venerdì 15 maggio 2015

LA FACCIA DISTRUTTA E LA MASCHERA INTEGRA



Non ho dormito, stanotte.
E ho saltato un paio di pasti.
Mangerò stasera, se non crollerò dal sonno, appendendo tutti gli appuntamenti presi virtualmente.
Non ho granché voglia di chiacchierare.
Le relazioni sociali possono attendere, in questo momento.
Non sto pensando in italiano, non riesco a gestire la mia lingua, mi affatica.
E voglio conservare questa sensazione per un po', finché dura.


Mi sono allungata altrove prima di arrivare all'alba al lavoro.
I miei limiti fisici sono abbastanza sotto controllo e restano insuperati.
Certamente li metto a dura prova, ma la superano ogni volta questa prova.


Con gli occhiali da vista da sfigata, chè di notte non ci vedo bene a guidare, che non utilizzo in altre occasioni, sono arrivata al lavoro.
Il viso stanco, il trucco sfatto, gli occhi a pezzi, il resto pure.
L'allergia ci ha messo il suo a devastarmi ulteriormente.


Mi sono trascinata in un bagno, scansando per quanto possibile con educazione tutti quelli che nel percorso mi hanno dato a parlare, per mettere su un accenno di maschera prima di aprire le comunicazioni al resto del mondo.


Il make up è la salvezza ultima per le situazioni disperate, tipo quella di stamattina.
La maschera, sul lavoro, è necessaria.
Questione di sopravvivenza.
E perché non tollererei di dover rispondere a domande che cercano di indagare nella mia vita privata.


Ripristinata una facciata accettabile nel bagno privo di specchi, ho trovato qualcuno ad aspettarmi.


Ho accordato un caffè.


È arrivata prevedibile una proposta di vetro, tra le righe.
Di quelle condite di mille complimenti, mai fuori luogo come stamattina.
Ivi inclusi quelli più sfacciati.
Che all'alba un pochettino danno pure allo stomaco, già compromesso di suo.


E no, non posso proprio accettarla.
Mi sembrava di essere stata esageratamente chiara già la volta precedente, ma per qualcuno proporsi in modo sempre più sofisticato equivale a giocare una partita a scacchi che non vincerà.


Ho scelto una pausa di solitudine con me stessa.
Lavorerò.
Tanto.


Sono rientrata a lavoro e mi è stato offerto un altro caffè.


Avrei accettato pure una flebo di caffé, stamattina, s'è capito...


Ho salutato uno da lontano che mi ha sorriso in modo strano.
Dopo poco mi è venuto vicino per dirmi che non mi aveva riconosciuta.
Certo, mi trasformo per un paio d'occhiali.
Un'altra persona.
Tanto è vero che ha ritenuto di fare dibattito con altri per esprimere il suo apprezzamento per il look di stamattina.
Giuntomi telefonicamente alle orecchie poco fa da altro collega con cui ha inteso condividere commenti un po' beceri.


"Ti avranno vista più umana, stamattina...", mi dice un'amica.
Un'umanità che seppellisco sotto una maschera sorridente e rassicurante.
Integerrima e pulita.
Che resiste agli assalti inquinanti e fuori luogo di certi bombardamenti.


Tutti si accostano per afferrare qualcosa.
Non è uno scambio, ma un furto, nulla di più, costante, alla mia persona.


Non ho più voglia di sentire più nulla.


Vorrei che i cialtroni del mondo smettessero di approcciarmi.


Non fosse per altro che non so per quanto ancora riuscirò a non sfancularli in malo modo.



























Nessun commento: