martedì 4 ottobre 2016

DI RE MIDA E CATENE DI MONTAGGIO



Il modo in cui sto cercando di impostare la mia attività è tendendo, senza sbattimenti, alla sintesi indicata nel titolo.

Cerco di ottimizzare la capacità di mutare ciò che tocco in oro, lavorando questa materia in modo prossimo alla catena di montaggio.
Non ne esce un lavoro dozzinale - in questo mi distinguo - perchè sul semilavorato ci faccio un lavoro di fino da paura.
Però mi alleggerisco, per certi versi, e applico un moltiplicatore che funziona meglio di altri, dipersivi ed infruttuosi.

Tutto quel che ho fatto sino ad oggi, in termini di gavetta, esperienza personale, rapporti sociali, studio matto e disperatissimo, corrisponde per certi versi a quella che sono, ad alcune delle stanze di questa vita che abito.

Sono stanze giganti, di questo ne sono cosciente, e ogni tanto mi stufa l'arredamento e mi vien voglia di cambiarlo.

Ridurre la dispersione di energie e le perdite di tempo, e delegare quanto più possibile ad altri, sono i passpartout delle porte, in queste stanze comunicanti, che mi consentono di evitare i giri a vuoto, e che la chiave si rompa nella toppa.


Mi tengo lontana dagli eccessi del mito e della degenerazione industriale.
Non intendo nutrirmi d'oro nè di finire ingabbiata in un processo di alienazione al soldo di altri, ma nemmeno per i soldi miei.

Sposto i pesi per stabilire i miei equilibri, per evitare di essere fagocitata dall'ansia, dalla rabbia, dall'adrenalina, le mie bestie nere.


Anche oggi ho fatto certamente la metà del mio dovere.

E' un dovere che riguarda me stessa (cui concedo il riposo e lo svago che merita) e che anche nella misura della metà va ben oltre la sufficienza.

E' bello essere incontentabili verso se stessi, invece che avere il fiato sul collo di gente che ti richiede una devozione che non gli è dovuta nè ti viene ripagata, sul lavoro.

E' bello lavorare per se stessi.

Ed è stimolante stabilire le regole del gioco.

Il proprio.