mercoledì 28 agosto 2019

RAINY ROUTINE


È il mio primo giorno di pioggia da mesi, e non ho una spiaggia vicina dove andare a camminare e distendere un po' le tensioni.

Ho solo una piccola finestra che rifiuta la città e porta lo sguardo al cielo.

E debbo farmela bastare per prendere ossigeno, a fine giornata.

Mentre rientravo in auto, stanotte, percorrendo strade buie e sconosciute, ripensavo a tutto quello che la giornata aveva portato con sé, e a ciò che io avevo introdotto in un anonimo giorno.

Uno di quei giorni di lavoro, cui ho dato, per una volta, una piega diversa.

"Ti ho conosciuto che eri una voce fuori dal coro", mi ha ricordato la voce dell'amicizia.

Che fine ha fatto la mia voce?
È soffocata.
La cattiveria ammala.
Ed io ho perso peso e salute in un modo che mi fa spavento.

Eppure ne sento ancora il bisbiglio, di quella voce.
Perché sussurro?
Sento ancora l'appetito nelle viscere, solleticato dalla vista e dal ricordo.
Quando ho smesso esattamente di mangiare, per ridurmi a nutrirmi?

L'ultimo anno è stato un anno di malessere profondo.
Di attriti, distanze, privazioni, stanchezza.

E per quanto possa sembrare desueto e inverosimile, un sentimento su tutti si agita, da un po', dentro.

Ed è uno di quei sentimenti che più ho odiato nel corso di questa privilegiata esistenza, cui oggi mi aggrappo per riemergere.

La noia.

È tale la noia per tutto questo malessere, che mi ritrovo all'improvviso a reagire.

La noia a che serve, in fondo, se non ad attivarsi per scacciarla?





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