mercoledì 28 marzo 2018

PER L'ULTIMA VOLTA


Ero in bagno, quando la notizia é arrivata.
Di mattina presto, mentre mi preparavo per andare a lavoro.

Ho letto di sfuggita dal cellulare.
Ho sgranato gli occhi, non mi é uscito che un filo di voce.

Ho chiamato i miei genitori.

Sono uscita di casa con circa mezzora di ritardo.
Ho percorso 40 minuti in auto, cercando di realizzare.

Poi sono scoppiata in lacrime, mentre dicevo a me stessa "ce l'ho fatta".

Per l'ultima volta, ho percorso quella strada per andare al lavoro.

Resto in Italia.
Non so ancora dove sarò, di qui a breve, ma so che in questo paese, al momento, é segnata la nuova traccia da percorrere.

Una traccia completamente nuova.

Ho un groviglio di sensazioni contrastanti che é divenuto un groppo in gola.
E probabilmente per scioglierlo debbo solo destressarmi un po'.

Un ciclo durissimo della mia vita si é chiuso.

Ne comincia un altro.

E a me mancano le parole per descrivere quanto mi senta spiazzata, in questo momento.

Mi mancano le parole.



mercoledì 21 marzo 2018

TRAVASARE


Ho aperto il boccione di vino che ho comprato, e lavato e messo ad asciugare una bottiglia di vetro per travasarlo.

Queste operazioni sono essenziali per mantenerlo inalterato e conservarlo, e solo una brava campagnola e cuoca come mia madre sa farle alla perfezione.
Io mi limito ad eseguire alla lettera le istruzioni, interponendo virgole alla perfezione di cui non sono capace.

Sono convinta che abbia un libro segreto nascosto da qualche parte, nel quale ogni generazione della sua famiglia ha appuntato tutti i rimedi e i consigli per vivere bene, mangiare come si deve, campare cent'anni.
A parte il quadernino dei dolci, su cui appunta ricette da che era ragazza, in bella grafia, non ho trovato altro, in realtà.

Sto già cenando, e mi sembra notte fonda.
É sempre così quando torno tardissimo da lavoro e pranzo alle 15.00.
Che poi oggi solo un piatto di lenticchie con olio e sale.

Questo vino é davvero qualcosa di eccezionale.
E ancor più eccezionale é il prezzo ridicolo al quale l'ho acquistato.
Perché comprare vino sfuso dal produttore significa abbattere i costi per tutti, anche per l'ambiente (meno bottiglie, meno etichette, meno tappi).

E per quel che vale, vale molto.


CHIUDERE LE PORTE


Mi guardo intorno, e mi sento scintilla tra la cenere.
Le dinamiche svelate, quando non sfacciatamente esibite, al lavoro, mi danno il disgusto.
Solo la speranza di un distacco da questa placenta, per nascere in una nuova vita, mi consente di respirare.
Io qui non c'entro nulla.

Ho chiuso del lavoro che mi trascinavo sul groppone mio malgrado da tempo.

Un'altra porticina é chiusa, dietro le mie spalle, insieme ad altre che non mi interessa piu varcare.

Mi avevano aggiunto ad un inutile gruppo su WhatsApp.
Milioni di notifiche ed emoticon e domande e risposte di estranei con cui non mi interessa scambiare nemmeno l'aria che respiro.
Sono uscita e l'ho rimosso senza troppe spiegazioni.

Per chi mi ha conosciuto in certe fasi della vita, questo modo di fare é compatibile con il mio carattere.
Per chi mi ha conosciuto in piena attività sociale, invece, deve sembrare strano.

C'é la neve come quando ero bambina.
Proprio allora.
C'é la neve, ancora, ed è una nuova fase che comincia.
Migliore di quelle prima.


lunedì 19 marzo 2018

DISTESE DI VIGNETI


Ho lavorato abbastanza oggi, e anche se debbo ancora finire, resta poco da fare, ormai.
Nel pomeriggio, dopo pranzo, mi sono concessa di accompagnare mia madre a comprare del vino.
Il che è significato farsi mezzora di viaggio per andare in un posto a cavallo tra fiumi e montagne, immerso in distese di vigneti, per procacciarselo direttamente dal produttore (un signor produttore).
Lei ha comprato una quantità abnorme di vino, a un prezzo incredibile.
I miei modesti e onesti 6 litri di rosso locale barricato li ho presi anche io.

Il produttore, che è anche proprietario, dispone di una distesa di terra non indifferente.
E' un'azienda ben avviata, la sua, e rinomata.
Eppure pare che la famiglia non trascorra con piacere del tempo lassù, in mezzo al verde e ai vigneti.
Certe attività si svolgono per passione, ed è difficile tramandarle di padre in figlio.
E lui la sera rientra a casa, in città, per stare con la famiglia.

Allungarmi a prendere il vino ha comportato rinunciare ad andare a fare la spesa, oggi.

Se apro il bottiglione debbo travasarlo, altrimenti si perde.

L'alternativa è dare una festa a casa, e consumarlo in serata, così certamente non si perde.

Stasera c'è un bel festone in piazza, in un paese qui vicino, di quelli che sempre organizzano qualcosa per il giorno della festa del papà.

Mi piacerebbe moltissimo andare, ma l'indolenza è tale da demotivarmi ad uscire.

Non credo di avere mai fatto così tanta vita ritirata come negli ultimi mesi, un po' certamente per necessità, e adesso... ugualmente per necessità.

Sento la necessità di tenermi un attimo in disparte.

Ecco tutto.





domenica 18 marzo 2018

IL TEMPO LIBERO E LE PULIZIE DI CASA


I nuovi mobili che ho comprato l'altra settimana non avevano ancora trovato collocazione efficace.

L'armadio che incombeva sul letto mi ha messo ansia per un'intera settimana.

Mi disturbava la vista vederlo davanti la porta, pure.

Ho cambiato tutto, quindi, e va meglio.

L'ordine esteriore mi calma, e in un periodo del genere ne sento particolarmente il bisogno.

Trovavo più riposante per lo sguardo, però, il vecchio mobilio di prima.

Quello arrangiato e recuperato.

Forse é solo una questione di abitudine, ma questo lo capirò con l'uso quotidiano.

La rucola e gli spinaci che ho messo sul balcone sono di giorno in giorno più verdi e più rigogliosi.

Mia madre dice che avrebbero bisogno di più spazio, ma mi faccio bastare quel che ho.

Per completare la piovosa giornata di oggi - tempo libero rubato alla montagna, completamente coperta da nubi - dovrei caricarmi in spalla le cose rotte e portarle giú per buttarle.

Dovrei fare almeno altre due o tre lavatrici, ma gli stendini sono pieni, e fuori piove, governo ladro.


Ho pulito casa, raccolto non so quanta roba da terra, provato a fare un po' di ordine, ma ancora é tutto abbastanza fuori posto.

Mi sembra di ripetere all'infinito sempre gli stessi gesti, dentro casa, e questa cosa mi stanca mentalmente più che fisicamente.

Avendo passato le ultime stagioni a studiare e lavorare, non mi sono resa conto di quanta roba invernale avevo messo da parte l'anno scorso e non ho usato per nulla.

Sto cercando di fare una cernita utile di ciò che debbo mantenere e di quello che invece deve finire nella spazzatura.

Se non fosse che questi stramaledetti tutorial su come riciclare anche i vecchi vestiti ti si mettono nel cervello e pensi di poter recuperare tutto.

Ad esempio, utilizzando vecchi vestiti per intrecciare/assemblare un tappeto per il salotto (il vecchio tappeto l'ho buttato, era davvero ormai inutilizzabile).

Nel frattempo, qualcuno che non é qui, ha scovato un negozietto di antiquariato e usato, nel paese dimenticato da Dio dove si trova adesso, e mi manda foto di mobilio in legno di inizio '900 a quattro soldi.

Non c'è spazio a sufficienza in valigia per tutto, purtroppo.

Mentre scrivo, ha smesso di piovere e un'altra lavatrice é finita.

Il tempo é poco, ed i lavori da fare a casa ancora troppi.

E non mi riferisco alle faccende domestiche, ma a lavori veri e propri.

Il forno cucina la mia cena, i termosifoni hanno asciugato parte del bucato di oggi, il cestello della lavatrice é pieno e attende di essere avviato.

Penso che con le faccende domestiche di ieri ed oggi sto a posto fino al 2058.



venerdì 16 marzo 2018

NELLA STANZA, DI VENERDI' SERA


C'è del lavoro arretrato non ancora smaltito.
Ci sono un paio di candele profumate accese nella loro casina di vetro e metallo.
C'è il mio riflesso mancante negli specchi.
E un esserino soffice e quieto che prima di fare il richiamo del vaccino, oggi, si è sfrenato a casa dei nonni, ed ora dorme rannicchiato vicino a me.

C'è un luogo, sul quale non so se fare affidamento per spenderci energie a fantasticare.

C'è il vassoio di legno sul letto, con sopra una birretta, ed un piatto con formaggio con pane raffermo, marmellata di mandarinetti giapponesi e pesto di radicchio, e una bisteccona di salmone che ho messo a scongelare.

Mi ha chiamato mia madre per chiedermi di andare a cena da loro, ma non mi va.

Questa piccola fiammella di solitudine che arde nella stanza mi scalda e mi trattiene qui.

E' l'ultima volta che siamo separati?

Chi lo sa.

L'ultima in paesi diversi, probabilmente.

Mi hanno chiesto di partecipare alla scrittura di un volume corale, e ho accettato entusiasticamente.

Mi sembra di assorbire questo silenzio, accompagnato dalle note della musica che suona, e di trasformarlo in nuova energia.



LA MEZZA SCELTA


Qualcosa, almeno nella mente, comincia a definirsi in un paio di direzioni.

La reductio ad unum è quanto mai complicata dagli eventi.

Ho lavato le scarpe per il trekking, perchè nel weekend vorrei immergermi nella natura e annientare ogni interferenza urbana.
La reflex è già carica.

Ho scartato delle idee che caldeggiavo per fare spazio ad altre, nuove.
Come quando si fa ordine in casa, buttando qualcosa che non serve più o che è logoro, e aggiungendo un pezzo nuovo, che rispecchia maggiormente il proprio gusto, e si ha piacere posarvi lo sguardo.
Ho abbandonato mentalmente dei luoghi cui la mente ed un buon ricordo si rifugiano, ma che probabilmente hanno esaurito il loro tempo ed il loro scopo in rapporto alla mia esistenza (e in termini di apporto ad essa).

Attualmente la mezza scelta riguarda un luogo, in Italia.
Un posto dal quale eventualmente ripartire da zero.
O quasi, perchè si versa ancora in un'incertezza pazzesca, e si attende, con il cuore in mano e un pezzo di fegato pure, al netto della salute spesa in questa impresa comune.

Oggi mi sono arrivate delle tasse da pagare e ho pensato che l'anno prossimo, di questi tempi, starò facendo qualcosa di completamente diverso.
Forse.
Lo spero.
E spero di non guardarmi indietro con malinconia, perchè non c'è nulla che mi trattenga oltre in questa dimensione.

giovedì 15 marzo 2018

UNO DI QUEI GIRI FUORI PORTA


Mi andava di vedere un posticino non proprio vicino, dove non ero mai stata.
C'é forse ancora un vincolo di sangue, laggiù, più con la terra e alcune tradizioni che con le persone.
Una terra di streghe, per la precisione.

Paura, eh?

A parte le leggende e le storie di paese, che sempre mi incuriosiscono, la verità é che a smuovere il mio interesse fin lì é stata una questione diversa.
Anzi due.
Ero curiosa di indagare quanto l'artigianato locale si fosse tramandato dai maestri ad oggi.
L'amara constatazione é stata che nulla o quasi sopravvive dell'arte antica di modellare e intrecciare materiali grezzi, tramutandoli in opere uniche.

Direte voi, ma che te frega?

Sono un'irriducibile sentimentale, per ragioni che riguardano principalmente la mia famiglia e i miei antenati, e quanto erano maestri in ogni attività che conducevano, e quanto il loro sapere sia andato in buona parte perduto con la loro morte.

La seconda questione riguarda una delle componenti fondamentali della vita e del benessere psico-fisico: il cibo.

Sono passata al forno del paese e ho preso dei prodotti tradizionali dolci e salati.

Le donne di questo viaggio meritano menzione: mia madre, una zia, una donna attempata ma energica che ci ha atteso sul posto e ci ha guidato nel percorso.

Finito il giro delle botteghe che mi interessavano, siamo partite alla volta di un paese limitrofo, famoso per una rinomata sagra e altri gustosi prodotti tipici locali.

Arrivate in piazza, siamo state introdotte al contatto per il formaggio.
Per chi non é avvezzo a queste cose, c'è da precisare che nei piccoli centri, spesso, é necessario intercettare l'intermediario con il produttore locale.
Certi prodotti sono talmente buoni, e così autentici e preziosi, che non ce ne é per tutti.
E non sono pubblicizzati o snaturati dal commercio, preservando inalterata la propria genuinità.

Siamo saliti un po' in quota, intercettando l'orario di rientro del gregge.
Ho comprato del formaggio delizioso, ed é già quasi tutto finito.

Dal punto di vista naturalistico, il territorio offre diverse opportunità, in quota, in superficie, nel sottosuolo.
C'é tanta acqua, pure.
Ho preso dei contatti con un'organizzazione locale per qualche escursione decisamente interessante.

Mi piacerebbe organizzarmi per tornare.



martedì 13 marzo 2018

LA CONTA ALLA ROVESCIA E PER ESCLUSIONE



Il filo dell'incertezza cui resto aggrappata si irrobustisce.
Ancora non so che ne sarà di me né quando esattamente lo saprò.
Sono tre stagioni che tengo in piedi tutto.
La casa, la famiglia, il lavoro, una relazione, un progetto di studio e vita comune, percorsi alternativi qui e altrove.
I viaggi degli ultimi mesi sono stati praticamente sacrifici per mantenere aperte piú possibilità in un periodo di estrema incertezza personale e di coppia.
E mai come adesso la stabilità per cui tanto abbiamo faticato ci sembra ad un soffio.
Ci sembra di meritarcela come mai.

Abbiamo attraversato una tempesta abbastanza impegnativa.
E possiamo dire di essere ancora qui.
Che programmiamo cose nell'attesa.
Che definiamo cose.
Che costruiamo cose.
In questo conto alla rovescia e per esclusione che dovrebbe riempirci di entusiasmo, se non fosse per tutta l'organizzazione e buona volontà che richiede.
Un concetto che avrei potuto tradurre come "sacrifici", in un'altra fase di questo percorso, ma che adesso assume una connotazione diversa.
Potrebbe esservi luce, alla fine del tunnel, e questo é il momento di individuarla e percorrere il tragitto in quella direzione.



sabato 10 marzo 2018

UN ARMADIO E UN TAVOLO


Sono i nuovi acquisti per casa.
Una casa che reclama ordine e attenzione, e che devo sistemare comunque, anche se potrei doverla lasciare a stretto giro.

Questi giorni sono al vaglio scelte esistenziali.

I luoghi, le persone, i soldi, sono le questioni fondamentali su cui ci si interroga.

Fare tutto compatibilmente con tutto é davvero difficile.


mercoledì 7 marzo 2018

PERCHÉ HO SORRISO


In breve, sono andata a lavoro, e una persona investita di notevoli poteri mi ha sbranata perché... stavo sorridendo mentre ascoltavo ciò che diceva.

"Lei sta lì con quel sorriso dipinto sulla faccia, ci ha preso tutti per stupidi? Pensa che non capiamo nulla di quello che facciamo? Ci sta prendendo in giro?"

Come ci si difende da persone dotate del potere di distruggerti che ti accusano senza ragione (se non per i fantasmi che affollano le loro teste) di fare cose che non fai, e pregiudicano il tuo lavoro come se non avessi diritto a viverci, di ciò che fai?

Ho risposto estremamente interdetta e seria che non ho mai pensato né detto nulla del genere, che non mi permetterei mai.

Sono cosciente del fatto che ciò per cui ho lavorato e mi serve per vivere mi sarà di nuovo tolto, come altre volte é accaduto.

Stavolta perché ho sorriso, ma sarebbe bastato qualunque altro pretesto.

Sono uscita da lavoro e ho preso l'auto, attenta a non finire con le ruote nelle enormi buche di cui é tappezzato il manto stradale.

Rientrata nel mio paese, sono dovuta passare nei pressi del centro storico per una piccola commissione.

La desolazione intorno mi ha ulteriormente avvilita.
Molti negozi hanno chiuso, le case per buona parte sono disabitate, per strada nemmeno una persona, eccetto me e le mie borse.
La situazione negli ultimi anni é precipitata oltre ogni aspettativa.

Sulla strada di casa, mi sono fermata da un vivaio a comprare delle piante aromatiche per il balcone.
Ho chiacchierato un po' con la proprietaria, che con estremo garbo mi ha consigliato come prendermi cura del verde di casa in questo periodo.
Abbiamo discusso di come il paese si sia svuotato, di come attività artigianali di tutto rispetto abbiano chiuso, del problema culturale locale che mina irrimediabilmente ogni speranza di rinascita.

Le mie sorti, al momento, sono legate ad un'attesa che nel giro di poco dovrà sciogliersi.

É un periodo di transizione, ed é doloroso.

Guardo al mio lavoro, e penso che é bello ciò che faccio e come lo faccio, perché l'ho scelto, ma poi mi scontro con il marcio, vengo sopraffatta e prevaricata da gente che non vale niente, e mi ricordo del perché ho impegnato gli ultimi mesi a cercare di guadagnare la possibilità di un cambiamento radicale.

E adesso lo attendo, con ansia e preoccupazione, e sentimenti non esattamente del tutto positivi.

Sono stati mesi difficili e ne sento il carico.

Anche se questa é l'ultima fase del percorso, é quella forse più logorante.

sabato 3 marzo 2018

SUL SILENZIO ELETTORALE


É da oggi che leggo di gente di ogni schieramento politico che si offende in modo pietoso sui social in merito al voto da esprimere.

Tutti contro tutti.

Inetti contro servi del potere.

Quelli con 11/10 di vista (a parer loro) contro i ciechi (sempre a parer loro).

Professoroni contro allievi loro malgrado, che la scuola l'hanno finita da un pezzo.

Intellettuali e giornalisti (o pseudo tali) contro l'uomo della strada che a parer loro non capisce niente (ma il voto é un diritto/dovere di tutti, senza differenza alcuna, e libero, come prevede la Costituzione di cui si fanno, pure, difensori).

La campagna elettorale che ciascuno (quelli che lo fanno, intendo) conduce indefessamente pure oggi sulle proprie paginette virtuali, come se scrivere fregnacce all'ultimo minuto potesse cambiare le sorti di queste elezioni, interseca la vicenda della maestra (cioé di una persona che di professione insegna ai bambini) che ha urlato cose contro le forze dell'ordine (cose da niente, per chi la sostiene - ebbene sì, c'è davvero chi solidarizza anche apertamente con lei - e cose abbastanza gravi per chi ha guardato il video trasmesso sui media e letto le ulteriori dichiarazioni che ha rilasciato sul suo essere, oggi, antifascista e su come indirizza la propria rabbia verso una generalità di soggetti non meglio identificati, tralasciando il come).

É abbastanza desolante osservare come la violenza, anche solo quella verbale, sia o meno giustificata in relazione all'area politica di appartenenza di chi se ne fa portatore.

Ed é davvero uno spettacolo poco edificante, quello cui si assiste.

Talvolta penso che ci vorrebbe un argine, come se fosse possibile confidare in un'entità esterna che abbia interesse a intervenire, e chissà per quale ragione non lo fa.

La verità é che ciascuno di noi soltanto può farsi argine contro questo delirio, anche soltanto adottando un registro linguistico piu rispettoso, meno violento, verbalmente quanto per iscritto.

Il sarcasmo e la cattiveria a tutti i costi, le offese gratuite (sempre le stesse) non fanno presa più su nessuno, e magari é ora di abbandonare queste isole che galleggiano sul mare della noia per raggiungere la terraferma e piantare i piedi per terra.


venerdì 2 marzo 2018

IL TELE-TRASPORTINO



Oggi siamo stati a pranzo a casa dei nonni.
"E lui chi é?", domanda accompagnata da grandi sorrisi, perché é una creatura bellissima e fiera, e raccoglie sempre ampi consensi.

Ha scorrazzato in ogni dove, si é rotolato sul terrazzo assolato, ha perimetrato le stanze e circumnavigato ogni mobile.

Ha cercato di fare amicizia con il cane, mettendolo in soggezione e stabilendo con autorità il comando della situazione, e poi annusandogli la coda e le zampe.
Il cane, con una pazienza immane e un vago timore, non ha minimamente reagito.

Dopo pranzo, ho dovuto calare la creaturina incazzata nel trasportino, come i bambini capricciosi che non vogliono saperne di smettere di giocare e di andare via.

Mi ha tenuto il broncio fino a casa.
Sono uscita, poi, e sono rientrata.
Non é venuto a salutarmi vicino la porta, come fa sempre.
L'ho trovato ancora con il broncio dove l'avevo lasciato.

Il tempo di entrare in cucina e ho sentito dei rumori strani nell'ingresso.
L'ho trovato davanti al trasportino con lo sportello d'ingresso chiuso, uno sguardo significativo rivolto al mio indirizzo.

"É un trasportino, non un TELE-TRASPORTINO. Ti ci porto di nuovo questi giorni, dai nonni, dai...", gli ho detto (e voi non giudicatemi se gli parlo, interagisce meglio di parecchie persone).

Adesso dorme disteso in modo lascivo sulla coperta, facendo finta di niente.

Niente più broncio, mi ha perdonata.