostante.


"Non lo sapevi?", mi dice a un certo punto.


"No, non sapevo...", e giú chiacchiere su chiacchiere di cose che proprio non mi frega un accidenti di nulla sapere.


Fossi il gazzettino del pettegolezzo, invece che la sua tomba, capirei.


Ricevere tutte queste informazioni, a dirla tutta, non mi interessa granché.


Sono poco impicciona, é sempre stato così.


Indice di malcelata strafottenza, forse.


Insomma, il fatto che sia influenzata e comunque al lavoro, non lo ha mosso a compassione.
Ho chiesto di rinviare l'aggiornamento a quando ci incontreremo dal vivo.
Pare aver capito.


Posso capire che é eccitante complicarsi l'esistenza con i pazzi, ma va bene per chi fa una vita noiosa, un lavoro monotono, vive rapporti piatti.


Io gradirei che i matti da legare stessero lontani da questa vista e da queste orecchie.


Mi inquieta anche saperne.


Vorrei sapere di cose belle, solo di quelle, ma non essendo possibile, posso quanto meno ridurre il flusso di informazioni che non gradisco.


O sono obbligata a farmi i cavoli degli altri a tutti i costi???


Se nascevo comare di paese, a quest'ora la mia vita avrebbe avuto un senso ben definito.



sabato 16 gennaio 2016

DI COME INTENDO UN APPUNTAMENTO





Non devo essere costretta a leggere tra le righe o a fare l'interpretazione autentica delle frasi.


Se vuoi vedermi, e vuoi l'esclusiva, non dirmi che il giorno x sarai qui.
Se dici così, sará un luogo ad attendere il tuo arrivo, non una persona.


Non io.


Non aspettarti di mettere in moto il tarlo della trepidante attesa nella mia mente.


La mia risposta ai tuoi stimoli non puó che essere evanescente.


Non mi dici diretto che vuoi vedermi, ma che ci vediamo.


E va bene.


Ci vediamo se non sopraggiungono diversi impegni, allora.


Se vuoi vedermi, dimmelo chiaramente.
A voce.
Dal vivo.
Da sobri.


Di un'amicizia, la nostra, entrambi non sappiamo cosa farne.











MEZZOSOPRANO



Gli ho mandato un messaggio qualche giorno fa per chiedergli quando vederci per la lezione prova.
Ci siamo accordati per sabato.


Mi sono svegliata con un fortissimo mal di gola e un procinto di raffreddore.
Ho preparato un the con frutti rossi, miele e zenzero, l'ho sorseggiato sdegnata, perché quando ho male alla gola tutto quello che mangio diventa veleno, ho infilato una maglia caldissima sopra il vestito di lana pesante e sono andata a lezione.


Volevo disdirla, ma alla fine ho pensato che era solo una prova, e sono andata, trascinando con me l'ugola malaticcia.


Mi ha fatto prendere delle note, e da lí é uscito fuori che sono mezzosoprano.
Che ho molto orecchio, anche, il che giá lo sapevo.
Che il soul e il blues sono decisamente il mio genere, e anche questo mi era giá noto.


Dice che nel giro di pochi mesi, studiando e lavorandoci sopra, la mia voce puó solo migliorare.
E che potrebbe davvero sorprendermi.


Questa possibilità mi incuriosisce.


Non ho messo a conto di fare la cantante, in questa vita, non per professione, ma voglio esplorare le mie capacità e svilupparle.


La voce non é solo canto, é uno dei modi in cui mi esprimo e comunico.


É una delle prime cose che noto quando conosco qualcuno.


E quindi, compatibilmente con tutto il resto, adesso studierò anche un po' di canto.









venerdì 15 gennaio 2016

UN MARE DI PROPOSTE





"Volevo dirti che stasera suonano dal vivo in un posticino vicino vicino, mentre domani e dopodomani c'é un festival popolare interessante, viene un artista di rilievo. E domenica proiettano un film impegnato in lingua originale, con sottotitoli, in un posto carino gestito da un'associazione culturale..."


"Domenica mattina faranno in teatro una rappresentazione con dialoghi in dialetto locale invece!"


"Il Macbeth quando andiamo a vederlo? Lo sto puntando dall'anno scorso!"


"Quest'anno vorrei tornare a Venezia per il carnevale. Organizziamo un bel gruppo e ci tratteniamo il week end?"


"Organizzano una sorta di flash mob a Verona, a San Valentino, per singles. Andiamo?"


"A Roma ho letto di un percorso guidato alla scoperta delle opere di Caravaggio"




Queste sono piú o meno le proposte in ballo con alcuni amici per il week end alle porte e le prossime settimane.
Poi qualcuno dice che non c'é nulla da fare, in giro.
Stanno lí a lamentarsi e frignare, autocompatendo la proprio limitata visione della realtá.
Il problema serio é che é pieno di gente apatica.
Non si tratta di spendere soldoni, spesso ci sono eventi gratuiti cui partecipare a due passi da casa.
Sotto casa.
Oppure, tante volte, quello che si spende é pari al costo di elettricitá, gas e acqua, nonché snack dolci e salati che si consumano in casa davanti alla tv.
Dov'é il risparmio nel rimanere a casa?
A meno che non si voglia considerare costo l'usura della suola delle scarpe fatte proprio per camminare.
Insomma, questa sciocca disquisizione é per dire che una delle difficoltà maggiori che incontro nel rapportarmi ad altri é proprio questa malattia del chiudersi in casa e lamentarsi sui social pure dell'aria che gli altri respirano, osservando il mondo attraverso i messaggi edulcorati propinati dai media, assumendo poi di averne fatto esperienza.
L'esperienza di scempiaggini assunte a mezzo tv non é esperienza.


E chiudersi in casa per risparmiare due spicci non é risparmio.
O perlomeno non vedo risparmio nel privarsi di esperienze reali, emozioni dirette, in cambio di quelle filtrate da uno schermo rigido.


Uno schermo per i cui sterili contenuti dovró pure pagare, a breve, l'obolo in bolletta, pur non avendo la tv a casa.


Io non voglio contribuire all'alienazione di chi non riesce a parlare d'altro che di quello che la tv dice.


Spegnete 'ste cazzo di tv e uscite.
Trovate argomenti diversi di cui discutere.
Io non so chi siano quelli che nominate.
Certe battute non le capisco e non mi fanno ridere.
Mi piace discutere di altro che di programmi televisivi.
E la musica mi piace ascoltarla e la conosco a prescindere dalle pubblicitá che la usano per proporre un prodotto.















DI CALZE CHE SI SMAGLIANO





Giuro, non me ne importerebbe nulla se non le avessi comprate prima di Natale a prezzo pieno al negozio che vende cose fighe, e non le avessi indossate solo tre volte - tre - e per andarci a lavoro.


E a lavoro si sono smagliate.


Fanculo.



giovedì 14 gennaio 2016

DI NOTIZIE UFFICIALI



Me l'ha detto davanti a una birra, stasera.
A domanda, risposta.


"Ci stai insieme?", gli ho chiesto.
"Si...", ha risposto guardando altrove.


Anche se c'é un po' di distanza, anche se hanno superato gli anta, e ci sono mille casini di mezzo.


"Io voglio un figlio, e lei é la donna giusta. Solo che sta facendo carriera, e se molla ora si tratterebbe di vanificare tutti i sacrifici che ha fatto. E nel contempo ha superato i quaranta...", mi ha risposto visibilmente angustiato dalla questione.


"Troverete il sistema", gli ho detto.


Non so come, ma sono convinta lo troveranno.


Sono contenta per lui, per la stabilità che ha trovato con questa donna.
Perché si vogliono bene, e si vogliono, e si vede ad occhio nudo.


E nulla, mi commuovono sempre queste storie, soprattutto quando riguardano gli amici piú stretti.


Quanto a me, navigo a vista in una solitudine che non riesco a mollare.


Mi domando se saró l'ultima, tra gli amici, a trovare qualcuno, se lo troveró mai.


E se questo interrogativo abbia valore o sia una domanda vuota, che potrei riempire di risposte banali, in parte credo di saperlo, in parte no.


Per la parte che so, sono convinta di non essere destinata ad adagiarmi nella vita in generale come nei rapporti interpersonali.


So di essere fatta per grandi passioni, perché cosí é stato finora.


Nel contempo non so se accadrá di nuovo, se con la stessa intensitá, di voler conoscere qualcuno.


Sono mesi che mi tiro indietro.


Mesi da che ho messo una croce su una cosa complicata e sono stata presa da altre questioni importanti.
La mia salute.
La mia famiglia.


Ed eccomi, ancora, che non riesco ancora a capire perché, molto banalmente, sono qui, e a cosa sono destinata.





DI SPASIMANTI ALTRUI E DEI LORO REGALI





"Tieni, tu che mangi la cioccolata e gli zuccheri...", porgendomi una calza della Befana.


"É della tua solita spasimante, quella che non si arrende?", chiedo cominciando a scartocciarla.


"Si, sempre lei", mi risponde scoraggiato.


C'era ancora il bigliettino scritto a penna con cuoricini e altra roba sulla quale non mi sono soffermata.


In una manciata di minuti, peró, mi sono soffermata su baci, Ferrero rocher, mon cheri, twix intero, mini bounty.


Il lecca lecca rosso a forma di cuore me lo ciuccio domani, oggi vado di cioccolata.


Nel frattempo che scrivevo ho assaltato anche il mini mars e il pocket coffee...


Lo so, siamo persone spregevoli, ma se lui non mangia zuccheri é peccato buttare tanta roba, no?


La tipa non sa che tutto quello che amorevolmente confeziona e prepara per lui finisce nelle mie fauci.


Che, c'é da dirlo, apprezzano davvero tanto tiramisú, torte al cioccolato, crostate, biscotti, e adesso il contenuto della calza.


Questa donna porta dolcezza, nella mia vita, senza nemmeno saperlo.


Il che é anche abbastanza ironico, perché dal vivo mi ucciderebbe, considerato che erroneamente crede che io abbia una mezza relazione con l'oggetto delle sue attenzioni.


Se non dovessi piú scrivere altro, dopo questo post, vorrá dire che la tipa ha scoperto che sono sempre stata io la destinataria effettiva dei suoi doni e ci ha messo dentro del veleno per farmi fuori...





mercoledì 13 gennaio 2016

NON VOGLIO ESSERE STANCA MAI



Ho fatto un sogno atroce, l'altra notte.
La luce del giorno, per fortuna, ha smarrito ogni pensiero e ogni immagine, sino a disintegrarli.

A volte penso di essere più conscia nel sogno che fuori.

C'è un pensiero che continua a martellarmi nella testa.
Sta succedendo qualcosa, altrove, tanto distante da qui, e martella allo stesso modo.
Suppongo.
Non ho voglia di saperlo per certo.

Tra dieci minuti devo uscire di casa per andare al cinema.
Ho questo chignon laterale vagamente spettinato dalle corse della giornata, che non ho voglia di sciogliere e rifare.
Vesto ancora lo stesso vestito di stamattina.
Tutto questo è indice del fatto che mi sono trascinata per oltre 12 ore.

Sono svenuta per un'ora sul divano, dopo pranzo, coprendomi con un cuscino.
Stretta sopravvivenza, così mi appare.

E non voglio sopravvivere ai giorni così, non voglio essere stanca mai.



FORSE POTREBBE INTERESSARTI SAPERE CHE...





... La tua ex amica é in ospedale sotto osservazione da un paio di giorni.




No, decisamente non mi interessa saperlo.
A parte che lo so giá, perché mi hanno riferito che s'é fatta venire un accidenti quando il trombamico é andato a spassarsela all'estero per un bel pezzo con della gente poco affidabile, appendendola inesorabilmente al suo destino, ma perché dovrebbe interessarmi un ricovero per tachicardia suo, quando io sono stata ricoverata per un intervento pochi mesi fa?




La gente si rende conto dell'aria inutile che emette, talvolta, quando apre la bocca?



BORSINE VINTAGE





Sono uscita presto da lavoro, ho spicciato una rogna per telefono, mentre rientravo a casa, e nel contempo ho agevolato un mio familiare stretto su questione analoga, tirandomelo dentro la faccenda.


A stretto giro formalizzo il tutto e posso asciugare la fronte imperlata di sudore freddo per il grattacapo.


Considerato il sollievo che mi sono guadagnata, mi sono precipitata al mercatino settimanale del paesello accanto al mio, per fare un giro tra le bancarelle.


Talvolta trovo dei pezzi di stock (ho la taglia dei manichini) o di scarto per via di difetti impercettibili, a quattro soldi, ancora con il cartellino attaccato vicino.


E poi ci sono le bancarelle del vintage, soprattutto per quanto riguarda le borse.


Roba da lasciarci gli occhi.


Almeno per chi, come me, adora la pelle consumata dal tempo, e modelli fuori dal mercato che peccano vistosamente di originalità e bellezza.


E quindi ho portato a casa una vecchia borsina Prada di pelle, sui toni del senape, adorabile, una della Furla, ed una pochette nera ben fatta, ugualmente di pelle, molto sobria e maneggevole.


Ho preso anche tre borse per mia madre, tutte rigorosamente in pelle, una delle quali prenderó in prestito, prima o poi.


Per la modica cifra di 17 euro ho quindi portato a casa, a mezzogiorno, 6 borse.


Se la matematica non é un'opinione, a parte l'aver fatto un grande affare, mi ritrovo piena di borse.


Cazzo ci faró mai con tutte queste borse?


Le distruggo.


Come i vestiti.


Tutto quello che uso mi si autodistrugge addosso.


É per questo che evito di spendere una follia per ció che indosso.
A parte ragioni che affondano nella mia personale etica del consumo.


Eccolo il mio consumo responsabile.


Il vintage, il riciclo, l'unicitá delle cose.


Il fatto che una borsa abbia resistito così tanto nel tempo, é indice della sua qualitá.


Il fatto che il modello sia ancora attuale, la rende eterna.













martedì 12 gennaio 2016

VITE CAPOVOLTE



A volte mi chiedo cosa muova una persona a cercarmi a distanza di tempo.
Di anni.
Di una vita, talvolta.
Dopo tante cose belle e brutte che sono successe.

In questo caso si tratta di una persona con cui c'era profonda stima e rispetto, finché qualcuno non ha minato per cattiveria ed invidia questo rapporto.

Soltanto che di cattiverie pazzesche me ne ha fatte, poi, anche questa persona.

Fatti gravi, seri, non banalità.

Hanno cercato di compromettere insieme, 'sti due, dei momenti delicati e cruciali della mia esistenza, quando non avevo possibilità di difendermi.

Vigliaccherie tali che, immagino, se non avessi avuto il carattere che mi ritrovo, mi avrebbero trascinato nel baratro e lì sarei rimasta.

Nel baratro non sono caduta e la mia vita da allora è stata una costante risalita.
Una risalita che dura ancora oggi, e non si arresterà, temo, finché campo.

La vita dei due, invece, si è capovolta.

E, dunque, è quando perde consistenza la vita che ci si costruisce, quando tutto precipita che si va ad attingere ai rapporti veri e sani instaurati sino a quel momento?

Oppure la faccenda della vita che gli si è capovolta è tutta una montatura per approcciarmi in modo tranquillo, facendomi abbassare le difese, e carpirmi informazioni utili?

Utili per cosa?

E' mera curiosità?

Una curiosità che non so se ho voglia, in ogni caso, di saziare.

Certe parole e certe azioni ce l'ho marchiate a fuoco sottopelle, e anche se non bruciano più, a che titolo dovrei concedere nuovamente accesso alla mia vita?

Non è una questione di orgoglio, ma di preservazione.

L'ultima cosa che disse fu, in un'occasione specifica, mentre discutevamo di altro: "di tutto questo non mi frega nulla, io non sono un bastardo!", e alla risposta "nessuno qui pensa che tu sia un bastardo...", replicò "lei lo pensa", guardandomi.

Detto davanti ad altre persone, in un contesto professionale, immagino abbia generato una certa sorpresa.

E' quel che è stato, ad ogni modo, con me, e se l'ho pensato ne avevo ben donde.
Non gliel'ho detto, ma certamente me lo leggeva in faccia.
Lo leggeva nello sdegno con il quale lo salutavo e gli rivolgevo la parola.
Ha inquinato parecchi dei miei giorni, questa vicenda, e se ci penso mi sale ancora il disgusto.

E dunque sto riflettendo se è il caso o meno.

Di saziare la sua curiosità, di rischiarmela, di capire, di mettere da parte tutta la cattiveria, e l'orgoglio e la preservazione.

Per cosa, però, mi domando?

Io non ho altrettanta curiosità di sapere come se la passa.

Non me ne frega niente.



LA METÁ DEL LAVORO





Una parte del lavoro che faccio, corrispondente talvolta alla metá, é avere a che fare con gente parecchio frustrata senza arrivare alle mani.


Tipo la gran mignotta figlia di altrettanta madre che ho incontrato stamattina.


Dicevo, questa parte del lavoro é parecchio impegnativa anche sotto il profilo del controllo della rabbia.


Quindi ho trattenuto nella mano lo schiaffone che stava per partire verso la faccia della signora di cui sopra, non senza una certa fatica.


Poi ho pensato che il disturbo patologico - sic - del quale é affetta deve rendere la sua vita una vera schifezza, e ho avuto pena di lei.


Certo, la pena arriva dopo il disgusto e la rabbia, ma comunque arriva, immancabile.


E la mia rabbia passa.
L'essere miserabile, invece, é una condizione permanente.

MI ANNOIO FACILE



Domani mi aspetta una giornatina di lavoro alquanto merdavigliosa, e ho studiato un paio d'ore almeno come fare per gestirla al meglio.
Ovvero senza spargimento di sangue altrui.


Ovviamente l'ansia ed il nervosismo, sebbene sotto controllo, mi impediscono di prendere sonno immediatamente.


Mi sono messa a gironzolare su fb, ma mi annoio a leggere cose insulse e necrologi a colori.


Lo stesso discorso vale per alcuni blog.
Talvolta mi chiedo come possano taluni di questi avere tanto seguito, quando mancano completamente di originalitá, limitandosi ad un copia-incolla di cose giá viste e sentite mille volte.
Io, naturalmente, non credo di fare eccezione.
Certi giorni sono di una noia mortale.
Eviterei di rivolgermi la parola, ma non raggiungo livelli di dissociazione tali.


Sono due giorni che accadono coincidenze strane.
Premonizioni.
Nel numero di tre, ad oggi.


L'ultima ha avuto anche un testimone.
Ho finito di dirgli una cosa e si é avverata nel giro di un attimo.
Una cosa ben al di fuori della mia disponibilità.
Gli é suonato il telefono, ha agganciato, mi ha guardato e gli ho chiesto se fosse successo quello che gli avevo detto.
E dunque si, mi ha risposto incredulo.


Del perché accadano certe cose non lo so, ma mi accadono sin da quando son bambina.


Banalitá, in buona sostanza, legate piú a probabilitá statistiche che ad un sentire piú profondo.


Peró il dubbio persiste, e mi affascina riflettere sulla possibilità di riuscire a stabilire connessioni piú intense con il mondo che mi circonda, quando i miei sensi sono del tutto accesi.


Come quando rientro da un viaggio.





lunedì 11 gennaio 2016

LA GIOIA AMMACCATA DAL RIENTRO



Arrivo al lavoro puntualissima come mai.
Incontro un collega.

"Come sono andate le vacanze di Natale?", chiedo.
"Eh, le vacanze per gli altri, io ho faticato..." risponde con il solito tono pesante e lamentoso.
"Eddai, mamma mia, sempre così scoraggiato! Non è stato Natale e Capodanno anche per te? Hai lavorato pure nei giorni di festa?", insisto per scacciare via il sipario della noia che comincia a calare spiacevole sul mio stato d'animo positivo.
"Io a dire il vero detesto il Natale e..." 
"No, basta così. Non voglio sentirti. Te prego, BBBASTA!"

Dopo un po' arriva un altro.
"Beh, come stai? Come sono andate le vacanze?", chiedo.
"Lasciamo stare! E stato atroce...", risponde.
"Bene, puoi raggiungere il collega nell'altra stanza... Così vi affliggete insieme!", sbroccando.
"Ma..."
"Ti prego, va via..."

Andate a togliere la gioia di vivere agli altri, io voglio conservare quanto di buono ho fatto queste meritatissime vacanze ancora a fior di pelle.








L'INTRAPRENDENTE SMEMORATO



Quando torno da un viaggio sono sempre, come dire, un po' diversa dal solito, un po' elettrica, attenta ad ogni stimolo.
Mi trascino dietro un po' di quello che ho visto, o semplicemente mi si imprime negli occhi e traspare.
Cambio forma, ed essendo fluida, come l'acqua, si nota in modo evidente.


Ho parlato in italiano, inglese, francese, spagnolo, e ci é scappata qualche frase di circostanza in tedesco e qualche parolina in portoghese.
Naturalmente ho studiato solo le prime tre lingue, nelle altre resto confinata al livello "dilettante allo sbaraglio".
I miei connotati ne risentono, in ogni caso, la mia mimica facciale ne risente del pari, sono elastica in questo senso.
E quindi il mio viso si trasforma.


Un insolito sorriso a trentadue denti mi ha accolto, stasera.
Il rincoglionito cui ho proposto di giocare a carte e con cui mi é scappato un lapsus madornale si é addirittura ricordato che ero partita, dove ero stata, e che ero mancata un po' di giorni.


C'era anche un altro tipo che ricordavo di avere incontrato in altre circostanze.
Si é presentato, ed io gli ho fatto presente dove ci eravamo giá conosciuti.
Non ricordava.
Ed era serio.
Mi sono rallegrata per il fatto che, per una volta, non sono stata io a non ricordare.


E quindi siamo arrivati al locale ed il rinco mi si é seduto vicino, poi piú vicino, e mi guardava curioso, e mi chiedeva cose cui non ho fatto molto caso, e mi sorrideva e aveva una punta di imbarazzo a minare la solita strafottenza.


Lui é un po' nevrotico e un po' stronzo, sotto la coltre vagamente stralunata che lo avvolge.


E questa cosa, ahimè, fa presa su un lato di me che vorrei disintegrare.


Dall'altro lato mi si é venuto a sedere vicino anche il tipo che non si ricordava di avermi conosciuto.


Ed é stato particolarmente intraprendente, glielo riconosco.


Mi ha fatto parlare ed é stato interessante, e curioso di sapere di me e del viaggio.


Mi sono alzata per andare a fumare una sigaretta ed é venuto a farmi compagnia anche se non fuma.


Fuori dal locale gli ho presentato un amico musicista che avrebbe suonato di lí a poco, uno dei migliori sulla piazza, in zona.


Quando siamo rientrati, l'altro se ne era andato.


Aveva un appuntamento di lavoro, pare.


"Ha detto di salutarti", mi ha detto l'altro amico.


"Oh si, saluta anche voi", rivolgendosi al tipo che mi aveva fatto compagnia e ad un'altra che ci aveva raggiunto.


"Mi ha chiamato pochi minuti fa, ho trovato ora la telefonata!", ha esclamato dopo un istante il tipo intraprendente.


"Si, voleva salutarvi prima di andare...".


Va bene... Quanta insolita solerzia.


Approfittando dello spazio liberatosi, l'intraprendente ha proposto all'amico in comune di creare un gruppo whatsapp ad hoc per organizzare una cosa di cui si stava parlando.


Ha specificato che userá il gruppo anche per caffé e cinema e altro ancora, peró, per chi vorrá raccogliere.


É stato ulteriormente propositivo, ma non ho voluto cogliere.


In macchina l'amico con cui stavo rientrando ci ha tenuto a precisare che l'intraprendente é un tipo molto in gamba.


E ha spiegato la ragione, incentivato dal mio curioso perché.


É sempre cosí.


Quelli cui non daresti due lire sono quelli che sempre ti sorprendono.



domenica 10 gennaio 2016

LA FINE DEL POLLO





La cena si é tenuta ed é stata fantastica.
Il "cuoco" musicista ha cucinato un piatto unico del suo paese e lo ha presentato a tavola in due pentole separate.
In una il riso lessato e aromatizzato, perfettamente sgranato, cottura perfetta.
Nell'altra il condimento realizzato con pollo sminuzzato, funghi, curry, e non so quanto altro.


"Come hai fatto a sminuzzare cosí il pollo?", gli ho chiesto, assaporato il primo boccone.


"L'ho lessato, l'ho messo in un recipiente e l'ho sbattuto un paio di minuti...", mi ha risposto serafico.


"In che senso l'hai sbattuto? Questo é un risultato che si ottiene con il frullatore! E tu l'hai sbattuto a mano e si é polverizzato?", meravigliata.


"Si...", nuovamente serafico.


"Come é possibile?", guardando un'amica.


"Ma l'hai visto?", mi ha risposto in italiano, riferendosi all'evidente muscolatura che spuntava tatuata dalle maniche della maglietta che lo conteneva.


Siamo scoppiate a ridere...


Naturalmente é stato colto appena il motivo.


Abbiamo finito di mangiare e abbiamo preso le chitarre.


É stato fantastico, come sempre quando si creano queste situazioni.


Abbiamo fuso il suo repertorio rock e hard rock con il mio, un po' piú variopinto.


Il cibo, il vino, la musica, la conversazione sono stati tutti divini.


"Quando parti?", "quando torni?" e "devi tornare!" hanno avuto come intercalari "la tua voce mi incanta, parla ancora, canta ancora".


Secondo la mia amica potevo scegliere di fare la fine del pollo, ma non ero fisicamente in condizioni di sostenere un incontro del genere quella sera.


Per cui, al solito, sono rientrata a casa da sola a dormire, ché l'indomani avevo pure il viaggio di rientro.


E poi si, se voglio sono a due passi, faccio un fischio e torno.





venerdì 8 gennaio 2016

ASSENZIO



Mi ero scocciata di far numero, in mezzo alla folla, nella parte dedicata alla movida scatenata e ai locali talmente gremiti di gente che per bere una cosa abbiamo aspettato mezzora, schiacciati contro il bancone.


Abbiamo dirottato i nostri passi verso un'altra direzione, alla ricerca di un posticino vecchio di almeno cent'anni dove ho letto che servivano assenzio.


Il locale quella sera era chiuso.


Sulla strada abbiamo trovato un altro localino e abbiamo deciso di fermarci a bere qualcosa.


Nulla di che dall'esterno.


Dentro, un microcosmo magnifico, arredamenti vintage, musica dal vivo, socialitá varia ed aggregante.


Ci si é avvicinato un tipo alquanto strano e alquanto alticcio, cercando di attaccare bottone.


Lo hanno raggiunto diversi amici e abbiamo formato una combriccola allegra.


Dopo un paio di ore trascorse al locale e dopo aver conosciuto gli abitanti del microcosmo, siamo partiti alla volta di un altro locale, per passare a salutare un tipo che ci lavorava.


Altro microcosmo singolare.


Uno scozzese, quattro francesi, due argentini, uno spagnolo, due italiani ed io.


Hanno cercato di farmi bere all'inverosimile, mentre li mettevo in guardia sul fatto che ho un'alta tolleranza all'alcol.


"Si, vabbé dai, beviamo!", mi rispondevano.


Sono caduti tutti, uno dopo l'altro, sotto i fumi dell'alcol.


Uno degli argentini é quasi scappato a casa, perché stava crollando.


Lo scozzese divagava ormai con lo sguardo, concentrandolo per due secondi su di me per poi dirottarlo verso l'infinito.


"Perdonami, vado a dormire...", posando il bicchiere sul bancone e salutandomi.


Siamo rimasti io, un argentino che aveva bevuto solo due bicchieri, lo spagnolo che lavorava e i francesi stravaccati sui divani.


"Voglio andare a casa. A momenti é l'alba. Dov'é la metro?, ho chiesto.


"Ti accompagno", si é proposto l'argentino.


Senza girarci troppo intorno, mi ha chiesto se rientravo da sola a casa e se avessi qualcuno che mi aspettava.


"Torno sola, sono sola qui", ho risposto.


"Anche io sono da solo... Allora abbiamo due opzioni: possiamo tornare tu da sola a casa tua ed io da solo nella mia. Oppure tornare insieme..."


"Ti ringrazio, ma voglio tornare da sola", ho risposto.


"Sei fidanzata?", mi ha chiesto.


"Piú o meno", mentendo.


Non mi é venuto in mente un modo piú delicato per opporre un rifiuto.


Non mi interessava trascorrerci l'inizio del giorno insieme.


"Allora buon rientro", mi ha detto, vicino le scale della metro.


"Ci vediamo in giro per la cittá, o per il mondo...", ho risposto.


E dunque il rumore dei miei passi sulle scale della metro ci ha congedati del tutto.









IL PRIMO GIORNO CHE RIPOSO



Messaggi di lavoro, incombenti casalinghi di una casa che non é mia, sogni appiccicaticci spalmati sui pensieri.


Questo il risveglio.


Ieri ho avuto di che pensare, mentre camminavo.


Non voglio uomini dalla moralitá barcollante, accanto.


Non voglio uomini spilorci e poco ambiziosi, al mio fianco.


Il che restringe notevolmente il campo, e mi induce a mettere da parte gli appuntamenti che mi aspettano al rientro.


Cosa me ne faccio degli occhi belli e di brillanti conversazioni, se poi mancano argomenti basilari?


Come potrei avere fiducia di un uomo che non si fa problemi a mentire alla propria donna e con tale leggerezza?
Ad essere scorretto senza difficoltà, senza - apparentemente - troppe remore?


E come puó convincermi uno che é maniacalmente attento a non sperperare denaro?
A me piace la gente generosa, perché io lo sono, e mi fa orrore la tirchieria, che combacia sempre con una certa tirchieria nei sentimenti, pure.


Debbo quindi degradarli a materiale disponibile per potenziali avventure.


Che bello...


Per chi sopravvive di sentimenti sbiaditi, probabilmente, é la normalitá.


Per me la normalitá sono le grandi passioni.


La mia vita sinora é un romanzo.


E continuo a non avere voglia di trasformarlo in uno scadente racconto di due righe.





SONO ITALIANA





L'ho ripetuto almeno dieci volte, da stamattina, a fronte di richieste di informazioni stradali, di dove fossero locali o negozi, orari di apertura di non so che, firme di petizioni per salvare il mondo.


Sono italiana, e nessuno mai se ne accorge.


Sono rimasti tutti perplessi alla mia risposta, come se li stessi prendendo in giro.


Il processo di integrazione é al primo stadio avanzato.


Mi confondo tra la gente, non passo per la solita turista.


Devo ricordarmi che devo rientrare a casa e che questa non é la mia casa.


E nemmeno voglio che lo sia.


Ho piena coscienza del fatto che per quanto mi piaccia affacciarmi al mondo nella sua complessità e ai micromondi che lo compongono, non riuscirei a limitare la mia esistenza a nessuno di questi.


E di qui l'impossibilità di una scelta diversa da quella fatta.


Quanto sia bello essere italiani e cosa significhi me lo ricordo bene quando viaggio altrove.


E lo apprezzo.

















giovedì 7 gennaio 2016

IN STRADA, IN ATTESA



La sveglia mattutina é arrivata a notte fonda.
Ho giá percorso un paio di chilometri, nel mezzo una piccola spartana colazione, un biglietto del treno acquistato in stazione per rientrare in serata.


Attendo il tipo del bla bla car che si é offerto di prendermi sotto casa invece di farmi arrivare non so esattamente dove era fissato l'appuntamento.


Il fatto di essere italiana predispone bene chiunque, qui, uomini e donne.


Non si capisce bene perché.


La mia parlantina si é decisamente sciolta nella lingua straniera che non ho mai studiato, e oggi avró di che esercitarmi, ancora.


Dopo l'entroterra mi dirigo verso il mare, risalendo la costa.


Ho un paio di idee su cosa visitare in giornata, ma non ho pianificato nulla.


Lascerò i piedi camminare, gli occhi guardare, e questi saranno i punti cardinali della mia bussola interna, oggi.

GRAZIE PER LA MUSICA



E dunque sono uscita a festeggiare e ho scelto tramite Lonely Planet online un posticino tradizionale dove andare a mangiare.


Il posticino in questione é stato fantastico.


A dir poco fantastico.


Ho preso ostriche, gamberi scottati sulla piastra, una tartare di tonno con salsa di prezzemolo, patate novelle in una salsina oleosa rosa piccante nella quale ho pucciato tutto il pane, un calamaro appena scottato e tenerissimo, una croqueta con besciamella e prosciutto orgasmica e un caffé brasiliano, con moscato offerto dalla casa.


Un rosso che era la fine del mondo e i bicchieri costantemente rabboccati dall'oste.


Il dolce l'ho saltato perché - davvero - mi stavano saltando le cuciture del vestito.


In compenso l'uomo seduto accanto a me - ero seduta al bancone - al quale ho chiesto che dolce stesse mangiando, mi ha chiesto se volessi assaggiarlo, che era buono.


E ha infilato una forchettina pulita dal lato non toccato del dolce.


L'ho ringraziato e l'avrei baciato per la galanteria e la prontezza con la quale si é prestato, ma la giovine compagna che gli sedeva accanto non credo avrebbe gradito.


Sono uscita satolla dal locale e sono passata a casa di amici di amici.


Dovevamo fumare insieme e poi tornare a casa, che domattina abbiamo tutti la sveglia prestissimo per ragioni diverse.


Ho visto una chitarra classica dormire in un angolo della stanza e l'ho sollevata.


"Posso?", ho chiesto.


E quindi é uscito un concertino molto intimo e a mia insaputa mi hanno ripreso, mandando il video all'amico musicista argentino del coinquilino degli amici degli amici... E hanno organizzato Ta Ta una seratina di addio musicale prima che parto.


Tutti insieme.


Bello.


Com'é che proprio non ce la faccio a stare da sola?





mercoledì 6 gennaio 2016

IL RUMORE DI CERTI SENTIMENTI





Le distanze aperte con questo viaggio hanno acceso i piú insoliti sentimenti in alcune persone.


E quindi prima uno, poi l'altro, poi l'altro ancora, mi hanno contattato per dirmi cose.


C'é bisogno che vada all'estero per sentirmi dire cose?


Qualcuno mi ha chiesto se torno.


Direi di si, non mi sono messa a cercare lavoro.


Qualcuno se ci vediamo quando torno.


E gli ho risposto che va bene.


Un altro si é sentito trascurato e ha voluto rassicurarmi sul giorno che ci vedremo questo mese.


Portandomi a conoscenza dei suoi programmi mensili e dicendomi che dovrei essere contenta che mi tiene aggiornata sui suoi spostamenti.


Probabilmente la sua ragazza é altrettanto contenta di sapere i suoi programmi, se glieli comunica come fa con me.


E nel silenzio della notte, quella che ha fatto piú rumore é stata una banalissima cosa telematica.


É un rumore che mi raggiunge in capo al mondo, questo.


E che tale resta, ad oggi, dietro le mie spalle.









lunedì 4 gennaio 2016

DI CIELI ARANCIONI ILLUMINATI DAI LAMPIONI





Ho fatto una piccola deviazione.
Con bla bla car mi sono assicurata il viaggio di andata e quello di ritorno - entrambi lunghi ore - per visitare una cittá dove non sono mai stata prima.


Estremamente turistica, maledizione.


E dunque ho passeggiato in solitaria, fuori dal circuito e dagli orari turistici, al riparo dal cibo spazzatura propinato in modo dozzinale a chi non sa mangiare nemmeno a casa sua.


Il cibo arabo e il sushi, in questi casi, sono la mia salvezza, e cosí anche le bettole fuori mano.


Ho passeggiato sulle foglie accartocciate sul suolo umido dei giardini che costeggiano un noto monumento, e ho fatto foto ai lampioni, che si affacciavano sulle scale, aprendo un sentiero ipotetico nella mente.


É questo il sentiero che sto percorrendo?


Sdrucciolevole, in salita e illuminato da quattro lampioni?


Da sola?


Sono proprio sicura di volere continuare a stare da sola?


Cosa sto facendo esattamente qui, mi sono chiesta, come me lo chiedo ogni volta?


Qualcuno sta suonando in strada, altri chiacchierano sotto il mio balcone in francese, ma potrebbe essere spagnolo.


O arabo.


Per domani ho prenotato una cosa carina.
Devo portarmi il costume da bagno, mi hanno detto.


Bigotti!


E poi riparto.


Nel senso che arrivo da un'altra parte, per poi ripartire alla volta di un'altra destinazione.


E poi dovrei tornare al paesello...


Ho fame e sono giá a letto.
Stasera non ce la faccio ad uscire di nuovo.
Domattina vado a far colazione al negozio del the arabo, che vende pure i pasticcini al miele.


Devo ricordare di comprare il tabacco per il narghilé prima di andare via.







domenica 3 gennaio 2016

COME UNA CAMERA D'ALBERGO



Mi guardo intorno, prima di infilare la porta, domandandomi se sto dimenticando qualcosa.


Non c'é piú nulla di mio nella stanza vuota, i miei effetti sono chiusi in una piccola valigia, e nella borsa a mano i documenti, il portafogli, un cappello maschile, le sigarette, la mappa accartocciata e scribacchiata della cittá sono tutto ció di cui ho bisogno per girare in autonomia.


Quel che provo quando lascio una stanza d'albergo é molto simile a quanto ricollego al mio viaggiare.


Ho sempre la sensazione di dimenticare qualcosa di mio, di abbandonare un pezzo di me tra le lenzuola disfatte del letto nel quale ho riposato, e nel contempo di portare via qualcosa che non mi appartiene e che diventa parte di me.


Una sorta di scambio equo tra quel che lascio morire e ció che lascio evolvere in una direzione diversa.


Una direzione che non avrei nemmeno potuto immaginare se non avessi viaggiato.


Ho ripercorso dei luoghi, nei quali ero giá stata, con passi e occhi diversi, perché diversa sono io oggi da quella che era la ragazzina sfrenata, incosciente ed affamata di vita e di esperienze che si buttava alla cieca nel mondo.


La possibilità di soffrire la affronto oggi in maniera diversa.


Prima, forse, non ne avevo tanta coscienza, ma prima era prima, mentre ora é ora, e sta giá dannatamente volando.


La mia percezione della vita é cambiata, ma non radicalmente.


Ho raggiunto a piedi un posto adorabile nel quale ero giá stata, e ho ripreso la posa che avevo nel medesimo scatto fatto milioni di anni fa, per una foto.


Avevo il braccio rotto, allora, e reggevo il gesso candido con l'altra mano.
Sorridevo ed ero stanca, perché invece di dormire, di notte... Beh, questa é un'altra storia e riguarda un'altra vita che non esiste piú.


Nello scatto di oggi sorrido forse ancora di piú di ieri, e all'apparenza nulla sembra rotto.


É l'apparenza che decisamente mi frega, ma poi che importa.


Sono ancora in viaggio, e tutto puó ancora accadere.